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Lavoro

Qui, nel Paese in cui i sindacalisti hanno la pensione più alta dei lavoratori

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Qualcuno dice che probabilmente sia dovuto ad un decreto del 1996 promosso dal Ministro del Lavoro di quell’anno, Tiziano Treu (che guarda un po’ fino a poco tempo fa era commissario dell’INPS): il fatto certo è che i sindacalisti hanno in media una pensione più alta dei lavoratori che dovrebbero rappresentare. Ed è l’ennesimo caso di una rappresentanza che ha perso contatto con la realtà già da qualche anno, nonostante gli strillacci e le manifestazioni, e ha reso ancora più facile la riuscita di personaggi che hanno trovato campo libero per disfare le regole del lavoro.

Bene così.

CISL e la rappresentanza che non si meritano nemmeno

cisl_nazionaleMi raccomando: la prossima volta che vi capita di ascoltare qualche solone che teorizza scenari apocalittici per la diminuzione di iscritti al sindacato magari ripensate anche alle cifre oscene che stanno uscendo in queste ore sulla CISL.

E, tra l’altro, fate una riflessione su un sindacato che si comporta in maniera padronale zittendo con l’espulsione i propri iscritti.

Complimenti a tutti.

#OccuPAY cose così ovvie e così rare

Nasce OccuPAY. In un Paese normale non esisterebbero. In un Paese normale:

CGjaaknUYAEe_b6.png:largeCHI

OccuPAY è un gruppo di lavoratori dell’editoria – traduttori, autori, redattori, editor, agenti –  aperto alla collaborazione con tutte le figure professionali coinvolte nella filiera del libro.


COSA

Vogliamo creare un canale di comunicazione e scambio di informazioni, per raccogliere e diffondere nuovi modelli di buona pratica editoriale.
Vogliamo far fronte comune nei casi di abusi e malcostume perché in futuro il rispetto degli impegni contrattuali e dei diritti dei lavoratori della filiera sia la regola, e non l’eccezione.

COME

1. Facendo rete tra i lavoratori dell’editoria;

2. Mettendo insieme informazioni e idee e agevolandone lo scambio;

3. Incoraggiando il dialogo e la collaborazione tra editori e lavoratori dell’editoria;

4. Facendo in modo che autori, traduttori e collaboratori editoriali abbiano maggiore consapevolezza dei propri diritti e la capacità di esercitarli.

5. Informando i lettori su tutti i passaggi della filiera del libro e del mercato editoriale.

(PS Siamo in dirittura d’arrivo del nostro crowdfunding per il mio prossimo spettacolo e libro. Se volete darci una mano potete farlo qui. E passatene parola. Se potete e se volete. Grazie.)

Giovani sfaticati (che non lo erano)

Insomma: alla fine è uscita una notizia mezza falsa secondo cui i giovani non avrebbero voglia di lavorare (all’Expo). Aldo Grasso è stato prontissimo a farne uno dei suoi editoriali. Siccome la notizia falsa è un venticello oggi vale la pena leggere Ester qui e la risposta di Alessandro Gilioli a Grasso.

Perché è un esercizio salutare verificare le notizie.

Io, merce tra le merci

Sul numero in edicola da oggi di Left, tra le altre cose, ho avuto di conoscere e “ospitare” nelle due pagine del monologo di carta Antonio Di Luca. Antonio è un operaio allo stabilimento Fiat di Pomigliano D’Arco (NA), iscritto Fiom ma è soprattutto uno dei più brillanti pensatori sulla situazione del lavoro: se vogliamo semplificare è la migliore dimostrazione che la cultura del lavoro in questo Paese esiste, eccome, e non appartiene solo a chi non si è mai sporcato le mani. Nel suo pezzo racconta della (tristemente) storica giornata in cui le trattative con il gruppo Fiat isolarono Fiom e decisero per un assurdo e condizionato referendum di fabbrica. Io in questo video ho riportato alcuni suoi passi ma vale la pena leggerlo tutto. Davvero. Per ascoltare il monologo basta cliccare qui:

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Lavoriamo male, lavoriamo in pochi, lavoriamo troppo. (Left, sabato, in edicola)

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DISOCCUPATI E WORKAHOLIC

Lavoriamo male, troppo e in pochi. Ma c’è un’alternativa.
di Marco Craviolatti

UN SINDACALISTA IN PARLAMENTO
Giorgio Airaudo, il Jobs act e la sinistra.
di Giulio Cavalli

IL BEN-ESSERE AL CENTRO
Sen, Stiglitz e Fitoussi teorizzano un indice alternativo al Pil.
di Anna Pettini

E SE DIVENTASSIMO TEDESCHI?
Cosa c’è dietro il “modello” Merkel.
di Matteo Marchetti

l’intervista
PAROLE COME PUGNI
«No Jobs act». Parla il pugile Lenny Bottai.
di Dario Giordo

giustizia
ERRORI COLPEVOLI
La responsabilità civile dei magistrati secondo il pm più temuto della Brianza.
di Salvatore Bellomo

istruzione
IL LATO OSCURO DELLA SCUOLA
Le paritarie: scarsi risultati e docenti sfruttati.
di Donatella Coccoli

società
TUTTO FUORCHÉ NOMADI
La middle class “zingara” tra casa e lavoro.
di Ilaria Giupponi

reportage
GAZA CITY NELLA CITTÀ CHE RESISTE SEI MESI DOPO
L’attacco israeliano.
di Cristina Mastrandrea

palestina
CENT’ANNI DI RICOSTRUZIONE
Analisi e dati del rapporto Oxfam.
di Umberto De Giovannangeli

conflitti
IL TEMPO SOSPESO DELL’UCRAINA
Tra i ribelli filorussi e i fedeli di Poroshenko.
di Michela A.G. Iaccarino

bolivia
IL COCALERO CONTRO L’FMI
Ecco perché Evo Morales è al terzo mandato.
di Massimo Panico

archeologia
ATTACCO ALLA CULLA DELLA CIVILTÀ
Fermare la furia iconoclasta dell’Isis con il sapere e azioni politiche. L’esperienza degli archeologi D’Agostino e Valentini.
di Simona Maggiorelli

cinema
I LEONI DEL FUTURO
Giovani e agguerriti registi sbarcano a Venezia.
di Tiziana Barrillà

TUTTI I VOLTI DEGLI UOMINI
Cosa aspettarsi dallo Short festival.
di Giorgia Furlan

scienza
I VISIONARI DI TRIESTE
La sfida di scienziati che vedevano lontano.
di Pietro Greco

Expo darà lavoro! (gratis)

Giorgio Cremaschi interviene su Expo. Sempre meglio, eh:

NOEXPO22Per quale ragione in una Expo appaltata alle grandi multinazionali del cibo, nella quale affari edilizi, speculazione e corruzione hanno prosperato e che viene ancora presentata come un possibile volano per l’economia del paese, perché in un evento ove tutto è misurato in termini di profitti a breve o differiti, gli unici gratis devono essere i lavoratori?

Con un accordo del luglio 2013, un mese che dovrebbe essere abolito dal calendario sindacale visti i disastri che in esso si son concepiti, l’ente Expo, le imprese e tutte le istituzioni hanno concordato con Cgil, Cisl, Uil che gran parte di coloro che faranno funzionare la Fiera lo faranno gratuitamente. Per l’esattezza circa 800 persone lavoreranno con contratti a termine, di apprendistato, da stagista, che garantiranno un lauta retribuzione dai 400 ai 500 euro mensili.

Siccome i contratti e la stessa legge Fornero sul mercato del lavoro avrebbero previsto condizioni più favorevoli per i lavoratori, si è applicato quel principio della deroga normativa, contro il quale la Cgil si è era spesso pronunciata. Ma questi 800 lavoratori sottopagati sono comunque una élite rispetto a tutti gli altri. Che avranno un orario giornaliero obbligatorio e turni, pare bisettimanali, di lavoro, ma che lo faranno senza alcuna retribuzione. Essi saranno considerati volontari e come tali riceveranno solamente dei buoni pasto quotidiani, per non smentire il significato alimentare dell’evento. Nelle previsioni iniziali questi fortunati avrebbero dovuto essere 18.500, da qui il peana subito scattato sui 20.000 posti di lavoro creati dalla magia dell’Expo. Ora Invece pare che siano meno della metà, per la semplice ragione che lavorare all’Expo non solo non paga, ma costa. Immaginiamo un pendolare che debba accollarsi i costosissimi costi quotidiani del sistema ferroviario lombardo. O addirittura un giovane di un’altra regione che volesse fare questa esperienza a Milano. Per lavorare gratis bisogna godere di un buon reddito e non tutti ce l’hanno.

Eppure a tutto questo ci sarebbe stata una alternativa semplice semplice. Visto che Expo per sua natura è un evento a termine, coloro che la faranno funzionare avrebbero potuto essere assunti con il tradizionale contratto a termine. Lavori sei mesi? Sei pagato per quelli, sono solo, due settimane? Riceverai la tua quindicina. Perché non si è fatto così? Semplice perché in questo modo si sarebbe dovuto spendere molto di più in salari e questo non era compatibile con gli alti costi della fiera. Capisco che questo modo di ragionare possa essere considerato troppo rigido e ancorato a vecchi tabù. C’è un lavoro e si pretende anche un salario, allora si vogliono difendere vecchi privilegi direbbero gli araldi del lavoro flessibile.

#scioperiamo #expo #tav #crisi #fabbriche #scuole #autostrade #stazioni #ruoli#generi #scioperiamotutto verso il #1M pic.twitter.com/W6jh50kDxC

— MilanoSciopera (@MilanoSciopera) 12 Dicembre 2014

Quando l’accordo sul lavoro gratis è stato sottoscritto l’allora presidente del consiglio Enrico Letta disse, facendo eco al presidente della Confindustria Squinzi, che esso era un modello per il paese. La rottamazione renziana sempre rivolta alle nuove generazioni ha lasciato quella intesa intatta, così come hanno fatto Cgil, Cisl, Uil, nonostante le critiche a quel Jobs act che l’accordo Expo già anticipava. Tutte le forze politiche rappresentate in parlamento, escluso il Movimento 5 Stelle, sono consenzienti.

Così l’Expo finirà per essere una vetrina di tutto ciò che non dovrebbe, ma che invece continua a dominare le scelte economiche e sociali del paese. L’Expo sarà la migliore rappresentazione dell’ipocrisia e del gattopardismo che governano la nostra crisi. Sotto lo slogan “Nutrire il pianeta” si lascerà a una multinazionale il compito di spiegare che l’acqua va gestita in ragione di mercato. Si farà l’apologia delle grandi opere senza riuscire neppure a nascondere la speculazione e non solo quella illegale, ma quella ancor più scandalosa sulle aree che è perfettamente consentita. Si lanceranno proclami sui giovani che capaci di operare nella globalizzazione, rimuovendo il fatto che lo faranno solo in cambio di una medaglietta che non varrà nemmeno come accreditamento per altri lavori precari. E ancora una volta tutto, ma proprio tutto sarà a carico del lavoro. In una fiera che si presenta come l’ultimo ballo Excelsior di una globalizzazione in piena crisi, l’Italia che guarda al passato cianciando di futuro troverà la sua vetrina. Che dovrebbe essere accesa proprio il primo Maggio, così trasformando la festa dell’emancipazione del lavoro nella celebrazione del suo ritorno allo stato servile. Ci sono movimenti e forze sindacali che dicono no a tutto questo e che già dalle prossime settimane si faranno sentire, per poi provare a restituire alla Festa del Lavoro il suo antico valore. Fanno benissimo.

(clic)