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omicidio

#peraldro uniti da uno stesso dolore e dalla stessa ricerca di giustizia

“E’ un’aria di giustizia che vorrei si respirasse in tutti i tribunali del Paese, penso soprattutto a quelli che devono decidere dei casi di Stefano Cucchi, Giuseppe Uva e Michele Ferulli (i cui parenti erano in aula, ndr), con i loro famgiliari ci sentiamo ormai tutti uniti da uno stesso dolore e dalla stessa ricerca di giustizia. Ora mi sento un po’ in pace, vorrei che mio figlio fosse ricordato per quello che era”.

Sono le parole di Lino Aldrovandi, il padre di Federico. Ne avevo parlato ieri. La sentenza è arrivata. Federico Aldrovandi è stato ucciso. I molti altri, per ora, sono solo un incidente.

#peraldro per ricordare a tutti quanto sia meraviglioso il respiro, il sorriso e l’abbraccio divino di ogni figlio, anche quello degli altri

Caro Federico, ieri 19 giugno, mamma è stata sottoposta ad un intervento chirurgico rapido e urgente al nuovo ospedale di Ferrara (l’ospedale di Cona). Ciò le impedirà di essere a Roma il 21 alla IV sezione della Corte di Cassazione. L’intervento è andato bene, grazie a dei bravi e competenti medici. Tutta la famiglia di Federico sarà a Roma per la giustizia definitiva, una piccolissima giustizia. Tutta la famiglia reale e quella acquisita in questi anni. Amnesty inclusa. Patrizia non può. Mamma Patrizia chiede di tenere per mano Federico… e ringraziando manda un suo bacio.

Io le dico di stare tranquilla e serena nonostante tutto, e come in questa dolce immagine di vita, Federico alla fine della sua corsa sarà abbracciato da tanti e tenuto per mano come dalla sua mamma e dal suo papà per ricordare a tutti quanto sia meraviglioso il respiro, il sorriso e l’abbraccio divino di ogni figlio, anche quello degli altri.

Per sempre, nei nostri cuori.

Lino Aldrovandi.

Oggi la Cassazione si pronuncia sulla morte di Federico Aldovrandi.

Sangue per terra: a Vimodrone ci rimane sparato Giuseppe Nista, il fratello di Tyson

Le notizie che arrivano vagliano tutte le piste possibili. Ma se l’omicidio fosse collegato alle dinamiche della criminalità organizzata l’indicazione è allarmante: nuovi equilibri cercano di assestarsi e probabilmente a qualcuno a Buccinasco stanno fischiando le orecchie.

Tre colpi di calibro 7 e 65 sparati da uno scooter in corsa. Tutti hanno raggiunto il bersaglio.Giuseppe Nista, pregiudicato 44 enne, nato a Melzo, legato ad ambienti della criminalità calabrese, è morto al Policlinico di Milano. Indagano i carabinieri di Monza comandati dal colonnello Giuseppe Spina.

Nista, che era titolare di uno sfasciacarrozze a Segrate, è stato colpito in via dei Mille a Vimodrone. Pochi minuti dopo le otto del mattino, uno scooter con a bordo due uomini si è avvicinato. La sparatoria è stata velocissima. Quindi la fuga. In zona nessun ha visto o sentito nulla. Tre ore dopo il decesso in ospedale. Gli investigatori indagano su diversi fronti. Anche se la matrice più gettonata resta quella del regolamento di conti. E’ mafia? Ancora non si può dire, anche se le modalità propendono per questa pista.

Se così fosse, quattro anni dopo l’omicidio di Carmelo Novella, a Milano tornerebbe a scorrere il sangue dei clan. Un’ipotesi, quella dell’ambito mafioso, sulla quale stanno lavorando i carabinieri di Monza. Giuseppe Nista, infatti, era il fratello di Domenico Nista, arrestato nel 2005 per traffico di droga e che a partire dal 2007 ha reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria. Il suo nome compare in almeno due inchieste. La prima è quella che nel 2009 ha raccontato le infiltrazioni della ‘ndrangheta negli appalti della Tav. Un’indagine che però a processo ha visto cadere l’accusa di associazione mafiosa imputata dall’accusa alla famiglia Paparo. Nell’ambito di quella operazione il pm Mario Venditti annota nella sua richiesta alcune dichiarazioni di Nista sul rapporto tra i Paparo e la potente cosca Nicoscia di Isola Capo Rizzuto.

Le parole di Domenico Nista, soprannominato Tyson e che già nel 1995 era definito uno “spacciatore di medio calibro” vengono riprese dagli stessi carabinieri di Monza nella informativa conclusiva agli atti dell’inchiesta Infinito. In quel frangente Nista parla di Pio Candeloro, uno dei capi della ‘ndrangheta di Desio. “Dai Pio – racconta – ritiravo non meno di 5 chili per volta e la sostanza aveva un elevato grado di purezza”.

Decisamente particolareggiate sono, poi, i suoi racconti sulla locale di Pioltello comandata da Cosimo Maiolo e Alessandro Manno. Una locale che, raccontano i pm, fu aperta dallo stesso Carmelo Novella. “I due – annotano gli investigatori – vengono ricordati da Domenico Nista in occasione di più dichiarazioni rese in qualità di collaboratore di giustizia”. Qui “Nista più volte faceva riferimento ai Manno-Maiolo come persone che sono state in grado di gestire con la propria organizzazione, un vasto traffico di stupefacenti negli anni “90. Di più, il fratello dell’uomo ucciso questa mattina, sostiene di aver ritirato “dai Manno e Maiolo considerevoli quantità di stupefacente e che il loro rapporto si interrompeva dopo circa un anno e mezzo, dopo una lite che sfociava in un conflitto a fuoco” . Dopo tutto questo Domenico Nista non è entrato nel programma di protezione. E oggi si trova in carcere a Torino. Suo fratello, invece, è morto.

L’esotico silenzio colpevole: la morte “giusta”

pena-di-morte-amnesty-internationalROMA  – C’é sempre meno lavoro per i boia della maggior parte del mondo, ma ancora troppo, concentrato in un piccola parte di esso. Se due terzi dei Paesi del pianeta hanno abolito la pena di morte e solo 25 di 59 di quelli che ancora la mantengono hanno eseguito condanne capitali nel 2008, é vero che il 93% di tutte le esecuzioni è avvenuto in cinque paesi: Cina, Iran, Arabia Saudita, Pakistan ed Usa. E’ una fotografia più luminosa del passato quella scattata da Amnesty International nel rapporto sulla stato della pena di morte del 2008 che mette in luce una tendenza generale positiva, oscurata comunque dal fatto che ogni giorno sono state giustiziate una media di sette persone, per un totale di 2390 messe a morte in 25 paesi. Per contrasto al continente asiatico – che concentra il record di esecuzioni con la Cina che da sola ha messo a morte più persone che il resto del mondo nel suo complesso (1718 su 2390) – spicca l’Europa dove è rimasta solo la Bielorussia a ricorrere ancora alla pena di morte. “La buona notizia è che le esecuzioni hanno luogo in un piccolo numero di paesi.

Questo dimostra che stiamo facendo passi avanti verso un mondo libero dalla pena di morte. La brutta notizia, invece, è che centinaia di persone continuano a essere condannate a morte nei paesi che ancora non hanno formalmente abolito la pena capitale”, ha dichiarato Irene Khan, segretaria generale di Amnesty International in occasione della diffusione del Rapporto. Dopo l’Asia, dove 11 paesi continuano a ricorrere alla pena di morte (Afghanistan, Bangladesh, Cina, Corea del Nord, Giappone, Indonesia, Malaysia, Mongolia, Pakistan, Singapore e Vietnam) il secondo maggior numero di esecuzioni, 508, è stato registrato in Africa del Nord e Medio Oriente. In Iran sono state messe a morte almeno 346 persone, tra cui otto minorenni al momento del reato, con metodi che comprendono l’impiccagione e la lapidazione. In Arabia Saudita, le esecuzioni sono state almeno 102, solitamente tramite decapitazione pubblica seguita, in alcuni casi, dalla crocifissione. Nel continente americano solo gli Stati Uniti d’America hanno continuato a ricorrere con regolarità alla pena di morte, con 37 esecuzioni portate a termine lo scorso anno, la maggior parte delle quali in Texas. Il rilascio di quattro uomini dai bracci della morte ha fatto salire a oltre 120 il numero dei condannati alla pena capitale tornati in libertà dal 1975 perché riconosciuti innocenti.

L’unico altro stato in cui sono state eseguite condanne a morte è stato Saint Christopher e Nevis, il primo dell’area caraibica ad aver ripreso le esecuzioni dal 2003. Nell’Africa sub-sahariana, secondo dati ufficiali, sono state eseguite solo due esecuzioni, ma le condanne a morte sono state almeno 362. Quest’area ha registrato un passo indietro, con la reintroduzione della pena di morte in Liberia per i reati di rapina, terrorismo e dirottamento. “La pena capitale non è solo un atto ma un processo, consentito dalla legge, di terrore fisico e psicologico che culmina con un omicidio commesso dallo stato. A tutto questo deve essere posta fine”, ha sottolineato Khan.

dal sito ANSA

Cascina Caccia: scippiamogli l’onore

cascinacacciaCiondolando in tourné ogni tanto si rimbalza non solo in qualche via del centro in contromano. Ciondolando in tourné si cade dentro un tombino che è una meraviglia. Sono passati due giorni dall’aria che sapeva di ferro di Torino e Chivasso ma ancora mi tengo forte la carezza al miele della “Cascina Carla e Bruno Caccia” intitolata alla memoria del lavoro di Bruno Caccia: magistrato a Torino ucciso sparato dalla ‘Ndrangheta. Uno di quei nei che il Nord riesce (bene) a dimenticare in fretta come per le antiestetiche macchie di caffè sulla camicetta. Alla ‘ndrina dei Belfiore (mandanti dell’omicidio) hanno strappato un casolare giallo che sorride di malinconia mentre sta arrampicata a San Sebastiano Po (TO). Scippare i luoghi e la memoria alle mafie dovrebbe essere un reato insegnato nelle scuole: è una resurrezione civile. Adesso Cascina Caccia sorride con la solita gialla malinconia ma in buona compagnia. Davide Pecorelli, Anastasia, Sara e Roberto la presidiano con la cura e la manìa dei guardiani del faro mentre strofinano per togliere l’odore della vergogna. “Sarà una nova Barbiana” si è augurato Don Ciotti durante l’inaugurazione del bene confiscato e riassegnato al Gruppo Abele. E’ un abbraccio forte da portarsi a casa mentre alla cascina Caccia evapora la malinconia.