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Focalizzare la campagna elettorale (e l’avversario giusto)

campagna-elettorale-2013La campagna elettorale è partita con un profilo basso e con un confronto sostanzialmente limitato al problema degli schieramenti e delle alleanze. I veri temi politici sono limitati, finora, ad uno solo: le tasse, soprattutto l’IMU.
Confrontarsi con un populismo cinico e bugiardo è obiettivamente difficile per tutti. L’eterno ritorno di Berlusconi mina ogni residua possibilità di parlare di politica in modo più civile. Nel centrosinistra però sarebbe bene ricordare che gli avversari, almeno fino al voto, sono tutti gli estranei alla coalizione progressista ma il nemico (della democrazia e della costituzione) è purtroppo ancora lui e non il riformismo moderato che, del resto, era corteggiato quando era impersonato da figure non più affidabili di Monti, Oliviero, Riccardi.
Bersani è sincero quando dice di pensare prima al bene dell’Italia, poi del centrosinistra, poi del PD, e dunque di tutto ciò tenga conto. Non dia l’impressione, quasi per un inconsapevole riflesso di casta, di considerare non Berlusconi ma Monti estraneo alla dialettica democratica. E non usi verso Monti toni duri e sprezzanti che non userebbe verso Casini o Fini.
Consideri invece i danni che un’altra becera campagna elettorale di Berlusconi può causare a questo già disgraziatissimo paese. E a questo pericolo reagisca.
Perché in nessun paese civile al mondo sarebbe potuto accadere che un personaggio simile dopo i fallimenti politici, il disastro economico, la caduta di ogni illusione e promessa, il discredito personale e politico che lo circonda all’estero, i processi in corso e la condanna in primo grado, la conclamata abitudine all’imbroglio e alla simulazione, potesse ancora presentarsi alle elezioni politiche e oltretutto sperare, e con qualche fondamento, di ribaltare o comunque condizionare l’esito del voto con due mesi di recitazione della solita, logora commedia.
Bersani e tutto il centrosinistra devono domandarsi: come è possibile che questo accada? Come siamo arrivati a questo punto? Cosa è accaduto a questo paese?
Questo è tema politico per eccellenza, perché la politica non è solo amministrazione della cosa pubblica ma anzitutto guida dei processi sociali e della cultura civica del paese.

Ha ragione Sergio Materia: il tema è questo. E sarebbe ora di muoversi.

L’ultima volta. Giuro.

roberto-formigoni-770x513Perché ho deciso da tempo di non dare retta a ciò che dice quell’egocentrico millantatore che è Roberto Formigoni, degno delfino dell’impunito visto ieri sera mentre trasformava la politica in paradosso per di più divertendosi pure.

Ma Formigoni che non ha nemmeno lo spessore per rivendicare una sana incazzatura (che in fondo gli spetterebbe) contro la Lega e recita la parte della pecorella ravveduta nei confronti della Lega rende bene l’idea dello spessore politico di un governatore forte delle proprie mura ventennali piuttosto che delle proprie pratiche di governo. Forse perché la Lombardia dovrebbe essere l’Ohio e invece sembra sempre un quartierino simile a quelli di lodigiana memoria (memento Fiorani, semper) dove l’aggregazione (ance nelle sue forme criminali) conta più del consenso.

“Lavorerò con il Pdl per Maroni” ha dichiarato oggi Formigoni in conferenza stampa mettendo il timbro (non che ce ne fosse bisogno) ad un’allegra brigata che vorrebbe avere la faccia pulita del candidato ex Ministro dell’Interno e invece ha lo stesso odore di sempre. Di sempre. Solo con 17 anni alle spalle  e qualche arrestato in più di un anno fa.

Le volte che ti vergogni di stare qui (al Pirellone)

gallery_4b54dd9e37094_PirelloneAl posto dei pacchetti di natale quest’anno in Regione Lombardia sono arrivati gli “spacchetti“:

Grazie alla nuova legge elettorale della Regione Lombardia, approvata il 26 ottobre, il medesimo giorno in cui fu sciolto il Consiglio regionale, i gruppi presenti in Consiglio possono evitare la faticosa corsa alla ricerca delle firme per presentare la lista alle elezioni. Bastano tre consiglieri per formare un gruppo consigliare e così è accaduto che alcuni consiglieri abbiano “spacchettato” i vecchi gruppi e, uscendosene, hanno dato vita a nuove formazioni.

Dal Pdl sono nati “Lombardia popolare” di area formigoniana con Doriano Riparbelli, Angelo Gianmario, e Marcello Raimondi, questi ultimi due indagati per peculato: tutti e tre in appoggio a Gabriele Albertini. Ancora dal Pdl nasce ”Centrodestra nazionale” che ospita gli ex An Roberto Alboni, Romano La Russa e Carlo Maccari, tutti ex An.

Poi ci sono i gruppi autonomi nati dal Carroccio: si tratta di “Tremonti – 3L Lista, Lavoro e Libertà“, di cui fanno parte Massimiliano Romeo, Jari Colla e Roberto Pedretti. Ancora leghisti sono Angelo Ciocca, Ugo Parolo, entrambi indagati per i presunti rimborsi illeciti, e l’inquisito ex presidente del Consiglio, Davide Boni. Hanno creato il nuovo gruppo “Popolo della Lombardia“.

Infine il quinto gruppo, il “Centro popolare lombardo – I moderati“, è stato costituito dagli Udc Enrico Marcora e Valerio Bettoni e dall’Idv Franco Spada. Questo gruppo è in appoggio al candidato presidente di centrosinistra Umberto Ambrosoli.

I cinque nuovi gruppi peseranno sulle casse pubbliche per 100mila euro e l’indennità di un capogruppo è più alta rispetto a quella di un consigliere: fino a 1.300 euro in più al mese. Per i tre mesi che mancano per le elezioni si calcolano uscite supplementari per altri 70mila euro.

Dispiace che Umberto Ambrosoli non abbia speso una parola, una parola una, sul Centro popolare lombardo e sulle dinamiche del parto. Peccato.

L’asse Lega – PDL

“Rilevo ormai senza stupore che il Presidente Formigoni persiste nelle sue inopportune invasioni di campo. Oggi è addirittura entrato nel merito di quanto ha affermato nei giorni scorsi il Ministro dell’ Interno Cancellieri sulla prima data utile per il voto ostinandosi a riproporre il 16 dicembre che è tecnicamente e a norma di legge improcedibile.

Professor Formigoni, che cerca di dare lezioni anche al Ministro dell’ Interno, la smetta con questo atteggiamento: non è più il primo della classe. E visto che invita tutti “ad assumere atteggiamenti di grande responsabilità”, cominci a dare l’esempio e inizi a stare zitto”.

Così il Presidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti (Lega Nord) commenta le dichiarazioni del Presidente Formigoni sulla data del voto delle elezioni regionali in Lombardia, quelli che dovrebbero essere stati “eccellenti” in questi anni e che qualcuno si ostina a volere imitare partendo semplicemente da sinistra (e dal centro). Come se fossero importanti le provenienze e non le direzioni. Come se la credibilità politica (che anche dalle nostre parti in troppi si preoccupano di analizzare come se fosse stata una cosa seria) non sia stata semplicemente una lunga farsa. Qui non servono moderati: servono eversori. Davvero.

Le dimissioni più lunghe del mondo

Si dimettono. Non si dimettono. Poi dicono che si vota a dicembre, ad aprile forse a marzo e ora Formigoni presenta la sua Giunta (tecnica, dicono, perché di questi tempi funziona).

Sorpresa: il vicepresidente è leghista, Andrea Gibelli. La Lega che ha scaricato Formigoni un centinaio di volte negli ultimi giorni. Ma solo su twitter, perché poi in Giunta governa con lui.

Il Dario furioso

«Sento arrivare il grande crollo. Non c’è solo Formigoni. In questi giorni assistiamo a mosse e mossette. Maroni dice votiamo ad aprile? Allora lo anticipo, dice l’altro, votiamo a gennaio! No, febbraio. La Lega dentro? La Lega fuori? Tutto un far battute da opera buffa. E i sorrisi, ha visto quanto sorridono, tutti quei maneggioni? Un linguaggio da “Le Roi s’amuse”, il Re si diverte, il buffone denuncia, e poi arriva la censura. Le Roi s’amuse, eccome se s’amuse. Ma io dico che è finita la cuccagna». Dario Fo parla di Formigoni, Lombardia e solidarietà: la sua intervista qui.

 

 

Se non ora quando?

Siamo (quasi) alla fine. Per capire la schizofrenia del Carroccio bisogna distinguere due piani: quello nazionale e quello lombardo. A livello nazionale Maroni non vorrebbe rompere con il Pdl proprio mentre insieme stanno concordando la riforma della legge elettorale mettendo a rischio anche il governo del Piemonte e del Veneto. In Lombardia però si ragione in un altro modo: Formigoni è finito, presto o tardi arriverà qualche altra novità dalla procura e se la Lega non si sgancia adesso finirà per apparire come quella che lo ha sostenuto fino all’ultimo. Dunque meglio staccare la spina subito e passare dalla parte degli eroi almeno all’ultimo minuto, dopo vent’anni di governo insieme. Per questo i leghisti hanno già organizzato anche una specie di referendum: sabato prossimo nei loro gazebo chiederanno ai cittadini se vogliono che Formigoni resti o vada a casa. La risposta sembra scontata vista l’esultanza con cui la base leghista ha accolto la decisione del consiglio federale.

Un articolo da condividere in pieno di Giorgio Salvetti per Il Manifesto. Comprese le ultime righe.

Lombardia: occupiamocene noi

Continua il tira e molla tra la Lega (che dice, disdice, fa, disfa, e ridisfa) e un Formigoni imballato. Ora i leghisti dicono che si voterà ad Aprile (perché non subito?) e che dovrebbero dimettersi i consiglieri indagati (praticamente il gruppo consiliare più numeroso in Regione Lombardia: quello degli indagati).

Facciamo una cosa: Formigoni si dimetta e usciamo da questa lotta nel fango di reduci di un’era passata.

Nel frattempo sarebbe il caso che nel centrosinistra provassimo a raccontare l’alternativa e soprattutto le regole e i modi dell’avvicinamento all’appuntamento elettorale perché forse la mancata sollevazione popolare contro Formigoni è dovuta all’incollatura persistente di Penati alla poltrona che ricorda come alle primarie della desolazione anche noi negli ultimi anni abbiamo fatto la nostra parte. Per questo invito gli amici del PD, i compagni di SEL e gli amici dell’IDV insieme a FDS e ai tanti comitati, movimenti e cittadini che in questi ultimi anni praticamente ogni sera abbiamo incontrato, incrociato e con cui abbiamo dibattuto a non farsi condizionare dai tempi dei leghisti e pidiellini e dare il colpo di reni che serve: punti di rivoluzione rispetto al passato prossimo, programmi chiari su lavoro, scuola, sanità, trasporti e linea di avvicinamento alle primarie e coalizione.

Non credo che il nostro ruolo sia quello di preoccuparci delle dinamiche politiche della maggioranza, quanto piuttosto essere credibili per la maggioranza dei lombardi. E noi, dopo aver scavallato provincia per provincia in questi ultimi mesi di ascolto, siamo pronti a partire.

La Lombardia (e la Lega) dei pupi

È un teatrino. Soltanto un teatrino sulla pelle della Lombardia e dei lombardi. Come i teatrini dei pupi dove il copione è stato scritto e appoggiato dietro al palco e in scena ci si preoccupa di essere credibili e nient’altro.

La Lega abbaia ma non morde. Fingeranno di volere azzerare la Giunta e alla fine sarà un rimpasto. Un rimpasto che torna utile a Maroni per silurare qualche reduce assessore bossiano (come Bresciani, assessore alla sanità).

Salvini dirà che è un governo di transizione fino ad aprile ma Formigoni non parlerà mai di dimissioni. Poi da qui ad aprile in uno scenario politicamente così veloce e confuso può succedere di tutto e, soprattutto, la memoria fa in tempo ad affievolirsi e affievolire il senso di gravità.

Alla fine la Lega 2.0 continuerà ad essere collusa con i mali che dice di combattere e tutti saranno ancora per un po’ felici e contenti. Se davvero vuole mandare a casa Formigoni ci vediamo domani mattina con le (presunte) dimissioni che hanno preparato. Le nostre sono già lì. Una firma e si chiude la questione.

Formigoni continuerà a dire che è un caso personale dimenticando che un leader si vede nella scelta dei collaboratori. E lui è uno malato di leadership, dovrebbe saperlo bene.

Sembra una favola e invece è un incubo.

Noi intanto potremmo smettere di credere che mafie, etica, moralità, legalità, riciclaggio e corruzione siano temi che meritano al massimo un convegno e qualche opuscolo o cerimonia e invece è il primo punto per il cambiamento.

Noi partiamo da qui.

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Salvini e la Lega scelgono di non scegliere

Alla fine il conciliabolo della Lega si conclude con un finto ultimatum della Lega a Formigoni: azzeramento Giunta o dimissioni.

Praticamente hanno deciso che Formigoni deve decidere. Come quegli adolescenti che per la paura di lasciare fanno di tutto per essere lasciati e intanto issano la bandiera dell’impresa.

Eppure la spiegazione è semplice: la Lega sa di non avere i voti per raggiungere la decenza nel caso in cui si vada al voto, cerca di ammaestrare il proprio elettorato continuando ad abbaiare sempre più forte ma in realtà ha una paura blu che Formigoni perda la pazienza. Domani Maroni e Salvini metteranno in scena un bel siparietto con Formigoni fingendo l’ennesimo penultimatum che si chiuderà con la solita mediazione. Diranno che la Lega ha la voce grossa e intanto il nuovo corso leghista 2.0 si sarà sdraiato anche su un concorso esterno in associazione mafiosa. Com’è nel DNA della Lega degli ultimi vent’anni.

Noi ci prepariamo alle primarie, intanto.