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polizia

#peraldro i guasconi in divisa

E’ un sollievo sentire l’indignazione per le offese alla madre di Aldovrandi da parte degli stessi poliziotti che le hanno ucciso di botte il figlio.

Ma anche se non fossero loro e fossero semplicemente poliziotti sarebbe intollerabile lo stesso.

Perché il mascariamento che uccide con le parole dopo avere usato la violenza è una pratica da guasconi di periferia e non da forze dell’ordine. Insomma, la nausea sarebbe la stessa se fosse un vigile urbano di Cantù o Vattelapesca.

E il silenzio dei colleghi, dei comandanti e del Ministro dell’Interno avrebbe gli spigoli dell’omertà. Come in quelle altre brutte storie.

Tutto bene

A Brescia alla commemorazione per Piazza della Loggia il bilancio finale è di 11 persone denunciate che dovranno rispondere di resistenza a pubblico ufficiale aggravata, lesioni e accensioni pericolose, più  circa venti studenti che sono rimasti feriti in seguito alle colluttazioni e manganellate delle forze dell’ordine. Ne scrive Andrea.

Ferragosto. Due anni fa

strage duisburg

La strage di Duisburg è stata come un geyser. Uno zampillo ribollente e micidiale che da una fessura del suolo ha scagliato verso l’alto, finalmente visibile a tutti, il liquido miasmatico e pericolosissimo di una criminalità che partendo dalle profondità più remote della Calabria, si era da tempo diffusa ovunque nel sottosuolo oscuro della globalizzazione. (Francesco Forgione)

NDRANGHETA: STRAGE FERRAGOSTO, A 2 ANNI DA DUISBURG CERCHIO SI È CHIUSO/ADNKRONOS = IN 6 TRUCIDATI DAVANTI AL RISTORANTE ‘DA BRUNÒ, A MARZO POLIZIA CATTURA ULTIMO KILLER Reggio Calabria, 14 ago. – (Adnkronos) – È il 15 agosto 2007 quando Marco Marmo, Francesco Pergola, Tommaso Venturi, Marco Pergola, Francesco Giorni e Sebastiano Strangio, appena usciti dal ristorante italiano «Da Bruno» a Duisburg sono travolti da una raffica di proiettili che li falcia uno per uno. Un eccidio brutale che sconvolge l’Europa e costringe Berlino a fare i conti con la sempre più ingombrante presenza della ‘ndrangheta sul suo territorio. Un recente rapporto top secret della polizia federale tedesca, la Bka, pubblicato da Die Zeit stima che siano 229 le famiglie legate alla criminalità organizzata calabrese che vivono in Germania, dedicandosi al contrabbando di armi, al riciclaggio di denaro sporco, allo spaccio di droga e al racket, oltre ad attività legali di copertura, mentre sarebbero circa 900 le persone coinvolte in attività mafiosa. Tra queste proprietari di centinaia di ristoranti e protagonisti del mercato immobiliare nell’ex Germania dell’Est. La strage di Ferragosto è un eccidio maturato nell’ambito della faida di San Luca tra il gruppo dei Nirta-Strangio e il contrapposto schieramento dei Pelle-Vottari-Romeo al quale appartenevano le vittime. I sei morti di Duisburg sono infatti la risposta all’omicidio di Maria Strangio, uccisa il giorno di Natale del 2006 in un agguato indirizzato in realtà al marito della donna, Giovanni Luca Nirta, e a Francesco Colorisi, rimasto ferito in quell’occasione insieme al minorenne Domenico Nirta. Secondo gli investigatori, pur di vendicarsi Strangio sacrifica il tacito accordo di non alzare troppa polvere nei fatti interni alle cosche, rompendo quella che fino ad allora è stata una tradizione: Pelle-Vottari-Romeo da una parte e Nirta-Strangio dall’altra lasciano morti ammazzati con una certa discrezione. Dalla strage di ferragosto ricorrono domani due anni. Un secondo anniversario importante, che celebra anche un grande risultato della polizia italiana, che in meno di 24 mesi è riuscita ad assicurare alla giustizia tutti i componenti del gruppo di fuoco. L’ultima cattura messa a segno è quella di Giovanni Strangio, lo spietato killer della cosca Nirta-Strangio considerato l’esecutore materiale della strage. Occhiali da sole e cappello sempre in testa, Strangio, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi, si nascondeva in Olanda, a Diemen, un piccolo centro vicino ad Amsterdam, dove conduceva una vita «irreprensibile» per sfuggire alla pressione crescente degli investigatori.

IN DUE ANNI UNA RAFFICA DI ARRESTI – Con il 31enne di Africo il 12 marzo viene arrestato il cognato, Francesco Romeo, 41 anni, latitante da oltre 10 anni, e ricercato per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Prima di loro a finire nella rete della polizia è il superlatitante Giuseppe Nirta, 35 anni, anche lui nell’elenco del ministero dell’Interno sui 100 latitanti più pericolosi, anche lui cognato di Strangio. Ancora prima di Nirta, grazie alla controffensiva fatta scattare da parte delle forze dell’ordine italiane, sono molti gli arresti eccellenti legati alla faida di San Luca. In manette finiscono 4 presunti appartenenti alla cosca Nirta-Strangio: Antonio Rechichi e Luca Liotino, catturati in Germania, e Domenico Nirta e Domenico Pizzata catturati in Italia. Poi, a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, le porte del carcere si aprono per Paolo Nirta, cognato di Maria Strangio, uccisa il giorno di Natale 2006, catturato il 7 agosto 2008, e Gianfranco Antonioli, ritenuto l’armiere di San Luca. Il 18 settembre è la volta del superlatitante Francesco Pelle, 32 anni, detto ‘Ciccio Pakistan’, arrestato in una clinica di Pavia specializzata nel campo della riabilitazione. Pelle perse l’uso delle gambe in un agguato il 31 luglio 2006. Un tentato omicidio di cui si vendicò, secondo gli inquirenti, proprio ordinando la strage di Natale e innescando così il fatale meccanismo che avrebbe portato alla strage di Duisburg. A finire in manette, il 16 ottobre scorso, il latitante Antonio Pelle, 46 anni, capo della cosca Pelle-Vottari, arrestato dagli uomini della squadra mobile della questura di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo in un bunker nelle campagne della locride. Le forze dell’ordine lo cercavano dall’agosto 2007, quando sfuggì alla cattura nell’operazione ‘Fehidà, predisposta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria all’indomani della sanguinosa strage di ferragosto.

QUELLA SERA ‘DA BRUNÒ SI CELEBRAVA UN RITO DI INIZIAZIONE – È la notte tra il 14 e il 15 agosto del 2007, quando a Duisburg, cittadina della Germania occidentale già meta di tanti emigranti italiani, si consuma la strage. Tommaso Venturi, 18 anni, Francesco e Marco Pergola 22 e 20 anni, Francesco Giorgi, 17 anni, Marco Marmo, 25 anni, e Sebastiano Strangio, 39 anni, vengono uccisi a colpi di mitraglietta davanti al ristorante-pizzeria ‘Da Brunò di proprietà della famiglia Strangio. Una famiglia importante a San Luca, il paese della Locride divenuto celebre più che per aver dato i natali a Corrado Alvaro per una faida che ha fatto 15 morti in 17 anni, 11 dal Natale scorso a oggi. Faida che vede impegnati in una guerra senza esclusioni di colpi il clan degli Strangio-Nirta e quello dei Pelle-Vottari-Romeo. Quando vengono raggiunti dai killer, i sei calabresi sono appena usciti dal locale. Lì hanno cenato per festeggiare il 18esimo compleanno di Tommaso Venturi e, ipotizzeranno poi gli inquirenti, il suo ingresso nel clan. Quella sera ‘Da Brunò, prima del massacro, si è celebrato un ‘rito di iniziazionè, la cerimonia della ‘copiatà, conclusa, come da tradizione, con il giuramento proferito dal nuovo accolito mentre si lascia bruciare tra le mani un’immaginetta sacra, il santino di San Gabriele, patrono della polizia, che verrà ritrovato proprio addosso a Venturi. Sono da poco passate le due quando i sicari nascosti nel buio entrano in azione. Le vittime sono appena salite su due auto: una Golf e un furgoncino Opel. Contro di loro vengono esplosi oltre settanta colpi. Poi a ognuno, quasi a voler firmare l’omicidio, viene sparato un colpo in testa. All’arrivo dei soccorsi per cinque di loro non c’è più niente da fare. Il sesto muore in ambulanza durante il trasporto in ospedale. Per la cittadina della Germania occidentale è uno choc. La ‘ndrangheta colpisce anche all’estero. Non ha limiti.

DA REGGIO CALABRIA UN POOL DI INVESTIGATORI IN GERMANIA – Agli investigatori non ci vuole molto per capire che alla base del delitto c’è ancora una volta la faida di San Luca che insanguina la Calabria da oltre 16 anni. Subito scattano le indagini della Polizia tedesca, mentre nel paesino della locride si rafforzano le misure di sicurezza, e da Reggio Calabria parte per la Germania un pool di investigatori italiani. A fornire i primi elementi sono alcuni testimoni che raccontano di aver visto fuggire due persone dal luogo del delitto a bordo di un’auto. Grazie alle descrizioni fornite viene ricostruito l’identikit dell’uomo che si trova alla guida della vettura: «Altezza intorno a 180-185 cm figura slanciata, capelli scuri corti e basette fin quasi alla bocca, senza barba o baffi, con un grosso neo sotto l’occhio destro». L’identikit viene messo sul sito internet della polizia del Nord Reno Vestfalia con questo annuncio: «In base alle indicazioni di testimoni oculari sono stati visti nelle immediate vicinanze del luogo del deltto due uomini attualmente sconosciuti, che potrebbero essere ricollegabili ai fatti. Le due persone sono salite su un’auto parcheggiata al centro della Muehlheimer Strasse di Duisburg , una grossa berlina che si è allontanata a velocità in direzione dello zoo di Duisburg ». L’identikit viene inviato anche agli inquirenti di Reggio Calabria che lo analizzano per capire se possa corrispondere al volto di qualche persona collegata agli ambienti criminali della ‘ndrangheta. Ma dalla prima analisi non emerge nessuna somiglianza. Poi, sempre sul sito della Polizia tedesca viene inserito un filmato in cui compaiono due sospetti sicari in fuga, ripresi da una telecamera a circuito chiuso nei pressi di un distributore di benzina. Il 24 agosto la Polizia tedesca interroga sette persone che però non vengono trattenute. Scattano una serie di perquisizioni in alcune abitazioni di diverse località del land del Nord Reno-Westfalia, ma anche in altre regioni della Germania. Vengono sequestrate automobili e diversi oggetti che vengono acquisiti come elementi utili alle indagini. Ma dei killer ancora non c’è traccia.

PRIMA DELLA STRAGE UN VERTICE DEL CLAN PELLE-VOTTARI – Intanto le indagini cominciano a fare chiarezza su altri aspetti della strage di ferragosto. Quella notte, secondo gli investigatori, a Duisburg, subito prima della strage , aveva avuto luogo un vero e proprio vertice del clan Pelle-Vottari, come confermerebbe un’intercettazione nella quale una delle vittime, Marco Marmo, riferirebbe a un suo congiunto: «Abbiamo le armi». E dagli elementi raccolti nell’ambito delle indagini da Carabinieri e Polizia, in collaborazione con i colleghi tedeschi, emergono una serie di particolari sul massacro. A cominciare dalle testimonianze: è una donna, alle 2.24 del 15 agosto, a telefonare alla polizia per dare l’allarme da Muehlheimestrabe, nei pressi della stazione di Duisburg. La donna riferirà di essersi imbattuta, nel vicoletto a fianco al ristorante «Da Bruno», nella Golf nera con a bordo i corpi insanguinati di Marco Marmo, che era sul sedile di guida, di Francesco Giorgi, seduto al suo fianco, e di Francesco Pergola e Tommaso Venturi, seduti invece sui sedili posteriori. Le altre due vittime erano su un’Opel Combo: alla guida Sebastiano Strangio e al suo fianco Marco Pergola. È il 30 agosto, dalla strage sono passate due settimane, quando le forze dell’ordine assestano un violento colpo alle ‘ndrine in guerra. Vengono eseguiti oltre 40 fermi nei confronti di affiliati alle cosche mafiose Nirta-Strangio e Pelle-Vottari.

STRANGIO ARRESTATO DALLA POLIZIA PER UNA SPARATORIA DOPO I FUNERALI DELLA CUGINA MARIA – L’operazione prende spunto da un’informativa dei carabinieri redatta subito dopo l’omicidio di Maria Strangio, la moglie di Giovanni Nirta, considerato uno dei capi della cosca omonima, uccisa a colpi di kalashnikov sotto casa, a San Luca, a Natale del 2006. Tra i destinatari di quelle ordinanze di custodia della Dda di Reggio Calabria c’è Giovanni Nirta, considerato il boss della omonima cosca. E ci sono anche Achille Marmo, fratello di Marco, e Giovanni Strangio, fratello di Sebastiano, due delle sei vittime della strage di Duisburg. E proprio su Giovanni Strangio si concentrano le indagini. Cugino di Maria, Strangio era stato arrestato dalla polizia per una sparatoria scoppiata dopo i funerali della donna, svolti in forma strettamente privata nella chiesa di S. Nicola a Bovalino. Strangio aveva tentato di sparare al dirigente del commissariato di Polizia di Bovalino che, avendolo notato in chiesa insieme ad altre due persone, voleva identificarlo. Il funzionario reagì e Strangio rimase ferito a un polpaccio. Accusato di porto e detenzione illegale di una pistola, Strangio chiese ed ottenne il patteggiamento e fu condannato a quattro mesi. Quindi, rimesso in libertà, partì per la Germania. Strangio, 28 anni, nato a Siderno, in Calabria, ma residente a Kaarst, nel land del Nord Reno-Westfalia, dove gestisce due pizzerie, era ufficialmente ricercato in Germania come sospetto componente del commando killer autore della strage di ferragosto.

Radio Mafiopoli 29 – Edizione straordinaria: Nicchi sa scrivere!


Settimana a Mafiopoli di 40 in fila per sei col resto di 2: 40 gli anni rifilati, 6 i boss pisellati, il resto di 2 è di resto bum bum.

A Palermo 6 presunti appartenenti alla famiglia mafiosa di Carini (che non vuol dire per forza simpatici) sono stati condannati. Le condanne riguardano Antonino Pipitone (7 anni e 8 mesi), il padre Angelo Antonino Pipitone e lo zio Vincenzo Pipitone che hanno avuto sei anni a testa così come i fratelli Calogero e Giuseppe Passalacqua. Sei anni anche per Giulio Comello.

Nella maxi operazione “Cerbero” 37 fermi e ordinanze di custodia per i mandamenti di Brancaccio e Portanuova, nonostante tra gli arrestati ci fosse Francesco Palermo Montagna che oltre che avere 46 anni oltre che essere mafioso oltre che essere amico del boss Rotolo, raccontano che sia un ottimo bonificatore. “E’ il mago delle microspie” urlava sempre fiero Rotolo rotolante nella sua rotolante latitanza. E infatti, troppo impegnati sul tecnologico sono rimasti fregati dal buon vecchio pizzino. Arrestati gli uomini d’onore  si dice abbiamo gia’ cominciato a parlare. Voci di corridoio raccontano di un Rotolo con l’umore incagliato.

Una storia triste: a Washington Victoria Gotti, figlia del super Boss John Gotti, capo dei capi della mafia americana,  bionda discreta come un elefante rosa sul campanile, Victoria è costretta a vendere la sua lussuosa casa di Long Island. “Me la cavo a mala pena” ha spiegato in lacrime di coccodrillo (rosa) davanti alla villa da 5 milioni. A quanto pare suo marito Carmine Agnello che nonostante il nome e la mafiosità conclamata non è ancora stato messo allo spiedo, non le verserebbe gli alimenti. Che vergogna! urla il re ridens durante l’inaugurazione del ponte da Messina a Onna, una storia così meravigliosamente vergognosa che meriterebbe un reatity in prima serata su Beghe 4. Ma il re della disinformazione si svela disinformato: lo sceneggiato tv crescere Gotti è già stato un successo sulle reti americane. Un appuntamento quotidiano come un Kebhab farcito di soldi sporchi, mafia, tradimenti, balle e principi e principesse al ballo della mafia. Gli autori di Porta una porta stanno già chiedendo i danni. E Carmine Agnello? Dopo essere stato scarcerato e avere lasciato la Grande mela si è risposato con la figlia di Mourad Topalian, un capo storico del terrorismo armeno.

Una buona notizia! Mafiopoli esulta. Non solo il latitante Nicchi è vivo, non solo ha imparato con corso accelerato in video cassetta a scrivere la sua firma in modo leggibile, ma addirittura è riuscito con le proprie gambe e la sua gelida manina ad imbucare la lettera per nominare il suo secondo difensore per il processo Gotha. E’ incredibile hanno dichiarato le gemelle Kessler Lo Piccolo dal loro carcere con stanza matrimoniale ma con letti separati “l’avevamo lasciato insieme al Rotolo ad incollare saracinesche in via dei Mille con l’attac, e lo ritroviamo oggi dottore imparato di scrivere e imbucare”. Imbucaiolo imbucato maestro nell’imbucarsi, riferiscono le malelingue, che il Nicchi abbia preso il volo per sfuggire alla ricevuta di ritorno.

Giuseppe Raffaele Nicotra, sindaco di Aci Catena pese famoso per bolli e passaggi di proprietà, è stato nominato eroe dell’anti pizzo della settimana di mafiopoli. Come insegnano quei politici che prendono di petto i problemi per fare sponda col culo di qualcuno, il sindaco nega di essere vittima di un’estorsione e si becca un’accusa di favoreggiamento aggravato dalla DDA di Catania. Come insegna il suo partito il popolo della pubertà, se una cosa si nega non esiste e si è risolta. Al massimo se insiste si rispedisce a Malta.

A Messina nel centralissimo viale San Martino, la polizia trova negli appartamenti di Antonino, Alfredo, Giovanni, Salvatore e Franco Trovato un vero e proprio laboratorio di droga e circa un milione di euro in banconote. Durante l’ispezione, gli uomini della Squadra mobile hanno trovato in un appartamento 2 chili e mezzo di cocaina pura, 157 grammi di eroina e l’attrezzatura di una vera e propria raffineria: una pressa per il confezionamento delle dosi, ben 8 chili di sostanze da taglio, altro materiale sofisticato. Poi un letto sfatto, il frigo pieno, la tv accesa. Nell’altro appartamento dello stesso stabile, invece, gli agenti hanno rinvenuto 10 pacchi, ricolmi di banconote di vario taglio, per un totale di oltre un milione di euro, nascosti in un vano ricavato sotto un mobile fioriera.

“Non è giusto” hanno gridato in coro una parola a testa come qui quo e qua. “Il milione di euro l’abbiamo vinto al bar di sotto al mafia e vinci. E i due chili di cocaina sono la dose personale di nonna Assunta”. Bravi Bene Bum bum.

Il procuratore Centrone alla guida della direzione distrettuale antimafia dell’Umbria dichiara che alcuni processi evidenziano la presenza nella zona di camorra e boss casalesi. “Dicono” aggiunge il ministro della perversione minorile di mafiopoli “che tra poco arriverà da noi il più terribile famigerato pericoloso boss della seconda repubblica”. Qualcuno l’ha preso sotto il braccio e spiegandoli che quello era il G8 l’ha portato nelle segrete stanze del ministero di Topolinia.

Umberto Ambrosoli figlio dell’eroe borghese Giorgio, liquidatore della Banca Privata Italiana, con cui Sindona ripuliva i soldi della mafia, dichiara al Corriere della Sera che suo padre ancora oggi a Milano non avrebbe solidarietà per il suo sacrificio a servizio delle Stato. “Ambrosoli?” dichiara la sindachessa di Milano lieta ma con il parrucchino triste “con tutto il da fare che abbiamo per l’Expo non abbiamo certo bisogno delle rivendicazioni postume sindacali degli apicoltori”. E scoppia l’applauso. Grazie prego tornerò bum bum.

BIBLIOGRAFIA

Radio Mafiopoli 13 – Natale con i buoi

NATALE CON I BUOI

Caro Babbo Natale,
mi chiamo Luigino, quest’anno la letterina di Natale il mio babbo mi ha detto di scrivertela a te e non più ad Andreotti come gli anni scorsi perché ormai, dice il babbo,  quello è fuori di testa e rischiamo che ci arrivi ancora sotto l’albero il sottobicchiere con la faccia di Gelli che il mio fratellino c’è rimasto così male che ha frignato fino ai primi d’aprile. Io gli ho detto al babbo – allora scriviamola al presidente del consiglio! – ma lui dice – lascia perdere… che con il cognome che ci chiamiamo capisce subito che siamo terroni e comunisti e ci regala un corso intensivo di conversione alla fede di Emilio Fede. E io non ho capito se la fede è quella di Fede o intendesse la fede quella maiuscola o la maiuscola era per fede, ma il babbo mi ha detto di smetterla che oramai sto natale ci ha anche la fede, in cassa integrazione.  Allora scriviamola alla minoranza che ci può aiutare! – gli ho detto. E lui ha cominciato a diventare tutto rosso e paonazzo e a ridere come un ossesso che si è subito bevuto con la mamma un bel bicchiere di rosso in due… erano anni che non lo vedevo andare a letto così felice e contento. Allora caro Babbo Natale quest’anno la scrivo a te la letterina, che ormai come dice mio papà sei il candidato più accreditato per farci uscire dalla crisi.
Quest’anno giù a Mafiopoli ci hanno detto a scuola che sarà un natale di crisi nera:  che neanche ci hanno avuto i soldi per stamparci i manifesti per prometterci  più acqua per tutti che facevano tanto aria di natale anche se non ci credeva più nessuno, perché a natale alla fine è il pensiero che conta.
Se passi da Palermo mandaci giù dal camino ai miei amici mafiopolitani uno di quei libri dell’autogrill su come gestire ottimizzati l’azienda 2.0 e tutte quelle storie lì. Perchè proprio in questi giorni la polizia ci ha fatto 99 ingabbiati che volevano rimettere in piedi la nuova commissione mafiopolitana come ai bei tempi di Riina ‘u Curtu (che il babbo dice che era una specie di parlamento ma molto più silenzioso e con gli scuri alle finestre molto più scuri). Ecco se passi di lì almeno s’imparano che se si mettono a fare la commissione in 99 succedono quei naturali problemi di convivenza tipici della democrazia. Pensa, Babbo Natale, che a capo della commissione antiantimafia questi gran geni dei boss ci volevano metter Bernardo Capizzi si vede perché ci aveva il cognome di uno che aveva già capito tutto,  ed è un bel giovanotto di 64 anni. Papà dice che deve essere proprio l’anno santo dei rinnovamenti a favore dei giovani in tutti i campi, questo. Ecco se tu ci regali un bel manuale a questi bei boss mafiopolitani magari cominciano a capirci un po’ di più e magari anche a curare un po’ di più l’immagine e ad affittarsi una sala riunioni decente senza riunirsi sempre in queste casupole tutte sgarruppate con l’arbre magique alla ricotta che viene la tristezza nelle ossa solo a guardarle. Se riesci e non è troppo disturbo a Riina U’Curtu il libro  portaglielo solo con le figure, altrimenti si incaglia al primo congiuntivo che dice che i congiuntivi sono il vero problema di Mafiopoli e che li hanno inventati i comunisti. E se vuoi proprio esagerare e fare un figurone, Babbo Natale, a Zu’ Binnu Provenzano portaglielo su una bella carta intestata a forma di bibbia, che sono così sicuro al cento che si commuove perché ci ha il cuore commuovibile, mica solo la prostata. E magari salutami Raccuglia e Messina Denaro, perchè babbo mi dice che sei l’unico che ha il loro numero di telefono. Perché, dice babbo, quella è gente che se ha bisogno di solito ti chiamano loro.
Se passi da Napoli butta giù un altro problema a caso di quelli tuoi che c’hai nel sacco. Così ci dimentichiamo presto anche questi ultimi e li spediamo insieme a tutti gli altri nella discarica della distrazione. E visto che ci sei, se puoi controllare nel tuo mazzo di chiavi delle porte di tutto il mondo guarda se ti avanzano quelle per la discarica, giù a Chiaiano: che siccome è un posto non pericoloso e sotto controllo come continuano a dirci magari, visto che sono così sicuri e ci rassicurano, gli prepariamo il cenone sopra la montagnola. E voglio vederli che faccia fanno mentre si mangiano gli astici che diventano fluorescenti.
Da Gomorra puoi anche non passare, tanto lì ci passa qualcuno di Sandrocàn Schiavone a darci la mesata e a natale pure con la tredicesima. E poi se ti vedono in centro tutto rosso e con le renne ricominciano a frantumarceli che è colpa di Roberto e del suo libro e ricomincia la tiritera. E magari regala un fiore a Rosaria Capacchione, e prova a convincerla anche tu che in una Mafiopoli civile è normale dover vivere in freezer per aver scritto i fatti degli altri. Che sono sicuro che non ci crede ma almeno le strappi un mezzo sorriso.
Se passi da Buccinasco (occhio alle code in tangenziale) lascia nel camino del sindaco Cereda uno di quei pupazzi cinesi che gli tocchi il pancino e ripetono le parolacce quelleche non si devono mai dire: pipì, pupù, scemo e mafia. Così si tranquillizza e agisce con calma: nei beni confiscati ci può mettere gli uffici della commissione sull’assegnazione dei beni confiscati e ha risolto il problema, alla Macchiavelli, e a Saviano ci sarà poi tempo per dedicargli una via. Come nei paesi civili.
A Milano buttaci giù dal camino una commissione per l’immagine antimafia. Così almeno riescono a convincerci che una commissione antimafia legittima la mafia ed è dannosa, e magari riescono a convincerci anche che la mafia non esiste e il pluripregiudicato Marras che stava nel cantiere qui dietro al ConDuomo fiscale aveva preso un senso unico e stava semplicemente facendo manovra. Così come Liggio era in via Ripamonti perchè fanno lì il bitter campari come non lo sa fare nessuno. E magari ci facciamo anche uno scherzo. Ci scrivi in piazza Duomo che il santo expò è anticipato a settimana prossima, così noi ci mettiamo seduti sulle scale a guardarci bene chi arriva di corsa in comune suonare il campanello.
Caro Babbo Natale, per tutti gli altri facci due regali. Due palle, mica quelle di Natale, due palle di quelle non rimovibili e un sacco di schiene dritte, per sopportarci mentre non ce la facciamo a non dire che disonorarli è una questione di onore.
Per me, Luigino, Babbo Natale, non regalarmi niente, magari, se fosse possibile, vieni a riprenderti qualcuno di questi politici che ci hai portato l’anno scorso e che a me e al mio fratellino ci sembrano un po’ scassati, e magari visto che hanno solo un anno, magari sono ancora in garanzia.