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I NODI DA SCIOGLIERE // #PEREMMANUEL

Pace, inclusione e convivenza. Forse converrebbe davvero partire da qui. E avere il coraggio di non farsi travolgere da chi ci vorrebbe inculcare che la politica si faccia con i tweet, con la merda buttata addosso all’avversario e soprattutto con la superficialità. Ecco, la superficialità: non arrendersi alla malvagità del banale. E per questo credo che il testo di Stefano Catone, per la campagna di Possibile, varrebbe la pena leggerlo per quello che è: un ragionamento. Allenare il ragionamento è uno sport magnifico, credetemi. Eccoli qui, i nodi che vogliamo sciogliere (se lo volete in pdf è qui):

 

PolitiCamp 2016, accampiamoci per farci presidio

Il 15 e il 16 luglio ci vediamo a Reggio Emilia. Parleremo di politica, Costituzione, attivismo ma soprattutto ci incontriamo perché abbiamo il sogno di attivare riunioni condominiali (e costituzionali) in tutto il Paese. Ci vediamo a Reggio Emilia perché il cambiamento non si racconta si pratica. Ecco il programma:

«Politica, Costituzione, comunicazione, attivismo e cultura sono tra i filoni di questa settima edizione del Politicamp, un Tour RiCostituente che si apre al Chiostro della Ghiara di Reggio Emilia venerdì 15 e sabato 16 luglio (e che si chiuderà a Salerno il 16 e 17 settembre).

Un Camp che come ogni nostra iniziativa è organizzato (con cura per i piccoli particolari, quest’anno ad esempio abbiamo un service luci a zero impatto ambientale, poiché alimentato a biciclette) senza grandi donatori occulti alle spalle, ma grazie all’impegno dei tanti volontari e al contributo di chi si tessera a Possibile, di chi fa una donazione o di chi invia un sms al numero 499333.

Le porte si aprono alle 18,30 di venerdì 15, i volontari di Possibile accolgono i convenuti e alle 19,30 si cena tutti insieme al Chiostro (la prenotazione, come per tutti i pasti al Chiostro, è richiesta e si fa da questo link).
Dalle 21 si alterneranno sul palco i parlamentari di Possibile, Beatrice BrignoneAndrea MaestriToni MatarrelliLuca Pastorino ed Elly Schlein, che faranno il punto sull’attività e sulle molte campagne che il nostro partito ha portato avanti in questo suo primo anno di vita. Il punto politico e la proposta di lavoro per i mesi che verranno, fondamentali in particolare in vista del referendum costituzionale, sarà affidato al nostro Segretario, Giuseppe Civati.

La Costituzione, la sua riforma e il referendum saranno il tema del mattino seguente, che si apre alle 9,30 e dalle 10 in poi vede alternarsi sul palco un vero e proprio dream team di costituzionalisti. Dentro la riforma, lezioni di diritto costituzionale per un voto consapevole il titolo della mattinata, divisa in due sessioni: docenti della prima Nadia Urbinati, con una lezione dal titolo Ha ancora senso votare? (Gli elettori e la riforma), e Gianfranco Pasquino (Legge eletorale e riforma costituzionale: gli effetti della combinazione). La seconda sessione si apre con il nostro Andrea Pertici (Come cambia il Parlamento), seguono Roberto Zaccaria (Come cambiano le leggi) e Barbara Pezzini (Come cambiano le autonomie). Un dibattito tra pubblico e relatori segue sia la prima che la seconda sessione.

Alle 14 circa il pranzo al Chiostro, si riprende alle 16 con Alessandro Gilioli, giornalista de L’Espresso e blogger, Matteo Fago, editore di Left, e Francesco Piccinini, direttore di Fanpage, in Come sopravvivere alla propaganda e mobilitarsi per batterla. A Franz Foti, del Comitato organizzativo di Possibile, il compito di chiudere il panel e di traghettare la discussione dalla comunicazione all’attivismo in quello successivo, che si chiama Progetti Possibili e che chiama militanti di Possibile e non solo a raccontare – appunto – progetti avviati con successo in questo primo anno del nostro partito: Stefano Catone sull’accoglienza, Marta Costantini sulla difesa della sanità pubblica e sulla mobilitazione avviata con grande successo a Fano, Annamaria Guidi sul bookbombing, la raccolta di libri da destinare ai profughi che tanti comitati di Possibile hanno replicato in giro per l’Italia, Carlo Massironi e l’incubatore d’impresa avviato a Verona, Raffaella Sutter e l’interessante progetto civico che ha portato alle comunali di Ravenna, oltre alla testimonianza di Alex Corlazzoli, maestro, blogger e voce di Radio Popolare, e Luca Marola di Legalizziamo.it, sulla campagna per la legalizzazione della cannabis che Possibile sostiene in tutte le sedi.

Dopo la cena al Chiostro alle 19,30, si riprende alle 21, e viene a portare un saluto Umberto “Eros” Lorenzoni, partigiano e tra i più attivi sostenitori del NO alla riforma costituzionale. Si prosegue con un dialogo tra Giulio Cavalli, attore, giornalista e tra i più attivi protagonisti del Tour RiCostituente di Possibile, lo storico dirigente Rai, scrittore e autore Loris Mazzetti, e Omar Pedrini, rocker, cantautore, ma anche docente presso il master in comunicazione musicale all’Università Cattolica di Milano.
Lo stesso Omar Pedrini chiude infine in bellezza i due giorni di Politicamp con un set acustico dal vivo.

Tutte le informazioni su come arrivare, dove pernottare e sui servizi presenti al Politicamp (tra i quali ricordiamo l’animazione per i bambini) si trovano a questo link

 

Suona la sveglia per i Millenials. Un appello da leggere.

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Lo scrive il Comitato Possibile dell’Università di Bologna. E vale la pena tenerselo in tasca per i prossimi mesi:

«Il referendum sulla permanenza o meno del Regno Unito nell’Unione Europea, vinto di misura dai sostenitori del “Leave”, è il segnale inequivocabile della necessità di una presa di coscienza.

Le prime indicazioni che ci sono giunte dalle analisi dei flussi di voto dimostravano in maniera plastica una frattura generazionale: i giovani tra i 18 ed i 24 anni hanno votato in massa – circa il 74% – per la permanenza nell’Unione. Persino la fascia d’età successiva, se pur con un margine inferiore, ha sostenuto le ragioni del “Remain”: sono coloro che hanno vissuto la nascita del sistema Erasmus, che vanno dai 25 ai 49 anni. Mano a mano che l’età cresce questa situazione si capovolge. I dati più recenti sull’affluenza al voto, però, segnalano che tra gli elettori più giovani meno della metà sono andati a votare, mentre l’elettorato più maturo si è recato in gran parte alle urne per esercitare il diritto di voto. Questo aspetto deve far preoccupare ulteriormente: se tra gli anziani è prevalso il sentimento di chiusura, tra i più giovani è stata l’indifferenza a determinare i risultati a cui assistiamo oggi.

Ora, qui non si tratta di essere favorevoli al mantenimento dell’attuale stato di cose all’interno dell’Unione, non si tratta di essere aderenti alle scelte adottate nell’ultimo decennio dalla classe dirigente europea, non si tratta nemmeno di un posizionamento ideologico a favore dell’integrazione. Il problema è che il sentimento di rabbia, frustrazione, solitudine, chiusura, disincanto e sfiducia cavalcato dalle destre estreme sta definitivamente facendo breccia. Sono i partiti razzisti e xenofobi, spesso dichiaratamente neofascisti, a volere che questa dissoluzione dell’orizzonte comune avvenga il prima possibile. Sono i Farage, i Le Pen, i Salvini, a sostenere le ragioni di un ritorno al passato, ai particolarismi nazionali.

Dunque è giunto il momento per le giovani generazioni di alzare la voce, di conquistarsi lo spazio politico che ci è sempre stato negato, di assumersi la doppia responsabilità di salvare ciò che di buono è stato fatto dal Secondo Dopoguerra ad oggi per rendere l’Europa un luogo di pace dopo secoli di conflitti, violenze, guerre, morte e distruzione, e di delineare prospettive di cambiamento e progresso, anziché di arretramento. Come dimostra l’esito del Referendum inglese, e le reazioni che ha suscitato, non potremo farcela se non saremo in grado anzitutto di risvegliare nei nostri coetanei un sentimento di interesse per la dimensione pubblica, politica delle nostre vite, contro l’ indifferenza che oggi prevale.

Non possiamo più attendere oltre per svegliarci: la sveglia sta suonando da un po’. Da quando è scoppiata la crisi economica, divenuta poi crisi sociale perché è stata fatta pagare agli ultimi ed alla classe media; da quando le diseguaglianze sono esplose; da quando fiumi di migranti in fuga dal Sud del mondo hanno cominciato a bussare alle nostre porte ed i nostri governi hanno deciso di non gestire il problema in maniera comune e solidale; da quando l’establishment europeo, trainato dalla Germania, ha deciso di voltare le spalle alla Grecia abbandonandola a se stessa in maniera tanto brutale e cinica; da quando hanno deciso che le conquiste sociali ed i diritti fossero un impedimento alla crescita economica; da quando hanno creduto che bastasse un’élite di tecnici e burocrati per governare processi tanto imponenti.

Abbiamo la responsabilità di mettere da parte le nostre appartenenze, le nostre divisioni, le nostre ambizioni particolari, per dare vita insieme ad un grande mobilitazione generazionale di risposta alla deriva reazionaria imboccata, come fecero i nostri nonni e bisnonni partigiani nella guerra di Resistenza. Ad ogni generazione la sua battaglia, e questo è il nostro turno per decidere da che parte della storia vogliamo stare. Alziamoci e prendiamo la parola prima che sia tardi – pretendiamola! – nella convinzione che l’Europa unita vada cambiata. ma non distrutta, ispirandosi ai principi di solidarietà, di eguaglianza, di rispetto nella diversità, di pace e di condivisione.

Perché tutto questo non rimanga solo retorica, vi invitiamo a fare rete con tutte le realtà e le singolarità che si dimostrino altrettanto preoccupate per la situazione attuale, che si dichiarino saldamente antifasciste e vogliano mettersi in gioco. Partiti, associazioni, sindacati, studenti, lavoratori, semplici cittadini. Organizziamo assemblee pubbliche, discutiamo, stendiamo una piattaforma comune ed il più possibile coinvolgente, al di là degli steccati e degli interessi particolari.

Poiché quello che c’è in gioco non è la vittoria alle prossime elezioni, né il consenso elettorale, ma il destino del nostro mondo e la possibilità di rendere il futuro un posto migliore in cui vivere, lasciandoci alle spalle i fantasmi del passato.»

Comitato Università Bologna di Possibile

La nostra proposta subito dopo il NO

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Alla fine il sito è online. Iovoto.no contiene tutti i documenti, gli appuntamenti e i materiali perché ognuno si faccia comitato elettorale. Basta iscriversi per rimanere informati, partecipare, proporre, discutere. Fare politica insomma.

E insieme a tutte le ragione del no abbiamo anche voluto mettere le nostre proposte perché sarebbe ora di finirla con questo giochetto di convincerci che non c’è alternativa. Eccole qui:

  1. Una legge elettorale che permetta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti (come col Mattarellum): l’opposto dell’Italicum.
  1. Costi della politica: diminuzione di deputati e senatori; significativa riduzione delle indennità.
  1. Superamento del bicameralismo perfetto: il governo riceve la fiducia dalla sola Camera, la quale legifera nella generalità degli ambiti.
  1. Un nuovo Senato (elettivo): competenze sulla legislazione di maggiore rilievo; importanti funzioni di controllo, a partire da quelle sulle nomine governative; funzione di raccordo tra legislazione statale e regionale, con una quota minoritaria di eletti da parte delle Regioni al loro interno.
  1. Democrazia diretta: possibilità di firma elettronicariduzione del quorum per il referendum abrogativo; rafforzamento dell’iniziativa legislativa popolare, con la possibilità per i cittadini stessi di pronunciarsi sulle proposte che essi hanno presentato se non esaminate entro un certo termine.
  1. Salvaguardia delle autonomie: la forza dei cittadini sta anche nella possibilità di avere istituzioni più prossime sulle quali incidere più facilmenteEliminazione delle Province senza infingimenti, ridefinendo con cura – e partendo dai territori stessi – l’assetto degli enti territoriali.
  1. Eliminazione del CNEL.

 

LA NOSTRA PROPOSTA SULLA COSTITUZIONE: SEMPLICE, CHIARA E APERTA A TUTTI

Il cattivo funzionamento delle istituzioni non è da imputare alla Costituzione, ma spesso alla sua forzatura o alla sua mancata attuazione, quando non alle sue violazioni. Basti pensare alla scellerata scelta di approvare, alla fine del 2005, in tutta fretta, una legge elettorale (con cui abbiamo poi votato ben tre volte), di cui la Consulta ha accertato la palese illegittimità costituzionale, con la sentenza n. 1 del 2014.

Le istituzioni attraversano una crisi che è in realtà la crisi dei partiti politici, che da tempo hanno perso la capacità di svolgere il ruolo, previsto nella Costituzione, di strumenti di partecipazione democratica dei cittadini alla determinazione della politica nazionale.

Per questo non riteniamo affatto che l’Italia richieda quella “verticalizzazione” del potere alla quale le revisioni costituzionali proposte ormai da una trentina d’anni mirano incessantemente come alibi per governi lagnosi, in realtà poco abili nel risolvere i problemi; al contrario riteniamo che sia necessario che le istituzioni recuperino credibilità attraverso un migliore funzionamento ma soprattutto attraverso un aumento del peso che i cittadini possono giocare nelle loro scelte.

Per questo più che una revisione costituzionale serve – con urgenza – una legge elettorale capace di restituire ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti (come avveniva con il Mattarellum), proprio all’opposto di quanto faccia l’Italicum. Per questo, rispetto alla Costituzione riteniamo che sia necessaria la revisione mirata di alcune norme, a partire da quelle sugli istituti di partecipazione popolare, per riavvicinare i cittadini alla politica.

Su queste vasi abbiamo avanzato ad un anno dall’inizio della legislatura una proposta di revisione costituzionale (AC 2227) che potesse rispondere a questa nostra profonda convinzione ma anche che potesse costituire un terreno di dialogo con le proposte che erano state tratteggiate nel corso della discussione che sin dall’inizio della legislatura era stata avviata in materia.

In questa logica si prevede la significativa diminuzione di deputati e senatori, che dovrà essere accompagnata da una congrua riduzione delle indennità (alla quale provvederà una nuova legge di attuazione dell’articolo 69).

Le due Camere – ridimensionate – vedono attribuirsi in gran parte funzioni differenti, con il superamento del bicameralismo perfetto. In particolare alla sola Camera rimane il rapporto di fiducia con il Governo e la legislazione nella generalità degli ambiti, con mantenimento ad un Senato – che rimane elettivo – dell’intervento sulla legislazione di maggiore rilievo. Al Senato, autorevole e slegato dal rapporto di fiducia con l’esecutivo, sono affidate anche importanti funzioni di controllo, a partire da quelle sulle nomine governative. Allo stesso è affidata anche la funzione di raccordare meglio la legislazione statale con quella regionale, considerato il ruolo legislativo delle Regioni che la revisione del 2001 ha attribuito loro, e ciò è reso possibile attraverso la integrazione della composizione dello stesso con una quota (minoritaria) di eletti da parte delle Regioni al loro interno, secondo il modello che era stato previsto anche nella Commissione dei settantacinque alla Costituente.

Ulteriore aspetto è il potenziamento degli istituti di democrazia diretta, attraverso la possibilità – inserita anche in Costituzione per rafforzarne la previsione – della firma elettronica; la riduzione del quorum di validità del referendum abrogativo e il definitivo rafforzamento dell’iniziativa legislativa popolare, con la possibilità per i cittadini stessi di pronunciarsi sulle proposte che essi hanno presentato alle Camere, se queste non le hanno esaminate entro un certo termine.

Circa l’assetto delle autonomie, la proposta intende salvaguardarle, nella convinzione che la forza dei cittadini stia anche nella possibilità di avere istituzioni più prossime sulle quali incidere più facilmente. Si propongono quindi limitate modifiche del titolo V della parte seconda della Costituzione, che vanno a eliminare le Province senza infingimenti e nella consapevolezza che questo renderà necessario ridefinire con cura – e partendo dai territori stessi – l’assetto degli enti territoriali, escludono la possibilità di ulteriori forme di autonomia speciale, provvedono ad un parziale riassetto delle materie di competenza statale e regionale e richiamando l’unità giuridica ed economica della Repubblica quale principio che deve essere garantito con leggi dello Stato.

Naturalmente anche la nostra proposta provvede ad eliminare il CNEL, in quanto organo che si è rivelato – a differenza di quanto avessero ritenuto i Costituenti – capace di inserirsi proficuamente nelle dinamiche istituzionali della Repubblica.

Come si vede si tratta di una proposta che presenta molte linee sulle quali anche altri, a partire dal Governo, si sono voluti cimentare; ma gli obiettivi risultano nel nostro caso più contenuti e più chiari. Si individuano alcuni problemi e si cerca di dare alcune risposte. Anche tenendo conto – nel nostro caso – che le riforme costituzionali non si fanno da soli: per questo già il nostro testo contiene alcune tendenze che ci sono sembrate prevalenti e per lo stesso motivo eravamo e siamo disponibili a lavorare ancora sulla nostra proposta con il contributo di tutti. Cosa che invece a noi è stata negata dalla maggioranza, sempre sorda rispetto a qualunque nostra proposta. È così che si è arrivati a un testo che rispetto all’iniziale proposta governativa ha subito poche modifiche, nessuna delle quali apportata per rispondere meglio a esigenze di buon funzionamento e di partecipazione dei cittadini.

Perché il “voto utile” (con il PD) è una sciocchezza pazzesca

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Eccoci alla tiritera del voto utile. Dove rimbomba di più è Milano ma sono molti i comuni italiani che si preparano al voto in cui il centrocentrocentrosinistra (di solito raffazzonato con i residui di una stagione ormai conclusa) alza la voce per “non consegnare la città alla destra” oppure, meglio ancora, perché sarebbe (secondo loro) “irresponsabile dividersi”. Il voto utile è la ninna nanna del populismo in salsa intellettuale, quello proprio di una forma centrosinistra che non si accorge di essere finita. Il “voto utile” è la versione democratica dell’ultimo giapponese a cui non hanno detto della fine della guerra.

Così a Milano, ad esempio, bisognerebbe votare Sala “per non regalare Milano a Salvini” e fa niente se qualcuno trova discutibile qualche posizione del manager che s’è fatto campagna elettorale con l’Expo: “quelli là sono peggio”, ci dicono. Ma peggio di chi? Perché a vedere qualche faccia che spunta tra i sostenitori di BeppeSala (scritto tutto attaccato per dare un senso di modernità alle storiche clientele) sembra che l’era Pisapia (che sarebbe meglio cominciare a chiamare con il suo nome, «l’era delle speranze per Pisapia») sia stata un incidente di percorso.

Ma non è questo il punto. La questione politica è lapalissiana, semplice, quasi banale: si può in questo Paese così ostinatamente innamorato dal potere costituito fissare un linea di potabilità nei rapporti con le altre forze politiche? E se sì, cosa altro serve per ritenere questo PD ormai indigeribile per chiunque abbia a cuore un Paese egalitario, solidale e giusto? Io credo che il dado sia stato tratto da un pezzo, almeno dal momento in cui Possibile è diventata un’oasi necessaria per continuare a fare politica.

(continua sui quaderni di Possibile qui)

A proposito di a-mafiosi

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Perché nella nostra campagna RiCostituente ci occuperemo anche di mafie:

Nei giorni scorsi c’è stata un’illuminante intervista di Vincenzo Iurillo a Isaia Sales, sociologo e fine conoscitore della criminalità organizzata nonché storicamente vicino al PD: uno di quelli che non può essere derubricato come “gufo”, per intendersi. Un’intervista preziosa perché entra nel merito della lotta alla mafia in un momento in cui regna la confusione tra i soliti patetici comunicati stampa trionfalistici dopo l’arresto di qualche mafioso (un ritorno ai tempi verdi di Maroni Ministro dell’interno) e il brutto silenzio sul torbido tentativo di indebolire Saviano e Capacchione nella loro rappresentanza antimafia (colpire loro per sbriciolare il movimento che rappresentano, ovviamente).

(continua qui)

Per noi è No: una campagna RiCostituente

 

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Ne avevo già scritto qui (anche se pochi se n’erano accorti) che non credo mi sia possibile esimermi dalla campagna referendaria da qui a ottobre. Non credo di potere stare fermo per una serie di motivi che passano dall’inconsistente inconcludenza di chi sembra non riuscire a liberarsi dal pensiero fisso di una sinistra renzidipendente, dai quintali di bugie che intossicano ancora una volta un dibattito che si riduce a tifo, dalla manipolazione di un populismo che sembra essere l’unica via del consenso fino alla brutta banda a cui permettiamo di fregiarsi del ruolo di padri costituenti senza nemmeno chiedere spiegazione sulle loro frequentazioni passate.

Forse davvero, come mi dice da tempo qualcuno, non riesco a non essere politico in quello che faccio. E allora sarebbe bello che fosse un’estate politica per davvero, dedicata allo studio piuttosto che ai tweet, passata ad ascoltare come davvero abbiamo potuto finire così scoraggiati e isolati senza nemmeno un sussulto. E io, per quel che mi riguarda, ci torno come un adulto che reimpara ad andare in bici per prendersi la briga di guardare e ascoltare tutto intorno.

Intanto c’è un sito (iovoto.no) che sarà il nostro diario, enciclopedia e ritrovo per tutti quelli che vogliono essere presìdi referendari: qui troverete anche tutti gli appuntamenti e, soprattutto, potrete organizzare i vostri. Poi c’è il materiale, come il manifesto e il bugiardino, per ripartire dalla verità, almeno. E ci siamo noi. tutti quelli che vogliono starci.

Saremo ovunque riusciremo ad esserci, per parlare di Costituzione ma anche di uguaglianza, mafie, potere, clientelismo e diritti in un Paese che sembra essersi arrotolato intorno alla retorica. Questo è il tempo di rimettersi ad amministrare i propri luoghi. Davvero. Io sono a disposizione. Attivo.

 

Noi preferiamo le preferenze

Non è solo questione di liste pulite, non è così semplice. E non è nemmeno l’impegno formale di una burocrazia che frughi nei carichi pendenti: ciò che non possiamo permettere in questa campagna per le amministrative è che ancora una volta il malaffare (mafie e corruttori) sia più interessato, curioso e partecipe rispetto ai cittadini. Il primato della politica, del resto, è sostanzialmente questo: riuscire a primeggiare nella politica e in tutti i suoi rivoli elettorali.

Siamo un Paese che troppo spesso ha perso contro la criminalità anche sul terreno della democrazia: abbiamo famiglie mafiose che conoscono meglio dei cittadini onesti i particolari del PGT cittadino, sopportiamo clan capaci di gestire le preferenze per assicurarsi almeno un consigliere comunale e veniamo scavalcati da interessi particolari sanciti con patti pre elettorali. Le mafie quindi vincono anche nei normali processi della democrazia? La storia recente ci dice che sì. Spesso. Troppo spesso.

Armiamoci di tutta la curiosità intelligente di cui siamo capaci e alleniamoci al controllo consapevole della nostra città: questa campagna per le amministrative è l’occasione per piantare presìdi politici.

(il mio post, politico eh, continua qui)

Emergenza Cultura

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Domani sarò alla presentazione di Tomaso Montanari per l’iniziativa Emergenza Cultura, il 7 maggio a Roma. Ci sarò in veste di “operatore culturale” ( mio dio che cacofonica definizione), come cittadino e come attivista politico. Ci sarò per intero, insomma. Che, in fondo, significa che torno a riprendere anche un discorso da cui mi ero preso una pausa, per chi ha orecchie per intendere

Ecco l’appello:

Il prossimo 7 maggio il popolo dell’articolo 9 scenderà in piazza, a Roma: perché è emergenza per la cultura.

Per dire sì al progetto di una Repubblica che «promuove la cultura»: e cioè che investa in cultura almeno il doppio di quello che sta facendo ora. Per dire sì a una Repubblica che promuova «la ricerca scientifica e tecnica»: e cioè che assuma giovani ricercatori. E che finanzi la ricerca: quella pubblica! Per dire sì a una Repubblica che «tutela il paesaggio»: e cioè che la smetta con le Grandi Opere e investa nella messa in sicurezza di un territorio allo stremo. Per dire sì a una Repubblica che «tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione»: e cioè che lo mantenga, lo restauri, lo renda accessibile a tutti, non lo mercifichi.

E dunque per dire no alle scelte di Matteo Renzi e Dario Franceschini. Per dire di no allo Sblocca Italia che ha regalato il territorio della Repubblica alle trivelle e al cemento. Per dire di no alla distruzione sistematica della tutela attraverso il silenzio assenso delle soprintendenze e attraverso la contrazione e la confluenza di queste ultime in uffici diretti dalle prefetture, e cioè dal governo stesso. Per dire di no alle una tantum delle assunzioni, provvedimenti propagandistici che impediscono ai nostri giovani di immaginare una vita di lavoro in Italia. Per dire di no alla rimozione della storia dell’arte dalle scuole.

È a causa di queste scelte sbagliate se «il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione» sono oggi in gravissimo pericolo. Le generazioni future rischiano di non ricevere in eredità l’Italia che noi abbiamo conosciuto. 

Tutela, lavoro, conoscenza: è questo il programma del 7 maggio. È il programma della Costituzione, non il programma di questo governo.

(Continua qui.)

 

Laicità, se vi pare

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Ieri in Parlamento si è discusso dei Patti Lateranensi. Non è una scherzo. E, al solito, le voci che si alzano sono isolate:

«Ci sono le grandi basiliche, come San Giovanni in Laterano o Santa Maria Maggiore. E fin qui nessuna osservazione, anche se vengono chiamati in causa pure gli «edifici annessi». Ci sono gli edifici sul Colle gianicolense della Congregazione di Propaganda fide, e altri palazzi famosi, come quello della Cancelleria, quello della Dataria o del Vicariato, a Trastevere. Ci sono, soprattutto, gli immobili per i quali Stato e Chiesa sono finiti in tribunale, senza però arrivare al giudizio finale. Per tutti questi, un disegno di legge all’esame della Camera, prevede un’esenzione dai tributi «presenti e futuri». Un «condono tombale» su Imu, Tasi, tassa sui rifiuti e tutto il resto, secondo Pippo Civati e Andrea Maestri, deputati di Possibile, gli ex Pd che hanno lasciato il partito in polemica con Matteo Renzi. «Solo l’attuazione di una sentenza della Cassazione» rispondono dal Pd stesso. Il testo che fa discutere è la ratifica della convenzione fiscale firmata un anno fa dal governo italiano e dalla Santa Sede. Dice che su tutti gli immobili indicati negli articoli 13,14, 15, e 16 dei Patti Lateranensi, firmati nel 1929, la Chiesa non deve pagare un euro di tasse. E questo perché sono «esenti da tributi sia ordinari che straordinari, presenti e futuri, tanto verso lo Stato quanto verso qualsiasi altro ente, senza necessità di ulteriori e specifiche disposizioni». «Un’esenzione in saecula saeculorum», ironizza il deputato di Possibile Andrea Maestri, che chiede di sapere «a quanto ammonta il gettito sottratto ai bilanci pubblici, compreso quello disastrato del Comune di Roma». Risponde il relatore del provvedimento, Franco Monaco, fedelissimo di Prodi ai tempi dell’Ulivo: «Non c’è mancato gettito e non è un condono perché queste tasse già adesso non sono pagate». L’esenzione per tutti i palazzi indicati nei Patti lateranensi era già prevista nel 1929. I Patti sono un trattato internazionale: senza una modifica vanno rispettati. Ma, su questo punto non c’è una legge italiana di attuazione. Resta il principio, ma ogni volta che il nostro fantasioso fisco crea un nuovo tributo sarebbe necessario confermare l’esenzione ad hoc. Per questo, nel 2012, la Cassazione ha richiamato la necessità di una legge applicativa. Che adesso è arrivata. Ma c’è un altro punto che fa discutere.»

L’articolo è qui.