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primarie

Casini ha detto sì

Ad un’alleanza con il PD perché la colpa è di Berlusconi, della sua deriva populista e perché Bersani invece è serio: lo dice oggi in un’intervista al Corriere Pierferdinando Casini, l’uomo della politica dei due forni di vecchio stampo andreottiano ma con molta meno arguzia. E poi qualche altra chicca: dice di volere costruire un’offerta nuova per il Paese (lui, che è in Parlamento dal 1983) e che il fatto che il consigliere del Quirinale parli con Mancino è la dimostrazione dell’umanità (dice così) all’interno delle istituzioni.

Vengono i brividi.

 

Sarebbe un peccato

Oreste Pivetta scrive sull’Unità quello che proviamo a dire da un po’:

L’ultima parola potrebbe toccare ai magistrati. Sarebbe un peccato. Se c’è un sistema politico in declino, sarebbe meglio che cadesse di fronte ai progetti dell’opposizione e di una volontà pubblica di novità. Ma la regione non è questione «popolare» e la debolezza presente, il vuoto di idee, l’opportunismo tanto per sopravvivere e per non perdere il “posto” potrebbero lasciare la Lega al solito «posto», al fianco di Formigoni, lo studentello lecchese seguace di don Giussani, diventato «politico» raccomandando, strada facendo, «obbedienza, povertà e verginità», il governatore che ci lascerà l’indelebile immagine del tuffatore in bermuda dalla barca di Daccò.

Primarie “aperte”

Non so voi, ma mi hanno colpito le frasi di Bersani sul Corriere quando dice: «non andremo con un’ammucchiata». Quindi senza Di Pietro? «Se il voto fosse domani non ci sarebbe storia: lui sarebbe fuori». Invece la porta è sempre aperta per Casini: «I centristi sanno che non si può non governare con la sinistra riformista. D’altronde anche quello che sta succedendo in Europa lo dimostra: Bayrou in Francia si è spostato a sinistra. Quindi il Pd può pure vincere le elezioni, ma in ogni caso proporrò ai moderati un patto di legislatura».

Ecco, io trovo che sia una gran bella notizia che ci siano primarie aperte. Sul serio. E trovo anche che sia stato coraggioso Bersani a metterle sul tavolo. Ma sono solo io a non capire di quale coalizione si sta parlando? E, se ce ne sono diverse in campo, quali sono e chi propone cosa?

#nonmifermo Siamo in campo per la Lombardia. E ripartiamo da Brescia per ripensare l’ambiente.

Siamo in campo per la Lombardia. Mica per scherzo. E ripensiamo all’ambiente partendo da Brescia con #nonmifermo. Un’agorà per ripensarci e costruire. Lavorando in modo serio. Insieme.

“Lombardia nociva, ripartiamo da Brescia” – analisi e soluzioni

L’appuntamento è per sabato 16 giugno alle 14:30 presso l’Oratorio S. Maria in Silva (Via Sardegna, 24 – vicino alla stazione ferroviaria).

Fra i relatori ci saranno:

GIULIO CAVALLI – attore, scrittore, regista e consigliere regionale della Lombardia per Sinistra Ecologia Libertà;
MARCO FENAROLI – presidente provinciale dell’ANPI di Brescia;
DON FABIO CORAZZINA– parroco della Parrocchia di S. Maria in Silva di Brescia e membro di Pax Christi;
MARIO BRUNO BELSITO – non mi fermo;
DONATELLA ALBINI – Consigliera comunale di Brescia di Sinistra Ecologia Libertà;
COMITATO SPONTANEO CONTRO LE NOCIVITA’ – comitato impegnato dal 2009 in difesa del territorio e dell’ambiente bresciano, con particolare attenzione al quartiere di San Polo;
FRANCESCO ARCARI – non mi fermo;
ARTHUR CRISTIANO – Rete Antimafia Provincia di Brescia;
RETE ANTIMAFIA PROVINCIA DI BRESCIA – insieme di associazioni riunitesi nell’ottobre 2010 con lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza bresciana sul problema della criminalità organizzata;
LIDIA BONTEMPI – membro del Comitato Spontaneo Contro le Nocività;
COMITATO CIVICO DI BEDIZZOLE;
ANDREA BIANCONI – docente universitario di fisica presso la facoltà di ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia;
EDOARDO BAI – membro dell’ISDE (International Society of Doctors for the Environment) e Presidente della sezione costituita di Milano;
COMITATO SALUTE E AMBIENTE DI CAPRIANO DEL COLLE – comitato impegnato in difesa del territorio e contro la costruzione di un gassificatore per lo stoccaggio di gas;
VINCENZO PERNICE – membro del Comitato Salute e Ambiente di Capriano del Colle;
OVER SKIN – gruppo musicale

Appunto, il dopo Formigoni è già iniziato

Luciano Muhlbauer (uno che ci manca parecchio qui in Regione Lombardia) scrive su il dopo Formigoni per il Manifesto del 9 giugno 2012 con il titolo “L’era di Formigoni è finita? Sì, se il Pd battesse un colpo”. Noi siamo in campo:

Al Pirellone non è successo niente. La mozione di sfiducia contro Roberto Formigoni è stata respinta. Nessuna emozione, nessuna sorpresa, beninteso. L’esito era talmente scontato che mercoledì il capogruppo regionale del Pd, in vacanza su un’isola greca, non si è nemmeno presentato in aula. Già, la logica del potere è implacabile e la Lega, al di là delle sceneggiate padane, non ha alcuna intenzione di mollare il Presidente ciellino e, soprattutto, di segare il ramo sul quale sta comodamente seduta da oltre un decennio.

Formigoni ovviamente gongola, ma la sfiducia mancata non toglie nulla alla profondità della crisi che lo attanaglia. Al massimo dimostra che la paura di perdere poltrone e privilegi è un potente collante e che dopo 17 anni di governo ininterrotto della stessa persona e dello stesso gruppo politico, di sovrapposizione tra pubblico e privato, di complicità e di clientele, cambiare le cose in Lombardia è faccenda che non può essere affidata all’improvvisazione.

La crisi del formigonismo è definitiva, terminale. Quel modello aveva perso la sua spinta propulsiva anni fa ed ora siamo al tirare a campare in un clima da basso impero, popolato da corrotti, trote, minetti, faccendieri, vacanze di lusso e pure un pizzico di ‘ndrangheta. Insomma, un ciclo politico è finito e il dopo Formigoni è già iniziato, anche se questa constatazione, di per sé, non ci fornisce alcuna certezza sui tempi, sulle modalità e sugli esiti.

Si, perché le cose da sole non cambiano in meglio, anzi rischiano di imputridirsi rapidamente, soprattutto oggi, con l’intero sistema politico esposto al discredito di massae con una crisi economica ed occupazionale sempre più devastante. In altre parole, la fuoriuscita celere dall’epoca formigoniana e la definizione di un’alternativa netta, chiara e trasparente rappresentano oggi la principale urgenza politica in Lombardia.

Eppure, sembra che l’opposizione a Formigoni venga fatta seriamente soltanto dalla Procura della Repubblica e questo è un guaio. Sia chiaro, il problema non sono i magistrati, che fanno (e faranno) semplicemente il loro mestiere, bensì la politica, che non lo fa a sufficienza, determinando così un pericoloso vuoto.

In questo senso, dissento profondamente da chi è intervenuto ultimamente, anche da posizioni contigue al centrosinistra, come Piero Bassetti (ex Presidente della Regione e sostenitore di Pisapia l’anno scorso), affermando che Formigoni non si debba dimettere nemmeno in caso riceva un avviso di garanzia. Certo, un ragionamento ineccepibile in punto di diritto, ma politicamente perlomeno sospetto. Infatti, come negare rilevanza politica alla quantità e alla qualità di indagati nell’entourage del Presidente e al fatto che un terzo della sua Giunta degli anni 2005-2010 risulti oggi inquisita per fatti di corruzione? O al piccolo particolare delle firme false per la presentazione della sua lista elettorale? Oppure al quadro desolante che emerge con sempre maggior forza dalle vicende San Raffaele, Fondazione Maugeri e vacanze pagate?

Insomma, la rilevanza politica è evidente, per i fatti in sé e per quello che raccontano sulla vera essenza di un sistema di potere, ormai irreversibilmente marcio. Se a questo aggiungiamo il fatto che Regione Lombardia è ormai letteralmente immobile, se non addirittura disinteressata, rispetto all’incalzante questione sociale e alla galoppante desertificazione produttiva, abbiamo completato il quadro dell’insostenibilità della situazione.

Appunto, il dopo Formigoni è già iniziato. Per questo, se non si vuole delegare la politica alla magistratura o consegnare il futuro della Lombardia a un grande accordo con Cl, a una sorta di formigonismo senza Formigoni, occorre che dal campo dell’opposizione emerga un’iniziativa urgente e un percorso unitario che porti alla definizione di un’alternativa politica per la Lombardia. Un percorso, sia chiaro, il più pubblico ed aperto possibile, a partire dallo svolgimento delle primarie, perché solo così si potrà seriamente tentare di recuperare un rapporto di fiducia con i ceti popolari ed evitare in partenza tragici errori, come quello che aveva portato due anni fa alla candidatura di Filippo Penati.

Una bella proposta

Concreta. Viene dagli iscritti del PD ma suona la sveglia un po’ per tutti. La trovate qui.

Contendibilità delle cariche istituzionali. Devono essere introdotte le primarie per scegliere i candidati alle elezioni al parlamento europeo, al parlamento nazionale, al consiglio regionale e provinciale. Il partito si impegna nel garantire pari opportunità di accesso alle candidature per le primarie. Allo stesso modo si impegna per garantire il rispetto della competenza, del talento, della parità di genere e del merito.

Le primarie devono essere aperte agli iscritti, agli elettori, ai cittadini in regola con il permesso di soggiorno che oggi sono privi del diritto di voto amministrativo e politico.

Limite inderogabile di ricandidatura alle cariche di parlamentare nazionale ed europeo per la durata di due mandati, anziché tre come previsto oggi dall’art. 21 comma 3 dello statuto. Va introdotta la medesima clausola per le cariche elettive regionali, provinciali e comunali. Questa modifica, però, deve avere efficacia retroattiva a decorrere dalle prossime elezioni. Gli elettori, altrimenti, non crederebbero alla nostra convinzione nell’importanza nel rinnovamento.

Rendicontazione di mandato, la qualità del dopo: la rendicontazione dell’attività svolta nelle istituzioni dovrà essere formalizzata attraverso meccanismi standard e facilmente comprensibili dai cittadini per rendere la ricandidatura non un atto dovuto ma l’esito di un lavoro svolto con efficacia. Tra le informazioni rese pubbliche dovranno essere presenti specifici indicatori dell’impegno profuso: presenze, voti, commissioni presiedute, mozioni presentate, ecc. Tale schema dovrà essere obbligatoriamente periodicamente compilato dagli eletti. Per la ricandidatura inoltre dovrà essere dimostrato l’importo versato al partito di parte della retribuzione da amministratore.

Abolizione delle “liste bloccate” per accedere alle cariche del partito (assemblea provinciale, regionale, nazionale), coerentemente alla richiesta di abolizione delle liste bloccate per le elezioni al parlamento nazionale.

Referendum tematici: è necessario promuovere l’utilizzo dello strumento dei referendum tematici per definire una posizione netta del partito su alcune scelte, come previsto dallo statuto, al fine di contrastare una certa cultura della “distinzione” nel partito che confonde i militanti e gli elettori e non consente l’assunzione di scelte necessarie per lo sviluppo culturale del  Paese. La decisione assunta dagli iscritti attraverso i referendum dovrà essere sostenuta coerentemente dagli eletti nelle istituzioni e dai dirigenti del Partito.

Tranquilli

Nella mia intervista che oggi ha pubblicato il Corriere della Sera con il titolo sono andati giù a gamba tesa ma le parole ci sono tutte. E me le prendo tutte (so che non va di moda, che sarebbe da dire che sono stato frainteso e che sono le regole della stampa). Mi è stato chiesto se mi prendo la responsabilità delle istanze di un nutrito gruppo di persone che vorrebbero vedere alcuni dei loro punti nell’agenda prossima del centrosinistra in Lombardia e ho risposto sì. E risponderei di sì in qualsiasi minuto in cui mi ritrovo a “fare” la politica con la responsabilità di essere portatore di un modo e di un pensiero. E credo che la campagna elettorale per la Lombardia dovrebbe essere qualcosa di più dell’attesa che il prossimo faccendiere ci racconti del formigonismo le stesse cose che sentiamo da anni. Perché ogni tanto mi viene il dubbio che lo scopo sia quello di trovare (come sul piano nazionale) la formula algebrica di sigle e partiti per spuntarla possibilmente di poco per non avere troppe responsabilità e perché non è credibile proporre persone più etiche in un sistema che è antisociale nella concezione e nei meccanismi. Perché il cambiamento non si professa ma si pratica e perché in fondo già stamattina avevo spiegato il mio pensiero che è tutto politico nel senso più pieno.

Quindi potete stare tranquilli: qui non c’è in gioco la candidatura di un cognome (di questi tempi di derive personalistiche, poi), non ci interessa e non è importante, ma c’è un cambiamento che si costruisce già da un po’ mentre in Aula si fotografa la Minetti o si aspetta la prossima boutade di Formigoni. E non ci sono strategie intelligentissime di erosione sotterranea: semplicemente abbiamo le idee chiare e dal preoccuparci vogliamo essere affidabili per occuparci, della Lombardia. Chi annaspa con gli sms per ipotizzare gli scenari gioca ad un’altra cosa, ci si preoccupi del cantiere per il programma del centrosinistra e di stabilire le regole, piuttosto.

Il dopo primarie che ci piace

Roberto Colombo porta un po’ di arancione a Canegrate e dopo avere vinto le primarie incassa le belle parole di Roberto Meraviglia (coordinatore del Circolo del Partito Democratico). Parole semplici, poche righecredo nella possibilità di dialogo e di confronto per poter arrivare insieme, attraverso la partecipazione, a posizioni il più possibile condivise, così da proporre ai nostri concittadini un programma definitivo, ricco di punti interessanti e idee di buon contenuto. Le parole che piacciono (agli elettori del centrosinistra) dopo le primarie e prima delle doparie.

Marta Vincenzi come Ipazia e l’eleganza del PD

Un lunghissimo sfogo, un’ora di messaggi su Twitter per raccontare la delusione e la rabbia di avere perso ieri le primarie del centrosinistra a Genova, vinte da Marco Doria. E Marta Vincenzi non è stata tenera con nessuno ed è arrivata a paragonarsi a Ipazia, la filosofa di Alessandria d’Egitto assassinata da fanatici cristiani nel V secolo d.C.. «Ora bisogna ricominciare», ha esordito il sindaco, «il rischio di una città che muore e non vuole riconoscerlo è lì. Nel voto a Doria come voto anticasta del tutti uguali. Viva i predicatori». Lo scrive La Stampa (ma potete toccare con mano su twitter). Per questo quando mi chiedono cosa penso del PD mi viene sempre più spesso da rispondere: quale? Perché questo nelle parole di Pippo Civati è una ricchezza ma le parole della Vincenzi sono quanto di più lontano. E il problema è che continuano a coesistere. Ed è un nostro problema.