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referendum

I referendum di Pippo sono già qui

Non posso che essere contento dei referendum proposti da Pippo Civati e Prossima Italia all’interno del PD. E condivido tutti i punti.

Poi mi viene da pensare che sono punti di programma già serenamente predisposti nel programma di SEL. Tutti. Ma proprio tutti.

E forse per questo SEL esiste e ha senso di esistere nonostante la postura di sinistra del PD, molto spesso per marketing più che per convinzione politica.

Non per polemizzare, per carità.

Ma perchè sono contento che qui, almeno questo, non si debba lottare per progetti politici che sono già princìpi condivisi e fermi. E sono quelli che ci rendono così difficile, a volte, dialogare con il PD.

Perché la politica è strana ma non è difficile. E forse la strada che che si staglia all’orizzonte sarà una bella sorpresa.

 

Una bella proposta

Concreta. Viene dagli iscritti del PD ma suona la sveglia un po’ per tutti. La trovate qui.

Contendibilità delle cariche istituzionali. Devono essere introdotte le primarie per scegliere i candidati alle elezioni al parlamento europeo, al parlamento nazionale, al consiglio regionale e provinciale. Il partito si impegna nel garantire pari opportunità di accesso alle candidature per le primarie. Allo stesso modo si impegna per garantire il rispetto della competenza, del talento, della parità di genere e del merito.

Le primarie devono essere aperte agli iscritti, agli elettori, ai cittadini in regola con il permesso di soggiorno che oggi sono privi del diritto di voto amministrativo e politico.

Limite inderogabile di ricandidatura alle cariche di parlamentare nazionale ed europeo per la durata di due mandati, anziché tre come previsto oggi dall’art. 21 comma 3 dello statuto. Va introdotta la medesima clausola per le cariche elettive regionali, provinciali e comunali. Questa modifica, però, deve avere efficacia retroattiva a decorrere dalle prossime elezioni. Gli elettori, altrimenti, non crederebbero alla nostra convinzione nell’importanza nel rinnovamento.

Rendicontazione di mandato, la qualità del dopo: la rendicontazione dell’attività svolta nelle istituzioni dovrà essere formalizzata attraverso meccanismi standard e facilmente comprensibili dai cittadini per rendere la ricandidatura non un atto dovuto ma l’esito di un lavoro svolto con efficacia. Tra le informazioni rese pubbliche dovranno essere presenti specifici indicatori dell’impegno profuso: presenze, voti, commissioni presiedute, mozioni presentate, ecc. Tale schema dovrà essere obbligatoriamente periodicamente compilato dagli eletti. Per la ricandidatura inoltre dovrà essere dimostrato l’importo versato al partito di parte della retribuzione da amministratore.

Abolizione delle “liste bloccate” per accedere alle cariche del partito (assemblea provinciale, regionale, nazionale), coerentemente alla richiesta di abolizione delle liste bloccate per le elezioni al parlamento nazionale.

Referendum tematici: è necessario promuovere l’utilizzo dello strumento dei referendum tematici per definire una posizione netta del partito su alcune scelte, come previsto dallo statuto, al fine di contrastare una certa cultura della “distinzione” nel partito che confonde i militanti e gli elettori e non consente l’assunzione di scelte necessarie per lo sviluppo culturale del  Paese. La decisione assunta dagli iscritti attraverso i referendum dovrà essere sostenuta coerentemente dagli eletti nelle istituzioni e dai dirigenti del Partito.

A mezzanotte una scarpetta a forma di buona notizia. Sarda.

In Sardegna si è raggiunto il quorum per il referendum che chiede l’abrogazione delle quattro Province di recente istituzione (2001), Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Olbia Tempio e Ogliastra, e di tagliare le indennità dei consiglieri regionali. Altri cinque quesiti sono invece consultivi: si sondano gli elettori per abolire le altre quattro Province storiche (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano), portare da 80 a 50 il numero dei componenti del Parlamento sardo, cancellare i consigli di amministrazione degli enti regionali, istituire un’Assemblea costituente per la riscrittura dello Statuto autonomistico, eleggere direttamente il presidente della Regione attraverso le primarie. E il raggiungimento di un quorum è sempre una buona notizia per la politica. Sempre. E i temi sono quelli che sul piano nazionale si continua a bollare come antipolitica. Spesso.

Lo scollegamento, evidentemente, ha raggiunto il quorum.

Le formiche svizzere e la difesa del territorio

Poche settimane fa in Svizzera si è votato per alcuni referendum (ce lo racconta Massimo Pillera): …riguarda la limitazione a costruire seconde case o case vacanza. Un vero e proprio limite che impedisce di fatto la costruzione nelle zone di montagna e nelle valli, limitando al 20% di un Comune l’area di potenziali costruzioni. Poiché ogni Comune ha già delle seconde case, le possibilità rimanenti in tutta la Svizzera sono molto limitate. Formiche al lavoro quindi che impediscono la cementificazione del territorio già complicata in quel paese. Pensate che prima di farsi approvare un progetto per edificare, è necessario “piantare i pali”, cioè simulare ciò che verrà costruito, con dei pali che descrivono esattamente larghezza, lunghezza ed altezza del progetto. In questo modo chiunque vive nelle vicinanze può capire se la costruzione simulata da questa leggera impalcatura virtuale, può toglierti panorama, o impedirti di vedere altre case, o limitarti ore di esposizione al sole. Il cittadino quindi può impedire la realizzazione di questo progetto oppure, decidere di non ricorrere se il costruttore risarcisce l’eventuale danno. Possono opporsi naturalmente anche organizzazioni di quartiere o associazioni che abbiano interesse culturale a mantenere un assettopanoramico storico. Insomma una Valutazione di impatto ambientale strategica affidata direttamente ai cittadini ed ai residenti della zona. Solo dopo aver superato questo test, è possibile richiedere al Comune tutte le autorizzazioni a costruire. Grazie a questo sistema, oggi esiste in Europa un territorio come l’Appenzell, che visto dall’alto appare come enorme distesa di verde cangiante inframmezzata da cime e laghi, con qualche villaggio e casette inserite qua e là, collegata da piccole striscioline mai lineari che rappresentano le strade. Una regione dove le case sembrano quelle delle favole, poiché le abitazioni non superano l’altezza di un metro e ottanta centimetri (per esigenze di riscaldamento e non spreco energetico). Un posto dove anni fa il megacampione di Formula 1, Michael Schumacher, voleva costruire una villa con annesso circuito di prova per auto e dopo aver “piantato i pali” fu costretto a scappar via perché altrimenti il popolo li avrebbe piantati chissà dove.

Eppure la costruzione avrebbe comportato interessanti investimenti, indotto turistico, esposizione mediatica (pensate alla villa di Clooney sul lago di Como), a fronte di un raro disagio dal suono “roarr” che il pilota avrebbe provocato durante le sue poche permanenze nel luogo. Invece niente, nonostante il clamore austro-elvetico sulla vicenda il Campione non riuscì ad ottenere alcuna autorizzazione. Gli appenzellesi difesero il silenzio e l’aria pulita di quei luoghi, come i loro antichi parenti. Ancora oggi per tradizione, in Aprile, le votazioni cantonali ed i referendum si tengono nella piazza all’aperto e per alzata di mano, anzi di spadino.

Tanto per dire le differenze. No?

La multiutility del Nord non convince

Nella nostra prima agorà di Milano di Non Mi Fermo Diego Parassole e Emilio Molinari ci hanno raccontato dei dubbi sulla ‘multiutility del nord’ che fonderebbe tutte le società per azioni private con la partecipazione dei comuni di Genova, Milano, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Mantova, Padova, Trieste, Brescia che si occupano di acqua, energia e rifiuti.

Una riflessione sulle parole di Molinari è dovuta. L’appello (che personalmente ho sottoscritto) è chiaro nelle richieste:

Facciamo parte dei 27 milioni di cittadine e cittadini che si sono espressi contro la privatizzazione dell’acqua e per la difesa dei beni comuni. Viviamo con forte preoccupazione i ripetuti tentativi di cancellazione del risultato referendario, che colpiscono al cuore la partecipazione democratica e la credibilità delle istituzioni. 

Con l’abrogazione dell’art. 23 bis, il referendum ha restituito alla sfera pubblica non solo l’acqua, ma anche gli altri servizi pubblici, compresi i rifiuti e il trasporto pubblico locale. Decenni di liberalizzazioni e privatizzazioni mostrano oggi il fallimento di questo disegno che ha visto il pubblico ritirarsi dai propri compiti e i Comuni trasformarsi da aranti dei servizi pubblici in azionisti. Ci lasciano aziende con miliardi di debito, aumento dei costi dei servizi per i cittadini, peggioramento delle condizione dei lavoratori del settore, azzeramento degli  investimenti in nuove reti, impianti e tecnologie, spreco di ingenti risorse naturali, finite e irriproducibili, e una drastica riduzione degli spazi di democrazia, di partecipazione e di trasparenza. 

La proposta di creare una grande multiutility del nord si inserisce in questo quadro desolante. Ripercorre la strada dei fallimenti testimoniati dai bilanci in debito di A2A, Iren, Hera, ecc.; ci ripropone l’idea di vendere servizi essenziali per coprire buchi di bilancio; punta a superare i debiti delle aziende attraverso economie di scala. E’ un’operazione lobbistica e verticistica di istituzioni, managers e correnti di partiti, estranea alle città interessate, che espropria i consigli comunali dei loro poteri e allontana le decisioni dal controllo democratico. Oggi serve una gestione dell’acqua, dei rifiuti, del TPL, dell’energia, prossima ai cittadini e alle amministrazioni locali, per garantirne la trasparenza e la partecipazione nella gestione dei servizi.

Oggi più che mai una scelta del genere non deve essere perseguita. Al contrario è necessario aprire un ampio dibattito pubblico che coinvolga le amministrazioni locali, le assemblee elettive, coloro che hanno promosso e vinto i referendum, le associazioni, i comitati, tutti coloro che vogliono preservare l’universalità dei diritti fondamentali, come l’acqua, e tutelare i diritti dei lavoratori. Riteniamo indispensabili modalità nuove ed etiche per garantire ai Comuni investimenti pubblici necessari a realizzare politiche ambientali di risparmio idrico ed energetico e di riduzione, recupero e riuso dei rifiuti – obiettivi previsti dalla Direttiva Europea sulla promozione delle fonti rinnovabili. Non accettiamo di farci espropriare delle condizioni minime per esercitare i diritti di cittadinanza, di riproducibilità della nostra vita associata, in armonia con l’ambiente.

Per queste ragioni, pensiamo sia interesse di tutta la società civile fermare questo progetto che si presenta come un ulteriore attacco alla democrazia e ai beni comuni. Chiediamo a tutte le forze politiche, sociali e sindacali, in particolare quelle che hanno sostenuto i referendum, di prendere una posizione chiara opponendosi con decisione a questo progetto e portandolo alla discussione e al pubblico dibattito. Ci impegniamo a favorire tutti i possibili momenti informativi, di dibattito e di sensibilizzazione.

Acqua pubblica. Non è cambiato niente

Il secondo quesito referendario ha abrogato un solo comma del decreto legislativo 152/06, quello che prevedeva tra le componenti della tariffa corrisposta per l’erogazione dell’acqua anche “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. Sull’acqua non bisognava fare profitto, fu spiegato. Uno dei problemi è che il contenuto del comma abrogato è riportato identico all’art. 117 del Testo Unico sugli Enti Locali, il DLgs. 267/00, proprio quando si parla di calcolo delle tariffe. E anche per questo motivo, sette mesi dopo i referendum sull’acqua, non è ancora cambiato niente. Trovate tutto qui.

Io voto chi mi fa scegliere

La decisione della Consulta sull’inammissibilità dei referendum non modifica la sostanza del dibattito pubblico attorno alla legge elettorale. Esiste un patrimonio di attivazione, di impegno prodotto da un milione e duecentomila cittadini e che è ancora intatto. La richiesta del ritorno alle preferenze per scegliere i propri deputati e senatori, in Italia, resta maggioritaria e non è più rinviabile. Per questa ragione Valigia Blu Quink lanciano la campagna “Io voto chi mi fa scegliere”. La parola passa nuovamente al Parlamento e ai partiti che hanno ora piena ed esclusiva responsabilità sul processo di riforma della legge elettorale. Non è nostro compito suggerire ricette, regole o soluzioni, ma vogliamo esprimere la nostra intenzione di premiare quelle forze politiche che si impegneranno in modo chiaro e netto per permettere ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti.

Giù le mani dall’acqua e dalla democrazia

Ricevo l’appello. Firmo e vi invito a firmare qui. La nuova legge sull’acqua (in Lombardia per noi e in tutta Italia) è uno snodo che non possiamo permetterci di lasciare passare sotto le mani (e nelle tasche) di chi il referendum non l’ha voluto, l’ha boicottato e ora lo vorrebbe cancellare.

Il 12 e 13 giugno scorsi 26 milioni di donne e uomini hanno votato per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e per la sua gestione partecipativa e senza logiche di profitto.
Le stesse persone hanno votato anche la difesa dei servizi pubblici locali dalle strategie di privatizzazione: una grande e diffusa partecipazione popolare, che si è espressa in ogni territorio, dimostrando la grande vitalità democratica di una società in movimento e la capacità di attivare un nuovo rapporto tra cittadini e Stato attraverso la politica.
Il voto ha posto il nuovo linguaggio dei beni comuni e della partecipazione democratica come base fondamentale di un possibile nuovo modello sociale capace di rispondere alle drammatiche contraddizioni di una crisi economico-finanziaria sociale ed ecologica senza precedenti.
A questa straordinaria esperienza di democrazia il precedente governo Berlusconi ha risposto con un attacco diretto al voto referendario, riproponendo le stesse norme abrogate con l’esclusione solo formale del servizio idrico integrato.
Adesso, utilizzando come espediente la precipitazione della crisi economico-finanziaria e del debitoil Governo guidato da Mario Monti si appresta a replicare ed approfondire tale attacco attraverso un decreto quadro sulle strategie di liberalizzazione che vuole intervenire direttamente anche sull’acqua, forse addirittura in parallelo ad un analogo provvedimento a livello di Unione Europea che segua la falsariga di quanto venne proposto anni addietro con la direttiva Bolkestein. In questo modo si vuole mettere all’angolo l’espressione democratica della maggioranza assoluta del popolo italiano, schiacciare ogni voce critica rispetto alla egemonia delle leggi di mercato ed evitare che il “contagio” si estenda fuori Italia.Noi non ci stiamo. 

L’acqua non è una merce, ma un bene comune che appartiene a tutti gli esseri viventi e a nessuno in maniera esclusiva, e tanto meno può essere affidata in gestione al mercato.
I beni comuni sono l’humus del legame sociale fra le persone e non merci per la speculazione finanziaria.
Ma sorge, a questo punto, una enorme e fondamentale questione che riguarda la democrazia: nessuna “esigenza” di qualsivoglia mercato può impunemente violare l’esito di una consultazione democratica, garantita dalla Costituzione, nella quale si è espressa senza equivoci la maggioranza assoluta del popolo italiano.

Chiediamo con determinazione al governo Monti di interrompere da subito la strada intrapresa.
Chiediamo a tutti i partiti, a tutte le forze sociali e sindacali di prendere immediata posizione per il rispetto del voto democratico del popolo italiano.
Chiediamo alle donne e agli uomini di questo paese di sottoscrivere questo appello e di prepararsi alla mobilitazione per la difesa del voto referendario.

Oggi più che mai, si scrive acqua e si legge democrazia.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_petitions&view=petition&id=181&Itemid=111 

Porcellum, la volontà è nominale

Oggi si decide sul Porcellum. Vedremo come andrà a finire e se il referendum sarà ammissibile. Ma al di là del tecnicismo (che qui ultimamente è molto in voga) quelle firme e la mobilitazione di questi mesi hanno chiarito qual’è l’opinione dei cittadini (e, a parole, dei segretari di partito). Quando un desiderio di cambiamento è così condiviso tra le parti più diverse ha il diritto di essere trasformato in legge. Quando un così vasto numero di persone ci ha messo la faccia (e la firma) in un paese senza democrazia miope e tentennamenti partitistici mette in moto un cambiamento. Insomma è la politica. Perché “tecnico” è il governo ma quelli seduti ben al caldo nel Parlamento sono politici. 0 no?

La legge sull’acqua di Regione Lombardia è illegittima, lo dice la Corte

Ricevo da Roberto Fumagalli. Adesso tocca a noi, subito, in commissione.
Salve, con sentenza di oggi (venerdì 25.11.2011) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte della Legge Regionale della Lombardia sull’acqua.
Per la precisione la Corte ha bocciato parte dell’art. 49 della L.R. n. 26/2003 (così come modificata dalla L.R. n. 21/2010, che i Comitati avevano duramente contestato), che riguarda gli affidamenti del servizio idrico. La Legge lombarda contiene almeno 2 pesanti storture che chiediamo di modificare al più presto:
– contiene ancora il riferimento al Decreto Ronchi (art. 23 bis, che obbliga a privatizzare l’acqua), che non esiste più poiché abrogato dal Referendum (!);
– espropria i Comuni dalla titolarità del servizio idrico, che viene assegnata alle Province, sopprimendo le A.ATO sostituite con un fantomatico Ufficio d’Ambito provinciale.
Nelle scorse settimane il Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica, ha lanciato un Appello per l’acqua pubblica in Lombardia ( www.contrattoacqua.it/public/up//News%202011/Acqua_Lombardia_Appello%202011.pdf ), per chiedere le modifiche alla legge regionale. Ora che la Corte ci ha dato ragione, Formigoni deve cambiare la legge al più presto! Vi invitiamo a sottoscrivere l’Appello, inviando un’email a: info@contrattoacqua.it .