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Arte

Distrutto dal ridicolo

Non c’è personalità, per quanto spiccata e rispettabile, che non possa essere distrutta dal ridicolo, sia pure, questo, meschino e sciocco. Osservate l’asino, per esempio: la sua personalità è quasi perfetta, esso è uno spirito eletto tra gli animali più umili, eppure, guardate dove l’ha condotto il ridicolo. Invece di sentirci lusingati quando ci chiamano asini, restiamo in dubbio. (Calendario di Wilson lo Zuccone – Mark Twain)

Umberto Ambrosoli e Giulio Cavalli si tuffano nell’epopea di Andreotti

da ILCITTADINO

«Il processo Andreotti racconta che, in questo Paese, ripetere una bugia infinite volte funziona»: questa l’amara tesi di fondo di Giulio Cavalli, attore e regista teatrale, nonché scrittore e consigliere della Regione Lombardia nelle file di Sinistra ecologia e libertà, che ha presentato mercoledì sera a San Giuliano la sua ultima fatica, il libro “L’innocenza di Giulio”. In una serata organizzata dalla sezione locale di Sel e moderata da Valentina Draghi, esponente locale del partito di Nichi Vendola, il poliedrico autore lodigiano è intervenuto insieme a Umberto Ambrosoli, figlio dell’avvocato e giudice Giorgio Ambrosoli, ucciso nel 1979 mentre operava come liquidatore della banca di Michele Sindona, personaggio legato allo storico esponente della Dc.Argomento del libro, l’irrazionale normalità con cui il processo Andreotti, giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa e dichiarato nel 2003 prescritto per aver commesso il reato fino alla primavera del 1980, è stato mediaticamente celebrato alla stregua di un’assoluzione, senza lasciare strascichi degni di nota nell’opinione pubblica del nostro paese. Tutto questo nonostante, come affermato da Cavalli, «una lettura politica della vicenda ci dice che egli ha usato la mafia per motivi di consenso elettorale». Tuttavia il testo, e la sua presentazione, non si sviluppa tanto sul terreno storico, ma rimane invece ancorato ad una prospettiva di tipo politico: posto che «il metodo Andreotti è un metodo in cui poche persone si mettono d’accordo per perseguire il proprio guadagno personale ai danni di quello pubblico», ne deriva che «è importante raccontare la vicenda Andreotti per riconoscere gli “andreottismi” contemporanei, per capire le dinamiche andreottiane che vengono usate quotidianamente ancora oggi». Solo in questo modo si può porre rimedio al grande vulnus che ha permesso il passaggio sotto silenzio delle vicissitudini giudiziarie dell’anziano senatore a vita, ovvero «l’aver dimenticato di insegnare alle giovani generazioni ad essere curiose, a porre le domande giuste». Il provocatorio auspicio di Cavalli è che, per facilitare la presa di coscienza della responsabilità collettiva verso il bene comune, gli argomenti legati alla vita politica diventino “pop”, abituale oggetto delle usuali conversazioni quotidiane. «L’analisi di quegli anni – è l’auspicio di Umberto Ambrosoli – non deve procurare un senso di ingiustizia e frustrazione, ma bensì farci aprire gli occhi, renderci più partecipi. Questa è la sfida che Giulio Andreotti ci consegna. Perché storie come questa siano mattoni con i quali poter costruire un argine che permetta di tenere fuori una simile concezione del potere dal futuro del Paese».

Riccardo Schiavo

Interviste come monologhi assistiti

«Una confessione per iscritto è sempre menzognera». Lo diceva Italo Svevo, o meglio lo diceva Zeno, o forse entrambi, e questo è solo il primo di molti tranelli. Non per nulla l’autobiografia ha fama di essere il più malfido dei generi letterari; si presta a tutte le reticenze e le compiacenze, agli accomodamenti retrospettivi, alle civetterie. Qui si lascia osservare l’analogia fondamentale tra l’ego umano e il soufflé in cottura, che è tutto un informe gonfiarsi e ribollire finché non lo trafigga la punta di una forchetta. Ecco, questa forchetta potrebbe provvederla il formato del libro-intervista, dove il narcisismo dell’autore cozza a ogni pagina con un emissario del principio di realtà, l’intervistatore. In altre parole, l’unico rimedio all’espansione incontrollata del soufflé è il dialogo, e anche per questo c’è chi mette in capo all’albero genealogico degli intervistatori Platone, fondatore del libro-intervista in forma di dialogo filosofico. Genealogia rivelatrice da qualunque lato la si guardi, perché 1) Platone scriveva sia le domande sia le risposte, se la suonava e se la cantava; 2) certi intervistatori di Socrate erano, per dire il meno, piuttosto accomodanti: Critone non fa che punteggiare gli sproloqui del maestro con i suoi «vero», «è chiaro», e «come no?». Ergo, dire che Platone è il padre del libro-intervista equivale a dire, grosso modo, che ogni intervista è un’intervista immaginaria o unmonologo camuffato.

Nella nostra epoca, il modello platonico puro va ricercato nelle interviste ai leader politici, e in particolare in un sottogenere assai nutrito: l’intervista a Fidel Castro. Il Critone di turno si è chiamato di volta in volta Frei Betto, Gianni Minà o Tomás Borge, tutti impegnati in una strenua gara di resistenza. Minà resse sedici ore, tanto che Valerio Riva lo candidò al Guinness dei primati per «la più lunga intervista fatta in ginocchio». Ma i record sono fatti per essere battuti, e così Ignacio Ramonet accumulò tra il 2002 e il 2005 ben cento ore di conversazione con il facondo líder maximo, che divennero un libro di settecento pagine. Ma lo si dovrebbe squalificare dalla competizione: come dimostrò all’epoca il giornalista spagnolo Arcadi Espada, l’intervista dell’allora direttore di «Le Monde diplomatique» era per buona parte un copia-e-incolla di vecchi discorsi di Castro e articoli usciti sulla stampa di regime. Il libro, ironicamente, s’intitolava Autobiografia a due voci. Presentandolo, Ramonet si premurava di ricordare che anche «i dialoghi platonici erano interviste». Appunto, e le scriveva tutte Platone.

Un bel pezzo di Guido Vitiello.

Ambrosoli, Desio, in scena, Ventimiglia e Forgione: il viaggio di questa settimana in viaggio

Martedì, 22 maggio, a San Giuliano Milanese con Umberto Ambrosoli presentiamo il mio libro L’INNOCENZA DI GIULIO in Sala Consiliare, Via De Nicola 2 alle 21 e parliamo di politica e Lombardia.

Mercoledì 23 maggio, a Desio si proietta il film ‘Uomini soli’ e poi proviamo a parlarne tutti insieme. Organizza Libera Monza e Brianza. Alle 20.30

Giovedì 24 maggio, a Cologno al Serio (BG), alle 21 portiamo in scena ‘Nomi, Cognomi e Infami’ alle 21 presso Comunità Terapeutica CASA AURORA. L’ingresso con offerta libera, organizza la serata La Coop. Sociale Gasparina di Sopra in collaborazione con il Comune di Cologno al Serio e con il contributo della Fondazione Cariplo nell’ambito del progetto ORIZZONTI finalizzato all’inserimento sociale e lavorativo di detenuti.Al termine dello spettacolo anticipazione del lavoro dei ragazzi delle scuole medie statali A. BRAVI di Cologno al Serio.

Sabato 26 maggio, a Ventimiglia (IM), alle 16, “La mafia uccide, il silenzio pure!”. Incontro con Francesco Forgione, ex Presidente della Commissione parlamentare antimafia e componente assemblea nazionale di Sel, Giulio Cavalli, attore, autore e regista teatrale, consigliere regionale della Lombardia di Sel, Matteo Lupi, coordinatore Libera Liguria, Roberto Cotta, componente del coordinamento di Sel Imperia.

Poi c’è l’attività istituzionale (e siamo in una seduta “calda” di Consiglio e i lavori della commissione) e le solite assemblee nelle scuole che questa settimana faremo con il dovere di speranza che coltiviamo nel cuore. Qualsiasi modifica, novità e informazione la trovate nella pagina degli appuntamenti.

Buona settimana e buon viaggio. A noi.

L’INNOCENZA DI GIULIO sul palco del nostro piccolo Nebiolo. Sabato vi aspetto. Eh.

Vi aspetto.

Sabato 19/05, alle ore 21:00, per la serata conclusiva della Stagione di Prosa, Giulio Cavalli torna sul palco del Teatro Nebiolo di Tavazzano (Lo) con “L’innocenza di Giulio — Andreotti non è stato assolto” , in scena anche Cisco che eseguirà dal vivo le musiche composte per lo spettacolo.

Dopo il grande successo dello spettacolo coprodotto da Bottega dei Mestieri Teatrali e Teatro della Cooperativa, la piéce scritta dallo stesso Cavalli con la collaborazione di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli e la regia di Renato Sarti, viene presentata per la prima volta nel lodigiano.

Speravamo bastasse esercitarla, la memoria, perché non ci scippassero la Storia. Oggi ci tocca smentirla. Giulio Andreotti è stato al centro della scena politica italiana per tutta la seconda metà del XX secolo. Sempre presente nell’Assemblea costituente e poi nel Parlamento dal 1948; la storia umana di Giulio Andreotti si lega alla storia della politica italiana. Oggi Andreotti è l’icona di un “martirio giudiziario” con oscuri fini politici che ce lo raccontano assolto. Nella sentenza si legge: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione». Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all’articolo 416. La storia, comunque, dice che Andreotti si è seduto al tavolo della Mafia. E come, dove, con chi e “presumibilmente perché”, va raccontato.

Cinque praticabili, cinque diversi “spazi” ed uno schermo per dare vita attraverso il racconto e alcune immagini alle tante parti del puzzle che compongono la storia. In una scena nuda ed essenziale, dove il “posto d’onore” al centro del palco spetta ad un inginocchiatoio su cui è poggiato un impermeabile, prende forma una figura, quella di Giulio Andreotti. Giulio Cavalli, alterna le testimonianze, le deposizioni, gli atti giudiziari per descriverci una delle figure più controverse della politica italiana.

Teatro Nebiolo, Via IV Novembre snc, Tavazzano con V. (Lo).
Ingresso intero €12,00/ ridotto €8,00 – Per info e prenotazioni tel. 0371/761268 o cel. 331/9287538; e-mail info@teatronebiolo.org; sito www.teatronebiolo.org (orari biglietteria: lun/ven 10-12 e 15-18, sabato dalle ore 20:00).

#MACAO non si sgombera la fantasia

Stanno sgomberando Macao. Sto arrivando lì. Per vedere, per capire. Intanto pubblico l’articolo scritto giusto ieri per IL FATTO QUOTIDIANO.

Eccoci, l’avevamo già scritto, oggi qualcuno vorrebbe insegnarci che Macao è violenza. Niente a che vedere con l’arte, dicono. Invece Macao è fantasia. E la fantasia non può essere violenta per natura. E’ straripante, inaspettata, destabilizzante e selvaggia. Ma mai violenta. E le parole che sono state usate fino a qui non hanno un mezzo centimetro di spessore per cogliere ciò che succede dentro MACAO per provare a riformularlo in risposta politica (o chiamatela pure proposta, se vi viene la paura di dare troppa importanza ai ragazzi del Torre Galfa). E mi vengono in mente una decina di buoni motivi per provare a smettere di balbettare come professionisti del cerchiobottismo. Perché a guardare da fuori quello che sta succedendo si nota come tutti corrano ad occupare la sedia del non prendere posizioneprenderne poca ma timidamentedire tutto e il suo rovescio. E alla fine De Corato rischia di diventare l’unico veramente comprensibile. Anche perché (anche questo proviamo a dirlo da tempo) in medio ci sta virtus me il rischio è la mediazione che marcisce in mediocrità.

MACAO ha bisogno di una risposta politica, civile e culturale. Al di là dello spazio in cui si esercita.

Perché Milano unge Dario Fo ad ogni vernissage e celebra le palazzina Liberty ma forse non sa bene cosa sia successo davvero.

Perché la partecipazione non si può pretendere con la manina alzata e tutti composti ai banchi. E ogni forma di partecipazione ha la propria disciplina (e indisciplina) ma il punto rimane coglierne il cuore.

Perché i fan di tutti gli #occupy del mondo poi in fondo vogliono ordine e disciplina sotto il proprio balcone. Un #occupy federalista: l’importante è che rompa le scatole agli altri fuori dal nostro quartiere.

Perché la cultura (so che a qualcuno dispiace) è fatta anche di lavoratori. E anche i lavoratori della cultura si incazzano come si incazzano tutti i lavoratori del mondo. E anche nella miseria di questo campo cominciano a esserci fastidiosi piccoli Marchionne.

Perché dentro MACAO non ci sono (come leggo in giro) contraddizioni: l’appello di MACAO è semplice, diretto e chiaro. Si può essere d’accordo o meno. Vietati i “ni”, per favore.

Perché sarebbe proprio bello in un EXPO che puzza solo di grigi e lobby immaginare subito un orto per MACAO (con tutto lo spazio che c’è, no?). E poter dire che l’abbiamo curato e innaffiato, quando saremo anziani con i nipoti, raccontarci come l’abbiamo immaginato insieme senza ombre e abbiamo preso la responsabilità di coglierne i frutti. Fare politica, insomma.

 

In silenzio, a Milano, si spegne il CRT

Sempre a proposito di cultura. Il CRT chiude anticipatamente la stagione teatrale. Perché lo spiega Silvio Castiglioni (qui una sua interessante intervista):

Il CRT non riesce a portare a termine la stagione 2011 – 2012. Gli ultimi appuntamenti in calendario nel mese di maggio sono stati cancellati. Si tratta dei due spettacoli di Motus, Let the sunshine in e Too late (previsti al Salone il 7 e 8 maggio), e del progetto Fare teatro in Lombardia oggi, dedicato allo stato del nuovo teatro dopo l’esperienza delle residenze Être (18 – 27 maggio). Una scelta dolorosa ma necessaria, adottata per non aggravare una situazione economica già molto pesante, che avrebbe messo in seria difficoltà anche le compagnie ospiti. Stavolta, per mandare avanti la stagione, i sacrifici dei lavoratori non sono bastati.
È nostra ferma intenzione riprendere entrambi i progetti nella stagione 2012 – 13. Com’è noto i due spettacoli di Motus erano stati pensati d’intesa con Pim Off, che ne avrebbe ospitato un terzo, per offrire al pubblico milanese la possibilità di abbracciare l’intero progetto Antigone, potendo assistere a tutti e tre i lavori che la compagnia riminese ha dedicato al più puro e politico dei gesti di ribellione. Siamo lieti di apprendere che Pim Off intende onorare il proprio impegno.
La difficile decisione è stata presa in pieno accordo con Motus, con l’impegno comune di rimodellare un progetto coerente per il prossimo anno, presentando al Teatro dell’Arte il bellissimo Too late, accanto alla nuova produzione della compagnia. Insieme abbiamo altresì deplorato la grave situazione attuale del teatro italiano, costretto, per sopravvivere, a finanziarsi colle le rinunce e i sacrifici sempre più duri di quanti vi lavorano.

Nel passaggio più fragile e potenzialmente innovativo della sua storia, dopo la scomparsa del suo fondatore, il CRT ha realizzato una stagione teatrale ambiziosa, con produzioni e ospitalità di alto livello, come ci è stato riconosciuto, seguita con partecipazione e attenzione da pubblico, stampa e operatori. In un momento così delicato, avere subìto il taglio di più del 50% del contributo 2011 da parte dell’Amministrazione Comunale, è stato un colpo veramente pesante, soprattutto in assenza, allora, di un dialogo costruttivo e di supporto. Con l’aggravante che la riduzione, definita in un primo momento “un semplice orientamento”, e operata in contrasto con quanto la stessa Amministrazione aveva in precedenza formalmente già comunicato al CRT, è stata annunciata solo alla vigilia della conferenza stampa di presentazione di una stagione ovviamente già chiusa, e chiaramente disegnata su altri parametri economici. In quel drammatico frangente, con grande senso di responsabilità, anche al fine di non creare imbarazzo alla nuova Amministrazione appena insediata, abbiamo evitato di manifestare pubblicamente il nostro stupore e la nostra delusione per un provvedimento che puniva in misura così sensibile il solo CRT fra i teatri in convenzione.
Ora che conosciamo le difficoltà economiche e gestionali che la nuova Amministrazione ha dovuto affrontare, ne apprezziamo l’impegno nel cercare di mantenere sostanzialmente integro l’investimento a favore del sistema teatrale milanese, in un momento di grande difficoltà per la Città e il Paese. Prendiamo anche atto dello sforzo costruttivo e dei segnali positivi in seguito pervenutici, per avviare a soluzione, in particolare, il problema della sede, la vera radice di gran parte delle nostre difficoltà attuali. Occorre, tuttavia, sempre ricordare che l’entità del contributo in un primo tempo assegnatoci aveva diverse giustificazioni che rendono il taglio subito, a nostro giudizio, ingiusto e immotivato: come premio alla storicità del CRT e alla qualità del suo progetto artistico; come sostegno all’ampliamento dell’area di attività con il Centro di Drammaturgia; e come parziale risarcimento per i gravi danni economici causati dall’uscita forzata dal Teatro dell’Arte. Le cifre seguenti possono dare un’idea dell’emergenza che abbiamo dovuto affrontare: 150 mila euro in meno dal Comune; 120 mila euro perduti mediamente in un anno per la mancata commercializzazione del Teatro; 50 / 60 mila euro il mancato incasso annuo per l’indisponibilità per l’intera stagione di un teatro di almeno 200 posti; 17 mila euro per l’affitto di un magazzino. Fanno oltre 300 mila euro in meno! E non abbiamo più un atelier scenografico adeguato, né una sala prove degna per ospitare residenze, laboratori e produzioni, né tantomeno uno spazio per esporre al pubblico l’ingente quantità di materiale documentario giacente nel nostro archivio.
Nonostante questo, e grazie ai non più sostenibili sacrifici dei lavoratori del teatro, degli artisti e dei fornitori, abbiamo realizzato una buona stagione.

Anche al CRT è in corso un difficile avvicendamento, che ora, purtroppo, è seriamente minacciato.

Silvio Castiglioni
direttore artistico CRT

Roma, LA7, Milano, Monza, in scena: dove sono questa settimana

Domani, martedì 15 maggio, alle 21 ospite a Quello che (non) ho, in diretta su LA7 dalle ore 21.

Mercoledì 16 alle 18, a Monza, Feltrinelli Libri e Musica in via Italia 41, con Pippo Civati presento il mio libro L’INNOCENZA DI GIULIO e parliamo di andreottismi in Lombardia.

Venerdì 18 alle 16 a Roma “Legalità, cittadinanza e istituzioni dello Stato nell’ambito della lotta alle mafie” con Danilo Chirico (presidente associazione DaSud) e Giovanni Impastato, Fondazione Internazionale Lelio Basso, via della Dogana Vecchia, 5.

Sabato 19 a Milano, Sala dell’acquario civico, viale Gadio 2, alle 14:  “La Tav della Lombardia – distruzione del territorio, mafie, Formigoni” presiede Maria Carla Baroni, Coord. regionale Fds presentazione: Ugo Boghetta, portavoce regionale Fds; Giuseppe Boatti, Politecnico di Milano interventi programmati: Andrea Di Stefano, rivista “Valori” Elena Lattuada, CGIL Lombardia Giulio Cavalli, consigliere regionale SEL Claudia Sorlini, Facoltà di Agraria Università di Milano Sergio Cannavò, Legambiente Lombardia Massimo Gatti, consigliere Fds provincia di Milano Basilio Rizzo, Presidente del Consiglio Comunale di Milano conclusioni: Massimo Rossi, portavoce nazionale Fds

Sempre sabato 19 al Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco alle 21: L’innocenza di Giulio. Andreotti non è stato assolto” in scena con Cisco. Per info e prenotazioni telefono 0371/761268 o cel. 331/9287538 oppure via e-mail a info@teatronebiolo.org

Per tutti gli aggiornamenti c’è la pagine degli appuntamenti. Buona settimana.

I fogli bianchi sono la dismisura dell’anima

I fogli bianchi sono la dismisura dell’anima
e io su questo sapore agrodolce
vorrò un giorno morire,
perché il foglio bianco è violento.
Violento come una bandiera,
una voragine di fuoco,
e così io mi compongo
lettera su lettera all’infinito
affinché uno mi legga
ma nessuno impari nulla
perché la vita è sorso, e sorso
di vita i fogli bianchi
dismisura dell’anima.

da “Fogli bianchi” – Alda Merini