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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Il vero CNEL è l’Agcom

(Vincenzo Vita sull’Agcom, da Il Manifesto del 7 dicembre 2016)

“Delibera l’archiviazione dell’esposto…” In quest’ultimo caso, che risale al 24 novembre scorso, il diniego dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni riguarda l’esposto del Comitato del NO al referendum sulle revisioni costituzionali sulle violazioni della par condicio. Ripetizione seriale. Esibizione ennesima di una fuga dalle responsabilità, al cui confronto Don Abbondio appare un eroico gladiatore. Dagli atti e dalle omissioni dell’Agcom si ricava l’impressione di una malattia ormai incurabile. Cosa è avvenuto?

Facciamo un passo indietro. L’Autorità trae origine dalla legge 249 del 1997. Fu una scelta netta e impegnativa. Si immaginò di sottrarre al governo o alle maggioranze parlamentari l’indirizzo e la regolazione di un sistema in corso di “integrazione multimediale” secondo il linguaggio dell’epoca. Tant’è che si vergò nel testo un organismo “convergente”: composto da nove consiglieri suddivisi tra infrastrutture e reti da una parte, servizi e prodotti dall’altra. In breve, l’Agcom avrebbe dovuto presiedere a telefonia, connessioni, piattaforme, poste, editoria e radiodiffusione. Divenne una best practice in Europa, dove solo la Finlandia aveva un’omologa entità.

Si superava la figura del Garante monocratico, deciso dalle leggi sull’editoria (1981) e sulla radiotelevisione (1990), con un incipit legato solo alla carta stampata per divenire in un secondo tempo comprensivo anche dell’etere. Ecco, dunque. Entrava in scena un potenziale protagonista di un universo in continua mutazione, tale da richiedere un soggetto vigilante aperto e innovativo. Troppe leggi spesso ridondanti –le uniche decisive invece mai fatte, come l’antitrust e il conflitto di interessi- complicavano la vita invece di semplificarla. L’Autorità disponeva non a caso di un ampio potere di regolamentazione (sostitutiva di una formazione non stop) e pure di un forte ruolo di magistratura dotata di facoltà sanzionatorie, per rispondere alla velocità digitale e introdurre un adeguato contropotere nell’architettura generale.

Il prossimo anno ricorrerà il ventennale dell’Agcom. E’ tempo di bilanci. Senza giudizi sommari, perché non tutto e non tutti hanno deluso. Il Governo Monti, per di più, decise la riduzione da nove a cinque componenti, compromettendo così il funzionamento soprattutto della parte dell’editoria e della radiotelevisione, meno legata ai binari indicati dall’Unione europea assai rigidi al contrario nel campo delle telecomunicazioni. Tale taglio inutilmente burocratico ha pesato certamente sulla routine dell’ultima compagine, incapace di garantire davvero il pluralismo e la rappresentazione mediatica delle opinioni. Senza personalizzare, ovviamente, c’è da chiedersi se proprio l’esperienza del referendum, nella quale il Presidente del consiglio ha fatto il bello e il cattivo nel tempo televisivo senza ostacoli, non induca ad un serio ripensamento. Neppure la migliore intenzione giustifica il vuoto pneumatico. Ma, proprio per evitare un mero giudizio sulle persone (non si vuole mettere in causa la buona fede del Presidente Cardani, al di là delle critiche), è il perimetro normativo da riconsiderare. Insieme alla stessa composizione e alla fonte di nomina.

Si discute della legge elettorale, dopo l’evidente insuccesso dell’Italicum. Ebbene, la vigilanza sull’imparzialità dei media non è meno importante della discussione sui meccanismi di voto. Anzi. Proprio i candidati non espressi dai “potenti” hanno un’unica opportunità: essere conosciuti attraverso un’informazione corretta.

Il Manifesto, 07 Dicembre 2016

Il Disabile Ideale e la penna di Iacopo Melio

Chi non conosce Iacopo Melio si prenda la briga di cercarlo, su fb o in google, per conoscere come la disabilità possa essere raccontata da un angolo inaspettato. Iacopo da tempo prova a rendere pop (e sapete quanto io ami questa parola nel suo senso più nobile) le battaglie dei disabili in Italia. Ora la sua penna s’è messa a scrivere anche per Fanpage:

«In una società sempre più confusa e disorientata, dove si è in continua ricerca di riferimenti e certezze, affibbiare etichette a ciò che è “diverso” da noi è senza dubbio un aiuto per le nostre sicurezze. Che poi, diciamolo, ciò che non conosciamo ci spaventa sempre un po’, e provare a dargli un nome, un colore o delle caratteristiche prefissate è anche una forma di demistificazione. Ecco perché voglio darvi 10 consigli per individuare il “Disabile Ideale”.

Sì, avete capito bene: abbattere le barriere culturali sarà facile con questa pratica guida! Imparerete a rapportarvi col magico mondo della disabilità senza più sentirvi inadeguati, anzi, vi convincerete del fatto che i vostri atteggiamenti siano corretti e vi sentirete subito persone migliori. In fin dei conti, da sempre si cerca di migliorare la propria identità sociale sentendoci quasi in dovere di determinare e giudicare quella altrui. Da oggi vi risparmierete un bel po’ di fatica con questo “Decalogo del Disabile Ideale”.»

Il suo articolo continua qui.

Sì, ma parlare di alleanze senza politica è un fallo di simulazione

(scritto per i Quaderni di Possibile qui)

Quelli che sognano Civati-De Magistris-Fratoianni-Fassina-Bersani-Pisapia. Quelli che se Emiliano si prende il PD allora tutto con il PD. Quelli che c’è da fare un’alleanza con il Comitato del No e la CGIL. Quelli che “dobbiamo andare da soli”. Quelli che dobbiamo stare “tutti insieme”. Quelli che però “non bisogna mica ripetere la Sinistra Arcobaleno” e quelli che bisogna fare “come la Sinistra Arcobaleno”. Quelli che serve “più socialismo”. Quelli che serve “più comunismo”. Quelli che non bisogna “essere autoreferenziali” però tutti gli altri sono degli inetti. Poi ci sono quelli che “la gente vuole unità” ma poi specificano “mica l’unità con tutti”. Poi c’è la proposta Pisapia (di mettere tutti insieme tranne Ncd) mentre Delrio dice che il PD dovrebbe andare a elezioni “con Ncd”. E poi, da sempre, quelli che aspettano il messia. Laici ma sempre in attesa del messia.

Il Fantacalcio delle alleanze è un luogo affollatissimo: richiede poche competenze, poche idee e pure confuse e conforta nel suo non doversi applicare ai progetti restando sui nomi e al massimo le facce. Poi non importa se le figurine siano d’accordo o meno con le scelte politiche, sociali e economiche di questi ultimi anni, non conta nemmeno cosa ne pensino della riforma della scuola e come vogliano controriformarla, non ci si chiede se abbiano la stessa idea di benessere sociale, lotta alla povertà, gestione ambientale o rapporti con l’Europa. No, no: prima le facce e poi dentro tutto il resto, con la solita politica a polpettone per cui l’importante è che la crosta sia croccante e di ottimo colore. Così si gioca la partita delle apparenze e poi, quando si perde, ci si indigna per la vacuità del dibattito.

Ad oggi c’è un ex sindaco (Pisapia) che ritiene potabili le politiche renziane degli ultimi anni, un partito in scioglimento (SEL) che si prepara a un congresso per diventare altro (SI), comitati apartitici che vorrebbero essere partito, disillusi e disiscritti, sindaci sparsi tirati per la giacchetta e un po’ di classe dirigente che ha contribuito attivamente alle sconfitte degli ultimi vent’anni. Tutti potenzialmente vicini e potenzialmente opposti, tutti impegnati (giustamente) nello sciogliere riserve interne e scrivere la propria idea di Paese. Dico, non è un po’ superficiale, avventato e poco interessante parlarne? Non è “populista”, appunto?

Si fa politica. E quando le politiche si incontrano diventano comunità. Si fa così. O no?

Abbi cura di tutto.

Dice la Le Pen in Francia che curare i clandestini è uno “spreco”. La ricreazione è finita, ha detto. Proprio così. Poi si è levato il coro di chi ha provato a ristabilire gli elementi minimi di umanità. Ma poco. Sempre meno. È sempre più faticoso. Avere cura ormai è considerato un servizio che dipende dai capitoli di bilancio, mica dall’obbligo di essere uomini tra gli uomini. E quando capita così poi è normale che la situazione per loro sarà sempre abbastanza grave e l’individualismo troverà sempre una buona giustificazione.

Succede lì ma succede qui (sono profetico, vedrete i commenti qui sotto a questo post) e succederà ancora di più appena si accenderanno i riflettori della campagna elettorale. E sarà faticoso opporsi al “federalismo della responsabilità” che in nome della paura e dell’emergenza ha portato molti a volersi occupare al massimo della propria famiglia in senso stretto, del proprio quartiere, del proprio pianerottolo e fanculo tutti gli altri. Ci sarà da resistere, anche qui, da noi. Ci sarà da avere cura di tutto con tutti i talenti e le intelligenze che abbiamo a disposizione.

Giulio Regeni, quali sono le novità

(Ne scrive Bianconi per il Corriere della Sera)

Negli ultimi due mesi di vita, Giulio Regeni è stato «monitorato» dalla polizia egiziana o dai suoi informatori fino alla vigilia del sequestro. Fotografato e filmato. I contatti tra le forze di sicurezza e il capo del sindacato dei venditori ambulanti (nonché confidente degli investigatori) Mohamed Abdallah, con cui Giulio aveva stretto rapporti, sono andati avanti fino al 22 gennaio scorso: tre giorni dopo il ricercatore friulano è stato sequestrato, torturato, ammazzato e abbandonato sul ciglio di una strada del Cairo.

È stato lo stesso Abdallah, interrogato dai magistrati egiziani, a spiegare che «la polizia sembrava intenzionata a proseguire il monitoraggio di Regeni per vedere che comportamento avrebbe tenuto nei giorni intorno al 25 gennaio»: era l’anniversario della rivolta di piazza Tahir, una data simbolica e temuta dal regime del generale Al Sisi. Sembra una giustificazione offerta dal sindacalista per spiegare le notizie fornite su Giulio, anche dopo che la polizia e i servizi segreti avevano concluso che non era una persona pericolosa per la «sicurezza nazionale».

Il nuovo tassello di un difficile e ancora largamente incompleto mosaico è stato fornito dal procuratore generale della Repubblica egiziana Nabil Sadek nell’ incontro con il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco. Terminato con un comunicato congiunto, nel quale si assicura che «la collaborazione continuerà attraverso lo scambio di atti d’ indagine fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato alla morte di Giulio Regeni».

In realtà le novità svelate ieri erano conosciute da tempo dagli inquirenti egiziani, anche prima del precedente «faccia a faccia» di settembre, ma evidentemente non è facile indagare sugli apparati di sicurezza; in ogni caso la Procura di Roma non può che insistere, con la determinazione mostrata fin qui, per conoscere il più possibile dell’ inchiesta in corso, valutarne le mosse, fornire suggerimenti e svolgere accertamenti in proprio laddove è possibile.

Al momento la pista innescata dalle denunce di Abdallah resta la più concreta e consistente, visto che la polizia gli chiese di realizzare un video dei suoi colloqui con Giulio, consegnato all’ inizio del 2016 subito dopo il rientro di Giulio dalle vacanze di Natale. Ufficialmente l’ interesse della polizia per il ragazzo italiano cessa il 14 gennaio, ma dopo quella data Abdallah ha continuato a chiamare esponenti dei servizi segreti locali, fino al 22; ricostruzioni divergenti che si potranno spiegare – forse – una volta acquisiti gli interrogatori degli investigatori egiziani.

Altrettanto importante sarà conoscere le versioni dei poliziotti coinvolti nella sparatoria in cui furono uccisi i presunti rapitori, e quelli che hanno trovato i documenti di Regeni, vicenda che «suscita interrogativi», come ribadisce il comunicato congiunto. Ma ci vorrà a tempo. Si procede a piccoli passi, nella speranza che non ci si fermi o addirittura non si torni indietro.

È la richiesta dei genitori di Giulio che martedì hanno incontrato il procuratore generale Sadek, al quale hanno mostrato alcune foto del figlio ritratto in momenti di felicità.

«Perché sappiate di chi vi state occupando», hanno sottolineato. «Vi chiedo di non fermarvi a qualche anello intermedio della catena», ha detto il padre, Claudio Regeni, al magistrato venuto dal Cairo.

Che ha promesso verifiche «senza escludere nessuna direzione» per dare giustizia a «un ragazzo esemplare», non più considerato spia o spacciatore, bensì un «portatore di pace». L’ avvocato della famiglia, Alessandra Ballerini, ha chiesto di poter accedere al fascicolo dell’ indagine attraverso i suoi colleghi egiziani, e che ciò possa avvenire senza rischi per la loro sicurezza. Le hanno risposto di sì. Se sarà vero si vedrà.

Da grande voglio essere Jim Messina

(Avvertenza: questo articolo è ironico. Satira, quella cosa lì. Non vi torna utile per sviluppare acredine di primo mattino mentre bevete il caffè e nemmeno per fare da colonna sonora alla Liberazione di qualche bilioso dalla parte opposta. Ecco. Detto questo iniziamo.)

Io giuro che vorrei avere l’occasione di bere un caffè con Jim Messina, il super pagato e iper celebrato spin doctor di Matteo Renzi in questa campagna referendaria. L’unica persona che io conosca e che ne abbia avuto mai notizia che è riuscito a farsi dare qualcosa come 400.000 euro (la cifra non è mai stata confermata) per coniare slogan meravigliosi come il “se votate No vi tenete quello che c’è” (dimenticando che c’erano loro, c’era lui, Renzi, appunto) oppure il “se volete meno politici basta un sì” (stampato in un manifesto sei metri per tre pagato dal gruppo parlamentare, eh) o ancora “siamo in grande rimonta, sul filo di lana” sponsorizzato su tutti i social network possibili immaginari quando ormai gli scrutini erano quasi finiti.

Giuro io vorrei stringergli la mano a uno così perché è la fotografia di come sia andata a fottersi la politica in questo Paese, tutta ritrita da slogan masticati pagati come se fossero vangeli. Nel 2016 Jim Messina ha fatto da consulente per arginare la Brexit (poi avvenuta), sostenere la Clinton (poi sconfitta) e sostenere Renzi e la battaglia per il Sì (che sappiamo com’è andata): Jim Messina è il rigore sbagliato nella finale di un campionato del Mondo che si ripete tutte le mattine, tutti i giorni, tutto il giorno.

Ma ve lo immaginate, dico? Renzi che gli chiede cosa debba fare per sostenere il sì e lui che gli propone di aprire la porta finestra sul balcone e uscire in accappatoio a gridare “accozzaglia!”. La Clinton che gli domanda cosa dire su Trump per neutralizzarlo e lui che le propone di dare del coglione a chi ha intenzione di votarlo (che poi qui dovrebbe anche pagare i diritti d’autore a un altro genio, ma si farebbe lunga…). Oppure David Cameron che ascolta il suggerimento di Messina nel ripetere all’infinito che l’Europa è la città più bella dopo Venezia in giro per il mondo.

Grande Jim, davvero. Finché esistono guru così in queso mondo ci sarà sempre un posto libero per il Rondolino di turno. Davvero.

Buon mercoledì.

(questo è il mio buongiorno che ogni mattina, dal lunedì al venerdì, scrivo per Left qui. Fossi in voi lo seguirei.)

Cuori caldi: i veterani di guerra chiedono scusa ai Sioux; i Sioux chiedono scusa ai veterani.

Notizie che vale la pena riportare:

«Duemila veterani di guerra americani si sono accampati nelle praterie del North Dakota per dare il loro appoggio ai Sioux che resistevano il passaggio dell’oleodotto North Dakota Access Pipeline.
Cosi, solo per amore, sono andati li e hanno offerto di essere a fianco delle tribu indigene le cui acque e i cui siti sacri erano minaccciati da questo oleodotto.
Lo US Army Corps decide in extermis di bloccare l’oleodotto e di considerare un percorso alternativo, dopo mesi di resistenza, di violenza, di freddo, di paura.
E alla fine, succede qualcosa di inaspettato, e di quanto piu’ nobile l’umanità’ possa offrire.
A un certo punto del tutto inaspettatamente, i veterani si sono inginocchiati ed hanno chieso scusa ai Sioux per il genocidio ed i crimini di guerra commessi dall’esercito americano contro i popoli indigeni nel corso dei secoli.
Il capo Sioux, Leksi Leonard Crow Dog, per conto di tutte le tribu Sioux accetta le scuse e a sua volta chied scusa ai militari per il dolore causato il giorno 25 Giugno 1876 quando i Sioux sconfissero la 7a cavelleria dell’esercito americano.
Il capo tribu dice “vi perdoniamo e chiediamo pace al mondo”.»

(fonte)

(fonte)

 

Non c’è che dire: un successone il ritorno in campo di Pisapia, eh.

Ne scrive Nicola Corda per Huffington Post:

“Io voglio bene a Giuliano ma quest’operazione non ha prospettive”. Tutti formalmente stimano l’ex sindaco di Milano Pisapia ma il rilancio di un rassemblement della sinistra in dialogo con il Pd di Matteo Renzi non riscuote troppi entusiasmi. Solo i sindaci chiamati in causa (già coinvolti nelle prossime iniziative) come il bolognese Virginio Merola e il cagliaritano Massimo Zedda, mettono il segno positivo al progetto di rimettere insieme i pezzi di un centrosinistra che attraversa una fase delicata e contempla il futuro di più partiti.

“D’accordo sulla necessità di ricostruire un campo progressista partendo dai giovani ed è importante che Giuliano abbia deciso di spendersi in prima persona” dice Zedda. Il Sì al referendum li unisce, ma paradossalmente, è il vero macigno che fa bocciare il progetto da tutti coloro che sono chiamati in causa: da Sel fino a alla sinistra del Pd che specialmente in questa fase di estrema fibrillazione non intende mettere in discussione la permanenza nel partito. La sinistra “la voglio fare dentro il Pd, Pisapia è fuori” dice il bersaniano Nico Stumpo, che non dà molto credito all’ex sindaco di Milano. “Tutto questo casino per restare nel Pd e fare la nostra battaglia dentro, e poi ce ne andiamo?” commenta chi sta molto vicino a Bersani e Speranza.

Il dente avvelenato contro il traditore Pisapia, si coglie subito nelle parole di Sinistra Italiana, da Loredana de Petris che gli chiede con una punta di sarcasmo di “tornare a fare l’avvocato” al capogruppo alla Camera Arturo Scotto che dichiara “amicizia e affetto” ma gli ricorda che “non si può ricostruire il centrosinistra con il killer Matteo Renzi che lo ha distrutto spargendo macerie”. La possibile alternativa ad Alfano e Verdini non funziona: “sembra un’operazione furba e anche un po’ politicista”, lo specchietto che non toglie di mezzo il principale ostacolo che è il segretario del Pd. Che la sinistra arancione possa rinascere con questi interlocutori sembra difficile, almeno a sentire le reazioni, alcune rispettose, altre molto meno come quella di Pippo Civati che addebita a Pisapia la colpa di “mitragliare parole in libertà su una sinistra astratta” e lo accusa di mettere in piedi un piano da “soccorso arancio” a cui non credere come alle favole dei bambini.

Nessuna indulgenza, insomma, escludendo quei pochissimi che in Parlamento e dentro i partiti guardano con qualche interesse alla proposta di una seconda gamba di governo a sinistra ma fuori dal campo Dem. Uno di questi è Gennaro Migliore che individua la nota positiva “se la sinistra che ha votato sì, lavora a un progetto di governo che si propone di cambiare il paese”. Più critico Enrico Rossi, secondo cui Campo Progressista “sarebbe un’operazione nobile, che avrebbe un senso in un altro contesto”, perché “se non cambia il Pd e la sua leadership, l’operazione di Pisapia, di costruire un campo progressista a sinistra del partito, rischia di essere meramente ancillare e di servizio, di apparire come un soccorso a Renzi portato fuori tempo e fuori contesto”. Proprio quello stesso sospetto di un Pisapia “stampella di Renzi” che fa sì che la sinistra gli chiuda la porta in faccia.

‘Ndrangheta, operazione ‘Ecosistema’: i fatti e i nomi

Alle prime luci dell’alba, nella Provincia di Reggio Calabria, il personale del Comando Provinciale Carabinieri, ha dato esecuzione al provvedimento cautelare emesso dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 18 indagati (5 OCC in carcere – di cui 3 già detenuti – , 9 OCC agli AA.DD. e 4 obblighi di presentazione alla P.G.) localmente legati ad ambienti dell’imprenditoria, della politica e della ‘ndrangheta nelle sue articolazioni territoriali denominate “cosca IAMONTE” e “cosca PAVIGLIANITI”, ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, turbata libertà degli incanti, violenza privata, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, tutte ipotesi aggravate dall’aver agito con modalità mafiose e per agevolare la cosca di riferimento, falsa testimonianza, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo. L’odierna misura cautelare costituisce esito di un articolato impegno investigativo coordinato da questa Procura e condotto dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, avviato nel 2014 quale approfondimento delle risultanze assunte nell’ambito delle operazioni cc.dd. “ADA” e “ULTIMA SPIAGGIA” condotte nei confronti delle articolazioni territoriali della ‘ndrangheta facenti capo alle famiglie IAMONTE e PAVIGLIANITI, operanti nei comuni di Melito di Porto Salvo, San Lorenzo (RC), Bagaladi (RC) e Condofuri (RC).

Il monitoraggio tecnico di amministratori locali ha indotto a focalizzare l’attenzione verso il settore dell’imprenditoria, in particolare all’indirizzo di AZZARÀ Rosario, imprenditore operante nel settore dei rifiuti con la passione per la politica, titolare della ditta “ASED srl” con sede a Melito Porto Salvo. Il remunerativo settore della raccolta rifiuti è emerso fondarsi su un meccanismo di aggiudicazione degli appalti sulla scorta del quale alcune società, riunitesi in un cartello di imprese, sono riuscite a creare di fatto un regime di monopolio, forti del sostegno derivante dalla criminalità organizzata locale. Ne sono prova i rapporti intrattenuti da AZZARÀ Rosario, a cui si contesta il concorso esterno in associazione mafiosa, con esponenti di primo piano della cosca “IAMONTE”, egemone nel comprensorio di Melito Porto Salvo, che hanno reso possibile, nel corso degli anni, il consolidamento in posizione leaderistica della propria azienda. L’ASED di AZZARÀ Rosario inoltre, ormai affermatasi nel basso ionico reggino, avvalendosi della collaborazione di imprenditori di pari spessore criminale e spregiudicatezza, sarebbe riuscita ad affermarsi anche nei comuni dell’area tirrenica, forte dell’appoggio di CICCONE Carmelo, già amministratore unico della RA.DI.srl,, e dell’alto ionio reggino, tramite la ZETAEMME sas di STRATI Maria Rosa, società che è emerso essere riconducibile a ZOCCOLI Giuseppe Saverio. Il regime di monopolio instaurato da ASED è risultato essere frutto dell’appoggio garantito dalle organizzazioni mafiose che condizionando l’azione amministrativa degli enti locali, sono riuscite a far aggiudicare gli appalti per il conferimento del servizio di raccolta e trasporto rifiuti all’azienda di AZZARÀ. Di contro, AZZARÀ ricompensa la cosca assumendo in azienda il personale segnalatogli oppure, come accertato in alcune circostanze, contribuendo alle spese legali cui i familiari degli affiliati detenuti devono far fronte.

Nel corso dell’attività investigativa è emerso come AZZARÀ Rosario abbia dovuto giustificare la sottrazione di cinquemila euro dai fondi aziendali in quanto corrisposti alla cosca IAMONTE: dall’analisi combinata di intercettazioni telefoniche e ambientali si è potuto acclarare come per giustificare la fuoriuscita della somma di denaro destinata agli affiliati detenuti, AZZARÀ abbia fatto ricorso alla complicità, più o meno consapevole, del personale dipendente. Dalle più recenti acquisizioni investigative si è appreso altresì che AZZARÀ, risultato essere diretta espressione imprenditoriale della cosca IAMONTE, nel momento in cui si “insedia” nel territorio di competenza di un’altra cosca, segnatamente nello specifico la cosca PAVIGLIANITI, sia comunque tenuto a pagare dazio. AZZARÀ, al pari degli altri imprenditori che intervengono nella realizzazione dello stabilimento ASED di contrada Agrifa di San Lorenzo, deve rendere conto alla cosca territorialmente egemone: l’azione estorsiva assume le forme più svariate, dall’imposizione delle forniture e delle assunzioni fino all’esplicita richiesta di esborso di denaro. In sintesi, da un lato i patti corruttivi siglati con gli amministratori infedeli, sotto l’egida di significative entrature nel mondo politico, dall’altro le alleanze strette con le cosche mafiose rappresentano gli ingredienti del successo imprenditoriale di AZZARA’ Rosario, con importanti ricadute in termini di rafforzamento – economico e sociale – della cosca IAMONTE. Questa ambiziosa tesi investigativa si fonda, oltre che sul contenuto delle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte nel presente procedimento, spesso sapientemente incrociate ed interpretate con quelle degli altri – e connessi – diversi procedimenti (ADA, ULTIMA SPIAGGIA), soprattutto sulle dichiarazioni, specifiche, dettagliate e attendibili, rese sul punto da AIELLO Salvatore, oggi collaboratore di giustizia e già direttore della Fata Morgana Spa, società a compartecipazione pubblica costituita per curare nella Provincia di Reggio Calabria lo svolgimento dei servizi di gestione e raccolta dei rifiuti. Salvatore AIELLO, in ragione dello specifico ruolo rivestito e dei rapporti di affari intrattenuti nel settore con i soggetti istituzionali ed i principali imprenditori (tra cui AZZARA’ Rosario), riversa nell’indagine un punto di vista conoscitivo privilegiato e qualificato di straordinario valore indiziario e di altissima efficacia dimostrativa rispetto ai fatti in contestazione. AIELLO Salvatore, come accennato, è riconducibile a FATA MORGANA spa, società avente per oggetto sociale la gestione diretta dei servizi di raccolta, trasporto, recupero, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, e della quale AIELLO ricopriva l’incarico di direttore tecnico. AIELLO, le cui mire imprenditoriali non si sarebbero concretizzate a causa della ferma opposizione del primo cittadino dell’epoca, il sindaco IARIA Giuseppe, il quale, con il consenso della cosca IAMONTE e la complicità di MAISANO Francesco, avrebbe pilotato le gare a beneficio di ASED, decide di intraprendere un percorso di collaborazione con la magistratura riferendo circostanze che vedono coinvolto AZZARA’ Rosario il quale, sulla scorta di quanto riferito da AIELLO, è da ritenere imprenditore “espressione” della cosca IAMONTE.

L’attività investigativa svolta ha permesso inoltre di documentare almeno due chiari episodi estorsivi, entrambi perpetrati dai PAVIGLIANITI, uno ai danni di AZZARÀ, il quale su richiesta di PAVIGLIANITI Settimo, sarebbe stato costretto ad assumere nella propria azienda PAVIGLIANITI Natale David, figlio di PAVIGLIANITI Angelo, a titolo di ricompensa per la “famiglia” e l’altro episodio che avrebbe visto come vittime TUSCANO Carmelo e suo figlio Francesco, titolari di una ditta di movimento terra di Condofuri, i quali, durante l’esecuzione di alcuni lavori per la realizzazione della nuova sede ASED, sarebbero stati avvicinati da emissari della cosca PAVIGLIANITI ed avrebbero ricevuto una richiesta estorsiva, quantificata in quattromila euro, che hanno dovuto soddisfare su esplicita richiesta di PAVIGLIANITI Natale cl. 1970 al fine di regolarizzare la propria posizione con la cosca. Nel corso dell’indagine è emerso altresì come i PAVIGLIANITI abbiano esercitato la propria influenza anche sulle elezioni comunali del 2014 di San Lorenzo (RC), inducendo anche AZZARÀ Rosario, che inizialmente aveva proposto la propria candidatura, alla rinuncia al progetto politico. Nel corso dell’attività investigativa è stata documentata l’esistenza di una vera e propria organizzazione che annovera tra i propri fini le turbative d’asta, con particolare riferimento al remunerativo settore dei rifiuti, in cui AZZARÀ, forte del sostegno derivato dalle cosche mafiose e degli ottimi rapporti tessuti con gli amministratori pubblici, è in grado di condizionare il regolare svolgimento delle gare d’appalto. I contenuti di alcune conversazioni intercettate confermano come AZZARÀ abbia fatto sistematicamente ricorso a più espedienti per ottenere il favore e la stima di alcuni amministratori comunali che, ricorrendo a somme urgenze o inserendo nel bando clausole ad hoc, hanno poi effettivamente affidato all’ASED srl i servizi di igiene ambientale. AZZARÀ, è risultato incline alla corresponsione di denaro e regalie di vario tipo, a beneficio di quanti, amministratori, dirigenti pubblici o liberi professionisti, gli possano risultare utili ai fini del perseguimento del proprio scopo. Nel corso di alcuni colloqui intercettati all’interno degli uffici dell’ASED è lo stesso AZZARÀ che confida di aver pagato una mazzetta per ricompensare un amministratore comunale al quale riconosceva il merito di aver fatto sì che si aggiudicasse un appalto.

Le conversazioni telefoniche ed ambientali captate sono esplicative dell’esistenza di un meccanismo sulla base del quale gli imprenditori si spartiscono gli appalti spesso con il beneplacito delle amministrazioni comunali che gli imprenditori ottengono barattando qualche posto di lavoro. Il sostegno di politici, dirigenti pubblici e liberi professionisti corrotti ha consentito a AZZARÀ di creare un canale privilegiato e di stringere rapporti rivelatisi molto proficui in particolare con l’amministrazione provinciale di Reggio Calabria in seno alla quale egli risulta che annoveri molte conoscenze influenti, non ultima quella dell’Ing. BARBARO Carmelo, già responsabile del Settore Ambiente dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria nonché abituale componente della commissione giudicatrice istituita presso la Stazione Unica Appaltante Provinciale, competente alla valutazione delle offerte presentate dalle ditte concorrenti alle gare d’appalto. L’attività info-investigativa che ha interessato diversi comuni della provincia reggina ha permesso di addivenire ad alcune conclusioni, supportate da significativi dati oggettivi, in merito all’esistenza di una sorta di circolare rapporto “a tre” tra politica, imprenditoria e cosca mafiosa, in cui la prima in cambio di appoggio concede favori, la seconda cresce grazie all’influenza mafiosa ed alla politica collusa, e la terza rafforza il suo radicamento nel tessuto politico ed economico. Ecco che in tale ottica diviene consuetudine che l’amministratore e/o il funzionario del Comune che garantisce l’affidamento del servizio all’ASED srl segnali ad AZZARÀ Rosario il personale da assumere: dette assunzioni sono da intendersi, alla stregua dell’elargizione di somme di denaro, come il compenso pattuito per l’affidamento del servizio. Il monitoraggio di AZZARÀ Rosario ha evidenziato come l’iter di aggiudicazione degli appalti per la raccolta ed il trasporto rifiuti nei comuni della provincia reggina non sempre sia stato “cristallino” e come gli stessi amministratori comunali che interagiscono con ASED abbiano in più circostanze agito perseguendo interessi personali piuttosto che a tutela della collettività. In tale contesto risultano destinatari di provvedimento cautelare il Sindaco di Bova Marina CRUPI Vincenzo Rosario (AA.DD.), il Vicesindaco del Comune di Brancaleone BENAVOLI Giuseppe (AA.DD.), l’Assessore con delega a “Arredo urbano, ambiente e territorio” del Comune di Brancaleone ZAPPIA Alfredo (AA.DD.), l’ex Sindaco del Comune di Melito Porto Salvo IARIA Giuseppe (AA.DD.), l’Assessore con delega a “Sport, turismo, spettacolo, affari generali e legali, arredo urbano, rapporto con le associazioni e politiche per i gemellaggi” del Comune di Condofuri TRAPANI Salvatore (obbligo di presentazione alla P.G.).

In ordine ai rapporti stretti da AZZARÀ con le singole amministrazioni comunali, nei cui ambiti giurisdizionali l’ASED risulta essersi aggiudicato il servizio di raccolta e trasporto rifiuti, rilevano quelli instaurati rispettivamente presso: – Comune di Bagaladi Gli ottimi rapporti che AZZARÀ risulta aver instaurato con BORRELLO Carmelo, destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare che ha interessato la cosca PAVIGLIANITI (“ULTIMA SPIAGGIA”) da cui si evince essere al servizio della cosca e nei giorni scorsi condannato a 12 anni di reclusione, si sono rivelati determinanti nell’aggiudicazione di alcune commesse relativamente ai comuni di Brancaleone e Bagaladi, ove il BORRELLO risulta aver svolto le mansioni di capo area tecnica. L’ASED infatti risulterà aggiudicataria dell’appalto. – Comune di Palizzi Dall’attività di intercettazione è emerso come AZZARA’ Rosario abbia concesso al Sindaco SCERBO Arturo Walter – che la riceveva in ragione dell’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri – l’indebita utilità di poter indicare soggetti da assumere presso la ASED s.r.l., così garantendosi lo stabile asservimento del citato pubblico ufficiale agli interessi propri e della propria azienda, da realizzarsi attraverso l’impegno permanente a compiere od omettere una serie indeterminata di atti ricollegabili alla funzione esercitata (quali ad esempio l’affidamento da parte del Comune di Palizzi di lavori e commesse alla ASED s.r.l.), accordo che non si concretizzava per la contraria volontà dell’AZZARA’ di assumere tale FOTI di Palizzi, indicato dallo SCERBO, perché soggetto considerato non affidabile (la conseguente ipotesi delittuosa di tentata estorsione non consentiva richieste cautelari per i limitati margini edittali). – Comune di Bova Marina CRUPI Vincenzo Rosario, sindaco del Comune di Bova Marina, sulla scorta delle risultanze investigative assunte è ritenuto pienamente inserito nell’eterogeneo sodalizio criminale, oggetto delle indagini, in cui coesistono imprenditori, amministratori comunali, funzionari pubblici ed appartenenti alla ‘ndrangheta con l’unico fine comune di trarre profitto dagli appalti pubblici. Le conversazioni ambientali registrato che coinvolgono CRUPI documentano come egli abbia contribuito attivamente alle turbative d’asta, barattando l’assunzione di parenti ed amici con l’affidamento dei servizi comunali.

Dal contenuto dei dialoghi captati all’interno degli uffici dell’ASED si evince come CRUPI Vincenzo si sia adoperato, ancor prima che il bando di gara venisse pubblicato, affinché il servizio di spazzamento, raccolta, trasporto e conferimento in discarica dei rifiuti nel Comune di Bova Marina, venisse aggiudicato all’ASED srl. Inoltre l’assunzione di tale Demetrio si sarebbe rivelata di primaria importanza in quanto da ricondursi ad un pacchetto di voti che il sindaco CRUPI avrebbe ricevuto da elettori direttamente a lui riconducibili: alle rimostranze sollevate da FAMILIARI Gabriele il quale era consapevole della scarsa produttività di Demetrio, CRUPI avrebbe risposto richiamando, pur se non esplicitamente, il cospicuo numero di voti da lui garantiti. – Comune di Rizziconi AZZARÀ confessa di avere corrisposto la somma di cinque milioni di lire ad un assessore del comune di Rizziconi, successivamente all’aggiudicazione di una gara d’appalto. – Comune di Condofuri L’amministrazione comunale di Condofuri, affida il servizio di pulizia spiaggia ad ASED srl, il cui amministratore, esperto conoscitore delle logiche clientelari, invita FAMILIARI Elio, suo dipendente, a prendere contatti con l’Avvocato TRAPANI Salvatore, assessore del Comune di Condofuri, ed invitarlo presso la loro sede con il pretesto di conoscerlo ed affinché possa indicare i nominativi del personale da assumere. Dall’attività di intercettazione è emerso come AZZARÀ Rosario avrebbe assicurato agli assessori del Comune di Condofuri, BARRECA e TRAPANI l’assunzione di qualche loro amico a titolo di corrispettivo per l’affidamento del servizio di pulizia spiaggia. – Comune di Brancaleone. BENAVOLI Giuseppe e ZAPPIA Alfredo, rispettivamente vicesindaco e assessore po tempore del comune di Brancaleone, risultano essere tra gli amministratori che hanno stretto un patto con AZZARÀ barattando l’affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto rifiuti con l’assunzione in azienda di parenti ed amici. La procedura osservata si presenta, infatti, densa di aspetti oscuri e poco cristallina. Infatti, il servizio era inizialmente svolto dalla Locride Ambiente, società a partecipazione mista con sede legale a Siderno (RC), che però, per ragioni non meglio potute accertare, nella seconda metà dell’anno 2013, avrebbe manifestato la propria intenzione di non voler proseguire il servizio, che viene affidato pertanto all’ASED srl a termine di una procedura che, per quanto in linea con il disposto del codice degli appalti, presenta molti lati oscuri. Inoltre, in contemporanea con la determina che ha affidato il servizio all’ASED, la stessa azienda ha avviato una serie di procedure di assunzione a beneficio di alcuni residenti nel comune di Brancaleone. E’ emerso altresì come MARINO Domenico Giuseppe, assessore all’Ambiente ed al Territorio pro tempore del comune di Brancaleone, abbia esercitato delle pressioni su AZZARÀ Rosario al fine di favorire l’assunzione in ASED di un suo parente, STELLITANO Domenico. Dalle indagini, infine, è emerso che Azzarà costringeva gli operai ad accettare di percepire, a titolo di stipendio, somme di denaro nettamente inferiori rispetto a quanto indicato nella busta paga, sotto minaccia del licenziamento.

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Vincono i Sioux. L’oleodotto non si farà.

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La notizia arriva inaspettata dopo sei mesi di battaglie che ha visto riunite per la prima volta in un fronte unico tutte le maggiori tribù di nativi d’America: l’Army corps of engineers ha annunciato che non autorizzerà la costruzione del Dakota access pipeline (Dapl) sotto il fiume Missouri e vicino alle terre dei sioux ma che verranno studiate soluzioni alternative dopo aver raccolto le osservazioni del pubblico.

Dapl, l’esercito americano riconosce i rischi ambientali

Il Dakota access pipeline è un progetto di oleodotto lungo 1.700 chilometri che avrebbe dovuto trasportare quotidianamente 400mila barili di petrolio (64 milioni di litri) provenienti dai campi petroliferi di bakken estratti con tecniche miste e invasive. La ditta proponente è la Energy transfer che già controlla 114mila chilometri di oleodotti americani. I tecnici dell’esercito hanno riconosciuto che il tracciato del pipeline avrebbe messo in pericolo le riserve d’acqua degli insediamenti indiani di Standing rock, a cavallo tra North Dakota e South Dakota, dove da aprile sono iniziate le proteste da parte dei nativi americani sioux e ai quali si sono unite tutte le altre tribù.

Per il suo carattere ambientale, la protesta ha fin da subito incassato il sostegno di diverse celebrità di Hollywood: da Jane Fonda a Mark Ruffalo, da Leonardo DiCaprio a Robert Kennedy, da Susan Sarandon a Ben Affleck. Solo qualche giorno fa sono arrivati anche duemila veterani di guerra a dare il loro supporto all’accampamento di camp Oceti Sakowin, dove migliaia di persone si sono radunate per contrastare fisicamente l’inizio dei lavori. L’arrivo dei veterani ha anche scongiurato l’ennesimo scontro tra forze dell’ordine e manifestanti, i quali avevano ricevuto l’ultimatum di sgomberare il campo di proprietà pubblica dell’Army corps of engineers.

Se Trump cercherà di invertire la tendenza

“Questa vittoria è rara perché è contagiosa, perché dimostra alla gente in tutto il mondo che l’organizzazione e la resistenza possono portare a vincere“, ha dichiarato Naomi Klein, giornalista e attivista che ha preso parte alla protesta. “Ma la lotta non è finita e i manifestanti lo sanno. La società proponente sfiderà la decisione e Trump cercherà di invertire tale tendenza. Il percorso legale non è ancora chiaro”.

Sebbene questa vittoria non restituisca sollievo per le ripetute violazioni subìte, l’aggressione da parte delle forze dell’ordine infatti si è concretizzata in cannoni d’acqua, attacchi con i cani, centinaia di arresti sommari e numerosi scontri che causato diversi feriti, la lotta ha lasciato una speranza: quella di aver dato l’esempio, un’ispirazione per un’alternativa a un’economia fondata sui combustibili fossili, destabilizzante per il clima e inquinante per le risorse idriche. A dirlo sono proprio loro, i nativi: “Con questa lotta abbiamo insegnato al paese come vivere: dobbiamo puntare sull’energia verde, sulle rinnovabili e sfruttare le benedizioni che il Creato ci ha donato: primi fra tutti il sole e il vento”.

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