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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

La solita truffa per zittire i magistrati

magistratura

Devo subito fare una confessione: sogno di vivere in un Paese intrinsecamente politico. Mi piacerebbe discutere con la mia farmacista delle complicazione e gli interessi che mi sfuggono nel mondo dei farmaci, vorrei potere dedicare qualche minuto in più e un caffè a chi i giornali (che noi scriviamo) tutti i giorni poi li vende e magari chiedere al bar quale sia il “sentiment” fuori dai social, quello che probabilmente il mio barista chiamerebbe il “cosa rode in giro”; mi piacerebbe che davvero fuori da scuola, nei discorsi in attesa dell’entrata e dell’uscita, si capisse che le lamentazioni spesso sono esigenze da farsi riconoscere, diritti da organizzare; vorrei soprattutto, e sempre di più, confrontarmi con coloro che sono lontani dalla realtà che vivo, per lavoro e per situazione, vorrei riuscire a discutere ogni riforma con quelli che dentro la riforma ci vivono per davvero, quelli per cui una legge, al di là della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, gli cambia la quotidianità, gli orari, i modi e le abitudini.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

L’articolo che Dossetti avrebbe voluto in Costituzione

Cultura1

L’appello di Tomaso Montanari che è, in fondo, anche un manifesto politico:

«Giuseppe Dossetti avrebbe voluto in Costituzione un articolo che dicesse che:

«La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione è diritto e dovere di ogni cittadino». 

Oggi tutti noi siamo in questa piazza romana perché sentiamo questo dovere. E perché vogliamo esercitare questo diritto.

Lo vogliamo fare con tutta la nostra voce: e siamo felici che alle nostre voci si aggiunga quella potente della tromba marina del Tritone di Gian Lorenzo Bernini, che oggi è un nostro speciale compagno di lotta.

In questi mesi una serie di decisioni scellerate di questo governo – un governo sostenuto da una maggioranza parlamentare resa possibile da una legge formalmente dichiarata incostituzionale – sta di fatto sradicando dalla Costituzione l’articolo 9.

Denuciamo che oggi la Repubblica non promuove lo sviluppo della cultura.

Non promuove la ricerca.

Non tutela il paesaggio, cioè l’ambiente.

Non tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Oggi è emergenza cultura!

Nei primi colloqui che ho avuto con lui, il ministro Dario Franceschini (allora appena nominato) mi disse che il presidente del Consiglio aveva il progetto di abbattere la tutela pubblica del paesaggio e del patrimonio («far fuori le soprintendenze», mi disse). E che lui, il ministro, si sarebbe opposto.

Ebbene, i fatti – i fatti che ci hanno portato in questa piazza – certificano che quel confronto, se mai c’è stato davvero, l’ha vinto il presidente del Consiglio, e l’ha perso il ministro per i Beni culturali.

Anzi l’hanno perso il paesaggio e il patrimonio artistico: cioè tutti noi, e i nostri figli.

Noi chiediamo l’abrogazione dello Sblocca Italia: una legge criminogena che consegna l’Italia ai signori del cemento e del petrolio. Una legge scritta sotto la dettatura telefonica delle lobbies.

Vogliamo, invece, una legge che porti a zero il consumo suolo: una legge vera, non come quella, ipocrita e dannosa, che giace in Parlamento.

Chiediamo al governo di ritirare l’odioso provvedimento del silenzio assenso. Prima si sono svuotate le soprintendenze di mezzi e di personale. E, ora che non ce la fanno più a rispondere in tempi brevi, si vuol far pagare il conto ai cittadini: perché il famoso silenzio assenso servirà solo a costruire Grandi Opere Inutili. Utili, anzi, solo a chi le costruisce, e fatali per l’ambiente: e non di rado per la vita stessa dei cittadini, falciati da alluvioni e da frane provocate dal cemento.

Chiediamo al governo di rinunciare alla bestemmia del Ponte sullo Stretto.

Vogliamo l’Unica Grande Opera utile, e cioè il risanamento e la messa in sicurezza del territorio.

Chiediamo al governo di ritirare l’articolo della Legge Madia che mette le soprintendenze sotto i prefetti: che mette, cioè, la tutela tecnico-scientifica del territorio sotto il potere del governo stesso.

Nemmeno un governo eletto plebiscitariamente (e questo, notoriamente, non lo è) ha il potere di distruggere ciò che dobbiamo lasciare alle future generazioni. Siamo custodi, non padroni.

E la nostra voce è umile: ma contiene quella dei nostri figli, e dei figli dei nostri figli: finché non si spenga la luna. È il futuro che ci supplica di non distruggere la bella Italia.

Vogliamo che la soprintendenza sia una vera magistratura del territorio e del patrimonio storico e artistico. Indipendente dal potere politico.»

(continua qui)

Bisogna imparare a dubitare per essere curiosi

Ogni uomo che abbia la benché minima esperienza del mondo conclude facilmente che tutti gli altri, persino i più ragionevoli, talvolta ragionano male, e ragionano male, di solito, sui propri interessi. Così, bisogna esser follemente presuntuosi per immaginare d’esser gli unici al mondo ragionevoli nel proprio interesse, e per non dubitare costantemente del proprio giudizio quando occorre. Perciò mi stupisce la stravaganza della maggior parte della gente, e specie dei contendenti, che s’immaginano sempre tutti quanti d’aver le migliori ragioni del mondo.
(Jean Domat, Pensieri, XVII sec.)

 

 

*Immagine tratta dalla bellissima tesi di Simona Della Croce “STORIA E GIORNALISMO. PEPPINO IMPASTATO: DA TERRORISTA A SIMBOLO DELLA LOTTA CONTRO LA MAFIA. IL POTERE DELL’INFORMAZIONE E LA FORZA DELLA MEMORIA.” anno 2010/2011 (la potete leggere qui)

Ma le firme del PD a Napoli non è che per caso siano illegali?

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Si legge nel sito del Ministero dell’Interno che le firme per la presentazione delle liste alle elezioni amministrative debbano essere apposte su fogli in cui sia stata compilato prima (prima) l’elenco dei candidati. Scritti ben leggibili e in stampatello. Dicono. Seguitemi.

Il 5 maggio esce un’agenzia di stampa:

«+COMUNALI NAPOLI, MANCA NUMERO LEGALE: ASSEMBLEA PD NON APPROVA LISTA+ (OMNINAPOLI) Napoli, 05 MAG – Manca il numero legale, l’assemblea provinciale del Pd Napoli non approva la lista dei candidati al Comune. Un ostacolo di natura tecnica dovuta ai conflitti interni ancora da sciogliere a poche ore dalla presentazione ufficiale.»

È datata 5 maggio. 2 giorni fa. Oggi hanno depositato le firme. Quindi, mi chiedo: poiché il 5 maggio evidentemente non avevano ancora la lista definitiva dei candidati e oggi hanno depositato lista e firme, hanno raccolto tutte le firme in 24 ore? Oppure nonostante “i conflitti interni” hanno indovinato comunque come sarebbe andata a finire?

—- aggiornamento 7 maggio 21.39 —-

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Quel padre seduto sul marciapiede

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Torino, zona Crocetta, un uomo sta seduto con un materassino sul marciapiede. Niente di sporco o vizioso: è in posizione yoga ed è vestito elegante, solo un piumino per quando si fa freddo. Si chiama Stefano, ha 37 anni ed è sprofondato nel solito burrone di una brutta depressione. Poi si è ripreso, ha cambiato lavoro e si è separato. Non mendica, Stefano, sul marciapiede. Non chiede solidarietà, anche se la solidarietà arriva con chi ormai ci passa regolarmente, lì dal padre seduto sul marciapiede, per bersi un caffè e farsi una chiacchierata. Dentro quel palazzo piantato sul marciapiede Stefano ha la figlia e la sua ex moglie. Una separazione come tante in cui i telefoni smettono di squillare e ci si parla solo per avvocati e le liti poi ricadono sui figli. E la figlia di Stefano, che un giudice ha detto che deve stare con il padre ogni due settimane, si ritrova nella morsa dei litigi e alla fine quei giorni “stabiliti per legge” non sono stati rispettati.

Lui, Stefano, non fa la guerra. Ha vissuto il buio e figurati se è disposto ancora ad entrare nel cunicolo della rabbia. E allora rimane lì. «Per fare sentire a mia figlia che comunque io sono vicino», dice. E l’ha scritto con gesso bianco, ripassato, sul marciapiede. Un padre sul marciapiede. Senza urla, senza strepiti, senza vendette. Roba da letteratura, di sabato mattina.

Libri, Salvini e Coca Cola

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Siccome ci tengo ad approfondire vi consiglio un post:

Non è facile, non è per niente facile.
La linea che ormai seguo da un po’ è quella di condannare violenze e razzismi in genere, da qualunque parte vengano, di qualunque colore siano, perché essere di sinistra vuol dire esserlo dentro, al di là del colore politico indossato, al di là degli schemi in cui vi piace tanto autocatalogarvi.
Sarebbe facile, in realtà, perché i simpaticoni che ieri hanno strappato copie del libro di Salvini sono degli idioti tout court e su questo non ci piove, non fosse altro perché hanno fatto esattamente il gioco del nostro populista preferito che, e qui mi attirerò gli insulti di molti, stupido non è: perché, altrimenti, sarebbe andato proprio a Bologna, la città che storicamente lo detesta e lo dimostra nella maniera più visibile possibile?
Bene o male, l’importante è che se ne parli, è una massima che lui ha studiato benissimo e che voi, dall’altro della vostra maglia del Che indossata sotto la kefiah continuate ad ignorare, accecati dai vostri ragionamenti di pancia e dall’illusione che davvero ci sa qualcuno che segue le vostre lotte mentre, stravaccati sul divano, twittate che quelli di Hobo Hanno fatto bene!!!!!.
Prima 
di compiere determinate azioni, andrebbe ripetuta una piccola domanda: cui prodest?
Giova a Salvini, che adesso può dire che i fascisti siete voi, perché sì, avete compiuto un gesto totalitarista come quello di strappare dei libri per impedire ad altri di leggerlo, per nulla diverso da quello di versare della Coca Cola su dei fumetti poco graditi.
Giova a Maroni, che adesso ha potuto dire che i leghisti sono i nuovi partigiani con degli imbecilli che gli hanno anche dato ragione, noncuranti dei partigiani veri che hanno preso a far le trottole nelle loro tombe.
Giova a chiunque abbia mandato via la sinistra dal Parlamento, perché così viene data l’immagine di una sinistra immatura, incapace di esprimersi se non a schiamazzi e sberleffi, con Salvini (ancora lui) che può atteggiarsi a superiore agli occhi dei più (facciamocene una ragione, non tutti leggono i commenti su Facebook dei seguaci di Salvini, M5S e compagnia, e noi che ragioniamo più di cinque minuti su qualunque cosa siamo una sparuta minoranza).
Giova, e qui chiudo anche se potrei andare avanti, alla Lega e ai suoi seguaci.
E fin qui la parte facile: vi lascio però con un dubbio.

(continua qui)

Ho intervistato Pino Maniaci

Non ha potuto parlare con nessuno in questi due giorni in attesa dell’incontro con il magistrato avvenuto proprio oggi ma dopo la conferenza stampa, a microfoni spenti, Pino Maniaci, il giornalista indagato per tentata estorsione, ha ancora voglia di parlare. Ci sentiamo mentre raggiunge la località fuori Palermo per rispettare il decreto di allontanamento voluto dal giudice (“Sono in località protetta, come i pentiti” riesce comunque a scherzare) e parte subito con un attacco frontale: «Ecco la polpetta avvelenata – mi dice – sono riusciti nel loro intento, chiudere Telejato. Inventandosi un reato che nemmeno esiste e sputtanandomi con la mia vita privata con un filmato ad arte che sarei curioso di sapere dai Carabinieri se per caso è stato montato da Federico Fellini».

Pino, andiamo con ordine. Ti si vede mentre prendi denaro dal sindaco. L’immagine è chiara…

(continua su: http://www.fanpage.it/intervista-a-pino-maniaci-verranno-tutti-a-chiedermi-scusa/)

Vi ricordate l’icona antimafia?

Don Luigi Merola, prete sotto scorta che improvvisamente sembrò un calunniatore intento a coprire un rapporto poco limpido con una donna? Beh, è stato archiviato. Lo potete ascoltare qui sotto. Parole da appuntare.

Strappare il libro di Salvini. E vincono tutti.

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Avrei voluto scrivere di questo brutto gesto di strappare il libro di Salvini. Poi mi sono detto che così avrei alimentato anch’io la pubblicità di sponda. E mentre cercavo le parole alla fine Luca Sofri l’ha scritto meglio di me. Vale la pena leggere lui:

«Mentre formulavo per l’ennesima volta il pensiero “guarda ‘sti cretini, che pensano di combatterlo e fanno il suo gioco”, immaginando di scrivere anch’io sul video di quelli che hanno distrutto il libro di Matteo Salvini, mi sono fermato a chiedermi: ma questa cosa di non dire “vergogna!” – che sappiamo che non funziona con questi – e invece sottolineare l’inefficacia e anzi la controproducenza (sic) dicendo “che stupidi, Salvini sarà contento”, quante volte l’abbiamo già fatta in casi simili? Ed è mai servita a qualcosa? E per quanto stupidi siano, pensiamo forse che una cosa così ovvia sia per loro così impensabile?

Come ha detto oggi un mio amico, questa è una partita “win-win” per entrambe le parti: vincono tutti e due. I fessi dei libri strappati sono a loro volta contenti della stessa esistenza di uno come Salvini e del fatto che si manifesti, di persona o via libro. Li legittima, dà loro un senso, permette di costruire teorie ed esistenze. Se esce un libro di Salvini, o se Salvini passa dalle loro parti, gli balena un lampo di eccitazione felice nelle pupille, non di indignazione e preoccupazione: “you made my day!”. Della pubblicità gratuita che hanno generato per il libro di Salvini (primo, oggi: in Rizzoli farebbero i trenini, se non avessero altri pensieri) non si rammaricano per niente, anzi: hanno generato pubblicità per se stessi e soprattutto attenzione sulla loro presunta contesa con Salvini. Chi vince non è importante, e Salvini è un alleato non un nemico: come nel wrestling, in cui l’obiettivo non è vincere ma attirare l’attenzione del pubblico e coinvolgerlo, e l’altro è un comprimario, simile, complice.

Già, mi sono chiesto: ma se entrambi vincono, che problema c’è, chi perde? (sono suddito di un meccanismo mentale per cui tutto debba essere a somma zero, sempre).
Perdo io, mi sono detto. Perdiamo noialtri che non siamo quella cosa lì. Non è “sinistra contro destra”, è fanatismo violento e buzzurro contro misura, ragione e intelligenza. È ideologia radicale contro dubbio. Eccetera. Quando si picchiano sul ring Salvini e antisalviniani, la gran parte di noi non va da un’altra parte a fare cose migliori, ma si avvicina al ring e decide con chi stare, partecipando allo spettacolo costruito apposta: persino quando decidiamo di stare – stavolta – contro gli antisalviniani pur essendo noi stessi antisalviniani. Ci siamo fatti fregare un’altra volta: siamo nel circo. Stiamo pagando noi quello che Salvini e antisalviniani, sul palco, stanno incassando.
Anche con questo post? Sì, certo: con l’attenuante di provare a essere di insegnamento – almeno per me stesso – in futuro.»

(continua qui)

Dubitate. Sempre.

Piergiorgio-Morosini

Ci sono aspetti, come al solito che vanno valutati nella loro completezza. Forse è davvero il tempo di tenere allenato il dubbio. Ne scrive Mantellini nel suo blog:

«Il folklore ce lo togliamo dai piedi subito: immagino che nessun giudice del CSM arderebbe dalla voglia di salutare una giovane giornalista italiana se questa non fosse una signora ben nota nei salotti romani per essere la fidanzata di Chicco Testa (in odore – speriamo di no – di diventare Ministro) nonché autrice del libro dal titolo panegirico “Siamo tutte puttane“.

La faccenda giornalistica invece è assai pià complicata. Non mi interessa troppo nessune delle due questioni di cui si è discusso nei giorni scorsi vale a dire il titolo truffaldino dell’articolo (una frase contro Renzi attribuita a Morosini che poi nell’articolo non c’è) e nemmeno il fatto che l’intervista fosse o non fosse esplicita e le parole (che il magistrato ha smentito) correttamente riportate. Il giornalismo italiano è pieno di titoli con falsi virgolettati per uccellare i gonzi e di chiacchierate off the records poi finite sui giornali in formati allusivi così da farle assomigliare ad interviste vere e proprie. È cattivo giornalismo, lo conosciamo, purtroppo non riguarda solo Il Foglio.

No, il punto rilevante è secondo me la biografia della Chirico. Che nel 2012 (alla bella età di 26 anni) ha pubblicato il libro “Condannati preventivi” con prefazione di Vittorio Feltri e che soprattutto è da poche settimane presidentessa della neonata Associazione “Fino a prova contraria” (qui una intervista alla presidentessa sul magazine ciellino Tempi) il cui scopo è quello di dare all’Italia “una giustizia giusta”.

Cerco di rimanere a debita distanza da tutte le ironie che sarebbero possibili in un caso del genere (per esempio da quella che riguarda i livelli occupazionali medi dei giovani giornalisti) per dire che Il Foglio, nella lunga (e verbosissima) inchiesta sulla magistratura che ha affidato alla Chirico, nelle polemiche di ieri e nemmeno nella replica del suo direttore ha ritenuto di informare i suoi lettori dell’evidente conflitto di interesse fra il cronista ed i temi che tratta.»

(continua qui)