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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Dove sono i difensori ciellini di Don Inzoli?

Don Inzoli al Convegno organizzato dalla Regione Lombardia per tutelare i valori «della famiglia tradizionale».
Don Inzoli al Convegno organizzato dalla Regione Lombardia per tutelare i valori «della famiglia tradizionale».

Qualcuno li avvisi che quello che era (secondo loro) un perseguitato ha risarcito 5 vittime per violenza sessuale e pedofilia:

«Venticinquemila euro alle famiglie dei cinque minori di cui avrebbe abusato. È il risarcimento consegnato da don Mauro Inzoli, 66 anni, esponente di spicco di Comunione e Liberazione sospeso a divinis da Papa Benedetto XVI nel 2012 con l’accusa di pedofilia.

Il religioso ha consegnato a titolo di risarcimento 25mila euro a testa alle famiglie dei cinque ragazzi parti offese nel procedimento che lo vede accusato di violenza sessuale. Un risarcimento che di fatto evita la costituzione di parte civile da parte delle famiglie nel processo, che verrà celebrato con rito abbreviato. La prossima udienza prevista per il 29 di giugno.»

(fonte)

Caro Cacciari, perché voti una riforma costituzionale sulla quale sputi?

massimo-cacciari

La domanda che pone Roberta De Monticelli a Massimo Cacciari è forse una domanda che ci siamo fatti in tanti:

«Vengo alla questione che vorrei porti questa sera, 9 maggio, dopo averti ascoltato, ospite di “Otto e mezzo”, sviscerare – anzi, eviscerare, a rapidi colpi di spada, con espressività e vigore assolutamente eloquenti – l’“assurdità” e la sgangherata incongruenza della riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum. Quel ridicolo senato fatto di consiglieri regionali e sindaci non solo non risolverebbe il problema del bicameralismo perfetto, che tu ed altri, dicevi, avevate rivoltato in tutti i suoi aspetti (con ben altra attenzione e competenza, si evinceva dal contesto) prima che gli autori della riforma attuale “fossero al mondo”, ma complicherebbe a dismisura – lo hai ben chiarito – il più profondo errore di sistema della democrazia italiana, al quale tornerò fra poco.

Ecco la domanda: perché allora voterai “sì” al referendum, come hai detto? E’ una domanda sincera e smarrita. E se la faccio, è perché credo che molti se la facciano con il mio stesso smarrimento. Molti di quei non molti che della nostra vita civile si preoccupano, che credono o tentano di credere, con la loro fatica quotidiana, che la Repubblica siamo noi, e che se accettiamo una riforma “assurda”, incongrua, incoerente e inefficiente dei suoi fondamenti, della democrazia sfigurata e monca che ne risulterà noi saremo non passivi, ma attivi complici, dunque colpevoli. E quanti di quelli che ti hanno ascoltato continueranno a credere, come Socrate insegnava ai suoi concittadini, che sia doveroso chiedere ragione di ogni decisione che ci riguarda? Che abbia senso applicare la volontà di evidenza, la logica, il buon senso, alle cose che pure sommamente ci riguardano, della politica?

Se anche il più noto filosofo italiano scorna la logica e l’evidenza in politica, e getta il peso di tutto il suo prestigio nel dire sì a una riforma costituzionale sopra la quale sputa? Quanti che ancora non avevano del tutto perduto la voglia di partecipare, cioè di discutere e deliberare nello spazio delle ragioni, dove le parole hanno un senso e le decisioni una coerenza, perderanno la loro residua fiducia nella democrazia? Perché la democrazia non è solo una forma di governo. E’ una civiltà fondata in ragione, il che vuol dire, sulla fragile forza dei nostri interrogativi, sulla fatica dei buoni argomenti. Una Repubblica democratica è fondata su lavoro – sul nostro lavoro di cittadini, così faticoso, così disprezzato. Anche e soprattutto da chi, “nel paese di Machiavelli”, come hai detto, trova come te che si parli troppo di “questione morale”. Cioè di interesse pubblico!»

(la lettera a Cacciari completa è qui)

Il (mezzo) passo avanti sulle unioni civili

Partiamo da ciò che funziona: è un passo verso i diritti per le coppie gay. Dopo anni di Pacs, Dico e tutto un maramaldeggiare tra sinonimi e contrari il governo Renzi decide di forzare per arrivare al risultato e non è un caso che il portavoce del Family Day Massimo Gandolfini dica che “Renzi va fermato” e che (per ripicca) “a ottobre bisogna dire no al referendum costituzionale” e anche il segretario della CEI Nunzio Galatino abbia definito questa legge “una sconfitta per tutti”. Renzi, piaccia o no, ha accettato di farsi dei nemici per mantenere, in parte, le promesse.

Ma forse proprio perché alla fine è stata necessaria una forzatura viene da chiedersi se il Governo non avrebbe potuto, a questo punto, cercare il risultato pieno: la legge pesantemente modificata dai centristi in Senato (lo stesso Alfano proprio oggi dice di avere “salvaguardato l’istituzione della famiglia”) è molto distante da quella che veniva difesa spada tratta da Renzi a febbraio di quest’anno. «Avanti con la stepchild adoption» diceva Renzi al Corriere della Sera l’8 febbraio 2016, «la linea del Pd è sempre la stessa e non contempla neanche l’ipotesi dello stralcio della stepchild adoption. Si lavora per una maggioranza parlamentare che approvi il testo. Le leggi entrano in Parlamento in un modo ed escono con delle modifiche. Ma la linea del Pd resta sempre la stessa.» assicurava, sempre a febbraio, il capogruppo del PD Ettore Rosato e il 18 febbraio il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Luciano Pizzatti disse senza mezzi termini, riferendosi alla stepchild, che “la parola stralcio è una bestemmia”. Proprio così.

(il mio pezzo per Fanpage continua qui)

Ma Sala è candidabile come sindaco?

Beppe-sala-sindaco

Ne scrive Panorama, ovviamente tutto da verificare:

«L’ultima “amnesia” di Giuseppe Sala potrebbe costargli la possibilità di correre per Palazzo Marino e la poltrona di consigliere d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, la Cdp, che occupa dallo scorso ottobre: nel numero in edicola da domani, giovedì 12 maggio, Panorama rivela che non risulta siano mai state protocollate le dimissioni di Sala da commissario di Expo2015, carica che lo renderebbe ineleggibile a Milano oltre che incompatibile come consigliere di una società pubblica come la Cdp.
Secondo quanto riporta Panorama, Sala il 28 ottobre 2015 ha firmato l’”autodichiarazione di compatibilità”, necessaria alla nomina in Cdp, affermando di non ricoprire incarichi politici nazionali. Ma questo non è vero: in quel momento Sala era commissario straordinario di governo all’Expo, in piena attività, e questo lo rendeva incompatibile con il nuovo ruolo. In seguito, il candidato Pd risulta essersi poi dimesso solo da amministratore delegato della società Expo, atto annunciato il 18 dicembre 2015 e ratificato due mesi dopo, a campagna elettorale già in corso.
Secondo lo staff di Sala, interpellato da Panorama, le dimissioni “inviate al cda di Expo lo hanno fatto automaticamente decadere anche da commissario”. Ma secondo quanto risulta a Panorama in base alla giurisprudenza le due cariche non cessano assieme. Al contrario, la volontà di terminare l’incarico commissariale andrebbe comunicata al governo e dovrebbe comunque seguire un “atto di pari efficacia costituzionale” rispetto a quello d’incarico: poiché Sala è stato nominato da un decreto del presidente del Consiglio, un altro decreto avrebbe dovuto notificare l’accettazione delle dimissioni, nominando contestualmente un nuovo commissario oppure sopprimere la carica.»

Una palestra estiva? Il referendum.

referendum

Ecco perché il referendum è un’occasione sana, gratuita e con risultati certi: perché se non si cade nella tentazione di farne una battaglia pro o contro Renzi (che è quello che Renzi vorrebbe) ci regala mesi per riflettere sui delicati equilibri che stanno tra la rappresentanza democratica e i meccanismi di governo; ci permette di discutere del peso reale dei poteri dell’esecutivo e del Parlamento; ci costringe a riflettere su un superamento del bicameralismo perfetto con la delicatezza però di chi vuole preservare i criteri democratici di selezione dei rappresentanti; ci propone l’occasione di una rilettura (o forse di una prima lettura, per molti) di una Costituzione che è figlia di un Paese in bilico tra mestieranti del consenso, imbonitori e appassionati costruttori di diritti; ripropone la bellezza di scorgere nelle leggi le opportunità per cui sono state pensate e scritte e soprattutto rischia di rendere terribilmente pop il tornare alla politica.

(il mio buongiorno per Left è qui)

L’abusivismo e quella casa bruciata al sindaco

Angelo-Cambiano

Qualche ora prima era apparso nella trasmissione televisiva di Giletti, ospite per la sua battaglia personale contro l’abusivismo a Licata, la città di cui è sindaco, e poi si è ritrovato a contare i danni di un incendio (doloso, secondo gli investigatori) che ha colpito durante la notte la sua casa di campagna. Così Angelo Cambiano sindaco di centrodestra alla guida del comune agrigentino si è ritrovato di colpo sulle prime pagine di tutti i giornali.

La sua battaglia è iniziata alcuni mesi fa quando, con un protocollo sottoscritto anche dalla Prefettura di Agrigento, ha deciso di abbattere le 150 abitazioni costruite a pochi passi dal mare. Un atto che in realtà avrebbe dovuto compiersi già una decina di anni fa (e infatti la Procura ora ha aperto un’inchiesta per omissione d’atti di ufficio) ma che per ragioni da chiarirsi solo in questi mesi ha trovato uno sbocco fattivo: in città l’azione del sindaco è stata vista da alcuni come un abuso di potere contro il “diritto alla casa” e, come spesso succede, le regole sono diventate di libera interpretazione nell’agone politico.

(continua qui)

Bastonano ma chiedono la tregua, minacciano elezioni ma non si vota

happydays

Signore e signori è andata in onda la direzione del Partito Democratico che, ieri più che mai, è sembrata una brutta puntata di Happy Days: Matteo Renzi spaccone di rinculo ha cercato di abbassare i toni riuscendo a parlare a lungo evitando attentamente qualsiasi discussione reale sul tavolo e quindi disserta di Europa, di immigrazione, di elezioni e sbadato dimentica Verdini, le posizioni della minoranza sul referendum e la polemica sui magistrati.

Ma basta metterlo in controluce per vederci sotto in inchiostro simpatico il Renzi di sempre: prova a parlare di cultura ma lo fa per dirci che lui che ne ha parlato da Fazio ha fatto il picco di share (quindi per logica la trasmissione dei pacchi diventerà una commissione parlamentare permanente); dice che non intende polemizzare con i magistrati (tanto ha il plotone d’esecuzione nella redazione de l’Unità); chiede un tregua (verrebbe da chiedere a chi, visto che ha reso un partito a sua immagine e somiglianza); avvisa che i risultati delle amministrative sono “storicamente più bassi” delle politiche (per sbaglio gli devono avere consegnato i sondaggi veri, dimenticandosi di correggerli con la bava) e per finire annuncia il congresso anticipato. Fantastico. Renzi è il politico che usa sempre il voto come doping personale anche se poi non si vota mai. Gli basta il pensiero, si vede.

(il mio buongiorno per Left continua qui)

E bravo Pif

Prendetevi un minuto e ascoltate Pif in questo video. Non solo per la vicenda di Maniaci, ascoltatelo tutto:

Dice la Boschi che l’ANPI è come Casapound

Cioè, non ha detto proprio così ma se dovessimo fare lo stesso giochetto che ha usato lei contro “quelli di sinistra che votano no al referendum di ottobre” il risultato sarebbe questo. Perché le parole sono importanti e perché una frase come quella della ministra è sbagliata per almeno cinque motivi. Ne ho scritto per Fanpage:

È forse il primo, grossolano, errore di Maria Elena Boschi: preferendo il fare al dire la ministra ha cercato sempre di parlare il meno possibile, concentrandosi sul legare il proprio cognome ad una serie di riforme. A differenza di altri membri del governo la Boschi sembra avere imparato la lezione renziana: lasciare a Matteo la comunicazione e concentrarsi sulla sensazione di essere impegnati, al lavoro, in movimento. Per questo l’uscita di ieri della Boschi a Desenzano del Garda, tappa del tour che il PD ha voluto programmare per tutta Italia in previsione del referendum costituzionale di ottobre, è un errore marchiano: “Sappiamo – ha detto Boschi – che parte della sinistra non voterà le riforme costituzionali e si porranno sullo stesso piano di CasaPound e noi con CasaPound non votiamo“. Incassando un applauso (per altro imbarazzato) da parte dei tifosi presenti.

È un autogol, quello della Boschi, per diversi motivi ma soprattutto è la prima vera “caduta di stile” di una campagna che dimostra già ora mostra di tendere i nervi ai componenti del governo: quella che dovrebbe essere una discussione nel merito (“stare nel merito delle cose” è un altro dei comandamenti del gruppo di comunicazione vicino al premier che dall’inizio della legislatura sembra essersi perso per strada) si sposta, al solito, sulla delazione degli avversari che questa volta non sono solo più conservatori o gufi ma addirittura parafascisti.

(continua qui)

Quella pessima frase detta ieri in tv

matteorenzichetempochefa

L’avevo notata in diretta ma vedo che Luigi ne scrive puntualmente nel suo blog:

«Con la consueta aria da gradasso, il Sommo Cretino ha sparato: «Io dico: “Cari giudici, fate il vostro lavoro, io faccio il mio: io devo fare le leggi, voi dovete applicarle”».
Tu devi fare le leggi? E allora il Parlamento a che serve? Domanda retorica: serve solo a convertire in legge i decreti del Governo, tutti coperti dalla foglia di fico dell’urgenza. Come non dargli l’opportuna delega, al Governo, quando si è dei semplici cooptati dalle segreterie dei partiti che lo sostengono? Fanculo alla separazione dei poteri: esecutivo e legislativo possono ben stare in capo a una sola persona, meglio se poi cumula le cariche di Presidente del Consiglio e di Segretario del partito di maggioranza relativa, che l’apposita legge elettorale trasformerà in assoluta. Perché tutto proceda in modo snello, togliamo l’intoppo di una seconda Camera, e poi che manca? Ah, sì, manca che al Quirinale ci sia un Mattarella e al Csm un Legnini: presto, portate una corona d’alloro, ché il gradasso la pretende.»

Il resto è qui.