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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

Su EXPO e Raffaele Cantone

Poiché mi pare che sia bastato l’annuncio per rendere tutti felici vale la pena leggere un interessante articolo di Luca Beltrami Gadola sul Decreto legge 24 giugno 2014 n. 90 che è stato sventolato da più parti come il “salva Expo”:

Di Expo si parla all’articolo 30 (Unità operativa speciale per Expo 2015), la cui lettura, che consiglio a tutti al colto e all’inclita come esempio di fumo puro, indica in sintesi quel che si deve fare: verificare in via preventiva, controllare i corretti adempimenti in materia di trasparenza, si assegnano poteri ispettivi, si dà accesso a banche dati “già attribuiti alla soppressa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (1) “, eccetera eccetera. Insomma si tratta semplicemente di aver soppresso un’autorità, quella di vigilanza sui contratti pubblici, che implicitamente si accusa di incapacità, e di avene trasferito i poteri all’ANAC, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione. Di nome in nome. Posso aver preso un abbaglio, e me ne scuserei con i lettori, ma del potere di “commissariare” singoli cantieri di imprese colte con le mani nel sacco della corruzione non ne vedo traccia. Forse si pensa di ricorrere ai famosi “patti d’integrità” sottoscritti dalle imprese in fase contrattuale, dove per altro è prevista sì la rescissione del contratto ma nessuna forma di commissariamento.

Gli applausi al funerale del boss

A Paternò il funerale del boss Salvatore Leanza (detto Turi) accende per le strade l’improvviso (ma davvero?) applauso solidale di alcuni cittadini. Un pezzo di città si trasforma in un omertoso abbraccio per l’uomo crivellato da colpi di pistola in viale dei Platani. Salvatore Leanza era stato condannato per l’omicidio avvenuto nel 1979 di Alfio Avellino, che all’epoca gestiva una radio privata ad Adrano.

C’è tanto d lavorare. Tanto.

L’antimafia con i tribunali vuoti

Il caso Catanzaro , con solo sei giudici nella sezione indagini preliminari e soltanto cinque pm antimafia, non è degno di un Paese civile. A dirlo a “l’Espresso” è il magistrato Giuseppe Borrelli, arrivato a Napoli per ricoprire il ruolo di procuratore aggiunto dopo l’esperienza calabrese segnata da successi nella lotta ai clan.  Il periodo di Borrelli nella procura antimafia del capoluogo calabrese sarà infatti ricordato per i risultati ottenuti e le batoste inflitte alle cosche e a molti colletti bianchi.

La notizia è qui.

Giuliano nel Paese delle Meraviglie

Esce un’Ansa con alcune dichiarazioni di Giuliano Pisapia:

(ANSA) – MILANO, 2 LUG – Le imprese straniere sono ”ben accette” per partecipare all’Expo ed investire anche successivamente tuttavia ”non possono pensare di venire qui a comandare come talvolta hanno fatto in passato”. Lo ha detto il sindaco di Milano GIuliano Pisapia all’assemblea di Anie-Confindustria spiegando che ”l’obiettivo deve essere la crescita comune e non l’espropriazione del territorio”.
    Quanto invece ai rischi di infiltrazione mafiosa ”gli anticorpi che abbiamo costruito – ha assicurato – hanno consentito di respingere tentativi di ingresso”. Citando Giovanni Falcone Pisapia ha ricordato che ”là dove ci sono soldi e imprese arriva la mafia, ma in Expo non è riuscita ad inserirsi grazie alle indagini della magistratura, ai controlli della Dia e anche della Polizia Locale”.
    Per questo Pisapia, riferendosi ad Expo ha affermato: ”io ci credo e l’immagine negativa che si è data non corrisponde alla realtà”. (ANSA).

Io non so se Giuliano davvero pensi che Milano sia così stupida da credere ancora nella differenza “a piacimento” tra mafia e corruzione come se l’una sia peggiore dell’altra, completamente slegate e non so nemmeno se sia a conoscenza di tutti i rivoli delle ultime indagini della Procura che indicano chiaramente come i “servizi” legati ad Expo siano materia di trattative mafiose. Certo rimpiango la negazione perenne della Moratti: almeno lei era ignorante, lui no.

Forse vale anche la pena ascoltare Dalla Chiesa qui.

IMU/TASI e la sinistra omeopatica con la chiesa

Le parole di Giovanni Paglia sono da sottoscrivere una per una:

«Una vergogna. Non ci sono altre parole per definire il decreto con cui il Governo definisce il regime IMU e TASI per le attività svolte in immobili della Chiesa cattolica. Esenzione totale per le cliniche convenzionate, in un paese in cui una convenzione non si nega a nessuno, indipendentemente dalle tariffe richieste.

Identico trattamento per le scuole private, a patto che le rette, al netto dei generosi contributi pubblici, non superino i 600 euro al mese. Sconti anche per le palestre, che naturalmente devono avere un trattamento diverso da quelle gestite da privati in immobili privati. Almeno abbiamo capito cosa si intende per no profit quando c’è di mezzo il Vaticano, alla faccia di trasparenza e uguaglianza delle condizioni.»

Per favore non scambiamo l’inzerbinamento per un cambiamento di verso. Almeno sulla questione Chiesa.

Ci si vede da Pippo al PolitiCamp 2014

Ci si vede a Livorno domenica 13 luglio. Il titolo della mattinata è “La sinistra possibile”. Appunto. Il sito è qui.

20140702_Programma_PoliticampPOLITICAMP 2014
Livorno 11, 12, 13 Luglio

PROGRAMMA

VENERDI, 11 LUGLIO 2014

ORE 18.00
La parità è possibile
Marina Terragni introduce:
Ilaria Bonaccorsi, Mercedes Lanzilotta, Filomena Gallo

ORE 20.00
Buff­et di autofinanziamento

ORE 21.00
La partecipazione è possibile
Andrea Fabozzi introduce:
Andrea Pertici, Elly Schlein, Vannino Chiti, Nadia Urbinati, Fabrizio Barca, Maurizio Landini

SABATO, 12 LUGLIO 2014

ORE 10.00 (Palco interno)
La cultura è possibile
Massimo Monaci introduce:
Tomaso Montanari, Maria Chiara Carrozza, Andrea Ranieri, Pietro Folena, Maria Grazia Rocchi

ORE 10.00 (Palco esterno)
Expo in ognuno di noi, Expo dappertutto
Mirko Tutino introduce:
Monica Frassoni, Francesco Vignarca, Vito Gulli, Paolo Gandolfi, Veronica Tentori,
Renata Briano, Paolo Sinigaglia, Simona Galli, Alberto Bencistà, Bengasi Battisti

ORE 13.00
Pranzo di autofinanziamento

ORE 14.30 (Palco interno)
Art. 49 e il partito delle possibilità
Stefano Catone introduce:
Beatrice Brignone, Paolo Cosseddu, Thomas Castangia, Gennaro Acampora, Luca Pastorino

ORE 14.30 (Palco esterno)
Legalità
Salvo Tesoriero introduce:
Lucrezia Ricchiuti, Davide Mattiello, Carla Rossi, Gabriele Guidi, Alessandro Capriccioli,
Nunzia Penelope, Marco Omizzolo, Beppe Guerini

ORE 17.30
Il Sud è possibile
Marco Sarracino, Elena Gentile, Anna Rita Lemma, Mimmo Talarico,
Mimmo Lo Polito, Fausto Melluso, Renato Natale

ORE 18.30
La politica economica del possibile (qui e ora)
Rita Castellani introduce:
Stefano Fassina, Filippo Taddei, Roberto Renò

L’economia del possibile (per i nostri pronipoti)
Carlo Clericetti introduce:
Ernesto Longobardi, Stefano Fassina, Filippo Taddei,

DOMENICA, 13 LUGLIO 2014

ORE 10.00
Il sindacato possibile
Manuele Bonaccorsi introduce:
Ilaria Lani, Francesco Sinopoli, Giuseppe Allegri

ORE 11.00
La sinistra possibile
Elisabetta Amalfitano introduce:
Marco Boschini, Alessandro Gilioli, Marco Furfaro, Gianni Cuperlo, Walter Tocci
Intermezzo di Stefano Bartezzaghi;
Claudio Riccio, Daniele Viotti, Giulio Cavalli
Giuseppe Civati

ORE 13.30
Pranzo finale di autofinanziamento

TAV: l’ovvio lo chiamavano controinformazione

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Provate per un secondo a pensare a tutti gli “antimafiosi” che vi vengono in mente che non siano magistrati o appartenenti alle forze dell’ordine: vi accorgerete che tutti, ma proprio tutti, sono stati bollati come visionari, strani, interessati alle donne, con qualche amante, in cerca di gloria, anarchici, complottisti, con molti punti oscuri. Tutti, da Impastato a Beppe Alfano a Rostagno a Pippo Fava e tutti gli altri. Ora pensate chiudendo gli occhi all’isolamento che si è voluto creare intorno a quelli che hanno provato a lanciare l’allarme delle infiltrazioni mafiose e TAV, e leggete queste righe di un articolo de L’Espresso:

Giovanni Toro, una delle figure centrali dell’indagine, entra nell’affare alta velocità grazie a Ferdinando Lazzaro, che aveva ottenuto in appalto dal committente Ltf-Lione Torino i lavori di preparazione del cantiere, dove si doveva svolgere lo scavo del mega tunnel tanto contestato dalla popolazione della Val di Susa. Inizialmente la ditta di Lazzaro si chiama Italcoge. Con questa ottiene la commessa. Poi però Italcoge fallisce. Ma «Lazzaro continuava di fatto a occuparsi del cantiere avvalendosi proprio di Toro», scrive il giudice delle indagini preliminare che ha firmato l’ordinanza.

L’imprenditore in pratica crea una nuova società, la Italcostruzioni, e prosegue senza problemi i lavori a Chiomonte: «Italcostruzioni acquisiva i mezzi, le autorizzazioni di legge nonché il subentro nel consorzio Valsusa», che raccoglie gran parte delle aziende impegnate nel grande appalto pubblico. Ma c’è di più. Lazzaro negli atti è indicato come uno degli interlocutori principali  di Rfi, Rete ferroviaria italiana, e Ltf. «Alcune conversazioni intercettate dimostravano sia l’influenza esercitata da Lazzaro in seno al consorzio Valsusa, che di fatto considerava di sua proprietà, sia il ruolo di unico interlocutore della committente Ltf», scrivono i magistrati. «Prendiamo tutto noi, Nando», si sente in una delle intercettazioni. E Lazzaro conferma: «Prendiamo tutto noi». Tra gennaio e marzo 2012 poi il titolare di Italcostruzioni cerca «di fare entrare Toro all’interno del Consorzio Valsusa».

Mentre Giovanni Toro però è indagato per concorso esterno con il clan crotonese, Lazzaro è soltanto inquisito per smaltimento illecito dei rifiuti di cantiere. Scarti, hanno assicurato gli inquirenti in conferenza stampa, che non c’entrano con il sito di Chiomonte. Ma su questo le verifiche dovranno continuare. Anche perché in un passaggio dell’ordinanza Toro fa riferimento a dei rifiuti da smaltire reimpiegandoli nei lavori Tav.

È stato Ferdinando Lazzaro quindi, secondo le indagini, a portare Toro nel cantiere più contestato d’Italia. Anche se a Toro mancavano le autorizzazioni. Infatti, Toro, agitato perché non sapeva da dove far passare i suoi camion, privi delle necessarie autorizzazioni, si sentiva rispondere da Lazzaro che per i permessi ci avrebbe pensato lui: «Lo faccio attraverso la Prefettura, gli dico che dobbiamo asfaltare, è urgente, che dobbiamo passare per forza da lì… mi devi mandare le targhe per email o per fax come vuoi». E, in altri dialoghi, a Toro viene chiesto di inviare in cantiere una «pala gommata».

L’imprenditore sotto inchiesta per connivenza con la ‘ndrangheta avrebbe parlato con un certo Elia di Ltf. «Toro riferiva di aver ricevuto da Elia la richiesta di posare 12 centimetri di asfalto poiché sarebbero stati effettuati dei controlli con i carotaggi». Questo è motivo di discussione tra Lazzaro e Toro in quanto i patti erano diversi. Lo strato di asfalto doveva essere di 8. Inoltre emerge dalla stessa telefonata che sul fondo erano stati stesi soltanto due centimetri di materiale e l’asfalto avrebbe avuto difficoltà ad aderire: «Tu speri che si attaccano 2 centimetri di fresato? Una bella minchia». Lazzaro però lo tranquillizza, rassicurandolo sul fatto che erano d’accordo con Elia che ne bastavano dieci di centimetri perché «i carotaggi sarebbero stati fatti solo nei punti dove c’era più materiale».

Dialoghi che mostrano l’interesse pieno di Toro nei lavori Tav. Il fatto che emerge, e che dovrebbe far riflettere sulla sicurezza del cantiere, è che gli investigatori non hanno trovato traccia di contratti registrati tra Toro, Italcostruzioni o Ltf. Il che vuol dire, secondo gli inquirenti, che l’azienda ha lavorato sotto gli occhi dei militari che presidiavano il sito senza un pezzo di carta che certificasse la sua presenza. Tra le oltre 900 pagine di ordinanza di custodia cautelare c’è anche un commento di Toro sulla qualità della posa dell’asfalto, secondo lui fatta «con modalità approssimative».

Toro punta anche su un altro imprenditore. Fabrizio Odetto. Anche lui pronto per lavorare a Chiomonte. La proposta è fargli utilizzare la sede della Toro come base operativa dell’azienda di Odetto, impegnata nel cantiere. L’imprenditore piemontese viene fermato però dagli arresti. Infatti nel 2013 è finito in carcere per altre vicende di droga ed estorsioni. Così finisce pure la sua esperienza valsusina.

Nelle carte dell’inchiesta ci sono altri riferimenti all’interesse della ‘ndrangheta per l’alta velocità. In Calabria, a San Mauro Marchiesato, madre patria della ‘ndrina finita sotto indagine, vengono registrate numerose riunioni e incontri preparatori per tuffarsi nella grande torta Tav. La ‘ndrangheta vuole correre veloce. E guadagnare molto. Questa è anche la filosofia di Toro che in una delle telefonate dice: «Ricordati queste parole… che ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità»

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Dell’Utri e la mafia a Canale 5

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Poichè con Giulio Andreotti abbiamo commesso l’errore di tralasciare le motivazioni della sentenza di prescrizioni in cui si dichiarava a chiare lettere che fosse stato a disposizione dei mafiosi almeno fino alla primavera del 1980 e poichè ci siamo lamentati a lungo con la generazione che ci ha preceduto per la noncuranza con cui ha “scavalcato” la questione credo che sia opportuno leggere, rileggere, fare leggere e ripetere all’infinito le motivazioni che hanno portato in carcere Marcello Dell’Utri. L’iniezione di Cosa Nostra nella nostra quotidianità è molto più diffusa di quanto si sforzino di farci credere e alcune frasi della sentenza andrebbero stampate, piegate e tenute sempre nel taschino. Anche per questo crediamo che la nostra prossima produzione teatrale e editoriale L’amico degi eroi sia importante e se la pensate come noi vi chiediamo di darci una mano qui.

«Il diniego delle circostanze attenuanti generiche e il complessivo trattamento sanzionatorio sono stati giustificati con la qualità e la natura del reato commesso, espressivo di particolare pericolosità sociale» dell’ex senatore, si legge a pagina 73 delle motivazioni «con le modalità della condotta, protrattasi per un lasso di tempo assai lungo e idonea a ledere in maniera significativa» l’ordine pubblico «con la complessità e intensità del dolo tipico del concorrente esterno in associazione mafioso, espresso dai concreti comportamenti illeciti realizzati».

La Corte d’appello di Palermo che ha condannato Marcello Dell’Utri per concorso esterno ha posto l’accento sulla «sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro dall’imputato a Cinà, indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione al suddetto accordo, al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di ‘cosa nostra’, nella consapevolezza del rilievo che esso rivestiva per entrambe le parti: l’associazione mafiosa che da esso traeva un costante canale di significativo arricchimento», si legge a pagina 62 delle motivazioni.

«Il rilievo centrale, ai fini della proficua prosecuzione dell’accordo, della figura di Dell’Utri, le cui rimostranze circa il comportamento tenuto dai fratelli Pullarà, nella loro qualità di primari referenti del sodalizio mafioso subentrati nel patto di protezione dopo la scomparsa di Bontade e Teresi, determinavano la loro estromissione per ordine diretto di Salvatore Riina, capo indiscusso dell’organizzazione, che, nell’ottica della strategia complessiva perseguita, riteneva prevalente su ogni altra esigenza quella di una proficua prosecuzione del rapporto con Dell’Utri», si legge ancora.

«Il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa, anche nel periodo in cui lavorava per Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi dell’anno 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontade, Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l’acquisto di film per ‘Canale 5’. Lo si legge a pagina 50 delle motivazioni della Cassazione che conferma la sentenza di condanna per Marcello Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.