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Politica

I temi e le news della politica in Lombardia e in Italia. L’attività politica di Giulio Cavalli in consiglio regionale della Lombardia.

«A me risulta che altri lasceranno, nei prossimi giorni»

Il deputato Michele Ragosta, eletto nel partito Sinistra Ecologia Libertà, ha annunciato di aver deciso di cambiare gruppo parlamentare, passando a quello del Partito Demcratico. In una breve intervista su Repubblica, Ragosta – che si dice “uno dei fondatori di SEL” – spiega che quello è “rimasto un partito del Novecento, inadeguato” e che lui viene dal PCI e “oggi torno a casa”. E aggiunge:

«A me risulta che altri lasceranno, nei prossimi giorni»

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Expo 2015: la confessione di Sala e la Grande Bugia

GIUSEPPE SALADice Sala, commissario unico della società che gestisce Expo 2015:

 “Io mi riconosco due errori – afferma -Non aver capito quello stava facendo Paris (Angelo Paris, direttore generale di Expo fino all’arresto dell’8 maggio, ndr) e non essermi impuntato quattro anni fa, quando avrei voluto affidare appalti e lavori a un general contractor esterno, da scegliere con una gara internazionale. E invece mi lasciai imporre da Formigoni e Moratti Infrastrutture Lombarde e Mm“.

La confessione è importante: dichiara che nonostante le scatole cinesi la politica (senza confronto politico quindi senza politica) avevano già deciso il finale. Cioè: i cittadini sono solo spettatori inermi e scemi.

Nella terra di mezzo non c’è più quasi nessuno

Sono politicamente molto lontano dalle posizioni di Claudio Fava e in generale con tutti gli “irresistibilmente attratti” dal PD ma concordo con lui sulle critiche alla non-posizione uscita ieri dall’assemblea di SEL in cui si è deciso di non decidere. La sinistra guardinga e timida finisce sempre per essere risucchiata verso il centro o diventare malinconicamente residuale e oggi a SEL è chiesto di decidere se fare grande il germoglio delle ultime europee oppure farsi piccola ma sicura nel confortevole PD: il resto è esercizio oratorio.

Poi magari un giorno qualcuno avrà il coraggio di dire che Vendola ha esaurito la sua parabola di spinta. Poi. Magari.

Come raccontiamo questo tempo: Marcello Dell’Utri

Mi chiedo spesso cosa penseranno di noi quando la Storia avrà delineato i contorni di ciò che ci è accaduto accanto, se saremo stati impreparati, irresponsabili, veggenti o banali o folli o semplicemente leggendoci ci troveranno completamente fuori strada. Quando scrivo e poi racconto una storia, che sia spettacolo o libro, ho sempre la fisima della contemporaneità, che in teatro o su carta mi lascia l’illusione di essere “presente” e potere contribuire (nella mia piccola parte) se non all’acutezza del dibattito almeno all’esistenza di un dibattimento che dovranno riconoscerci. Per questo ci siamo messi a scrivere L’innocenza di Giulio nonostante in molti ci dicessero che il processo di Andreotti a Palermo avesse “già fatto il suo tempo”: non vogliamo accontentarci di ciò che non ci accontenta.
Marcello Dell’Utri vorrebbe essere già ieri: farebbe a comodo a lui, ai suoi padroni, ai suoi sodali e perfino ai suoi blandi oppositori. L’interesse per il suo processo si è spento, la sua estradizione è durata per il tempo medio di una buona notizia e ora basterà reciderlo in fretta per ricostruirsi (lui e i suoi “vicini”) una verginità fondata sulla memoria corta.
Vale la pena volere essere “contemporanei” anche nell’arte e nella narrazione? Sì, anche prendendosi il rischio di avere sopravvalutato qualcosa o qualcuno ci togliamo la soddisfazione di parlare a lui e ai suoi “vicini”. E sentiamo come ci rispondono, se rispondono, e non potranno incolparci di essere stati dalla parte di chi non aveva nulla da dire. E per questo abbiamo deciso di farne una “produzione sociale” per chi vuole essere con noi.

La cupola delle spiagge romane: arrivano le condanne

Mafia, Roma e ora anche le condanne:

Associazione a delinquere di stampo mafioso. Questo il reato costato otto anni di carcere a Diego Rossi. Uno degli uomini di spicco di Carmine Fasciani, il boss del litorale di Roma. Quest’ultimo sotto processo per lo stesso reato ma ancora in attesa di giudizio perché ha optato per il rito ordinario.

Col rito abbreviato ieri è stato invece messo un primo punto sulla presenza di una cupola a Ostia. Una sentenza storica che non si vedeva dai tempi della banda della Magliana visto il tipo di reato contestato.

Oltre a Rossi, anche se non per l’associazione di stampo mafioso ma per essersi intestati in modo fittizio beni riconducibili al clan Fasciani, sono stati condannati a tre anni e quattro mesi di reclusione Antonio Basco a due anni e quattro mesi Giovanna Basco e Daniele Carbone e a due anni Maria Luisa Piselli. Assolti da tutti i reati altre quattro persone. Inoltre, il gup Alessandra Tudino, ha disposto la confisca di locali e degli stabilimenti balneari: il Porticciolo, Malibu beach, Emmediesse e Dottor Fish. Visibilmente soddisfatti per l’esito del processo il procuratore aggiunto Michele Prestipino e il sostituto Ilaria Calò.

Traffico di droga e armi, pizzo, estorsione, acquisizione in puro stile mafioso dei locali di Ostia. Solamente che qui siciliani, calabresi e campani non c’entravano nulla. O meglio quella del clan Fasciani è una mafia “made in Roma”, come emerge dalle indagini dei magistrati capitolini.

E’ infatti romano, Diego Rossi, uno degli sgherri di Don Carmine. Colui che, per la procura, non esitò a sparare “in una pubblica via”, a un uomo che offese la figlia di Carmine Fasciani. Persona colpevole per Rossi, di aver sputato sull’automobile di Sabrina Fasciani.
“C’è stato un drastico ridimensionamento dell’ipotesi accusatoria  –  spiega l’avvocato di Diego Rossi, Salvatore Sciullo  –  dal momento che il pm aveva chiesto 14 anni di reclusione per il mio assistito. Aspetteremo, comunque, le motivazioni della sentenza”.
Nel giudizio erano costituite come parte civile la Regione Lazio, Roma Capitale, Libera e Sos Imprese. Per loro il giudice ha stabilito il risarcimento dei danni da quantificarsi in separata sede.

Ma Renzi ci fa vincere!

Infatti dicono soltanto questo: ma Renzi ci fa vincere! E che te ne fai di una vittoria se non hai idee da promuovere, uno stile da affermare, una visione della vita da illustrare?

Salvatore Settis intervistato da Antonello Caporale

L’acqua alta di Matteo

Appena il sindaco di Venezia ha dichiarato di essere stato “invitato” a incassare tangenti perché così facevano tutti e si faceva da tempo e perché così voleva il Partito Democratico la questione politica veneziana è stata “chiusa”, Orsoni si è dimesso, ha patteggiato e poi si è dichiarato innocente e subito il problema è diventato individuareil prossimo candidato. Fine. Stop.
La questione morale per la politica italiana (e purtroppo anche in questi tempi di Renzi) è diventata una ginnastica alla momentanea additazione del colpevole e conseguente scaricamento giù per il buco tirando l’acqua senza nemmeno spendere il tempo di individuare l’eventuale errore politico e la responsabilità di partito: Orsoni è il mostro, Orsoni è il ladro, ciò che dice è falso e tutti sono immuni ad Orsoni. Passa anche Fassino che ha giurato sull’integrità del sindaco veneziano e ora tace sul patteggiamento, passa il silenzio sui dirigenti democratici del veneto che si prendono il lusso di non rispondere alle accuse e l’argomento del giorno diventa Mineo e i senatori dissidenti che non si possono permettere di porre nessun veto sulle riforme.
Eppure un uomo così attento alla comunicazione come Renzi non può essere così stupido da pensare che la nomina di Raffaele Cantone e l’atteso decreto anticorruzione possano bastare per chiudere un tema che è scottante per il Paese (sì, certo) ma anche per questo PD che sembra già così lontano da quel 40%: da Renzi che dichiara (e twitta) su tutto ci si aspetterebbe una visione completa e complessa di ciò che accade a Venezia con la stessa furia rottamatrice con cui ci ha dipinto i Letta e i D’Alema e una scoppiettante intuizione su corruzione, mafie e l’atteso Comitato per la protezione dei testimoni di giustizia. Invece no, niente e ad ora nemmeno Dell’Utri è riuscito a dare un’ispirazione: così viene il dubbio che il riformismo e il nuovismo spinto valga solo se combacia in una direzione, la sua.

E’ rientrato l’amico degli eroi

Alla fine Marcello Dell’Utri è stato estradato e sono state mantenute le promesse. Nonostante ultimamente non se ne facesse più cenno le trattative dipolmatiche hanno portato i frutti sperati e ora dovremo fare i conti con questa storia che sembra avere raggiunto la propria conclusione giudiziaria passando liscia il dibattito pubblico.
Noi facciamo la nostra parte cercando di non perdere nemmeno una briciola di un arresto che illumina decenni di storia che si fatica a raccontare con il nostro libro e il nostro spettacolo. Per scriverlo e portarlo in scena vi chiediamo una mano, qui.

“Nessuno ha diritto di veto”

La gestione del dissenso è sempre la prova di maturità più difficile per un leader di partito. Abbiamo urlato tutti allo scandalo contro Silvio, contro Di Pietro e poi contro Grillo e Casaleggio per le diverse sfortunate uscite scomposte quando non hanno trovato unanimità su alcune proprie decisioni. E abbiamo fatto bene perché la nostra democrazia si merita governanti maturi non solo nel cavalcare il consenso momentaneo ma anche e soprattutto nel costruire unità sul percorso delle riforme. Ecco perché la frase di Matteo Renzi su Mineo (e altri) è immaturità politica oltre che della solita spocchia: considerare veto una differenza di idee significa avere un senso piuttosto preoccupante del dibattito e rende ancora meno sopportabile l’amicizia affettuosa con Alfano e gli altri.