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La politica di plastica

Nel 2011 l’11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8,1 milioni di persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. Lo rileva l’Istat e lo scrive questa mattina il Corriere della Sera. In questa macelleria sociale (dei redditi, dei diritti, del lavoro, delle famiglia, del futuro e della dignità) oggi in Aula stiamo discutendo di EXPO. E Formigoni come un incantatore di serpenti ci racconta che sarà bellissimo, partecipassimo, importantissimo. Tutto in -issimo, insomma. Tutto eccellente. Tutto luci. Poi ha usato un aggettivo che mi ha colpito, forse perché ho passione per gli aggettivi: divertente. Ha detto proprio così: divertente. E qui in aula non si diverte nessuno. I suoi assessori applaudono. Bravo, bene,bis.

Intanto la Minetti(ti) mentre il governatore(issimo) racconta le proprie gesta si alza per andare in bagno. Forse a truccarsi. O forse un caffè. C’è da dire che la Minetti(ti) ha sempre i tempi della diva. Formigoni parla e lei se ne va. E se ne vanno tutti: giornalisti, fotografi. Tutti.

E in aula si continua. Proviamo a sollevare qualche tema, ricordiamo che forse Formigoni commissario straordinario di un evento su cui si gioca la credibilità internazionale non sia una scelta fortunata, chiediamo che in EXPO si parli di lavoro (con un ricollocamento degli esodati o licenziati ad esempio come da nostro ordine del giorno). Chiediamo dei dubbi (giusti e condivisi) di Basilio Rizzo sulla speculazione sulle aree confermata anche da alcuni studi. Chiediamo spiegazioni sulle infiltrazioni mafiose.

Ma non c’è nessuno in aula. Oggi l’argomento è la scendiletto di Berlusconi e poco altro. Oggi la politica qui dentro è più di plastica della Minetti. Sul serio.

Immaginare EXPO con decente pulizia

E’ difficile visti i tempi che corrono. Perché su EXPO le criticità sono state molte fin dall’ideazione di morattiana memoria (e in fondo siamo in tanti a chiederci ancora se fosse così indispensabile) e perché lo sviluppo del progetto ha i tempi e i modi del balletto per politicanti piuttosto che della “grande vetrina internazionale” (Formigoni dixit). Però domani in aula sia parla anche di EXPO (ma credetemi le foto e i microfoni saranno tutti per la preclusa Minetti, perché così vanno le strane priorità in Regione Lombardia) e noi proviamo a puntellare i paletti fondamentali. Presentando come gruppo SEL un ordine del giorno che dice così:

Il Consiglio regionale della Lombardia impegna la Giunta: 

  • A met
    tere in atto tutte le azioni di sua competenza affinché il Protocollo sulla legalità sia sempre e completamente operativo; vigili con attenzione per garantire la regolarità degli appalti e non permetta nessun tipo di infiltrazione mafiosa, nella dichiarata volontà di non permettere che questo evento venga compromesso da attività illegali, davanti a tutto il pianeta;
  • A garantire i controlli sul rispetto dei diritti dei lavoratori, evitando forme di sfruttamento, lavoro nero e a sostenere il potenziamento delle ispezioni nei cantieri a tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro e nel rispetto della normativa contrattuale;
  • Affinchè si faccia promotrice della possibilità di inserire nei bandi quote destinate a lavoratori esodati disponibili o a lavoratori di aziende in crisi,  per sostenere concretamente la situazione di lavoratori in difficoltà e dare un vero impulso alla difficile situazione occupazionale della Regione.
Per ricordarsi che siamo lì per questo. Almeno.

Il piglio dei saputelli. E vorrebbero essere classe dirigente.

Non se ne esce. Ogni tanto si ha la sensazione di stare in un imbuto dove il restringimento è il sentiero stretto di chi non è più abituato a discutere e mettersi in discussione. Il problema non è del PD, il problema è culturale in uno scollegamento che sembra una lacerazione definitiva. La politica che non si mette in discussione è la politica che agisce senza discutere. Delle scelte da adottare a testa bassa e pancia a terra. Quella che non porta buoni risultati nemmeno allo stand delle salamelle. Ma la forma mentis che impera è quella del piglio da saputelli di una classe dirigente che pretende di avere il diritto di non esprimere una direzione. Una freccia spuntata che non vuole ingorghi. E nemmeno immaginazione. Lo scrive bene oggi Irene Tagli su La Stampa:

Non importa se poi Berlusconi cambierà di nuovo idea o se il Pd farà davvero le primarie aperte dentro al partito: quello che colpisce di queste dichiarazioni è il tono e il messaggio che lanciano. E’ il modo con cui questa classe dirigente, che ci accompagna da decenni e che ci ha portato sull’orlo del disastro economico e sociale, si ripresenta di fronte ai cittadini col piglio di chi è il padrone assoluto della vita politica del Paese, e che quindi si riserva il diritto di decidere se, quando e come un rinnovamento sarà concesso.

Una spocchia che denuncia non solo una visione della politica ma anche del rapporto intergenerazionale e dei processi di rinnovamento completamente distorta. Una mentalità perfettamente sintetizzata dal segretario del Pd Pierluigi Bersani quando qualche mese fa, replicando a distanza al sindaco di Firenze Matteo Renzi, dichiarò che il partito era apertissimo ai giovani, purché si mettessero «a servizio». Un’immagine terribile, che evoca i giovani come materiale ad uso e consumo dei dirigenti e delle logiche di partito. Berlusconi, che ama definirsi uomo di fatti più che di parole, non ha fatto dichiarazioni del genere ma ha semplicemente agito seguendo questa stessa logica quando ha indicato Alfano come suo successore, per poi buttarlo in un angolo pochi mesi dopo e riproporsi egli stesso in prima linea. E non danno esempi migliori le alte dirigenze di partiti più piccoli come la Lega Nord o l’IdV.

Al di là delle ripercussioni che questa situazione politica ha sulla nostra immagine e credibilità internazionale, non va sottovalutato l’effetto che esso ha al nostro interno. Atteggiamenti e dichiarazioni di questo genere, infatti, non solo mortificano i cittadini e la loro voglia di cambiamento, ma anche tutte le migliaia di persone giovani e meno giovani che da anni si battono con passione all’interno dei partiti per un loro rinnovamento, per un ricambio di idee e di persone vero e profondo.

Fino a un paio di anni fa si diceva che la colpa era delle giovani leve, che non erano abbastanza critiche, indipendenti, che non avevano il coraggio di sfidare i propri leader, di discutere, di proporre, di lanciare messaggi chiari. Ma negli ultimi anni di giovani indipendenti e determinati abbiamo cominciato a vederne, in entrambi gli schieramenti. Le elezioni amministrative, per esempio, sono state occasioni in cui alcune di queste figure «rinnovatrici», più o meno giovani, hanno saputo mettersi in gioco ed affermarsi con successo. Ciascuno di questi successi avrebbe dovuto lanciare un segnale chiarissimo ai vertici nazionali dei partiti. E invece niente.

Vacanze difficili per Formigoni

Adesso che hanno sequestrato la barchetta Formigoni ha un serio problema personale: le vacanze. E l’ennesima smentita su un sistema che ormai non risulta più credibile a nessuno. E mentre affonda (mai verbo migliore, no?) il “sistema Lombardia” la Lega prova ad abbaiare. Non dovevano fare il tagliando mensile? Che diagnosi scriveranno su questo mese di luglio di sequestri e indagini?

Perché il punto politico di oggi per la Lombardia è questa notizia, non la Minetti:

E dopo gli arresti arrivano i sequestri nell’ambito dell’inchiesta Maugeri, quella in cui risulta indagato anche il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Gli uomini della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato stanno sequestrando beni  oltre 60 milioni di euro per lo scandalo che ha travolto nuovamente la sanità lombarda. I beni sono stati sequestrati alle cinque persone arrestate lo scorso aprile tra cui il faccendiere Pierangelo Daccò, l’imprenditore che pagava le vacanze al governatore lombardo e i cui ultimi verbali sono stati secretati. Gli investigatori stanno eseguendo il sequestro in Sardegna, Liguria e a Venezia; tre immobili a Olbia, località Schina Manna; quattro a Sant’Angelo Lodigiano (Lodi); uno a Venezia; quattro a Milano; cinque a Bonassola. Sigilli anche alle quote societarie di numerose società con sede in Italia ed all’Estero (Svizzera, Olanda, Inghilterra, Irlanda, USA, Seychelles, Panama, Nuova Zelanda, Lussemburgo, Singapore, Hong Kong); varie automobili di grossa cilindrata e motocicli. 

Nel mirino della Procura è finito la yacht  ”America”, l’ex “Mi amor”, un Ferretti di proprietà di Daccò. Oltre alla barca, di oltre 30 metri, sono state sequestrate mille bottiglie di vini pregiati per un valore di oltre 300mila euro che uno degli indagati aveva depositato presso la cantina di un noto ristorante di Milano.L’indagine coordinata dai pm di Milano Luigi Orsi, Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore, infatti, ipotizza l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata a plurimi al riciclaggio, l’appropriazione indebita pluriaggravata ai danni della Fondazione Maugeri (composta da diverse cliniche specializzate nella raibilitazione), la frode fiscale, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Dalle casse dell Maugeri, per la Procura di Milano, sono usciti poco meno di 70 milioni di euro di cui Daccò era in qualche modo il “tesoriere”.  

Gli arresti erano stati eseguiti il 13 aprile scorso. In manette per la distrazione di fondi oltre a Daccò finirono l’ex assessore regionale alla sanità (anni ’90) Antonio Simone, il direttore amministrativo della clinica pavese Costantino Passerino (il primo a parlare in un interrogatorio quando era semplice teste dei rapporti Daccò Formigoni, ndr), un consulente, un commercialista e il presidente della Fondazione. Nelle carte dell’inchiesta erano immediatamente emersi  i contatti tra Passerino e Daccò “uomo importante per i suoi rapporti con il presidente” ed erano già nota l’amicizia dell’imprenditore, già arrestato nell’ambito dell’inchiesta sul San Raffaele per cui la Procura ha chiesto 5 anni e mezzo. è.

[…]

Un contributo importante allo sviluppo dell’indagine è arrivato da due indagati arrestati ad aprile: “Deve rilevarsi – scrive il gip  come la situazione fotografata a quella data (il riferimento è all’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti degli indagati nell’aprile scorso, ndr) sia profondamente mutata per effetto delle dichiarazioni degli indagati Passerino e Mozzali e di ulteriori soggetti escussi quali Parricchi e Fenyo”. Gli interrogatori di Daccò invece, alcuni in parte vincolati al segreto, hanno poi smentito di fatto le dichiarazioni di Formigoni sulle vacanze di gruppo, ai Caraibi in barca. Il faccendiere in un interrogatorio aveva fatto sapere che mai gli erano stati restituiti i soldi di quei viaggi e del resto Formigoni non ha mai mostrato le ricevute di cui parlava. Le indagini sono state dirette anche sui soldi usati per le ville in Costa Smeralda, senza dimenticare che nell’ambito dell’inchesta San Raffaele era emerso che Formigoni aveva aiutato l’amico Alberto Perego  a comprare da Daccò Villa Li Grazii, a cinque chilometri da Porto Cervo. EAlberto Perego, convivente del presidente, è stato stato condannato in primo grado a quattro mesi per falsa testimonianza per aver negato di essere il beneficiario di un conto bancario svizzero nell’inchiesta della Procura di Milano. Sull’operazione di sequestro a chi gli chiedeva spiegazioni Formigoni ha risposto: ”Non ne so nulla, l’ho appreso dalle agenzie”. 

 

Minetti(ti)

Ma cosa vuol dire questa improvvisa perentoria insistenza di Alfano e Berlusconi sulle dimissioni di Nicole Minetti? Non è una domanda retorica, mi chiedo davvero quale argomento venga presentato pubblicamente a sostegno di questa richiesta: è chiaro che di argomenti concreti ce ne potrebbero essere molti, ma nessuno può essere coerentemente sostenuto dalla leadership del PdL. Dire che Minetti è inadeguata significherebbe ammettere che fu candidata per ragioni diverse dalle sue qualità politiche, visto che queste non sono diminuite da allora. Dire che le controversie giudiziarie che la riguardano e le accuse contro di lei rendono inopportuno il mantenimento della sua carica equivarrebbe a dire che si deve dimettere anche Silvio Berlusconi da parlamentare, vista la stretta correlazione delle accuse.

Ha ragione Luca Sofri. Anche se la Minetti non è stata eletta democraticamente e non partecipa alle sedute (forse Luca è poco informato). Ma il punto è non fermarsi al dito.

Nulla (e Marcello Fois)

Ho conosciuto Marcello di fretta a Bologna. In un salone tutto affreschi e statue di un’epoca che si voleva scrollare da un salone in cui si leggevano libri ad alta voce. Abbiamo parlato. Sotto voce per non disturbare quelli che recitavano. Poi sono passati anni, ci siamo rincontrati a Gavoi, per il Festival Letterario. Lì invece l’epoca è coerente con la gente, le case e il sole tutto intorno. Abbiamo parlato a lungo. Questa volta come parlano gli amici che sono contenti di potere fare chiasso senza remore. Disinibiti per amicizia.

Oggi viaggiavo seduto sul sedile posteriore. Mi sono ripreso un libro di Marcello. Un libro del 1997. Volevo andare a curiosare come un archeologo il suo lavoro, la scrittura, la strada che c’è dietro quel bicchiere di mirto che abbiamo bevuto in quella sera che ci ha fatto stare così bene. Ho letto Nulla (1997, edito dalla casa editrice sarda «Il Maestrale», 130 pagine) perché sapevo che c’era tanto dei suoi posti. Di quei posti.  E ci ho trovato dentro tutto il sapore di quel vento che si alzava quella sera. Ma dentro c’è anche un pezzo di disperazione che è di questo tempo. Di questo tempo di suicidi indecifrabili e brevi. E’ un libro di solitudini che non trovano parole per raccontarsi, paesi dove potere abitare e per fortuna hanno almeno un libro in cui trovare un po’ di pace.

E, insomma, fossi in voi, lo leggerei. Sul serio.

17 anni
A guardarti dormire, così disarticolato, nelle poche ore della tua notte che concedevi al sonno, potevi sembrare un povero corpo precipitato da un cavalcavia. Uno straccetto umido caduto da un balcone.
La mattina. E la notte. In mezzo: pomeriggio e sera. Certezze da poco. Ma facevano sembrare la vita una serie ininterrotta di fatti.
Magari era abbastanza. Certo, all’inizio, era abbastanza.
A nulla, proprio al centro del nulla, ci sono dei quartieri dove è indispensabile essere prosaici. Ci sono case, che non significano nient’altro che spazi su spazi. Esasperazioni del possibile abitabile. Quartieri dove è indispensabile essere paradossali: rappresentano un approdo. Il sogno che si avvera. La fuga. Fa sorridere messa in questo modo: che si debba fuggire a furia di blocchetti di cemento.
Che si debba cercare nel chiuso una via d’uscita. Altre volte si viveva nei cortili, con vecchie sedute all’uscio su sgabelli che sparivano sotto le gonne. A sbucciare bacelli, i semi per la zuppa i gusci per i porci, o a mondare il grano. Con giovanette timide intente a ricamare corredi. Con bambini selvaggi impegnati nella caccia fra le ortensie grasse. Non è che fosse meglio, ma era un abito perfetto, un paio di scarpe comode…
Per te pareva che potesse funzionare: tre quarti della giornata a resistere; poi arrivava la notte. La notte dei poeti r delle poesie. La notte in cui si riusciva ad immaginare la vita.

Un appello per il centrosinistra pavese

Lo sottoscrivono Claudio, Francesco e Manila di Non Mi Fermo. E vale molto di più che per Pavia:

I cittadini pavesi, così come i loro (i nostri) figli, meritano un’altra città: onesta, trasparente, solidale. E per farlo hanno il diritto (e il dovere) di alzare la testa, provare a contarsi e confrontarsi in modo diverso, non schematico, possibilmente unendosi anziché dividersi. Le risorse ci sono. L’associazionismo laico, l’attivismo civico senza bandiera, i movimenti d’opposizione; insomma, tutti coloro che umilmente e ostinatamente ogni giorno resistono e combattono, fra le altre cose, per città dal respiro europeo, fondata sul lavoro e la conoscenza, non sul cemento.

Tuttavia, proprio perché abbiamo a cuore il futuro di Pavia – la città di Volta e Foscolo, non quella di Abelli e Filippi – riteniamo che sia sbagliato prescindere e dunque escludere a priori chi, per gli stessi valori, si sta battendo anche all’interno del Partito Democratico.

Ci riferiamo a chi, per esempio, ha faticosamente cercato di (ri)unire il disarticolato mondo del centrosinistra creando un tavolo di confronto comunque significativo verso la costruzione di un’alternativa sia all’attuale governo cittadino sia alle disastrose precedenti esperienze targate proprio PD.

Così come abbiamo chiesto in tutte le sedi di dare spazio, voce e dignità ai movimenti della cosiddetta sinistra radicale e alle liste civiche che rappresentano una risorsa importante nella guerra contro la criminalità e il degrado intellettuale, chiediamo a questi di non cadere nell’errore dell’autosufficienza e di proseguire un dialogo con tutti. Non chiediamo subalternità né compromessi (ne abbiamo visti troppi): più semplicemente, nell’interesse di una battaglia – rigorosamente “a carte scoperte” – che vogliamo vincere.

Lo trovate qui.

Dove eravamo? Adesso siamo qui

Giro l’Italia per incontri, presentazioni di libri, spettacoli e conferenza. Sono molto fortunato. Sono molto fortunato perché mi ha insegnato ad ascoltare. E non è facile come sembra: richiede curiosità e fatica. Poi ogni tanto trovo l’eco di una presentazione su qualche frammento sul web. E penso sempre di più che ne valga la pena, sul serio. E che sono tantissime le occasioni in cui avrei bisogno di qualche minuto in più per fermarmi e ascoltare, discutere, parlare. Valeria Grimaldi scrive della presentazione del libro Dove eravamo (Caracò editore) e infonde bellezza e forza:

Una parola usata da Giulio Cavalli mi ha colpito molto: la parola lutto. “Il lutto è già passato” riferendosi alle stragi. Ho sentito un bruciore al cuore, la rabbia che saliva: forse perchè ho vent’anni, forse per un rimorso non dipeso da me ma solo dal tempo, perchè non ho un ricordo personale di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Perchè non sono potuta essere lì a sostenerli quando ancora erano in vita. Il mio lutto non è passato, credo non passerà mai: ogni giorno saranno il 23 maggio e il 19 luglio. Ogni giorno mi farò la stessa domanda: dove sono? A combattere. Per loro, per me, per tutti.

Il post completo è qui.

Il funerale ‘food’ del Teatro Smeraldo a Milano /2

Gianmario Longoni, storico direttore artistico del Teatro Smeraldo, risponde all’assessore D’Alfonso (qui trovate la discussione procedente completa). La saga continua. E (per fortuna) anche alcune importanti puntualizzazioni:

Caro D’Alfonso, ti conosco poco (visto che siamo passati al tu in privato continuo in pubblico), ma sicuramente più di quanto tu conosca me, quindi non permetterti di accampare maliziosi sottintesi economici circa la mi a personale tragedia e la perdita del teatro da parte della città, io visto che prima delle elezioni avevo promesso che in caso di vittoria di Pisapia avrei provato a resistere, sicuro dell’aiuto dei miei “compagni”, ho resistito e ho fatto la fine del giapponese sull’isola, non ci sto a farte la figura del fesso o, per me peggio, dello speculatore.

Le banche mi hanno costretto a vendere puntandomi il fucile alla testa e io, visto che pago i miei debiti, ho preso l’unica offerta buona eticamente e possibile; più bassa del 40% rispetto a quelle dello scorso anno per non parlare del passato meno prossimo.

come assessore al commercio e visto il tuo passato professionale direi che di affari te ne intendi più di me e sai bene anche i termini della vicenda, sicuramente la qualità commerciale della vicenda Eataly oggi è innegabile ma non può essere paragonata ad un teatro, soprattutto all’(ex) primo teatro italiano.

oggi lo smeraldo diventa un supermarket di qualità e lusso, gradito a tutti gli amici e i nemici…

domani chissà, di certo è solo che qui un teatro non lo farà più nessuno, soprattutto un teatro non finanziato e partecipato dal pubblico dove nessun politico può piazzare amici in consiglio d’amministrazione o a fare i direttori generali a carico dei cittadini.

Un bene per la politica direi! io non vi ho votati per questo, e credo neppure gli altri milanesi , se volevamo un’ imitazione della Moratti o di Pillitteri guardavamo tra i galeotti e non tra gli avvocati.

il casino in piazza l’hanno combinato i pupazzi del PDL ma nessuno di voi ha posto rimedio e l’imbarazzata (neppure troppo) assenza dell’ultimo anno da parte di una giunta che voglio ancora considerare “mia” è colpevole, inventarsi poi un valore “commerciale” nella morte del mio teatro è davvero qualcosa di qualunquista e grottesco.

Se c’è la volontà politica, come sai, lo Smeraldo può rinascere in zona senza costi pubblici (così i soldi dei milanesi li possiamo dare tutti agli Arcimboldi) e a vantaggio della zona Garibaldi che non è mai stato un “food district” ma è sempre stata la “Smeraldo District”.

con Ossequio

Gianmario Longoni

Minetti, trota e tutto quell’inquinamento intellettuale lì. Per l’ultima volta.

Sì, me lo chiedete. Ho letto del ritorno di Berlusconi. E in fondo lo ripetevo come una litania (ma eravamo in tanti) ultimamente. E in fondo è la mossa che tutti sapevano, che qualcuno fingeva di contrastare e che mi ha sempre lasciato perplesso in alcune scelte degli amici del PD. Però oggi mi interessa altro: questi partiti che si ripuliscono così in fretta. Che a guardarli da fuori ti sembra un gesto da impuniti dell’etica e la morale.
La Lega caccia Renzo Bossi e in Lombardia si erge a moralista. Ci siamo puliti! Festeggiano, pure. E pensi che non possa bastare così poco. Che non sia possibile. Che non ci sarà nessuno che se la beve così facilmente, che la sottrazione di fondi pubblici (pubblici perché di tutti, mica della Lega, eh) non si possa lavare chiedendo al Trota di dimettersi e a suo padre Umberto Bossi di fare l’ammaestrato per qualche mese (perché tornerà anche lui, contateci).
Poi arriva Silvio e decide di fare fuori la Minetti. E pensi che in fondo l’analogia ci sta. Ma siccome Silvio è un fantasista di quelli che fa notizia anche se non tocca mai la palla (come quei talenti inespressi del calcio che chissà perché si sono comunque meritati l’etichetta di “talenti”) decide di chiedere alla sua amichetta del cuore di fare un passo indietro e che basti così.
Mentre l’Europa crolla, il lavoro scompare e i diritti si sgretolano.
Lui, Silvio, si toglie l’ammaliante sassolino dalla scarpa e basta così. Non finge nemmeno un periodo da mansueto in quinta alla Bossi, per intenderci.
E pensi che non possa essere possibile che qualcuno ci creda ancora. Poi guardi gli anni indietro. Però, ti dici, in fondo lì ce l’aveva fatta perché gli altri (cioè noi, di qua, nel centrosinistra) siamo stati sempre timidi e confusi. Timidi, poco credibili, indecisi e confusi.
Timidi, poco credibili, indecisi e confusi.
Timidi, poco credibili, indecisi e confusi.
E ti assale la paura.

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