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A Napoli cadono le Mele

Giuseppe e Salvatore Mele sono fratelli criminali. Comandano la cosca della periferia occidentale di Napoli e da due mesi hanno messo a ferro e fuoco il quartiere dopo la loro scarcerazione di qualche mese fa; le vecchie cosche dei Pesce e dei Marfella andavano “rimesse a posto” dopo avere esagerato nel prendere piede. Storie di Napoli e di camorra che rimangono poco conosciute al di fuori della cronaca cittadina. Ora sono stati arrestati dalla Squadra Mobile e dei carabinieri del Nucleo Investigativo a Pianura e in zona ci si aspetta un nuovo riequilibrio. E noi dobbiamo essere qui ad ascoltare, con attenzione. Le faide fanno poco rumore, in estate.

Cadaveri in spiaggia

Il viaggiare per profitto viene incoraggiato; il viaggiare per sopravvivenza viene condannato, con grande gioia dei trafficanti di “immigrati illegali” e a dispetto di occasionali ed effimere ondate di orrore e indignazione provocate dalla vista di “emigranti economici” finiti soffocati o annegati nel vano tentativo di raggiungere la terra in grado di sfamarli.

Zygmunt BaumanLa società sotto assedio, 2002

Immigrazione: 6 morti a Catania, annegati durante lo sbarco

I circoli

E’ una parola bellissima: i “circoli”. Perché dà tutto il senso del movimento che ci sta dentro e che dovrebbe venirne fuori. Quando immaginavo i circoli, prima di vederne così annacquato il senso, pensavo a quelle cose lì che stavano in circuito ristretto per poi portare il risultato della propria sintesi in un posto dove tutti le sintesi diventano un’altra sintesi con il rispetto di tutte le posizioni. Sembra banale, a leggerlo così scritto con le parole semplici semplici con cui me l’hanno spiegato e ho provato a scrivere qui. Eppure poi in pratica non funziona, non so se l’avete notato: non funziona proprio quasi mai. E così i circoli politici (dei partiti, dei movimenti o comunque si chiamino) rimangono i migliori cuscinetti dello sconforto, i circoli antimafia troppo spesso sono visti come nuova potenziale concorrenza sleale, i circoli umanitari vengono trattati come disturbatori con troppe bandiere di troppi diritti e i circoli culturali come disperazione elegante e poetica. Insomma sarebbe il tempo di organizzare i circoli sul serio o avere il coraggio di distruggerli una volta per tutte; riuscire magari a prendersi la responsabilità di organizzare la discussione uscendo dalle scorciatoie del “movimento liquido”, della “rete”, della burocrazia applicata addirittura allo scambio di idee o al ritornello dell’uno vale uno dove la direzione la indica chi urla più forte.

Circola negli ambienti dell’antimafia una battuta che è significativa: la criminalità è organizzata, noi no. E’ umorismo nero, satira tragica ma coglie  bene il senso: sclerotizziamo le differenze in correnti e lavoriamo “sotto” per provare ad imporre la più vicina a noi. Ci sarebbe da chiedersi se è normale, in un sinistro tempo di “larghe intese” non riuscire nel frattempo ad intendersi nemmeno tra noi, tra i più prossimi di noi o almeno tra gli aderenti alla stessa idea; dovremmo sapere dove sta il granello che ogni volta inceppa il meccanismo della risoluzione per accanirsi nella differenza che nessuno vuole sciogliere. Forse se cominceremo a salvare i circoli inizieremo a chiudere il cerchio.

Sarebbe ora che i circoli fosse gli avamposti piuttosto che le retrovie.

Eppure “ammazzare” è una parola di uso fin troppo frequente.

Scrive Enrico Colaiacovo nel suo blog:

Non so se la intenda così, ma a me sembra che tutti noi possiamo dare un duplice contributo alla sua sicurezza (e spero anche alla sua serenità) e alla continuazione del prezioso lavoro che sta facendo. Da una parte far capire a chi deve capire che colpire lui significa colpire un’intera comunità. Dall’altra propagare e amplificare lo spirito di #scassaminchia che anima la sua arte e la sua passione civile, cioè la ragione dell’odio che la criminalità gli riversa contro.

Sì la intendo proprio così, Enrico.

Reggio Calabria: la politica che si infiltra nella ‘ndrangheta

Sono stati “la causa efficiente dello scioglimento del Consiglio comunale”. Con una sentenza di 120 pagine, il tribunale civile di Reggio Calabria falcia quasi un’intera classe politica di centrodestra già travolta lo scorso ottobre dallo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. I giudici hanno stabilito, infatti, l’incandidabilità dell’ex sindaco Demetrio Arena, il delfino del governatore Giuseppe Scopelliti che, dopo essere stato defenestrato da Palazzo San Giorgio con la pesante accusa di guidare un’amministrazione contigua alla ‘ndrangheta, è stato premiato con la nomina ad assessore regionale alle Attività produttive.

Pesantissimo il commento del tribunale presieduto dal giudice Rodolfo Palermo sulle “scelte politico-amministrative dell’Arena” che “hanno reso fortemente permeabile un settore nevralgico come quello dei Lavori pubblici agli interessi della criminalità organizzata”. Dalla sentenza, infatti, emergono “forme di condizionamento tali da determinare un’alterazione del procedimento di volontà dell’ente”.

Il tribunale civile ha stabilito l’incandidabilità anche per gli ex assessori Pasquale Morisani (Lavori pubblici), Walter Curatola (Patrimonio edilizio) e Peppe Martorano (Protezione civile), l’ex presidente del Consiglio e poliziotto Sebastiano Vecchio (alcuni collaboratori di giustizia lo indicano come vicino alla cosca Serraino), per i consiglieri Giuseppe Eraclini e Giuseppe Plutino (quest’ultimo arrestato nell’operazione antimafia “San Giorgio”) e per l’ex assessore comunale Luigi Tuccio.

Quest’ultimo è l’ex coordinatore cittadino del Popolo della libertà entrato l’anno scorso in polemica con Roberto Benigni. Prendendo spunto, infatti, dallo show di Fiorello al quale aveva partecipato il comico toscano, Tuccio aveva commentato su facebook: “Abbiamo pagato Benigni per fargli fare l’ennesima filippica contro Berlusconi e la lode della merda! Comunista ebreo miliardario e senza contenuti!”. Ma non sono state le esternazioni fasciste di Tuccio ad aver spinto il tribunale civile di Reggio a decretare la sua incandidabilità. Il politico di centrodestra “a sua insaputa” si è ritrovato imparentato con esponenti della cosca Condello. L’ex assessore all’Urbanistica, infatti, solo il giorno dell’arresto della suocera (accusata di aver favorito un boss latitante) ha “scoperto” di essere cognato dell’ergastolano Pasquale Condello Junior, cugino e omonimo del mammasantissima conosciuto con il soprannome del “Supremo”.

“Soltanto oggi ho appreso, a seguito del fermo della signora Cotroneo Giuseppa Santa, questa triste vicenda” aveva affermato l’esponente del Popolo della libertà smentito poche settimane dopo dal decreto del ministro dell’Interno che ha disposto il 41 bis per il boss Nino Imerti, detenuto a Voghera assieme al cognato di Tuccio. Nella richiesta di sottoporre Imerti al carcere duro, il sostituto procuratore della Dda Giuseppe Lombardo aveva evidenziato l’intenzione del boss di coinvolgere soggetti esterni al circuito giudiziario per ottenere benefici detentivi. Il riferimento era a Luigi Tuccio per il quale il boss Imerti, intercettato in carcere, aveva raccomandato alla cognata: “Sa pure che i voti glieli date a… o non lo sa?».

Un altro assessore incandidabile è Pasquale Morisani che, pur non indagato dalla Procura di Reggio, ha ammesso i suoi rapporti con il boss di Pietrastorta Santo Crucitti. I due erano compagni di scuola e sono stati intercettati mentre discutevano di politica e di voti in occasione della campagna elettorale per le comunali del 2007. Una lunga conversazione, all’interno dell’ufficio di Crucitti, della quale i magistrati hanno chiesto conto al politico fedelissimo di Scopelliti. Interrogato, Morisani ha candidamente spiegato che conosce Santo Crucitti, poiché sono cresciuti assieme, ma non sapeva che è ritenuto un boss della ‘ndrangheta. E comunque, quando l’ha scoperto, non ha avuto alcun problema nel mantenere il rapporto di amicizia. Da anni è impegnato in politica a Reggio Calabria ma non aveva mai sentito parlare di cosche mafiose. Non sapeva neanche che nel suo quartiere, Pietrastorta, esisteva la ‘ndrangheta. Ancora meno che il boss fosse il suo compagno di scuola intercettato mentre gli rastrella i voti del quartiere.

E se le società miste del Comune sono state travolte dalle inchieste della Direzione distrettuale antimafia, il tribunale civile presta attenzione anche ai finanziamenti concessi dall’ente alle associazioni culturali e di volontariato. Stando alle indagini, infatti, – scrivono i giudici riprendendo il contenuto della relazione della commissione d’accesso – i clan hanno “usato la veste della associazioni senza scopo di lucro, intestandole a prestanomi, per introitare i finanziamenti da parte del Comune”.

Sono usciti indenni dal procedimento di incandidabilità i consiglieri comunali Nicola Paris, Bruno Bagnato e il giovane Nicola Irto (del Partito democratico). Nei loro confronti, il tribunale ha accolto la tesi dell’avvocato Alfonso Mazzuca che, nella sua arringa in difesa di Irto, ha sottolineato, seppur imparentato con soggetti malavitosi, non ci sono elementi per poter sostenere che è stato condizionato dalla ‘ndrangheta. Come per dire, i parenti non si scelgono. Gli amici si.

Ecco la replica di Demetrio Arena, affidata all’agenzia Ansa. “Apprendo che il tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato la mia incandidabilità limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento del Comune di Reggio Calabria, che produrrà effetti solo se sarà confermata in appello e in Cassazione. Da una prima lettura emerge la disarmante acriticità con cui il Tribunale ha ritenuto di dovere recepire pedissequamente quanto riportato nella relazione ministeriale senza valutare sotto alcun profilo le argomentazioni difensive e la copiosa documentazione ritualmente riprodotta in giudizio”.

(via)

Non dire mai grazie

Stamattina mi sono alzato con la voglia di ringraziarvi. Non si usa, anzi si usa poco, di solito a fine serata per gli sponsor o qualcosa del genere ma quando questa mattina ho aperto gli occhi, nel letto, pensando a quanto sono riuscito a stare leggero (per niente a galla, ma con il timone saldo, direi, piuttosto) in questi giorni, ecco, ho pensato che di solito non mi prendo mai il tempo e il modo di ringraziare. È una deformazione professionale, forse, che mi fa rincorrere i “cattivi” e vorrebbe convincermi a sospettare anche di tutti i “buoni”. Ho sempre fatto fatica a togliermelo il vizio, del resto. Voglio ringraziare quelli che mi stanno scrivendo, voglio ringraziare amici che mi hanno sostenuto con preoccupazione e azione, soprattutto facendo quello che per ora si può fare aspettando i riscontri, la magistratura e tutto il resto. Voglio ringraziare le associazioni, i comitati e i politici (sì i politici, tu pensa, eh) che stanno interrogando le istituzioni e voglio ringraziare i ragazzi della mia scorta che dividono questa aria pesante che non si affetta ma purtroppo si moltiplica per le persone che la devono respirare in giro. Voglio ringraziare il mio lavoro (il palco e la penna) che sono il mio porto con le sponde sempre alte e voglio ringraziare chi mi sta vicino che mi divide (lei sì, senza moltiplicazioni) il peso. Ed è più facile.
Sarebbe bello che tornasse di moda la gratitudine, sarebbe un mondo terribilmente solidale, con meno isole, meno solitudini e molto più forte. Anche contro le mafie.

Hanno preso “‘u profissuri”

Domenico Rancadorelatitante da circa 19 anni, è stato arrestato a Londra dalla polizia inglese su indicazione della polizia italiana. Rancadore, detto “‘u profissuri” ed inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi, è ritenuto responsabile di associazione mafiosa ed estorsione.

Esponente di spicco di “Cosa nostra”, Rancadore è un pluripregiudicato palermitano di 64 anni, e deve scontare 7 anni di reclusione per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione ed altri gravi delitti. L’operazione è avvenuta attraverso precisi dati investigativi forniti dal Servizio Centrale Operativo e dalla Squadra Mobile di Potenza che hanno consentito agli investigatori inglesi, grazie alla collaborazione del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, di localizzare il luogo dove il ricercato trascorreva la latitanza. Rancadore è stato arrestato ieri sera mentre faceva rientro nella sua abitazione dove viveva con la moglie di origine inglese. Nella circostanza ha tentato la fuga ma è stato immediatamente bloccato. Rancadore era ricercato dal 1994 e per la sua caratura criminale era inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi del Ministero dell’Interno. Dal 1998, le sue ricerche sono state estese in campo internazionale. Nella capitale inglese gestiva una agenzia di viaggi e conduceva una vita agiata. Numerosi collaboratori di giustizia lo hanno indicato come esponente di spicco della “famiglia” mafiosa palermitana, con funzioni di vertice nel “mandamento” di Caccamo. In particolare negli anni ’90, egli ha rivestito il ruolo di capo di “cosa nostra” in Trabia. L’operazione è il frutto di un importante rapporto di cooperazione internazionale di polizia assicurata attraverso Interpol.

Sono risalito subito a cavallo

BRF4iu5CIAEqXtkCome quel proverbio che si ripete dopo la caduta. E allora ieri sera sono risalito immediatamente sul meraviglioso palco del Festival dei Tacchi degli amici di Cada Die Teatro. E mi ci sono sentito benissimo perché è la mia casa, il posto dove voglio stare, la parola in cui mi riconosco e mentre ascoltavo il religioso silenzio del pubblico che sorrideva delle bassezze, delle brutture e degli ebetismi di questa mafia che sarebbe così patetica se fosse isolata mi sono sentito bene.

Non mi lascio schiacciare dal fastidio, non accetto di imbruttirmi in questa cattiveria che mi continua a bussare offrendosi di difendermi.

(la foto è di Michela Murgia)