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Incubatore seriale

Ogni tanto mi viene una paura. Beh, me ne vengono molte, in realtà, di paure, ma questa è quella che mi tiene più compagnia di tutte le altre perché in fondo è una paura che mi assomiglia. Quando una paura ti assomiglia è confortante, come un elettrocardiogramma o un esame del sangue con i parametri perfettamente nella norma, perché in fondo è un termometro che ti segna sempre la tua solita febbre nonostante il passare degli anni.
Ecco, la paura che se non c’è poi in fondo mi manca, è la paura di non scrivere. Attenzione: non è il timore di non ‘riuscire’ più a scrivere o il timore di non ‘sapere’ più scrivere o il timore di non avere ‘niente da scrivere’. No, no. Proprio di non scrivere. Così senza avverbi. Insomma ho una storia in testa, anzi ne ho decine, che stanno lì, si frequentano anche tra loro, dico fanno amicizia si scambiano pareri ogni tanto finiscono per prendere qualcuna qualcosa di quell’altra e intanto si esercitano. In testa ci sono periodi che è tutta una palestra complicatissima e molto frequentata. Sudore e caos. Ma la paura di scrivere è più di tutto figlia della mia affezione per il momento ‘prima’ del cominciare a riempire la prima riga del primo foglio, come un sabato del villaggio e la scrittura ne è la celebrazione. Mica la messa in scena o la pubblicazione, no, no, proprio la scrittura è la mia domenica e il ‘prima’ è un sabato e la donzelletta che viene dalla campagna e quelle altre cose lì. E lo faccio durare mesi, quel sabato.
Allora pensavo oggi che in fondo sono un incubatore professionista, come una quaglia che si innamora troppo del proprio uovo e rischia di essere una pessima mamma quaglia proprio per questo, come i ristoratori che ammirano la sala un mi tuo prima dell’apertura e si confessano sottovoce di sentirla rovinata dai clienti che spiegazzano e macchiano tutto in giro. Una cosa così. Non so nemmeno se sia una patologia. Ma amo i progetti che sono rotondi per concezione e non solo per usura. Una cosa così. E volevo scriverlo. Ecco.

L’amianto sulle macerie: L’Aquila muore ancora

[scritto per Il Fatto Quotidiano]

Oggi il mio spazio lo voglio lasciare a Samanta Di Persio. Samanta è scrittrice e curiosa come dovrebbero essere tutti gli scrittori e attenta da sempre a L’Aquila e la sua (presunta) ricostruzione. Oggi Samanta scrive di ricostruzione e di amianto:

Il terremoto, l’incuria dell’uomo a L’Aquila hanno provocato 309 vittime. Quella notte decine di palazzi si sono sbriciolati su loro stessi, tanti sono rimasti lesionati. La maggior parte dei quartieri periferici sono stati costruiti intorno agli anni ‘70/80 e in questo periodo venivano utilizzati manufatti in amianto. Il pericolo sorge quando c’è  aerodispersione perché può comportare un rischio cancerogeno e la dispersione di fibre in aria può verificarsi in caso di degrado e/o in caso di disturbo dei manufatti contenenti amianto. Con queste premesse in Italia, paese sismico, dovrebbe esserci una manutenzione, o meglio una bonifica, di tutti quei fabbricati pericolosi per la salute dell’uomo. Ma, qualora venga fatto, non è sufficiente mettere in sicurezza, confinare i materiali contenenti amianto o bonificare gli edifici rimuovendoli, occorre anche smaltire correttamente i rifiuti prodotti. A L’Aquila da mesi si demoliscono palazzi con evidenti parti in amianto: comignoli, tettoie, tubi ecc., e non viene effettuata nessuna bonifica, infatti dalle foto è possibile vedere come fra le macerie vi siano manufatti di amianto. Casale Monferrato ci insegna che l’amianto uccide dopo anni rispetto alla sua inalazione, che anche chi non aveva mai lavorato all’Eternit si è ammalato di mesotelioma pleurico perché un trenino, contenente amianto, dalla stazione raggiungeva lo stabilimento attraversando il centro di Casale. L’Aquila e tutti i paesi del cratere, dove si stanno facendo demolizioni o si dovranno fare, sono a rischio amianto. Ci potrebbe essere una soluzione? Esiste un documento elaborato nel 2011 da Laura Palmas e Sabrina Romano (dell’istituto ENEA), validato dalla Commissione Consultiva Permanente per la salute e sicurezza sul lavoro nella seduta del 30 maggio 2012, sul  tema della pianificazione della manutenzione dei manufatti contenenti amianto (MCA). In questo documento è prevista la figura del responsabile per il controllo e la manutenzione dei MCA che deve:

  • monitorare lo stato di conservazione dei MCA;
  • autorizzare espressamente eventuali interventi sui MCA onde evitare i rischi derivanti dal disturbo dei materiali suddetti: gli esiti delle indagini di monitoraggio devono essere trasmessi agli occupanti degli edifici interessati al problema, agli addetti alle manutenzioni, ad eventuali appaltatori esterni, e devono essere definiti specifici permessi di lavoro.
  • Nel caso che sia accertata la presenza di amianto, il proprietario dell’immobile e/o il responsabile dell’attività dovrà:
  • designare una figura responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i MCA;
  • tenere unidonea documentazione da cui risulti l’ubicazione e lo stato di conservazione dei manufatti contenenti amianto;
  • porre idonei segnali di avvertenza sulle installazioni soggette a frequenti interventi manutentivi (caldaie, tubazioni, tramezzi) allo scopo di evitare che l’amianto venga inavvertitamente disturbato e quindi disperso in aria;
  • garantire il rispetto di efficaci misure di sicurezza durante le attività di pulizia, gli interventi manutentivi e in occasione di qualsiasi evento che possa causare un disturbo dei materiali di amianto;
  • predisporre una specifica procedura di autorizzazione per le attività di manutenzione: tutti gli interventi effettuati dovrà essere tenuta una documentazione verificabile;
  • fornire una corretta informazione agli occupanti dell’edificio sulla presenza di amianto nello stabile, sui rischi potenziali e sui comportamenti da adottare;
  • provvedere, nel caso siano in opera materiali friabili, a far ispezionare l’edificio almeno una volta all’anno (da personale esperto in grado di valutare le condizioni dei materiali), redigendo un dettagliato rapporto corredato di documentazione fotografica; copia del rapporto dovrà essere trasmessa alla ASL competente la quale può prescrivere di effettuare un monitoraggio ambientale periodico delle fibre aerodisperse all’interno dell’edificio.

Le regole esistono e sono molto ben definite, la domanda per il sindaco (pneumologo), per la Asl, per tutti gli organi preposti al monitoraggio dell’amianto, è: “Abbiamo perso una città e tanti concittadini, perché si continua a perseverare nell’errore di essere superficiali di fronte alla salute, la vita?”

In Tunisia

Uccidono il secondo leader d’opposizione in pochi mesi. Ora l’aria diventa ancora più difficile.

Mohamed Brahmi, leader dell’opposizione tunisina, è stato assassinato di fronte alla sua casa di Tunisi la mattina del 25 luglio. Brahmi aveva fondato recentemente il Movimento del popolo, una nuova formazione dell’opposizione. Era anche un parlamentare. Non è ancora chiaro chi gli ha sparato, scrive Al Jazeera.

È il secondo assassinio di un politico dell’opposizione nel corso di quest’anno. Il 6 febbraio Chokri Belaïd, capo del Movimento dei patrioti democratici, è stato assassinato di fronte alla sua abitazione con diversi colpi di pistola.

L’omicidio di Belaïd ha innescato una profonda crisi politica nel paese, che a fine febbraio ha portato alle dimissioni il primo ministro Hamadi Jebali.

Puttana la cultura

E’ la vera prostituta del Parlamento. E non solo. Nei Consigli Regionali e in centinaia di Comuni grandi o piccoli. La Cultura è la puttana che tutti usano per garantirsi un aplomb responsabile e intellettuale in campagna elettorale o mentre si sta all’opposizione e che viene poi lasciata appena ci si ritrova a governare in un posto qualunque. A parole la scopano tutti ma poi in fondo non la vuole nessuno. Perché la Cultura richiede sacrificio, chiede che ci venga messa sopra una testa pensante prima di qualsiasi decisione e la Cultura ha bisogno di avere lo spessore politico di sapere giudicare al di fuori delle tonnellate, dei trend, dei risultati finanziari e del “ce lo chiede l’Europa”.

E così anche Enrico Letta (quello che prometteva che si sarebbe dimesso se avesse tagliato la Cultura) alla fine cade nella tentazione di tagliare nel campo della Cultura, dello spettacolo e del cinema. Perché sì, caro Letta, nella “cultura” le larghe intese contano meno di un chiodo storto sul palcoscenico (che almeno porta fortuna) e alla fine c’è bisogno di progettazione e coraggio. Il coraggio che continuano ad avere in questo stramaledetto Paese, i tanti giovani che escono dalle Accademie convinti che la bellezza in tutte le sue forme non può rimanere solo un aperitivo mentale da sfoggiare nei salotti buoni ma, attraverso la bellezza, c’è da guardare dove vogliamo portare il futuro.

Ma bellezza, speranza, cultura e futuro non sono parole da grosse coalizioni e responsabilissimi rimandatàri, no; stanno nella categoria che voi non pagate perché lo vorreste ammaestrato e con la giusta disperazione. E invece sta tutto nel suo essere pensante e poco condizionabile per natura.

Nell’appiattimento generale

Vale la pena leggere le parole (e coglierne lo spirito) di Alfonso Gianni:

Ma la Grosse Koalition non è un’invenzione dell’ultima ora. Parafrasando Giulio Bollati – quando parlava del fascismo, che è cosa diversissima, per dire che non era improvviso né imprevedibile – «il fenomeno può essere condensato in una formula: nulla è (nelle larghe intese) quod prius non fuerit nella società, nella cultura, nella politica italiana, tranne che (le larghe intese) stesse» da almeno 25 anni a questa parte. Infatti questa forma di governo a-democratica, prima ancora che tecnocratica, è la più congrua al capitalismo finanziario nel quadro europeo. Il Pd è diventato il pivot di questa politica. Non ha senso proporsi di modificarlo all’interno (oltretutto tutti lavorano per Renzi) né attenderne la possibile implosione. Il “campo del cambiamento” va organizzato fuori e contro. La caduta del governo Letta è il primo compito di un’opposizione di sinistra che si rispetti e non può essere messo in ombra da calcoli congressuali.

Lei non può

Oggi il Corriere della Sera ospita, a pagina 13, una durissima lettera di Fausto Bertinotti al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una missiva nella quale l’ex presidente della Camera accusa il Capo dello Stato di congelare la democrazia con il suo appoggio esplicito all’attuale esecutivo. Una lettera scandita da una serie di perentori “Lei non può

Signor Presidente,

Lei non puòLei non può congelare d’autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese, quella in atto. come se fosse l’unica possibile, come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica.

Lei non può, perché altrimenti la democrazia verrebbe sospesa. Lei no può trasformare una Sua, e di altri, previsione sui processi economici in un impedimento alla libera dialettica democratica. I processi economici, in democrazia, dovrebbero poter essere influenzati dalla politica, dunque, dovrebbero essere variabili dipendenti, non indipendenti. Lei non può, perché altrimenti la democrazia sarebbe sospesa. Sia che si sostenga che viviamo in regimi pienamente democratici, sia che si sostenga, come fa ormai tanta parte della letteratura politica, che siamo entrati in Europa, in un tempo post-democratico, quello della rivincita delle élites, Lei non può. Nel primo caso, perché l’impedimento sarebbe lesivo di uno dei cardini della democrazia rappresentativa cioè della possibilità, in ogni momento, di dare vita ad un’alternativa di governo, in caso di crisi, anche con il ricorso al voto popolare. Nel secondo caso, che a me pare quello dell’attuale realtà europea, perché rappresenterebbe un potente consolidamento del regime a-democratico in corso di costruzione. C’è nella realtà politico istituzionale del paese una schizofrenia pericolosa: da un lato si cantano le lodi della Costituzione Repubblicana, dall’altro, essa viene divorata ogni giorno dalla costituzione materiale. La prima, come lei mi insegna, innalza il Parlamento ad un ruolo centrale nella nostra democrazia rappresentativa, la seconda assolutizza la governabilità fino  a renderlo da essa dipendente. Quando gli chiede di sostenere il governo perché la sua caduta porterebbe a danni irreparabili, Ella contribuisce della costruzione dell’edificio oligarchico promosso da questa costituzione materiale. Nel regime democratico ogni previsione politica è opinabile perché parte essa stessa di un progetto e di un programma che sono necessariamente di parte; lo stesso presunto interesse generale non si sottrae dalla diversità delle sue possibili interpretazioni. Ma, se mi permette, Signor Presidente c’è una ragione assai più grande per cuiLei non può.

La nostra costituzione è, come sappiamo, una costituzione programmatica. Norberto Bobbio diceva che in essa la democrazia è inseparabile dall’eguaglianza come testionia il suo articolo 3. Ma essa, rifiutando un’opzione finalistica nella definizione della società futura, risulta aperta a modelli economico sociali diversi e a quelli dove sarà condotta da quella che Dossetti chiamava la democrazia integrale e Togliatti la democrazia progressiva.

Quando Lei allude ai possibili danni irreparabili per il paese, lo può fare solo perché considera ineluttabili le politiche economiche e sociali imperanti nell’Europa leali, le politiche di austerità. Ha poca importanza, nell’economia di questo ragionamento, la mia radicale avversione a queste politiche che considero concausa del massacro sociale in atto.

Quel che vorrei proporLe è che  nella politica e in democrazia si possa manifestare un’altra e diversa idea di società rispetto a quella in atto e che la Costituzione Repubblicana garantisce che essa possa essere praticata e perseguita. Il capitalismo finanziario globale non può essere imposto come naturale, né la messa in discussione del suo paradigma può essere impedito in democrazia, quali che siano i passaggi di crisi e di instabilità a cui essa possa dar luogo. O le rivoluzioni democratiche possono essere possibili solo altrove? No, la carta fondamentale garantisce che, nel rispetto della democrazie e nel rifiuto della violenza, possa essere intrapresa anche da noi. C’è già un vincolo esterno, quello dell’Europa leale, che limita la nostra sovranità, non può esserci anche un vincolo esterno anche alla politica costituita dall’autorità del Presidente della Repubblica. Lei non può, signor Presidente. Mi sono permesso di indirizzarLe questa lettera aperta perché so che la lunga consuetudine e l’affettuoso rispetto che ho sempre nutrito per la Sua persona mi mettono al riparo da qualsiasi malevola interpretazione e la mia attuale lontananza dai luoghi della decisione politica non consentono di pensare ad una qualche strumentalità. È, la mia, soltanto, l’invocazione di un cittadino, anche se ho ragione di ritenere che essa non sia unica.

Mi creda, con tutta cordialità.

Fausto Bertinotti