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La Nuova Sardegna su Disperanza

Se la disperazione è una «manifestazione incontrollata di tristezza e di rabbia, un crollo verticale che presume una soluzione implosiva o esplosiva» nel breve periodo, la disperanza è uno stato interiore più tenue, che può facilmente divenire cronico e durare una vita intera, e che non risparmia nessuno: i giovani, per i quali la speranza è ormai un lusso; gli adulti, gravati di responsabilità economiche e del rammarico di non aver colto tante opportunità in tempi passati più favorevoli; gli anziani, privi di doveri e assediati dai ricordi. Partendo dall’esperienza propria e di tanti suoi contatti sul web, Cavalli riflette su una società che oggigiorno non consente nessun tipo di fragilità.

La folle tesi di Salvini su Lamorgese “colpevole” per l’attentato di Nizza

Ecco che tornano a grandi falcate gli sciacalli, Salvini e Meloni, che vanno a braccetto su ciò che è accaduto a Nizza. Salvini ovviamente svetta e chiede le dimissioni della ministra Lamorgese perché, a suo dire, sarebbe colpevole del fatto che l’assassino di Nizza sarebbe sbarcato a Lampedusa e sarebbe stato identificato a Bari e poi non rimpatriato. La banalizzazione ovviamente in qualche modo funziona e così è tutto un rimbalzare di questa nuova trovata per cui addirittura l’ex ministro dell’Interno, senza nemmeno un briciolo di imbarazzo, si ritrova a chiedere scusa alla Francia gettando fango sul suo Paese (quello che da patriota vorrebbe difendere) per un’accusa che ha dell’incredibile.

Ora proviamo a ribaltare il giochetto, che tanto viene facile facile: Matteo Salvini dunque, da ministro dell’Interno, è colpevole del minimo storico di rimpatri con la Tunisia (lui che li aveva promessi e non è stato nemmeno capace di fare meglio dei ministri precedenti) e quindi anche dell’omicidio di don Malgesini, visto che il prete è stato ucciso da un uomo non rimpatriato proprio sotto l’epoca Salvini? Oppure, sempre continuando sulla falsariga del giochetto retorico di Salvini: Anis Amri, autore della strage al mercatino di Natale a Berlino nel 2016, sbarcò nel 2011 e venne trattenuto in Italia con Berlusconi presidente del consiglio e Maroni ministro agli Interni, quindi sarebbe colpa loro, evidentemente?

Il tema è sempre lo stesso: banalizzare questioni complesse per un po’ di propaganda è l’unico esercizio retorico che riesce a questa destra che è la peggiore destra di sempre. E ci sono pure quelli che abboccano e riescono a esultare per l’acutezza dell’osservazione dei due sovranisti. Ah: ovviamente Salvini ci ha messo dentro anche il suo processo, è riuscito perfino a fare anche questo, poiché per lui il mondo si riduce a se stesso, i suoi (pochi) pensieri e i suoi problemi. Tutto così, sempre così.

Leggi anche: 1. La nemesi di Salvini: quello che mangia in diretta tv contestato anche dai ristoratori / 2. Ora basta: dichiarate Forza Nuova fuorilegge, e lasciate le piazze a chi soffre e protesta civilmente

L’articolo proviene da TPI.it qui

Weekendavisen.dk recensisce Carnaio, appena uscito in Danimarca

La città di DF – questo è solo il nome – è un luogo in riva al mare come tanti altri lontani, lontani nella provincia italiana. Qui la vita va avanti come al solito, stronza e rassicurante allo stesso tempo. Solo fino a quando un giorno, un vecchio pescatore trova il corpo di un uomo dalla pelle scura bloccato tra le rocce. Il primo cadavere sarà presto raggiunto da migliaia, sì, milioni di altri corpi quasi identici e senz’anima che non solo si incagliano a riva, ma cadono sulla città in tsunami di carne morta, parzialmente disciolta, così che gli abitanti si disperano in corpi umani fino alla gola. È come se tutti i poveri che, nel tempo, sono sprofondati in fondo al mare senza che nessuno se ne preoccupi, venissero rispediti a terra, con tassi di interesse spietati. Qui, il romanzo Carnaio dell’autore e drammaturgo italiano Giulio Cavalli, il primo tradotto in danese, prende davvero il volo in una danza macabra verso il destino mozzafiato, scioccante, nauseante.In termini di visione umana, trama e stile di scrittura, molto è stato preso dal grande autore portoghese José Saramago, ma lungo la strada troverai anche gli eccessi cosmocomici di Italo Calvino, la vignetta di Knud H.Thomsen – come l’umorismo del nonno, il nervo polemico di George Orwell, l’oscurità del giorno del giudizio di Gustave Doré e anche per pensare all’azienda un tempo premiata Topf & Söhne di Erfurt, che ha costruito completamente le fornaci ad Auschwitz.

[weekendavisen.dk recensisce Carnaio, appena uscito in Danimarca]

https://www.weekendavisen.dk/2020-44/boeger/haesblaesende-danse-macabre

Trascinarono nuda una malata psichica, sospesi due agenti

Sono due gli agenti della casa circondariale di Rebibbia sospesi dal loro incarico, una sovrintendente e un assistente capo coordinatore in servizio all’istituto che ora sono accusati di falso ideologico e abuso di autorità. La presunta vittima è una detenuta con problemi psichiatrici. I fatti risalgono alla notte dello scorso 21 luglio: la donna è stata trascinata con forza perché aveva rotto un termosifone, dopo avere chiesto una sigaretta e avendo ottenuto un rifiuto, e per questo sarebbe stata portata in un’altra stanza priva di telecamere di sorveglianza. Il tutto sarete avvenuto con la presenza di ben 5 agenti donne e un agente di sesso maschile che avrebbero poi redatto un verbale di servizio in cui era riportata una presunta aggressione da parte della detenuta nei confronti degli agenti che in realtà non sarebbe mai accaduta.

«Non risulta che la detenuta stesse tenendo un comportamento aggressivo che abbia reso necessario l’intervento di un agente di sesso maschile, né dai filmati risultano situazioni che rendessero necessario l’uso della forza per lo spostamento della detenuta, come sostenuto dagli indagati nell’interrogatorio» scrive nell’ordinanza la gip Mara Mattioli, che descrive anche i fatti successivi: «Il trascinamento di peso della detenuta, nuda e sull’acqua fredda, non è stato posto in essere per salvaguardare l’incolumità della stessa (avendo la detenuta già da un po’ cessato le intemperanze) apparendo invece chiaramente motivato da stizza e rabbia per i danni causati dalla donna». Nel video agli atti anzi la donna detenuta è evidentemente in imbarazzo proprio per la presenza di un uomo e cerca di coprirsi le parti intime. Scrive la gip: «L’agente entra nella stanza n.3 e ne esce tenendo ferma la nuca della detenuta che in quel momento appare collaborativa ed è completamente nuda, la accompagna all’interno della stanza n.1 resa nuovamente agibile».

Una circostanza che per l’eccezionale presenza di personale di sesso maschile non autorizzato doveva diversamente essere riportato agli atti. «Inoltre la telecamera esterna alle ore 2.01 del 22/7/2020 riprende nuovamente l’agente entrare nella stanza n.1 ove è rimasta la detenuta ed uscirne circa 24 secondi dopo. Di questo accesso non vi è traccia nei verbali né dai filmati si capisce sulla base di quale necessità un agente di sesso maschile sia intervenuto da solo presso la cella della detenuta (peraltro ancora completamente nuda)». Secondo quanto riportato dalla vittima nel suo interrogatorio sarebbe rimasta sola con l’agente uomo nella stanza mentre era minacciata di non rivelare quei fatti a nessuno altrimenti le violenze si sarebbero ripetute. Da qui la condanna di falso ideologico e di abuso di autorità che hanno portato anche alla sospensione del servizio: “personalità del tutto spregiudicate” che avrebbero potuto reiterare le violenze e che avrebbero potuto inquinare le prove. Secondo fonti interne al carcere, infatti, gli accusati non era la prima volta che eccedevano in violenze e risulterebbero diverse segnalazioni e condanne disciplinari nel loro curriculum.

Per il Garante dei detenuti del Lazio Stefano Anastasia «pur rimanendo ovviamente garantisti la loro sospensione è un segnale importante perché in molti casi di abusi, quando non vengono coperti con omertà, il personale resta normalmente in servizio e in molti casi restano in servizio nello stesso istituto se non addirittura nelle stesse sezioni». Per questo, dice Anastasia, «l’intervento del Dap è particolarmente apprezzabile perché è risultato abbastanza urgente, mentre spesso si aspetta l’esito del procedimento penale, quindi molti anni dopo, prima di intervenire e allontanare gli eventuali colpevoli»· Mentre ora le indagini faranno il suo corso e accerteranno eventuali responsabilità però resta da registrare un dato, che è sempre lo stesso: nelle carceri italiani continuano a consumarsi violenze che difficilmente riescono a rompere il muro di omertà che si crea tra agenti penitenziari. In questo caso i video delle telecamere di sorveglianza hanno potuto almeno appurare che non ci sia stata nessuna presumibile aggressione, motivazione molto spesso usata per proteggere la facciata di eventuali violenze, ma solo il lavoro delle indagini ha permesso di scoprire che il verbale redatto sull’accaduto non corrispondesse alla realtà dei fatti.

Poi c’è la questione, la solita annosa di cui spesso scriviamo anche sule pagine di questo giornale, di detenuti che non sono nelle condizioni psichiche di poter sicuramente stare in una cella: la donna vittima della violenza nel carcere di Rebibbia è descritta da tutti, anche dagli inquirenti, come una persona con gravi disturbi psichici. Ma siamo davvero sicuri che una situazione del genere non sia anche creata dalla mancanza di misure alternative al carcere che dovrebbero permettere a lei di scontare la propria pena con un metodo alternativo che comprenda anche le giuste cure (oltre alla propria dignità) e che non debba mettere operatori penitenziari (anche senza le giuste competenze) in condizioni così difficili? Il 4% dei detenuti è affetto da disturbi psichici contro l’1% della popolazione generale.

La depressione colpisce il 10% dei reclusi mentre il 65% convive con disturbi della personalità. Un detenuto su 4 assume regolarmente psicofarmaci. Tutto questo mentre una sentenza della Corte di Cassazione dello scorso agosto mette nero su bianco che è ora possibile concedere, alla persona affetta da gravi problematiche psichiatriche, la misura della detenzione domiciliare. La donna di questa terribile storia ancora prima che non essere maltrattata non doveva stare a Rebibbia.

L’articolo Trascinarono nuda una malata psichica, sospesi due agenti proviene da Il Riformista.

Fonte

Salvini, vergognatevi

Che gran giornata quella di ieri per il senatore Matteo Salvini, leader leghista che si ciba lautamente del clima di terrore e di disperazione che attraversa il Paese e che continua insolente a richiamare il governo mentre lui è stato l’esempio plastico di tutto quello che “non c’era da fare” in questi mesi tra la prima e la seconda ondata del virus.

Prima la sua pessima figura in piazza a Roma dove i ristoratori protestavano l’ultimo Dpcm del Governo e ovviamente il leghista, pronto subito a fiutare l’eventuale malcontento, si è tuffato a pesce. Peccato che proprio i ristoratori (che sono gente ben più seria per preoccuparsi delle piazzate di chi da anni vorrebbe essere considerato “salvatore” di qualsiasi problema si presenti) l’abbiano cacciato via a male parole: «vai via, buffone» è stata la frase più buona.

Ma la scena madre del suo pessimo mercoledì è la lunga tirata con cui Salvini ha accusato il governo di non avere fatto nulla durante questi mesi. Sia chiaro, le responsabilità ci sono e sono molte (del governo ma anche e soprattutto delle Regioni) ma sentire la paternale di chi ieri diceva  “non ci sarà una seconda ondata, inutile terrorizzare le persone” e “se uno mi allunga la mano, mi autodenuncio, gli do la mano. Tanto un processo più, un processo meno” e “i bollettini di contagio sono terrorismo mediatico” e oggi urla “in questi mesi l’Italia ha perso tempo” non si può davvero sentire.

E ieri al Senato ha pensato bene di polemizzare togliendosi la mascherina in Aula (ennesimo gesto irresponsabile che serve solo a solleticare la pancia dei suoi amici minimizzatori e negazionisti) ed è stato richiamato all’ordine da Calderoli. Avete capito bene: Calderoli. Farsi richiamare al rispetto delle regole da uno come Calderoli è come passare nella cruna di un ago.

E allora si vergogni Salvini che per mesi ha minimizzato e oggi vorrebbe fare la figura del responsabile ma si vergognino tutti i salvini che in questi mesi (e alcuni ancora adesso) giocano a mischiare le carte per appoggiare gli irresponsabili. Vergognatevi, voi che avete incitato alla dimenticanza e ora puntate il dito. Vergognatevi e almeno abbiate un po’ di decenza. Un po’ di decenza.

Buon giovedì

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Su The Week

Questa settimana siamo oltre Oceano sul numero di The Week. Parlando di Salvini e del suo scimmiottare Trump. Gran bella soddisfazione.

Lidia Lombardi su #Disperanza

“Anche l’editore Fandango osa molto, con autori controcorrente, urticanti, duri, essi stessi talvolta personaggi controversi. Ha avuto un grande successo l’opera prima di Jonathan Bazzi, Febbre, romanzo autobiografico di un sieropositivo e omosessuale che è entrato nella Cinquina dello Strega. In autunno la casa editrice romana ha stampato due titoli di nuovo singolari. Disperanza di Giulio Cavalli (115 pagine, 12 euro) è insieme autobiografia e crestomazia di testimonianze dei suoi lettori. Ai quali l’autore – di libri di inchiesta, testi teatrali, e di romanzi apprezzati come Carnaio, che nel 2019 ha vinto la Selezione Campiello – ha chiesto attraverso il suo social: “quando avete perso la speranza”? E infatti il piccolo volume è una sorta di manifesto dei fragili, dei perdenti. Così si sente Cavalli, tiranneggiato dalla depressione che lo fa morire ogni giorno («Mi accade preferibilmente di notte, comunque nel sonno, anche di pomeriggio se mi addormento davanti a un film stagnante o sotto un brutto libro che mi cade sulla faccia…»). Vi si aggiunge l’isolamento perché vive sotto scorta per i suoi scritti contro le mafie.

Ma la disperanza è un sentimento che invade tanti altri: giovani che non si aspettano niente, che credono nell’occasione e non nell’opportunità, adulti che hanno reso le armi ma non possono permettersi di abbandonare la lotta, cittadini sempre in transito in una società che chiede di essere ottimisti, positivi, performanti. Impera la retorica del superomismo e invece sempre più in tanti traballano nell’insicurezza. Con qualche segnale consolante, però: «Tra le tante lettere arrivate, mi hanno sorpreso quelle di chi si dice disperante per la situazione politica del proprio paese o addirittura del mondo. In un periodo di federalismo della responsabilità, dove stanno cercando di convincerci a occupare spazi sempre più ristretti fottendosene del resto (…) che esistano persone che ancora sentono la comunità come larga mi riempie il cuore».”