Ma che, davvero?
Cialtroni.
Cialtroni.
Fabrizio Gatti squarcia un altro velo. In Lombardia e su Milano, tra Comune e Regione, (mi raccomando) continuate pure a stare tutti zitti, eh:
I lavori per l’Expo 2015 potrebbero costarci molto più del previsto. La Mantovani spa, la società che ha realizzato la piastra su cui saranno costruiti i padiglioni dell’Esposizione universale, pretende ora 110 milioni in più rispetto al prezzo che la stessa Mantovani aveva formulato per strappare l’appalto alle concorrenti. L’impresa è ora al centro dello scandalo tangenti a Venezia per il periodo in cui era amministrata da Piergiorgio Baita, già arrestato e condannato nei mesi scorsi. La capocordata, insieme con altre imprese appartenenti all’intera lobby parlamentare dal Pdl alla Lega Coop, si era aggiudicata il contratto più grosso di Expo con l’offerta di 165 milioni, partendo da una base d’asta di 272 milioni. Un ribasso che aveva scandalizzato perfino un politico navigato come il celeste senatore Roberto Formigoni, allora governatore ciellino della Lombardia e ora imputato per la corruzione sulla sanità.
Mi segnala Giuseppe (rapido e sempre sul pezzo) che tra gli arrestati di oggi nello scandalo veneziano del Mose c’è il presidente della Coveco.
La stessa azienda che nel proprio sito esulta per avere preso un appalto in Expo.
Chissà se qualcuno tra Milano e Lombardia oggi ci dirà qualcosa…
Ma come è possibile che “l’intelligenza milanese” e i dirigenti “etici” in Lombardia non abbiano voglia di alzare la voce e dire che ogni giorno esce una notizia che impressiona per il deleterio lavoro di Comune di Milano, Provincia di Milano e Regione Lombardia (vi sento già: eh ma Pisapia e tutto il resto) su Expo? Come è possibile che tra le decine di proteste alla moda da fare in qualche piazza (dico: contro Formigoni mancava solo che ci chiudessimo nei cessi del Pirellone) non ci sia posto per una manifestazione di accusa e, se serve (eccome se serve) anche di autoaccusa? Perché quando qualcosa funziona è merito della rivoluzione arancione e quando qualcosa fa acqua da tutte le parti è colpa della Regione? Perché il PD che ha la Presidenza della Commissione Antimafia in Regione Lombardia (e Girelli è persona retta e volenterosa) non ammette il fallimento sul piano della legalità? Perché Ambrosoli non chiede a Pisapia se si poteva fare meglio e di più e ne discutono pubblicamente in una delle cento serate delle cento presentazioni dei cento libri dei cento scrittori milanesi? Perché non si può dire che la promessa di un EXPO senza mafie non è stata mantenuta?
Questo è quello che scrive oggi Repubblica (ma ne scrivono un po’ tutti):
Le falle. Per capire di cosa stiamo parlando basta prendere l’opera al momento più famosa dell’Expo, le cosiddette “Architetture di servizio” per il sito, cioè le fondamenta dei capannoni. Famosa per il costo, 55 milioni di euro, ma soprattutto perché attorno a quel contratto ruota l’indagine di Milano sulla banda di Frigerio. Lo ottiene la Maltauro, ma come? Per l’affidamento Expo sceglie di non bandire una gara europea, aperta a tutti, ma di seguire la procedura ristretta. Partecipano sette aziende e dopo la valutazione della commissione vince un’Ati (Associazione temporanea di imprese) che ha come capofila appunto la Maltauro, l’azienda che è accusata di aver pagato mazzette a Frigerio e Greganti. La procura di Milano accerterà cosa è accaduto e come. Per il momento si può dire che a spalancare la porta alla corruzione è stata proprio la legge, permettendo la procedura abbreviata. “Come in molti altri casi per l’Expo – scrive il Garante nel suo dossier – si è seguito il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. A individuare quale sia, deve essere una commissione di 3 o 5 membri, “imparziale e altamente qualificata”. Ma, ed ecco l’anomalia, nell’offerta della Maltauro hanno avuto più peso gli elementi qualitativi “per loro natura soggettivi”, quali l’estetica e il pregio, rispetto al prezzo e ai tempi di esecuzione, “che sono invece dati oggettivi”. Il punteggio qualitativo era 65 punti, quello quantitativo 35 punti. In sintesi, basta avere dei commissari amici e il gioco è fatto. “Ne abbiamo due su tre”, si compiacevano Frigerio e Greganti, al telefono. E lo stesso Maltauro, interrogato dopo l’arresto, ha confermato il sistema.
L’urgenza che non c’è. Ma a impressionare l’Authority è l'”emergenza perenne” che tutto giustifica. Perché, per esempio, viene affidato “in deroga” a Fiera di Milano spa l’allestimento, la scenografia e l’assistenza tecnica (2,9 milioni)? “Non si ravvisano evidenti motivi di urgenza – annota Santoro – per un appalto assegnato il 28 novembre scorso, un anno e mezzo prima della data del termine dei lavori”. Ancora: con procedura “ristretta semplificata” sono stati dati i 2,3 milioni per il servizio di vigilanza armata a un’Ati (la mandataria è la Allsystem Spa), nonostante quella modalità “è consentita solo per contratti che non superino il milione e mezzo di euro”. Sforamenti simili, ma di entità inferiore, sono avvenuti con l'”affidamento diretto”, utilizzato 6 volte. “Il tetto massimo ammissibile è 40mila euro”, segnala Santoro, ma nella lista figurano i 70mila a un professionista per lo sviluppo del concept del Padiglione 0 e i 65mila per servizi informatici specialistici.
Ben 72 appalti sono stati consegnati “senza previa pubblicazione del bando”, tra cui figurano il mezzo milione a Publitalia per la fornitura di spazi pubblicitari e i 78mila euro per 13 quadricicli alla Ducati energia, impresa della famiglia del ministro dello Sviluppo Federica Guidi. A Fiera Milano congressi – il cui amministratore delegato era Maurizio Lupi fino al maggio scorso, quando si è autosospeso – viene invece affidata l’organizzazione di un meeting internazionale dal valore di 881mila euro. Anche in questo caso Expo decide di seguire la via della deroga, appoggiandosi a una delle quattro ordinanze della presidenza del Consiglio (il dpcm del 6 maggio 2013). Lo fa in maniera quantomeno maldestra, perché nel giustificativo pubblicato sul sito ufficiale “si rileva un riferimento al comma 9 dell’articolo 4 che risulta inesistente”. Un refuso.
Maltauro per ora non perde nessuno dei suoi appalti legati a Expo. Nei cantieri resta tutto come prima. Nessuna conseguenza per gli affari del costruttore vicentino dopo il suo arresto e quello dei membri della presunta cupola che per la procura di Milano era in grado di pilotare l’assegnazione dei lavori sul sito dell’esposizione universale. Escludere la società di Enrico Maltauro senza che ci sia un provvedimento del governo per accelerare l’esecuzione delle opere porterebbe ulteriori ritardi. E metterebbe così a rischio il già difficile obiettivo di arrivare pronti all’appuntamento del 2015.
E’ questa la sostanza di quanto detto dal commissario unico di Expo Giuseppe Sala. Parole, le sue, che non assecondano quelle di una settimana fa del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che aveva auspicato la revoca degli appalti di Maltauro sulla base del Protocollo di legalità sottoscritto da tutte le aziende al lavoro per Expo. “Oggi, io non posso prendere la società Maltauro e dire: ‘sei fuori’ – ha spiegato Sala -. Ho bisogno di un atto che mi legittimi a farlo. Non si possono fermare i lavori che Maltauro sta eseguendo in rete con altre aziende, occorre capire come salvaguardare l’operatività per arrivare alla fine dei lavori”.
Poi la politica si incaglia in queste assurdità e ci si chiede perché passi la voglia di votare. E si preparano i gran convegni sulla legalità mentre il furbo vince, ancora.
750 mila euro di consulenza pagati a Germano Celant per 30 mesi di lavoro su Expo 2015 sfuggono da qualsiasi buon senso in questo momento di scandali, tangenti e ripensamento degli stipendi ai manager di stato. E anche questo è un fatto politico. Regione, Provincia e (ahimè) Comune incluso.
Mi segnalano un’intervista a Ivan Cicconi, già direttore di Itaca (Associazione nazionale per l’Innovazione e la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale) e membro del fantomatico Comitato regionale per la trasparenza istituito da Regione Lombardia nel 2013, presieduto dal generale delle fiamme gialle Mario Forchetti. Ivan Cicconi si occupa di appalti pubblici da una vita e la sua nomina era stata accolta con ottimismo ma le sue conclusioni dovrebbero scatenare un terremoto:
Ingegnere, perché “cancellarsi” dal sito di Expo
Perché non solo non abbiamo mai potuto visionare i documenti, ma perché non abbiamo mai avuto alcuna possibilità di interloquire con la Expo. Nonostante le sollecitazioni provenienti da Maroni (che scrive personalmente a Giuseppe Sala il 30 luglio 2013, caldeggiando una collaborazione, ndr).
Eppure, già nella vostra relazione di gennaio scorso segnalavate alcune anomalie…
Avevamo sottolineato numerose criticità nella filiera delle sub contrattazioni.
Quindi non è sorpreso dalle presunte tangenti chieste dalla “cupola degli affari” di Frigerio-Grillo-Greganti per gli appalti di Expo?
Sono sorpreso dai nomi degli arrestati, non dal fatto in sé. Le condizioni perché si verificassero le ruberie c’erano tutte. Capita quando si decide di derogare a 80 articoli delle normative sugli appalti… Inoltre, sono stupito che si parli di tangenti solo di tre o quattro appalti di Expo… e non si affronti mai il nodo di quei 120 contratti affidati da Expo tramite trattiva privata. Circa il 95% dei contratti non ha avuto alcuna gara! Sarebbe interessante vederci chiaro.
Oltre a Expo, la “cupola” era molto attiva nella sanità lombarda. In questo settore avete avuto più fortuna con le vostre indagini?
Sulle sistema degli appalti nelle Asl abbiamo sottolineato numerose criticità.
Ce ne dica tre.
L’uso abnorme delle proroghe per i contratti in essere; l’uso improprio di alcune tipologie di contratti; l’organizzazione complessiva della struttura multilivello degli acquisti, a partire da Arca.
Arca è l’agenzia cui, dopo lo scandalo tangenti, Maroni intende delegare tutti gli acquisti delle Asl: è in grado di svolgere un tale ruolo?
Assolutamente no. Oggi effettua il 15% degli acquisti con molte difficoltà, è francamente impensabile che accentri su di sé ogni contratto.
Detta così è l’intero sistema che non funziona!
Sì, direi che non ha funzionato nulla.
EXPO ormai è una farsa, una commedia. Gli appalti sono le coordinate di una sconfitta collettiva.
Comunque la si pensi vale la pena leggere le riflessioni di Guido Viale su Il Manifesto:
Come per De Magistris, Zedda e Doria anche il sindaco Pisapia era stato eletto sull’onda di una mobilitazione straordinaria per partecipazione, entusiasmo, creatività. Pisapia doveva porre fine alle malefatte di Letizia Moratti. E tra quelle tante malefatte la peggiore è senz’altro l’Expò: un “Grande evento” fatto di “Grandi Opere” che non hanno alcuna giustificazione se non distribuire commesse, incassare tangenti e tenere in piedi un comitato di affari impregnato di corruzione e di mafia che aveva già devastato la città per anni. Si badi bene: le tangenti sono una conseguenza e non la causa.
Se ci fossero solo le tangenti, il territorio non ne riceverebbe danni irreparabili. Il vero danno sono le Grandi opere, la devastazione del territorio e delle relazioni sociali; e il modello di business di cui sono frutto, fondato sull’indifferenza per le esigenze delle comunità locali, sullo strapotere di banche e finanza, sul subappalto del subappalto, che apre le porte alle mafie, sul precariato (e ora anche sul lavoro gratuito) che hanno fatto dell’Expò il laboratorio dell’Italia di Renzi; e, ovviamente, anche sulla corruzione.Avendo ereditato l’Expò dalla Moratti, Pisapia si era impegnato a renderla comunque meno pesante possibile. Ma ha tradito quel mandato. Non è in discussione la sua onestà, né la sua buona fede; lo sono le sue scelte. Appena insediato è stato trascinato a Parigi da Formigoni per sottoscrivere gli impegni con l’Ufficio Internazionale dell’Expò. Da allora l’Expò ha preso il posto dei progetti presentati in campagna elettorale, alcuni dei quali sanciti dalla vittoria di sei referendum cittadini (senza seguito). E con l’Expò ha cominciato a dissolversi quell’ondata di entusiasmo e di speranze che aveva portato Pisapia in Comune.
La sensazione è che non si sia riusciti ad andare oltre alla “buonista” narrazione di un Expo diverso da quello che si temeva e poi alla fine è diventato. Certo Pisapia è rimasto incastrato tra Formigoni prima e Maroni poi ma di una netta posizione di dissenso non se n’è mai sentito il profumo. E oggi vale la pena riconsiderare addirittura gli allarmi di Boeri. Questo EXPO così com’è non era nella testa di chi ha votato la giunta milanese e questo è un fatto politico.
Né la corruzione né i ritardi sono il problema principale di Expo 2015. Il problema principale è che l’Expo non sarebbe dovuto accadere. Esso è nato e cresciuto sull’onda di un’orgia di retorica[…]
Sia chiaro: la decisione di fare l’Expo è stata prima di tutto politica ed emotiva, e sarebbe stata presa in ogni caso. Tuttavia questa ubriacatura collettiva è stata supportata e legittimata da stime economiche azzardate, che ne hanno avallato i voli pindarici. Accettate acriticamente dai mezzi di informazione, ripetute e tramandate poi in innumerevoli occasioni, sbandierate da politici e commentatori, queste stime hanno instillato il miraggio di centinaia di migliaia di posti di lavoro e di altri enormi benefici economici a costo zero.
La frase qui sopra è di Roberto Perotti de Lavoce.info ed è la voce di un economista, mica di un avversario politico e un membro del “partito del No” come amano dire alcuni esponenti di destra e di centrosinistra. Le motivazioni sono elencate in questa pubblicazione scaricabile gratuitamente.
Fabrizio Gatti svela la cronaca delle riunioni degli ultimi mesi sui cantieri Expo. Leggere il suo pezzo per L’Espresso rende l’idea di quanto i controlli siano un fastidio per qualcuno e quanto i ritardi rischino di diventare un affare nell’affare.
Trovate tutto qui.