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Lavoriamo male, lavoriamo in pochi, lavoriamo troppo. (Left, sabato, in edicola)

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DISOCCUPATI E WORKAHOLIC

Lavoriamo male, troppo e in pochi. Ma c’è un’alternativa.
di Marco Craviolatti

UN SINDACALISTA IN PARLAMENTO
Giorgio Airaudo, il Jobs act e la sinistra.
di Giulio Cavalli

IL BEN-ESSERE AL CENTRO
Sen, Stiglitz e Fitoussi teorizzano un indice alternativo al Pil.
di Anna Pettini

E SE DIVENTASSIMO TEDESCHI?
Cosa c’è dietro il “modello” Merkel.
di Matteo Marchetti

l’intervista
PAROLE COME PUGNI
«No Jobs act». Parla il pugile Lenny Bottai.
di Dario Giordo

giustizia
ERRORI COLPEVOLI
La responsabilità civile dei magistrati secondo il pm più temuto della Brianza.
di Salvatore Bellomo

istruzione
IL LATO OSCURO DELLA SCUOLA
Le paritarie: scarsi risultati e docenti sfruttati.
di Donatella Coccoli

società
TUTTO FUORCHÉ NOMADI
La middle class “zingara” tra casa e lavoro.
di Ilaria Giupponi

reportage
GAZA CITY NELLA CITTÀ CHE RESISTE SEI MESI DOPO
L’attacco israeliano.
di Cristina Mastrandrea

palestina
CENT’ANNI DI RICOSTRUZIONE
Analisi e dati del rapporto Oxfam.
di Umberto De Giovannangeli

conflitti
IL TEMPO SOSPESO DELL’UCRAINA
Tra i ribelli filorussi e i fedeli di Poroshenko.
di Michela A.G. Iaccarino

bolivia
IL COCALERO CONTRO L’FMI
Ecco perché Evo Morales è al terzo mandato.
di Massimo Panico

archeologia
ATTACCO ALLA CULLA DELLA CIVILTÀ
Fermare la furia iconoclasta dell’Isis con il sapere e azioni politiche. L’esperienza degli archeologi D’Agostino e Valentini.
di Simona Maggiorelli

cinema
I LEONI DEL FUTURO
Giovani e agguerriti registi sbarcano a Venezia.
di Tiziana Barrillà

TUTTI I VOLTI DEGLI UOMINI
Cosa aspettarsi dallo Short festival.
di Giorgia Furlan

scienza
I VISIONARI DI TRIESTE
La sfida di scienziati che vedevano lontano.
di Pietro Greco

L’Europa. L’avevamo sognata bellissima

Schermata 2015-03-08 alle 08.54.49Il monologo su Left in edicola da sabato 7 marzo è scritto da Emmanouil Glezos con me. Glezos è un vecchio partigiano greco ora eurodeputato di Syriza. L’Europa che avevamo in mente era molto diversa da quella che ci ritroviamo e abbiamo voluto raccontarlo con poesia. Questo è il video del monologo recitato:

Jobs act, Italicum, responsabilità civile dei magistrati: Berlusconi lo diceva. Renzi lo fa. (Left in edicola da sabato, eh)

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Il numero che abbiamo preparato per le edicole di questa settimana (da sabato, eh). Ci abbiamo messo dentro il Presidente Narciso e molto altro. Tra le altre cose sono onorato  di avere avuto l’occasione di scrivere il monologo di carta di questa settimana con il partigiano (e Parlamentare Europeo) Emmanouil Glezos. Ecco l’indice:

IL CAVALIERE MATTEO

Jobs act, Italicum, responsabilità civile dei magistrati: ma se l’avesse fatto Berlusconi?
di Luca Sappino

Eccitato da Sergio
C’è grande feeling tra Renzi e Marchionne.
di Checchino Antonini

Lasciate lavorare il bullo
Arriva Renzi: il linguaggio diventa pop.
di Giulio Cavalli e Giorgia Furlan

l’intervista
In sella contro la mafia
Giuseppe Cimarosa, nipote di Messina Denaro: «Vivo di teatro».
di Giulio Cavalli

criminalità
La bufala è servita. Dai clan
La mozzarella fra truffe e camorra. Il punto sulle agromafie con Caselli.
di Francesco Maria Borrelli e Raffaele Lupoli

politica
Alternativa cercasi
I fuoriusciti 5Stelle in cerca di un partito.
di Ilaria Giupponi

inghilterra
Elezioni, dizionario sintetico
Guida pratica prima del voto di maggio.
di Massimo Paradiso

Il candidato che sfotte Farage
Il comico Al Murray sfida il leader Ukip.
di Virginia C.Grieco

l’analisi
Iran in fumo
Consumo record di droghe e pene severe.
di Maziyar Ghiabi

siria
Damasco ignorata
Parla il capo dei non jihadisti Khoja.
di Umberto De Giovannangeli

nigeria
Tratti di corruzione
La storia di Dotun Oloko, che denuncia i traffici illegali.
di Giacomo Zandonini e tavole di Claudia Giuliani

sessualità
Pillola libera tutti
Storia dell’inventore dell’anticoncezionale più famoso del mondo.
di Pietro Greco

Ribelli alla natura
I nuovi orizzonti della fecondazione assistita raccontati da Edoardo Boncinelli.
di Simona Maggiorelli

Il sesso delle millennial
Le serie tv che formano le ragazze.
di Giorgia Furlan

letteratura
A lezione da Pinocchio
I maestri irregolari da Collodi a Bergson.
di Filippo La Porta

musica
A tempo di libertà
Incontro con Jovica Jovic.
di Tiziana Barillà

#maiconsalvini anzi: in gioco per l’uguaglianza

Ilaria presenta il numero di LEFT in edicola domani. Ci abbiamo messo tutto il buonpensare che abbiamo trovato in giro:

20150228_Left_N72015-800x500Un numero denso questo. Nel giorno in cui Salvini scende per la prima volta in piazza a Roma, Left partecipa a #maiconsalvini con tutte le sue pagine.

In copertina la foto Lilian Thuram, ex calciatore della Nazionale francese che da anni si batte contro il razzismo, scrivendo libri e costruendo iniziative con la sua Fondazione. Nell’ultimo, Per l’uguaglianza, ci spiega come il razzismo sia una costruzione sociale, «razzisti non si nasce, si diventa», che va combattuta perché il colore della pelle non ha alcun valore e la chiave di tutto è nell’uguaglianza degli esseri umani.

Nella lunga intervista che leggerete su Left spiega quanto sia “pericoloso” il pensiero di Salvini e quanto occorra contrapporgli un nuovo Umanesimo. Perché nel frattempo in Italia la Lega si fa nazionale e prova a conquistare il Sud spostando l’asticella della xenofobia oltre Lampedusa, in quel Mediterraneo dove uomini donne e bambini continuano a fuggire da guerre e miserie. Ironicamente, nel secondo monologo di carta di Saverio Tommasi titoliamo “Essere razzisti conviene”, nel tentativo di dirvi, raccontarvi quel “mal pensare” di cui abbiamo scritto anche la scorsa settimana.

Troverete poi uno speciale di otto pagine su una delle emergenze sanitarie che l’Italia si trova ad affrontare, la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, quelli dove finiscono le mamme assassine o i Chiatti della storia. Dove finiranno queste persone? Chi se ne prenderà cura? Dove e come verranno curate? Sono le mura il problema? La discussione tra psichiatri e magistrati è complessa.

E tanto altro, un’inchiesta su Terna e i fatti dell’Emilia-Romagna: per una normale nevicata  nel 2015 non si può rimanere cinque giorni al freddo e al buio. E ancora tanto mondo: gli economisti Kelton e Galbraight dietro la svolta a sinistra di Obama; le ultime mosse di al Sisi; le elezioni in Israele e un racconto graffiante di tutti gli errori italiani in Libia che dovrebbero convincerci oggi a starne lontani.

In cultura Salvatore Settis, Paolo Berdini, Tomaso Montanari lanciano un grido d’allarme per il maxiemendamento del Pd che stravolge il Piano paesistico della Regione Toscana. Ma anche Michele Palazzi, il fotografo italiano vincitore del World press photo award, e Carolina Bubbico, giovane direttrice d’orchestra di talento. Buona lettura e buon #maiconSalvini.

A proposito di #Salvini: Left di questa settimana, da sabato in edicola.

B-yIBw6WwAAG_h5.jpg:largeQUANDO SONO DIVENTATO NERO

Intervista all’ex nazionale francese Lilian Thuram, autore del libro Per l’Uguaglianza
di Dario Giordo

TUTTI SUL CARROCCIO
La Lega Nord sbarca al Sud: e raccoglie i consensi della destra.
di Tiziana Barillà

XENOFOBI IN SCENA
MatteoSalvini si prepara alla manifestazione nella “Roma ladrona” del suo predecessore.
di Raffaele Lupoli

SECESSIONE ADDIO
L’apertura al Sud crea scompiglio alla Lega Nord.
di Giulio Cavalli

speciale
OLTRE GLI OPG LA NEBBIA
I nodi da sciogliere alla vigilia della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari.
di Donatella Coccoli

inchiesta
ROMPICAVO
Cosa c’è dietro alla nevicata che ha bloccato l’Emilia-Romagna? Da Terna spa più dubbi che risposte.
di Sarah Buono e Ilaria Giupponi

usa
I “GUFI” DI OBAMA
Kelton e Galbraight. Ecco chi c’è dietro la strategia anti crisi.
di Stefano Santachiara

egitto
IL GENDARME DEL MEDITERRANEO
Dal Cairo il presidente al Sisi muove le sue truppe contro lo jihaidismo.
di Umberto De Giovannangeli

libia
PERCHÉ I LIBICI CI ODIANO
Crimini di guerra, crociate contro gli arabi e deportazioni. Le imprese italiane in Libia.
di Matteo Marchetti

israele
AL VOTO SULLA SHOAH
Netanyahu usa l’Olocausto per conquistare voti.
di Umberto De Giovannangeli

patrimonio sos
LUPI DI TOSCANA
A rischio il Piano paesistico della Toscana. La denuncia di Settis e Montanari.
di Simona Maggiorelli

fotografia
IL MESTIERE DI FOTOGRAFO
Michele Palazzi ha vinto il Wpp Award con un progetto sulla Mongolia.
di Filippo Trojano

il ricordo
IL MIO MAESTRO SEVERISSIMO
Giulio Cavalli racconta Luca Ronconi.
di Giulio Cavalli

musica
CRESCIUTA A PANE E SPARTITI
Parla la giovane direttrice d’orchestra Carolina Bubbico.
di Diletta Parlangeli

Non abituarsi mai al mal pensare

L’editoriale di Ilaria Bonaccorsi su Left in edicola di questa settimana. Ne vale la pena:

0429F01-benpensanteOgni volta mi chiedo cosa pensano i benpensanti, che poi sono malpensanti perché pensano male. Quelli che non volevano gli immigrati, quelli che dicevano che dovevano stare a casa loro, quelli infastiditi dall’“invasione” quotidiana e da quella solo immaginata nella loro testa.

Ogni volta penso: e ora? Ora, davanti ai morti di freddo ci penseranno a cosa vuol dire morire di freddo? Morire assiderati aspettando di essere salvati. Ma non essere salvati perché si è a qualche miglia più in là del previsto. Del concesso. Sì perché Mare nostrum che costava troppo (così ci diceva questa Europa qui) aveva la funzione di “ricerca e soccorso” e si spingeva sino a 172 miglia a largo. Arrivava, raccoglieva e portava in salvo.

Triton, figlio sempre di quest’Europa qui, ha invece l’obiettivo “di contrastare l’immigrazione irregolare”, di controllare le frontiere. E di proteggere la nostra Fortezza Europa. E non va più in là di 30 miglia. A 31 sei morto. Non sei più affar nostro. “Lasciateli lì” ha detto il peggiore dei benpensanti, Matteo Salvini. C’è stato un mese strano della mia vita, quasi un anno fa, passato in giro per l’Italia centrale a raccontare – tra le cose che ritenevo importanti – di un grande pannello, grande come il Mediterraneo, e di tante lucine che si accendevano ogni volta che in quel mare un’imbarcazione era in pericolo. Una lucina accesa voleva dire partire per cercare e salvare quelli lì fuori. A largo, soli. Immagino che oggi le stesse lucine continuino ad accendersi ma che quello stesso pannello grande come Il Mediterraneo non serva più a nulla. A meno che la distanza non sia quella “giusta” per quest’Europa qui. Vite umane considerate armi da fuoco dalle quali difendere la nostra Fortezza.

Come quando nel XV secolo riempirono le torri medievali facendone dei terrapieni per resistere alla polvere da sparo dei nuovi cannoni, oggi sbarrano le frontiere per resistere a uomini, donne e bambini che fuggono in massa da guerre e arrivano da noi frettolosi e disperati. Questa “Europa qui” è la stessa che non vuole concedere tempo, non denaro, alla Grecia per salvarsi. Ed è la stessa che ha calcolato il risparmio se invece di spingersi fino a 172 miglia per soccorrere qualcuno ci si ferma a 30 per proteggere se stessi. Quest’Europa qui calcola il risparmio e il guadagno. «Alla “colpa” di essere ebrei o zingari abbiamo sostituito quella di essere nati in Paesi resi invivibili. Ma poco per volta, ci abituiamo a tutto. Sembra che si parli di denaro. Invece si parla di sterminio», così scriveva qualche giorno fa Guido Viale su il Manifesto. Questo è il problema: «Sembra si parli di denaro, invece si parla di sterminio».

Ecco, Left è il luogo dove non ci si abitua. E non ci si abituerà mai a quel “mal” pensare. Perché quel pensare, come vi racconteranno due giovani giornalisti (Veronica e Giacomo) che firmano l’inchiesta di apertura, produce numeri, sbarre, farmaci, sofferenza, contenzione, abbandono. Trasforma centri di identificazione in veri carceri occupati a “contenere” (anche farmacologicamente) chi, per sua sfortuna, vi capita. Sulle pagine di Left, anche questa settimana come le prossime, troverete tutto quello che abbiamo in corpo.

Di alcune cose imperdibili di questo numero voglio dirvi qui: del primo (di molti) lungo editoriale di Emanuele Ferragina, del primo “monologo di carta” (di molti) di Giulio Cavalli e Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, e di Sunjay Gookooluk. Giovane mauritiano recluso nel Cie di Ponte Galeria e autore di un magnifico diario di cui pubblichiamo alcuni stralci, come questo: «Non siamo extraterrestri, siamo umani. C’è chi scappa da una guerra, chi si vende tutto per andarsene dalla miseria, dai disastri naturali. Chi ha il potere, chiudesse tutti questi centri […] Ora sono le 22.30 e il carrello della terapia ha appena finito il suo giro. Oggi soffrirò le sbarre, la fame e anche l’insonnia visto che ho rifiutato tutti gli psicofarmaci. So solo che sono un artista, quello vorrei fare nella vita».

L’isola che c’è: Lampedusa raccontata a quattro mani con Giusi Nicolini

Tra le fortune del mio lavoro c’è anche la possibilità di raccontare persone eccezionalmente umane in questo mare (è il caso di scriverlo) di prepotenze e razzismo. Per questo sono molto fiero di avere aperto l’appuntamento dei “monologhi di carta” che usciranno ogni settimana su Left con un pezzo scritto a quattro mani con la sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini. Qui sotto c’è il video, il testo è su Left in edicola da oggi:

Il numero di Left in edicola domani: cosa ci abbiamo messo dentro

La presentazione del prossimo numero con le parole di Ilaria Bonaccorsi:

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Se sopravvivono e riescono a sbarcare vivi, li chiudiamo nei Cie. E se qualcuno di quei sopravvissuti capita nel Cie di Ponte Galeria a Roma è sfortunato il doppio. Perché oltre ad essere contenuto fisicamente dentro delle mura lo è anche farmacologicamente.

Questa settimana Left vi racconta come l’uso di psicofarmaci (antipsicotici, neurolettici, antidepressivi, benzodiazepine fino al metadone) in questa struttura sia  fuori controllo. Il risultato? Spesso “gli ospiti” escono con nuove dipendenze. Farmacologiche.

Uno di loro, un invisibile, come si definisce Sunjai, ha scritto uno splendido diario mentre era lì e ci ha permesso di pubblicarne ampli stralci che troverete su questo numero insieme al nostro primo monologo di carta. Primo di tanti, questa settimana Giulio Cavalli insieme a Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa, ha scritto “L’isola che c’è” e così ogni volta tenteremo di affrontare con la letteratura, il teatro, la poesia, fatti di attualità. Per trovare un’altra chiave, un altro modo  di raccontarvi ciò che accade.

Come troverete, il primo editoriale, di molti, di Emanuele Ferragina, autore di uno dei libri più interessanti del 2014 (La maggioranza invisibile) e poi lunghi e approfonditi servizi su l’Expo di Milano, la comunità araba in Italia che tutto vuole fare meno che  “invadere”, il fronte libico e l’Italia che scalda i motori, e quello ucraino.

L’intervento di Giulio Marcon (indipendente di Sel) che ci parla dell’art. 78 della nostra Costituzione. E sei pagine, per cercare di capire genesi e crescita della nuova sinistra spagnola di Podemos. Uno ad uno l’analisi dei riferimenti culturali del movimento e la mappa dei nuovi circoli che stanno nascendo in tutta Europa.

E poi tanta cultura, le commedie di Shakespeare e un ricordo di Elsa Morante. La scienza di Pietro Greco e tutto quello che avreste voluto fare questo fine settimana secondo noi! Buona lettura.

LEFT: questa settimana cosa ci abbiamo messo dentro

Da oggi il nuovo numero di LEFT è in tutte le edicole. E dentro ci sono anch’io. E questo è quello che ci abbiamo messi dentro. Sono sempre ben accetti consigli, suggerimenti, critiche , etc. etc.

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YANIS VAROUFAKIS

Da Marx alla Teoria dei giochi. Ecco chi è l’uomo che sfida la Troika. Il passato, gli studi, la strategia. E un’idea alternativa alla finanza globale che si fonda su proposte serie.
di Nicolò Cavalli, Guido Iodice, Ernesto Longobardi, Anna Pettini, Andrea Ventura

politica
DE MAGISTRIS: «RICOMINCIO DA NAPOLI»
Parla il sindaco, paladino di un nuovo meridionalismo. Intanto è fuoco incrociato sull’acqua pubblica.
di Tiziana Barillà e Raffaele Lupoli

precari
COME RIFORMARE IL LAVORO
Idee e proposte in attesa degli altri decreti del Jobs act di Matteo Renzi.
di Michele Azzu

spazi urbani
OPPORTUNITÀ DA RIUSARE
Edifici abbandonati diventano occasioni di lavoro, contro le speculazioni edilizie.
di Veronica Di Benedetto Montaccini

speciale mafie
AEMILIA, LA VIA DELLA ’NDRANGHETA
Un nuovo sistema criminale corre lungo l’antica strada. E coinvolge tutti, anche la politica. Voci e cronache da una realtà inquietante.
di Sarah Buono, Giulio Cavalli, Ilaria Giupponi, Stefano Santachiara

terrorismo
ATTACCO ALL’ISIS
La rete di hacker Anonymous chiude account jihadisti. E la Giordania schiera le truppe.
di Umberto De Giovannangeli

conflitti
POLVERIERA UCRAINA
La crisi del Paese mette a rischio le quattro centrali nucleari. Torna l’incubo Chernobyl.
di Massimo Panico

l’intervista
LA MUSICA SALVA
Oltre 4mila opere di autori internati nei lager.
Francesco Lotoro racconta la sua ricerca.
di Flore Murard-Yovanovitch

junior
COME MAMMA MI VUOLE
Un esercito di baby modelle alimentano lo show biz. Ma chi sono? Parlano gli esperti.
di Simona Maggiorelli

paleontologia
GLI AMANTI DI MANOT CAVE
Il cranio di sapiens scoperto in Israele apre nuovi scenari. Anche sui Neanderthal.
di Pietro Greco

spettacolo
MA L’AMORE NO
Festival di Sanremo: trionfa la melassa.
di Diletta Parlangeli

musica
UN CANTAUTORE FUORI DI SÉ
Giovanni Truppi classico e sperimentale.
di Paola Mentuccia

La sinistra, Mattarella e la minestrina

Nel numero di questa settimana di LEFT (in edicola a partire da ogni sabato) abbiamo voluto vedere “da sinistra” l’elezione del Presidente della Repubblica e i fatti della settimana. Si apre così la mia collaborazione con il settimanale e quindi se cercate LEFT dentro troverete (anche) me. Questo è il mio editoriale di questo numero:

20150130_Left_N42015-800x500Quando ero bambino una volta alla settimana toccava obbligatoriamente la minestrina. Non si sfuggiva: ogni settimana era un supplizio inevitabile condito dall’entusiasmo descrittivo di mia madre che me la impiattava con iperbolici aggettivi ogni settimana nuovi e diversi, eppure ogni settimana era poi sempre solo la solita minestrina. Un mio compagno di giochi, avremo avuto sì e no cinque o sei anni, mi raccontò di essere riuscito a superare la minestra di casa convincendosi che fosse buonissima. «Ma ti piace?», gli chiesi e lui: «No, ma se mi convinco che è buona prima o poi magari la mangio volentieri». Fu così che capii che i problemi sono spesso comuni ma le soluzioni invece sono molto differenti.

Matteo Renzi, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, come spesso accade, ha voluto essere la mamma con la minestrina obbligatoria e contemporaneamente l’amichetto furbo che ti aiuta a scamparla, e non stupisce che ci sia riuscito ma atterrisce il come: ha capito che per portare a compimento il proprio processo politico (rivestire di sinistrofila modernità la stantia democristianità) serviva aggiungerci i sapori giusti dell’antimafia, del lutto, della mitezza, di un consono cattolicesimo, e il menù fisso sarebbe stato un successo. E infatti i sempiterni democristiani Fioroni e Rosy Bindi (ma anche qualche forzaitaliota e i nuovicentrodestri) hanno pianto lacrime di gioia sull’elezione di Sergio Mattarella. Dicono che Renzi sia stato bravissimo a trovare un candidato che il centrodestra non poteva non votare, scrivono i giornali in uno spaventoso coro unanime che Renzi ha spaccato il centrodestra, esultano i morotei, esultano i miglioristi, esultano i fanfaniani.

E la sinistra? Non pervenuta: inghiottita nel conformismo del pensiero unico e disarmata dall’odore di incenso. Non sia mai che si parli di un famigliare vittima di mafia uscendo dal pietismo piallante, non sia mai che si metta in discussione un democristiano solo perché democristiano, un cattolico solo perché cattolico, o un politico solo perché riservato: in questo Paese la mediazione al ribasso è una vittoria politica, il servilismo intellettuale un cromosoma trasversale e il dibattito è solo un esercizio stanco da campagna elettorale e così la laicità, la lotta sindacale, i diritti (verrebbe da scrivere: la sinistra) sono stati sospesi per apparecchiare tranquilli al nuovo Presidente.

I resti della “sinistra” (a sinistra del Pd e a sinistra nel Pd) ci dicono che poteva andare peggio, anzi ci invitano a brindare, ad apprezzare l’unità popolare, da Sel addirittura sottolineano che fu quello stesso Mattarella che si dimise per protesta contro Berlusconi e il voto sulla legge Mammì (era il 1990: Matteo Renzi aveva 15 anni, per dire) e che anzi dovremmo tutti concordare sul fatto che l’assenza dal dibattito politico sia un requisito presidenziale obbligatorio. No, scusate, non mi convinco, no: non ha vinto Renzi, ma ha abdicato questa sempre più logora sinistra che non ha gli strumenti culturali per descrivere uno slancio, per riuscire a vivere il momento “politicissimo” delle elezioni presidenziali un po’ più “in alto” di una settenaria riunione condominiale, per raccontare un’altra storia (come si diceva da queste parti prima di diventare tutti così vecchi e fiacchi).

Eravamo ai preliminari con i safari “sinistrosi” tra Syriza e Podemos, ci siamo sorbiti i pavoneggianti delle Leopolde sinistre e ora dovremmo esultare per la minestrina? No, grazie. Grazie, no. Scrive Mark Cirino che «la gente che dorme sotto la coperta del conformismo riposa bene, si fa le sue belle otto ore di sonno, ma fa sogni squallidi». Noi qui facciamo tanto per stare svegli, invece.