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Una settimana da ottimista a Milano

Una Milano migliore c’è. Basta andare una mattina qualsiasi di queste ultime settimane nelle piazze, nei mercati, nei circoli, nelle librerie e negli uffici. Una Milano che non ha bisogno di strateghi per martellare futuro ma che il proprio futuro chiede solo di poterlo interpretare. Giuliano Pisapia in questa campagna elettorale ha avuto il merito di accendere un’uguaglianza che a Milano non si respirava da tempo: persone così diverse per indole, professione, funzione e storia che si sono riunite, si sono divise i compiti, hanno messo sul tavolo i propri luoghi e le competenze e sono scese a riprendersi la città. Partendo dalle periferie per convenire in piazza. Senza preoccuparsi di pose e telecamere. Convergere sul futuro dei cittadini (che faranno la città), tornando alle persone come Milano si era dimenticata di fare.
Questa settimana me la voglio regalare da ottimista. Mica con l’ottimismo miope del kamikaze, ma con l’ottimismo di chi è confortato dal profumo che sprigiona la corsa, dall’ottimismo che si respira per la città e dalla voglia rinnovata. Un’onestà vogliosa qui a Milano era merce rarissima, avevamo temuto che le voglie fossero solo gocce delle macchie del re.
L’ottimismo di chi ha troppe cose da chiudere questa settimana per preoccuparsi degli stessi, soliti, amici degli amici della Moratti o impegnarsi a smentire il cerchiobottismo dell’estremo Centro, e evitando di rispondere alla Lega evitando di confondersi. Ci sono troppe persone in giro a cui raccontare e chiedere di raccontare la Milano che è già negli occhi delle migliaia di persone che costruiscono la città che vorrebbero loro e che vorrebbe Giuliano Pisapia.
Evitando anche antipatiche preoccupazioni sul Movimento 5 Stelle o altri (tra l’altro qualcuno un giorno dovrà spiegarmi secondo quali oscure statistiche si è certi che tutti quei voti debbano per forza appartenere al centrosinistra). Sui temi credibili e concreti gli uguali convergono. Altrimenti, semplicemente, sono altro.
Milano può cambiare. Insieme.

DONADI E CAVALLI: DIECI DOMANDE (PIU’ UNA) PER LETIZIA MORATTI

Il PDL milanese (dimenticandosi di avere il proprio leader in tribunale a rispondere di frode fiscale e appropriazione indebita) decide di stilare una lista di domande a Giuliano Pisapia. Letizia Moratti ultimamente annaspa dimenticandosi che il ruolo di candidato sindaco è quello di proporre, piuttosto che opporre. Io e l’onorevole Massimo Donadi avevamo in tasca da qualche mese qualche curiosità. Quale giorno migliore per porle alla candidata sindaco Letizia Brichetto (per gli amici Moratti) se non oggi? Attendiamo fiduciosi le risposte…


1. Come è riuscita nella difficile impresa di battere ogni record di assenteismo nel Consiglio comunale della ‘sua’ Milano?

2. Dopo l’annuncio dell’abbattimento della bat-casa del figlio, ritiene risolto il problema dei furbetti del mattone che, nell’ombra hanno governato in questi anni a Milano

3. Quando intende raccontare ai milanesi dei rapporti non sempre trasparenti tra la sua Giunta e il pregiudicato Ligresti?

4. Dal momento che il tema di Expo 2015 è ‘Nutrire l’ambiente, quando smetterà di occuparsi di cubature, proprietà e Pgt focalizzando finalmente l’impegno di Milano sui contenuti piuttosto che suoi contenitori?

5. Perché i milanesi che hanno diritto ad un alloggio Aler si ritrovano in lunghissime liste d’attesa mentre la criminalità organizzata continua ad offrire alloggi popolari a prezzi vantaggiosi e in tempi record? Quale è la sua posizione sulle recenti indagini che coinvolgono i vertici di Aler?

6. Quando riterrà di aver acquisito le competenze necessarie per spiegare ai milanesi i ‘vantaggi’ della sua operazione-derivati, che ha portato le casse comunali ad un indebitamento record? Quando riuscirà a scegliere i consulenti senza essere ripresa dalla Corte dei Conti?

7. A seguito dell’ultimatum che ha lanciato: “O me o Lassini”, lette le diverse posizione dei suoi compagni di partito, le risulta sia stata presa una decisione dai probiviri del PdL? E se sì, chi esce di scena?

8. In considerazione della sua conclamata volontà di favorire la scuola privata, perché non ha inserito nei suoi manifesti elettorali le macerie dei fatiscenti istituti scolastici pubblici milanesi cronicamente provi di risorse?

9. Augurandosi che dopo le centinaia di arresti degli ultimi mesi di uomini di ‘ndrangheta anche lei (ultima dei negazionisti) si sia ricreduta, come ci si sente da Sindaco uscente di una città in cui la mafia esiste?

10. Avendo ritenuta non legittima una commissione antimafia durante il suo mandato, la scelta di candidare nelle proprie liste persone che hanno avuto frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata, rientra in una precisa linea di governo?

10+1. Quando ha intenzione di iniziare la campagna elettorale, smettendo di gettare fango sugli avversari? Quando illustrerà suoi programmi e le sue proposte invece di chiedere quelle degli altri? Insomma, quando darà risposte smettendo di fare domande?

 

Consigliere Regionale Lombardia – Giulio Cavalli

Capogruppo alla Camera – Massimo Donadi

 

 

 

Ecco la mozione sulla vicenda ASL Milano 1 nomina di Pietrogino Pezzano

MOZIONE

Ecco la mozione che ho presentato sulla vicenda Pezzano. La mia mozione è stata sottoscritta (oltre IDV) anche da UDC, Sel, Pensionati e PD. La discussione è fissata per la prossima seduta del Consiglio di martedì 18.

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PREMESSO CHE

con delibera n. 1095 del 23/12/2010 la Giunta Regionale ha provveduto a nominare Pietrogino Pezzano direttore dell’ASL Milano 1;

CONSIDERATO CHE

come risulta dalle cronache di stampa, il nome di Pezzano è comparso nelle carte della maxi inchiesta contro la ‘ndrangheta Infinito della Procura di Milano come soggetto nominato in alcune intercettazioni del boss della ‘ndragheta pavese Pino Neri ed inoltre risulta essere stato fotografato in compagnia dei boss della ‘ndrangheta Saverio Moscato e Candeloro Polimeno;

RILEVATO INOLTRE CHE

risultano esserci altre intercettazioni che confermano i contatti del Direttore Generale Pezzano con i malavitosi Candeloro Polimeni e Giuseppe Sgrò, fratello di Eduardo Sgrò arrestato ex art. 416 bis c.p.;

EVIDENZIATO CHE

alcune forze politiche del centrosinistra di Monza,  avevano scritto a Formigoni affinché disponesse la sua sospensione, da direttore generale della Asl di Monza e Brianza e nonostante ciò la Giunta Regionale, come evidenziato in premessa, ha recentemente promosso e nominato, Pietrogino Pezzano Direttore Generale dell’Asl Milano 1, tra le più grandi in Lombardia;

CONSIDERATO INOLTRE CHE

nel territorio afferente alla ASL Milano 1, in questi giorni, si sono svolte manifestazioni, raccolte di firme promosse da amministratori, forze politiche e cittadini che denunciano ciò che è stato evidenziato e richiedono la rimozione del nuovo direttore generale;

ATTESO CHE

il Consiglio Regionale della Lombardia e il Comitato ristretto della Commissione Consiliare II “Affari Istituzionali” si sono impegnati facendo fronte comune per contrastare fermamente qualsiasi tipo di infiltrazione della criminalità organizzata, soprattutto all’interno delle istituzioni e degli enti pubblici;

ATTESO INOLTRE CHE

la Presidenza del Consiglio ha più volte ribadito da un lato il ruolo di garanzia cui è chiamato il Consiglio Regionale e dall’altro la necessità che non vi siano ombre relativamente ai soggetti chiamati a dirigere enti di particolare importanza quali le Aziende sanitarie in Lombardia;

IMPEGNANO IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA

DELLA REGIONE LOMBARDIA, ROBERTO FORMIGONI,

NONCHÉ LA GIUNTA REGIONALE LOMBARDA

  • Affinché, alla luce della situazione e dei fatti sopra descritti, provvedano alla revoca del provvedimento in base al quale il sig. Pietrogino Pezzano è stato nominato Direttore Generale della ASL Milano 1, anche in base a quanto previsto dalla delibera della Giunta Regionale n.304 del 21/07/2010, che prevede la possibilità di revoca dell’incarico di direttore generale in caso in cui si manifestino gravi incompatibilità e/o conflittualità tra le istituzioni locali e il direttore generale;
  • A rivedere le modalità e il metodo di scelta dei direttori di asl ed aziende ospedaliere secondo criteri di trasparenza e valorizzazione della qualità professionale anche tramite l’istituzione di un’autorità terza che valuti i profili professionali dei candidati iscritti agli albi;

Milano, 12 gennaio 2011

Le 4 giornate di Milano per la Costituzione

Il Popolo Viola di Milano ha una virtù da clonare: la quotidianità. Quotidianità intesa come perseveranza sui temi senza mai fermarsi allo stucchevole evento o cadere nella tentazione del tempo precox dell’intervista e del comunicato stampa. Sono stati (e lo sono) a Adro i custodi più presenti (più di tutti i partiti) contro il leghismo becero e strabordande del sindaco Oscar Danilo Lancini (a proposito, corre voce che comunque a forza di buffonate si sia già quasi meritato un posto in Parlamento…) e i simboli da rimuovere, condannati e mai rimossi sulla scuola cittadina; sono in ogni angolo a volantinare perché non si posi la povere sulla democrazia in decomposizione; sono i megafoni di chi spesso sui giornali non ha voce.

Ora decidono di “occupare” Milano per quattro giorni per parlare di legittimo impedimento, di Mirafiori, di immigrazione, diritto allo studio, libertà d’informazione, condizione femminile e non ultimo il tema della corruzione e della mafia . Se fate un salto (che vale la pena fare) ci vediamo lì.

QUI L’EVENTO FACEBOOK

La società civile a Milano, armata di Costituzione, vi invita a partecipare a

LE QUATTRO GIORNATE DI MILANO PER LA COSTITUZIONE

Con cui incoraggeremo i giudici della Consulta a firmare la palese incostituzionalità del legittimo impedimento

e gli operai della FIAT ad abrogare l’accordo separato di Mirafiori

MILANO PIAZZA SAN BABILA DAL 10 AL 13 GENNAIO DALLE 18 ALLE 22.

Abbiamo deciso di organizzare a partire da lunedì 10 gennaio 4 giornate consecutive di presidio in piazza San Babila dalle ore 18 alle 22 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che siamo di fronte ad passaggio estremamente delicato e drammatico per la nostra democrazia ed i principi della costituzione.

All’interno delle 4 giornate di presidio oltre ai temi della giustizia e del lavoro, troveranno spazio anche i seguenti temi : immigrazione, diritto allo studio, libertà d’informazione, condizione femminile e non ultimo il tema della corruzione e della mafia .

Per ora hanno confermato la loro adesione (in ordine alfabetico):


Adesso Basta!

Agende rosse

Circolo milanese di Libertà e Giustizia

Giovani Democratici Milanesi

Liberiamo Milano

Partito dei CARC

Popolo viola Milano

Qui Milano libera

Sinitah

Vittorio Agnoletto

Salvatore Borsellino

Sen. Giuliana Carlino

Giulio Cavalli

Loris Mazzetti

Carlo Monguzzi

Luciano Muhlbauer

Giuseppe Natale

Moni Ovadia

Diego Parassole

Ines Quartieri

Basilio Rizzo


referenti P.V.M

Rosita Macri’ : 3339125080

Giuseppe Cassata : 3383140093

Sede del Comune a Milano per Forza Nuova: qualcuno non ci sta

Aderisco convintamente all’appello della CGIL di Milano. Riportandovi la loro nota.

APPELLO

A TUTTE LE CITTADINE E I CITTADINI DI MILANO CHE SI RICONOSCONO NEI VALORI DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA NATA DALLA LOTTA DI RESISTENZA PER LIBERARE IL NOSTRO PAESE DALLA DITTATURA NAZI-FASCISTA

Abbiamo appreso la notizia dell’apertura in Corso Buenos Aires a Milano di una sede di Forza Nuova, in un locale di proprietà dell’Amministrazione Comunale di Milano.

Come ben sapete, Forza Nuova,  è una organizzazione di stampo nazi-fascista.

Tale notizia lascia tutti noi, cittadini democratici e antifascisti, sgomenti e preoccupati per la gravità e la portata di tale iniziativa che si colloca a ridosso della commemorazione dell’eccidio di Piazza Fontana.

Ancora una volta si prova ad infangare la memoria di Milano città medaglia d’Oro della Resistenza autorizzando e riconoscendo  spazi organizzativi e politici a forze che hanno sempre osteggiato la democrazia e la nostra Repubblica nata dalla Resistenza antifascista.

Noi non intendiamo assistere a questo scempio.

Noi non possiamo e non vogliamo stare fermi; non si può non vedere in questo gesto di Forza Nuova una provocazione politica che rischia di alimentare tensioni di cui francamente la nostra città e la nostra democrazia non ne ha bisogno.

Per questo chiediamo a tutti coloro che intendono opporsi in tutti i modi e in tutte le forme democratiche, e nel rispetto delle nostre leggi, di sostenere queste nostre ragioni!

Chiediamo al Comune di Milano, alla Questura ed alla Prefettura , un intervento immediato per  impedire l’apertura della sede di Forza Nuova.

A sostegno delle nostre richieste viene indetta una manifestazione cittadina per il giorno

SABATO 18 DICEMBRE 2010

Milano, i giovani e le “ronde di responsabilità”

Frediano Manzi, presidente dell’associazione SOS RACKET E USURA, qualche settimana fa aveva parlato chiaro: la mobilitazione che molti cittadini milanesi si aspettavano per denunciare ancora con più forza ed alta voce lo scandalo del racket degli alloggi popolari in città non si stava accendendo. Insomma, come spesso succede, semplicemente un’associazione (o forse sarebbe meglio dire una “battaglia”) aveva bisogno di gente. Mani, teste, cuori per dispiegare un esercito buono. I ragazzi di IDV Lombardia (e “ragazzi dentro” di Milano città) in poche settimane hanno organizzato un’invasione pacifica che ieri ha invaso 10 diverse zone “calde” della città: ronde di ascolto senza ridicole posture militare che, armate di banchetti e questionari, hanno chiesto agli abitanti della zona quali sono i nomi, quali i cognomi e possibilmente chi sono gli infami. Come un abbraccio che garantisca presenza, tutela ma soprattutto persone. Presenti, in prima linea che ci mettono la facci di fianco a Frediano e, senza nessun timore, anche il simbolo del proprio partito. Partito che ieri più che mai è stato un gruppo di persone organizzate con lo stesso obbiettivo. Per questo ieri Milano profumava di responsabilità e IDV tornava a fare quello che vogliamo e sappiamo fare meglio: metterci la faccia.

http://www.youtube.com/watch?v=E6FQE8fG6Es

Lea Garofalo sciolta nei sedili della nuova Metro

Nella classifica dei morti ammazzati da ricordare e da raccontare Lea Garofalo scivola veloce verso le posizioni di coda. L’omicidio della testimone di giustizia (conclusosi con il cadavere sciolto nell’acido il 25 novembre scorso nel quartiere monzese di San Fruttuoso) ha tutti i crismi per accendere compiti minuti di silenzio e piazze a lutto ma ha un solo, insuperabile, neo: è avvenuto qui giù al Nord, dove i morti ammazzati sono un livello d’allarme che è sempre meglio scavalcare perché altrimenti si sporca il grembiulino di questa Lombardia scolaretta disciplinata dell’antimafia per educande.

Eppure sono stati in molti a pensare (per l’ennesima volta) che quel cadavere di donna sbriciolato dentro l’acido sia capitato per caso nelle civilissime e padanissime periferie brianzole per un’orda di sudisti che a Milano è venuta con un tocca e fuggi prima di ritornare nel peloso sud. Sembra che sia sfuggito a molti che l’omicidio di Lea Garofalo è fallito a Campobasso ed è stato possibile con un furgone acceso nel centro di Milano. Come se Milano rispondesse meglio alle condizioni ambientali (e indifferenti) per consumare in pieno centro sequestri di persona di testimoni di giustizia. Questa è la prima brutta la notizia.

La seconda è stata scritta da Roberto Galullo qualche giorno fa ed è uno schiaffo ancora peggiore:  i carnefici di Lea Garofalo sono milanesi più dei milanesi, inseriti nel tessuto sociale, economico e imprenditoriale fino a mettere le mani (callose e sporche di sangue) negli appalti pubblici.

11 dicembre 2009, ore 18.39. Il cellulare di “Uorco” chiama un uomo straniero avisando che si trovava “di sopra, dove esce il cemento”. “Uorco” è il nome in codice di Vito Cosco detto Sergio che telefona passeggiando sul cemento del cantiere della linea 5 della metropolitana milanese. Per la precisione cantiere di Viale Zara. Vito Cosco è il fratello di Carlo. Carlo Cosco: mandante, secondo gli inquirenti, dell’omicidio di Lea Garofalo. Il pentito Salvatore Sorrentino il 30 aprile di quest’anno aveva dichiarato “Sergio e Giuseppe Cosco organizzavano anche il lavoro degli scavi della quinta linea della metropolitana milanese tramite i loro mezzi di movimentazione terra, probabilmente in ambito di subappalto”. Gli stessi Cosco che gestiscono (a Milano) gli affitti abusivi dell case popolari in via Montello e in Corso Como. Tutto questo mentre i fratelli si permettono di non comparire in nessun registro delle imprese. Unica segnalazione: un’attività di commercio all’ingrosso di materiali di costruzione intestata a Carlo. Sede legale in via Montello 6. A Milano.

Un assassinio becero tutto lombardo, milanese di casa. E nemmeno un minuto di silenzio, un secondo di riflessione dalla città da bere. “E’ Cosa loro”. Dicono. Come Letizia Moratti ci insegna.

Letizia Moratti: un sindaco un po’ così

Letizia Moratti ha sempre un sorriso sereno. Lo spegne soltanto quando finge contrizione per qualche lutto cittadino. L’importante è che il lutto sia rigorosamente bipartisan, perché la Letizia milanese ormai riesce a scontentare gli alleati anche per un funerale sbagliato. Letizia Moratti ha fantasticato su EXPO come una buona mamma con i propri figli per farli addormentare. Così almeno fino a domani mattina si riesce a stare in casa un po’ tranquilli e farsi con calma i fatti suoi. Poi su EXPO ha litigato un po’ con tutti: prima con i comitati (ma quelli, si sa, sono comunisti dell’ultim’ora), poi con il Presidente della Provincia di Milano (nomen omen Podestà), con il celeste Formigoni (che se non si parla di ASL o Ospedali rimane mediamente indifferente) fino ai proprietari dei terreni intorno a Milano (che la mala organizzazione di EXPO ha trasformato nei veri latifondisti feudali della Milano da bere). Per chiudere in bellezza, dopo le centinaia di arresti dei mesi scorsi, ha anche negato di avere negato che la mafia non esiste: una bugiarda al cubo. Ma con il sorriso.

Letizia Moratti si è stracciata le vesti contro questa finanziaria (promossa dal suo Governo) che taglia le finanze dei comuni. Ha rilasciato interviste su sobrietà e crisi mentre sullo sfondo la festa sfavillante di Dolce e Gabbana trasformava per una notte il Palazzo Comunale in un bidet per pochi intimi. Ha parlato di moralità della sua Giunta mentre a pochi metri il suo consigliere Milko Pennisi girava con 5000 € corrotte in un pacchetto di sigarette come un Paperinik in salsa padana. Ha promosso la rivoluzione dell’Ecopass e adesso ci dice di aspettare con calma il giudizio dei nostri pronipoti nel 2070, perché la fretta è cattiva consigliera. Ha detto di voler essere vicina alle periferie e oggi, a fine mandato, ci confessa di frequentarle di notte camuffata (per non essere soffocata dall’abbraccio della folla). Strano a dirsi, in verità: di notte le periferie milanesi sono deserte e buie come il suo programma di governo. In compenso le latterie in via Padova tra poco dovranno chiudere alle 14, così ci sentiremo tutti più sicuri da questo latticini serali.

Oggi la Moratti ha deciso di assegnare ai rom 25 alloggi Aler. Quegli stessi Rom che la sua Giunta sgombera preferibilmente di notte, in una giornata di pioggia, con meno sette gradi e se possibile con lo sciopero dei benzinai. Come i bambini sulla spiaggia che spostano la sabbia dal secchiello all’altro secchiello. Non serve a niente ma fa ridere e crea un po’ di polvere e movimento. Il ministro Maroni (che della Moratti dovrebbe essere alleato politico) dice che non spetta a lui metterci becco. Conferma comunque di essere poco d’accordo e dice che fatto lo sgombero non è più compito suo. Consigliata, eventualmente, la polverizzazione. Come sulla spiaggia. Il consigliere leghista Salvini (in forte ascesa per l’incredibile e irrefrenabile litanìa di cazzate consecutive) propone di sgomberarli, rimpatriarli, poi riportarli qui, metterli nelle case popolari per poi ricominciare da capo. Almeno riesce a stare in bella mostra sui giornali per i prossimi mesi.

Oggi Letizia Moratti è la ricandidata sindaca di Milano. Ha vinto le primarie del centro destra che si svolgono secondo un complicato percorso politico e meccanismo elettorale per cui chi manda per primo un sms a Re Silvio vince. Lei ha trovato libero e ha vinto.

La religione padana di Salvini

L’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, che, in fondo, sotto le sue sacre vesti (dicono i più informati) deve essere un comunista, negli scorsi giorni ha affermato che i musulmani “hanno diritto a praticare la loro fede nella legalità. E’ legittima la loro richiesta di avere un posto per pregare. La politica strumentalizza il problema della moschea”.

A questo punto la parte “più sensibile” del panorama politico ha parlato. Il ministro Roberto Maroni ha affermato “sono il ministro dell’Interno, non un costruttore di moschee” e il sempre attento Matteo Salvini ha ironizzato “se il cardinale ha fretta e ha già dimenticato l’occupazione del sagrato, ospiti gli islamici nei suoi immensi palazzi. Noi stiamo con quei parroci che a Milano e con coraggio anche nei Paesi islamici difendono la propria religione e la propria gente”.

Vorrei illustrare alla mente sicuramente già illuminata di Salvini quale sia il ruolo dell’arcivescovo e quale, a mio parere, dovrebbe essere il ruolo della politica.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi è la massima autorità della Chiesa cattolica in territorio ambrosiano. Salvini probabilmente, dedito al rito celtico, non capisce le dichiarazioni dell’arcivescovo semplicemente perché ignora totalmente una cultura che nel popolo italiano, anche quello del Nord, è radicata ovvero la cultura cristiana. Del resto, è lo stesso Salvini che fa riferimento ai parroci che difendono la propria religione. Ma qual è la religione di cui parla l’europarlamentare leghista?

Nel Levitico 19,33-34 si dice “quando un forestiero dimorerà presso di voi nella vostra terra, non lo opprimerete. Il forestiero dimorante fra voi lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Io sono il Signore, vostro Dio.” Il Deutoronomio 10,19 afferma “amate dunque il forestiero, poiché anche voi foste forestieri nel paese d’Egitto”, il vangelo di Matteo 25,35-36 “perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”, infine la Lettera agli Ebrei 13,2 asserisce “non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”.

Ebbene il cardinale è il rappresentante di questa cultura religiosa e non di una ottusa, antidemocratica e razzista presa di posizione nei confronti degli immigrati e di tutti coloro che non professano la fede cattolica.

La politica in un paese laico può contestare ed essere in disaccordo con le dichiarazioni dei ministri di culto e dei rappresentanti di ogni religione, ma non può utilizzare in modo volgare trazioni millenarie portandole a dire ciò che non hanno mai avuto intenzione di affermare. Il cardinale è il portavoce della religione cattolica e i suoi inviti rientrano perfettamente nell’insegnamento religioso. Deridere l’arcivescovo e relegarlo in un piano di distacco rispetto alle persone con cui i parroci si interfacciano quotidianamente non è solo un’arida denigrazione ma anche segnale di una totale ignoranza in tema religioso.

Forse prima di parlare di religioni e di islam bisognerebbe studiarne le radici, gli usi, i testi e vivere a contatto con chi professa ogni giorno la propria fede.

Non credo che Salvini conosca la cultura islamica ma, quello che più mi preoccupa, non penso abbia mai letto la nostra Carta Costituzionale. All’art.8 della Costituzione si legge che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” e all’art.19 che “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

Ritengo che la costruzione doverosa di un luogo di culto per una religione diffusa sul nostro territorio sia perfettamente in sintonia con la norma costituzionale e che affermare il contrario o, addirittura, proporre una legge affinché non si possano costruire moschee, sia anticostituzionale e, di conseguenza, antidemocratico.

Il cardinale Dionigi Tettamanzi ha dimostrato ancora una volta di essere più laico dei nostri laici politici leghisti che, talvolta, alzano la testa affermando di stare dalla parte dei cristiani. Caro Salvini, Le posso assicurare che i cattolici usi a leggere le Sacre Scritture non si sentono minacciati dalla costruzione di una moschea, ma dalla xenofobia razzista e violenta dilagante in questo Paese.