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mio padre in una scatola da scarpe

‘Mio padre in una scatola da scarpe’: la recensione de ‘L’indifferenziato’

(di Umberto Zimarri, qui)

Schermata 2015-11-26 alle 15.00.36Cos’è il coraggio in quei territori in cui ci “sono le guardie e i ladri”, il bianco e il nero ed abitare in mezzo non è possibile? Probabilmente può succedere anche che tu non te ne accorga ma sei già sporco di bianco o di nero, ma cosa significa vivere a Mondragone e desiderare semplicemente di coltivare un orto e godersi la famiglia essendo persone oneste, rifiutando compromessi, soprusi ed omertà? A queste e ad altre domande risponde il primo romanzo di Giulio Cavalli, Mio Padre in una Scatola di Scarpe, che racconta la storia dimenticata di Michele Landa, metronotte ucciso e bruciato vivo nelle campagne del casertano nella notte tra il 5 e 6 dicembre del 2006.

Il libro è intenso, coinvolgente, non lascia spazio alla stucchevole retorica perché vuole raccontare l’Italia delle minacce, della malavita, dei diritti negati ma anche quella delle persone con la schiena dritta che vogliono vivere con dignità che vogliono guardarsi allo specchio e vedere persone pulite. “Io non ci voglio entrare nel marcio di questo posto. Ma non ci voglio entrare mica fregandomene come hanno fatto tutti i nostri genitori, i nonni o gli zii: io non ci voglio entrare perché ancora so quello che è giusto e quello che è sbagliato, ancora so cos’è una prepotenza, e quindi mi difendo ma so. Si può vivere da onesti senza essere impauriti quiCosì Michele si rivolge alla sua amata, Rosalba la silenziosa. Il loro amore non è quello sdolcinato dei film, è quello della concretezza, dell’unità, del supporto ed è permeato di un sapore antico che lo rende speciale. Si sono amati fino all’ultimo momento, a quel maledetto turno di notte nella cooperativa Lavoro & Giustizia. Nessun funerale di Stato, nessun rappresentante delle Istituzioni presente, nessuna inchiesta, soltanto un vergognoso silenzio assordante spezzato dall’abilità letteraria di Cavalli, e dalla dignità di una famiglia che rappresenta l’essenza stessa di Michele, la sua vittoria netta nella sfida con il mondo. Anzi per dire la verità il comportamento nella fase di ricerca e post mortem riservato alla famiglia è stato a dir poco vergognoso ed ignobile. La figlia Angela, ricorda -“Quando ho sporto denuncia, un carabiniere mi ha detto che non dovevo preoccuparmi che sicuramente mio padre stava bevendo con qualche prostituta da qualche parte e che sarebbe tornato a casa”, mentre Michele racconta come con i fratelli al deposito giudiziario abbiano trovato un femore, la fibbia della cintura del padre, le chiavi di casa e altre ossa, così se lo sono portati via in una scatola di scarpe

Se mi avessero chiesto un romanzo civile, ecco io avrei scritto questo – dice l’autore ed in effetti anche quando abbiamo avuto il piacere di ospitarlo è emerso chiaramente il suo pensiero: non servono eroi, servono persone con la schiena dritta che non siano indifferenti, che non chiudano i battenti delle finestre davanti alle azioni criminali o che più semplicemente si impegnino ad educare i figli alla bellezza ed alla dignità. La chiave per il riscatto è tutta lì, in quella richiesta di uguaglianza di tutti di fronte alle regole, che non possono essere cambiate dai potenti per i potenti, nel testo e nella realtà. Così nell’opera letteraria diventano amici e complici dei Torre ( il fittizio clan del libro) il brigadiere, il prete ma soprattutto una larga parte della cittadinanza che preferisce non guardare. Così facendo diventa eroe chi eroe non dovrebbe esserlo come il semplice e genuino Massimiliano, l’amico del cuore di Michele, trucidato per uno sguardo al giovane boss, Tore dei Torre. Anche la sua morte, non ha colpevoli per la legge, ma ha sentenze solamente nei bar del Paese.

Un libro che contiene diverse tematiche (amore, famiglia, amicizia, diritti e legalità) e che per questo ci costringe a guardarci dentro per riflettere sulle realtà che viviamo e sui rapporti con le persone a noi più care. Ci porta, insomma, ad analizzare il nostro modo di stare al mondo, perché se c’è una cosa che “Mio Padre in una scatola di Scarpe” ci insegna è che sono le persone che fanno i luoghi e sta a loro e ad i loro comportamenti combattere il deserto morale della nostra epoca seminando con costanza speranza, educazione, sogni, libertà: a forza di fare tante piccole cose si compiono le rivoluzioni e così arriva quella tanto agognata pioggia di due anni che finalmente lavi via tutto.

Non un poliziesco ma un’orazione civile (Gazzetta del Sud su ‘Mio padre in una scatola da scarpe’)

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«Michele Landa non è un eroe, e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e godersi la famiglia; vuole guardarsi allo specchio e vederci dentro una persona pulita. Ma a Mondragone serve coraggio anche per vivere tranquilli: chi non cerca guai è costretto a confrontarsi ogni giorno con gli spari e le minacce dei Torre e con l’omertà dei compaesani». Giulio Cavalli queste cose le conosce bene. La promozione della cultura della legalità contro quella mafiosa è il suo pane da attore, autore e da (ex) politico. Tanto da portarlo, dal 2007, a vivere sotto scorta, dopo la scoperta d’un progetto per farlo uccidere organizzato dalla cosca ‘ndranghetista De Stefano-Tegano.

«Ispirato alla vera storia della famiglia Landa – racconta l’autore – il romanzo girerà l’Italia in un reading teatrale. Se mi avessero chiesto un romanzo civile, ecco, io, avrei scritto questo libro qui». Anche perché non si nasconde che con questo libro Cavalli spera di dare un contributo alla riapertura del caso – il cadavere di Michele Landa, guardia giurata, venne trovato in un’auto bruciata nel settembre del 2006 – ancora senza colpevoli.

«Quando Angela mi ha raccontato la storia di suo padre, che è poi anche la sua – ha spiegato l’autore – io che la storia l’avevo già ascoltata da un giornalista e un amico, Sergio Nazzaro, mentre l’ascoltavo in diretta, così, ho avuto la sensazione che colasse. Non c’era niente di più da estrarre o da spulciare, sarebbe bastato un contenitore. Ecco, questo libro è la pinta di quella storia».

Giulio Cavalli racconta un’Italia dimenticata e indifesa, in un Sud con l’acqua alla gola, che forse non assomiglia alla città dell’Expo, ma alla Milano delle intimidazioni agli imprenditori in provincia, al racket degli alloggi popolari, al business “calabrese” del movimento terra, ai piccoli negozi incendiati, alle riunioni di affiliazioni nei ristoranti comprati con i soldi riciclati. (f.c.)

‘Mio padre in una scatola da scarpe’ secondo l’ANSA (Fabrizio Cassinelli)

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GIULIO CAVALLI, MIO PADRE IN UNA SCATOLA DA SCARPE (RIZZOLI, pp.288, Euro 19)

(ANSA, l’articolo originale è qui, di Fabrizio Cassinelli) – MILANO, 13 NOV – “Michele Landa non è un eroe, e neppure un criminale. Tutto ciò che desidera è coltivare il suo orto e godersi la famiglia; vuole guardarsi allo specchio e vederci dentro una persona pulita. Ma a Mondragone serve coraggio anche per vivere tranquilli: chi non cerca guai è costretto a confrontarsi ogni giorno con gli spari e le minacce dei Torre e con l’omertà dei compaesani”. Giulio Cavalli queste cose le conosce bene. La promozione della cultura della legalità contro quella mafiosa è il suo pane da attore, autore e da (ex) politico. Tanto da portarlo, dal 2007, a vivere sotto scorta. Una vita dura, con pochi compromessi, che si riflette nel suo ultimo libro: ‘Mio padre in una scatola da scarpe – Capita a tutti l’occasione di essere giusti’.

Cavalli sa cosa vuol dire pagare per un’idea. Quella che non si deve cedere mai, perché un passo dopo l’altro dalla comodità di una posizione un po’ sonnolente si passa al compromesso irreversibile. Lui, invece, prima a teatro, poi sulle pagine dei suoi due libri (‘Nomi, cognomi e infami’, Edizioni Ambiente, 2010 e ‘L’innocenza di Giulio: Andreotti e la mafia, Chiarelettere, 2012) infine dai banchi del consiglio regionale (con Idv, poi passa a Sel e sostiene Ambrosoli sindaco ma non viene eletto alle regionali del 2013, ndR) ha tenuto il punto.

Anche quando nell’agosto 2013 il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura ha raccontato il progetto per farlo uccidere organizzato dalla cosca ‘ndranghetista De Stefano-Tegano. Da allora la sua vita è irrimediabilmente cambiata, sorretta anche dalla sua compagna, Miriana Trevisan. ‘Mio padre in una scatola di scarpe’ non è solo un romanzo, è un progetto: “Ispirato alla vera storia della famiglia Landa – racconta l’autore – il romanzo girerà l’Italia in un reading teatrale (…) Se mi avessero chiesto un romanzo civile, ecco, io, avrei scritto questo libro qui”. Anche perché non si nasconde che con questo libro Cavalli spera di dare un contributo alla riapertura del caso – il cadavere di Michele Landa, guardia giurata, venne trovato in un’auto bruciata nel settembre del 2006 – ancora senza colpevoli.

“Quando Angela mi ha raccontato la storia di suo padre, che è poi anche la sua – ha spiegato l’autore – io che la storia l’avevo già ascoltata da un giornalista e un amico, Sergio Nazzaro, mentre l’ascoltavo in diretta, così, al tavolo come quando ci si siede al tavolo con gli assicuratori, ho avuto la sensazione che colasse. Non c’era niente di più da estrarre o da spulciare, sarebbe bastato un contenitore. Ecco, forse questo libro è la pinta di quella storia. Che vi giuro aveva già tutti i sapori”.

Giulio Cavalli racconta un’Italia dimenticata e indifesa, in un Sud con l’acqua alla gola, quando non senza del tutto, che forse non assomiglia alla città dell’Expo, ma alla Milano delle intimidazioni agli imprenditori in provincia, al racket degli alloggi popolari, al business ‘calabrese’ del movimento terra, ai piccoli negozi incendiati, alle riunioni di affiliazioni nei ristoranti comprati con i soldi riciclati, ai comuni sciolti per mafia, alle operazioni ‘Infinito’ e ‘Insubria’. ‘Mio padre in una scatola di scarpe’ però non è un libro poliziesco. E’ un libro sulla cultura dell’illegalità, sull’ abbandono delle tante persone perbene. Il cui primo confronto non è con la paura ma con se stessi.

(il libro lo potete comprare a chilometro zero qui)

Come sgorga un libro: “Ciò che rimaneva di mio padre era una scatola da scarpe” (parla Angela Landa, figlia di Michele)

Schermata 2015-11-02 alle 12.09.33In questo video parla Angela Landa, la figlia di Michele, ucciso e bruciato nella sua auto. In questa intervista c’è il cuore pulsante che ho provato, e spero di averlo fatto bene, a mettere a fette e delle fette farne pagine del mio libro ‘Mio padre in una scatola da scarpe’. Se c’è qualcosa di cui sono fiero, se c’è qualcosa che mi assomiglia e che parla (anche di me) è la fortuna di avere potuto scrivere questo romanzo. Per questo sorrido quando lo so letto, regalato o piaciuto.

Ecco il video:

Il libro lo potete anche comprare (a chilometro zero) qui.

Piccoli eroi della normalità

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Li chiama così, Marco Boschini, i protagonisti di ‘Mio padre in una scatola da scarpe’. E scrive:

“Il libro di Giulio Cavalli fa piangere, per la storia.

Indignare, per il silenzio ottuso di un’intera comunità.

Sperare, per il coraggio di tanti piccoli eroi quotidiani, che manifestano la loro grandezza nella normalità.

Leggetelo, davvero.”

(fonte)

‘Mio padre in una scatola da scarpe’ secondo LINKIESTA

(Recensione di Paola Bisconti, la fonte è qui)

Schermata 2015-10-29 alle 15.04.55Il coraggio lo si può misurare in vari modi. Chi è davvero coraggioso non ostenta mai la sua più grande virtù e lo fa con grande buon senso. Niente azioni rivoluzionarie, il titano si arma solo ed esclusivamente di parole. Ma badate bene, ci sono quelle da non pronunciare e altre da urlare. Pochi ne conoscono il giusto equilibrio. Michele Landa e Giulio Cavalli hanno un’assonanza sebbene non si siano mai conosciuti e le loro esistenze sono decisamente differenti.

Giulio Cavalli ha conosciuto Michele Landa attraverso il ricordo e la testimonianza dei figli che hanno perso il loro padre la notte tra il 5 e il 6 settembre 2006. La famiglia viveva a Mondragone, in provincia di Caserta, dove Michele lavorava come guardia giurata presso la Cooperativa Lavoro&Giustizia e quella sera avrebbe dovuto controllare una grande antenna sita in una zona non molto raccomandabile.

Mancavano pochi giorni al traguardo della pensione e al desiderio di dedicarsi esclusivamente ai nipoti e al suo orto, ma quella notte Michele Landa è stato ucciso e il suo corpo poi bruciato. Con lui è morta anche la verità. Nessuna indagine, nessun indizio, tutto è ancora avvolto nel mistero.

Se non fosse stato per l’arguta coerenza letteraria e realistica di Giulio Cavalli non saremmo mai venuti a conoscenza di questa storia. La memoria è una delle più nobili azioni che può compiere l’essere umano e il libro “Mio padre in una scatola di scarpe” edito da Rizzoli è un grande tributo a Michele Landa e alla sua famiglia.

Raccontare una storia d’omertà è una scelta che scardina i sistemi di una società basata sul falso, abituata a camuffare piuttosto che a scoperchiare le malefatte di una parte di popolo che padroneggia su tutto il resto. A Giulio Cavalli, attore teatrale, ex consigliere regionale in Lombardia che vive sotto scorta a causa delle pesanti minacce ricevute in seguito ai suoi spettacoli di denuncia antimafia, dovremmo essergli riconoscenti per aver saputo sfidare ancora una volta quel velo di indifferenza che ci costringe ad essere invisibili.

Michele Landa non ha mai voluto vivere da invisibile sebbene a Mondragone la gente onesta fosse costretta ad esserlo perché schiacciati dall’arrogante prepotenza della famiglia camorristica dei Torre che controllava e gestiva le attività economiche del paese. Glielo diceva sempre suo nonno, a Michele, di stare lontano dai mafiosi e di non osare sfidarli perché ogni reazione avrebbe messo a rischio l’incolumità dei propri cari. Ed è difficile accettare questo consiglio quando l’anima dentro arde di giustizia.

Nell’apparente quiete di Michele c’era un fuoco che bruciava e solo la dolcezza e prudenza di Rosalba era in grado di placare. Il loro era un amore “che cerca conforto e pace”. Dopo un’infanzia e un’adolescenza cresciuto da orfano, Michele ritrova nella realizzazione della sua famiglia, la tanto attesa e meritata felicità. Ma se dentro al nucleo familiare la quotidianità scorre serena, al di fuori di quel cerchio magico c’è l’inferno. E si sopravvive accettando compromessi “in una terra paralizzata dalla paura”.

Nella seconda parte del libro si fa un salto temporale di quarant’anni durante i quali Michele fa pace con il presente e con il passato, con i suoi più grandi dispiaceri, lutti e fragilità. Accetta il decesso del nonno, ormai anziano morto una settimana dopo il giorno del matrimonio con Rosalba, soffre ancora per la morte ingiusta del suo migliore amico Massimiliano che osò sfidare i suoi assassini con “uno sguardo che aveva assunto i toni del mito”.

In tutta questa storia emerge però la bellezza della dignità di una famiglia che ha affidato alle parole di Giulio Cavalli, una storia preziosa e singolare malgrado il tragico epilogo. Una bellezza celata, da cogliere dietro alle brutture di un mondo sempre più insozzato dalla cattiveria, un incanto da scorgere come faceva Michele Landa quando insieme alla sua nipotina si dirigeva a coltivare i suoi terreni agricoli e le diceva: “Mondragone verso gli orti diventa quasi irlandese: verde, umida, più forte dello scirocco”.

Sogniamolo insieme, anche per lui, un vento di tramontana in grado di spazzare via tutto il lerciume che ci sta intorno.

Lettere che mi rendono felice

12122542_868262876576517_1348074369069251953_nContinuiamo a correre. Ed è un bene. Continuo ad incrociare librerie, librai e lettori che sembrano il presepe del paese raccontato in televisione e non credo che siano questi ad essere in cattività. A Napoli mentre presentavo ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ avevo di fronte, in prima fili, fissi sul petto gli occhi dei figli di Michele Landa e il pubblico stralunato ha visto un libro a forma di famiglia e una famiglia a forma di libro, tutti e due insieme. Mentre mi faccio portare in giro dal mio libro respiro con quegli slanci tutti polmoni come quando ero ancora capace di meravigliarmi. Sono diventato terribilmente bambino. O meravigliosamente vecchio. Dentro la scatola da scarpe ci ho trovato anche qualche pezzo di me che per noncuranza avevo lasciato in giro.

Ma soprattutto ci sono le voci di chi l’ha letto che mi mostrano angoli nemmeno immaginati: Mario Portanova (che è sempre un onore avere di fianco per la sua pulizia intellettuale, oltre che la preparazione) ha detto che Michele, il protagonista del libro, è un “profugo stanziale” cioè uno che vive da straniero nel suo paese perché non ne accetta le dinamiche bieche. Una lettrice forte mi ha insegnato che dentro il libro c’è il coraggio di raccontare coloro che “fanno ciò che possono” ed ha ragione: forse davvero abbiamo scambiato i fragili per vigliacchi, tutti presi da questa muscolosità politica.

Poi mi è arrivata una lettera. Inaspettata perché disinteressata come si riesce ad essere disinteressati di fronte ad un libro che non vuole insegnare niente, solo raccontare. Me l’ha scritta Stefano e ha il colore delle lettere scritte di fretta, senza mediazioni. Dice:

 

“…ebbene sì, caro Giulio, scusa se mi permetto di essere diretto, ho letto il tuo ultimo libro e sento la necessità di ringraziarti.
Dopo cinque minuti, da che l’avevo chiuso già l’avevo passato a mio padre con cui condividiamo la passione per la lettura, vorrei sentire il suo parere…ma soprattutto vorrei che anche lui, come me, conosca Michele e Rosalba,
per respirare la polvere di Mondragone, apprezzare la semplice bellezza delle loro vite e della verità.
Spero che non mi deluda, che mi confermi  ciò che penso e cioè che chiunque legge “Mio padre in una scatola da scarpe” deve donarlo a chi ama con la promessa che egli faccia lo stesso.
Perchè poi, quando ne avrà bisogno ritroverà comunque ogni riga, ogni emozione scolpita in modo indelebile sul proprio cuore.
Spero che mi confermi ciò che penso…tu hai scritto un Capolavoro, grazie  alla vita di Michele che è una testimonianza rara di amore e verità.

Non preoccuparti comunque.. lo consiglierò a chiunque.. ne regalerò una coppia a tutti.. anche a chi non conosco.

ti abbraccio e, appunto, ti ringrazio dal profondo del mio cuore, della mia anima.

Stefano”

Quando l’ho letta ho pensato che non è mica indirizzata a me, piuttosto ai figli di quel Michele Landa che ha lasciato dei figli veri, mica solo dentro un libro. E quando Angela Landa l’ha letta mi ha scritto una risposta che è un fulmine:

“la mia felicità è che da una storia di dolore è nata una storia di amore”

Vedi quanto sono forti i libri. E i buoni.

Corriere.it: “Segnali positivi” alla libreria Iocisto con Giulio Cavalli e la giovane Orchestra dei Quartieri Spagnoli

Schermata 2015-10-22 alle 23.09.56Il 24 ottobre 2015 il Vomero fino a notte fonda si riempirà di luci, musica e libri. Ma sarà diverso dagli anni passati perchè quest’anno il tema è la legalità. Iocisto #lalibreriaditutti in Via Cimarosa 20 (piazza Fuga) partecipa alla manifestazione promossa dal Comune di Napoli e dalla V Municipalità nel quartiere Vomero Arenella sin dal mattino.

Aprendosi alle scuole, ai ragazzi, ai lettori ed uscendo in piazza con un programma ricco e diversificato. La mattina sarà dedicata a scuole e ragazzi e vedrà protagonisti i ragazzi dell’Orchestra dei Quartieri Spagnoli, un progetto artistico e culturale che nasce dal riferimento preciso del sistema pedagogico-musicale creato in Venezuela da José Antonio Abreu, musicista ed ex ministro della cultura. Seguiranno il RAP per la legalità che convolgerà famiglie e ragazzi grazie al giovane rapper Gian Paolo Nicolini in arte CIOMPI e con i fumetti per la legalità a cura della Scuola Italiana Comics.

Alle 12:00 direttamente dal teatro civile, reduce anche dallo spettacolo al Nuovo Teatro Sanità, al suo esordio nelle vesti di romanziere Giulio Cavalli presenterà il suo libro con un potente monologo. “Mio padre in una scatola di scarpe” edito da Rizzoli parte da una storia vera, quella di Michele Landa, ucciso senza ancora un perché a Mondragone. Giulio Cavalli racconta un’Italia dimenticata e indifesa, in cui non serve fare rumore per diventare eroi delle piccole cose.

Nel pomeriggio in libreria un altro racconto sui piccoli grandi eroi involontari grazie al romanzo di Paolo Miggiano che presenterà “ALI SPEZZATE – Annalisa Durante. Morire a Forcella a quattordici anni”. Interverranno Arnaldo Capezzuto, Gigi Fiore, Sandro Ruotolo e Franco Roberti. La serata si concluderà con il Jazz a cura di Music Instinct.

(fonte)

Una settimana densa, se vogliamo incrociarci a Napoli e Milano.

CAVALLIAllora, giovedì a Milano alle 19 sono in una delle librerie più belle che mi sia capitato di incontrare, la Gogol & Company: presento il mio romanzo ‘Mio padre in una scatola da scarpe’ con una delle mie scrittrici preferiti, Elisabetta Bucciarelli. Credo che ci divertiremo.

Sabato, a Napoli, alle 12.30 ci si vede alla libreria IoCiSto (se non ne conoscete la bellissima storia potete leggerla qui) sempre con il mio libro. Sempre Sabato, a Milano alle 18.30 all’Archivio di Stato nell’ambito di BookCity (l’evento è qui) a parlare del mio libro con l’amico Mario Portanova.

Il calendario in continuo aggiornamento è qui.