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nicola cosentino

Ah, a proposito: hanno condannato Nicola Cosentino. E alcuni che lo dicevano innocente sono al governo.

Nove anni di reclusione. E altri due anni di libertà vigilata al termine della pena. Durissima condanna per l’ex sottosegretario Pdl Nicola Cosentino, a lungo coordinatore campano di Forza Italia, accusato di concorso esterno in associazione camorristica. Questa la sentenza della prima sezione collegio C del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta dal giudice Giampaolo Guglielmo.

Assoluzione solo per un capo d’imputazione residuale, quello relativo allo scambio di assegni e titoli di credito tra esponenti del clan e impresa di famiglia, la Aversana Petroli. Tra novanta giorni apprenderemo le motivazioni. Il pm della Dda di Napoli Alessandro Milita aveva chiesto 16 anni di condanna. La sentenza è arrivata al termine di lunghissimo processo iniziato il 10 marzo 2011 e spalmato in 141 udienze, forse il più lungo mai celebrato con un solo imputato. In cinque anni e mezzo il pm Milita e gli avvocati Agostino De Caro e Stefano Montone hanno formato una lista testi di 300 persone e ne hanno sentite circa 110, di cui 16 collaboratori di giustizia collegati in videoconferenza dai luoghi protetti. Tra i testimoni sono stati sentiti i big del clan dei Casalesi, oggi pentiti di camorra, tra cui l’ex reggente del clan Bidognetti Luigi Guida, Gaetano Vassallo, Anna Carrino, Franco Di Bona, e alcuni tra i leader della politica campana, tra cui l’ex Governatore della Campania Antonio Bassolino, sentito a febbraio 2012 per rispondere a domande sulla gestione del commissariato per l’emergenza rifiuti. Sono stati sentiti anche il suo ex braccio destro Massimo Paolucci, l’ex parlamentare Lorenzo Diana, l’ex ministro dell’Ambiente Altero Matteoli.

Le 199 pagine dell’ordinanza di arresto nei confronti di Cosentino vengono firmate il 7 novembre 2009 dall’allora gip di Napoli Raffaele Piccirillo. Arresto più volte respinto dalla Camera fino al 15 marzo 2013, giorno in cui Cosentino, non ricandidato per decisione di Berlusconi e privo delle guarentigie parlamentari, si costituisce presso il penitenziario di Secondigliano. Dopo qualche mese di carcere e di arresti domiciliari fuori regione, a fine 2013 Cosentino torna libero e si rimette a fare politica. È l’ispiratore di ‘Forza Campania’, gruppo consiliare regionale che intende fare la fronda alla gestione napoletana e campana di Luigi Cesaro e Domenico De Siano, e mettere in difficoltà il ‘rivale’ Stefano Caldoro, all’epoca Governatore azzurro. Ma il 3 aprile 2014 torna in carcere con accuse di estorsione ai danni di un imprenditore dei carburanti, un concorrente dell’impresa di famiglia, la Aversana Petroli, leader di mercato nell’area di Casal di Principe e dintorni. Due anni e due mesi ininterrotti di carcere, terminati il 1 giugno 2016, quando il tribunale revoca la misura attenuandola negli arresti domiciliari a Venafro con divieto di comunicare all’esterno della cerchia dei familiari più stretti.

Cosentino è stato accusato dalla Dda di Napoli di concorso esterno in associazione camorristica. Secondo l’accusa, è stato sin dal 1980 e fino al 2014 il referente politico-istituzionale dei clan Casalesi, dai quali avrebbe ricevuto sostegno elettorale e capacità di intimidazione, e ai quali avrebbe offerto la possibilità di partecipare ai proventi degli appalti del ciclo dei rifiuti e delle assunzioni. L’impianto accusatorio si è concentrato intorno alle vicende della nascita dell’Eco 4 con a capo i fratelli Sergio e Michele Orsi (quest’ultimo ucciso nel 2008 dall’ala stragista del clan di Giuseppe Setola), imprenditori vicini al clan dei Casalesi, nonché società operativa del Consorzio Ce4 con a capo Giuseppe Valente, diventato poi nel corso del dibattimento uno dei principali testi della Procura. L’Eco 4 fu “società a partecipazione mafiosa”, sostiene il pm Milita, Questo il contesto in cui la Procura ha collocato gli sversamenti illeciti nel casertano e fuori regione, e la mancata realizzazione dell’inceneritore di Santa Maria la Fossa. Cosentino avrebbe fatto finta di appoggiare i comitati che si battevano contro l’impianto, per favorire invece un altro progetto. Cosentino avrebbe avuto un controllo assoluto delle assunzioni e degli incarichi all’interno della Eco4.

L’inchiesta giudiziaria prende il via dal pentimento di Gaetano Vassallo, il ministro dei rifiuti del clan Bidognetti. “L’ Eco 4 è una mia creatura, la Eco 4 song’io”, avrebbe detto l’ex parlamentare a Vassallo. A verbale il pentito ricostruisce i suoi contatti e i suoi rapporti con l’ex parlamentare, si sarebbe recato a casa di Cosentino per incontrarlo – ne descrive le stanze agli inquirenti – e discutere di un suo ruolo in una società controllata dalla Eco 4. Vassallo racconta che Cosentino gli risponde no, spiegandogli che in quel momento gli interessi economici dei clan si erano spostati a Santa Maria la Fossa e lì comandava il gruppo camorristico degli Schiavone, che avevano estromesso i soldati di Bidognetti.

Cosentino avrebbe poi cercato di costruire un vero e proprio ciclo dei rifiuti alternativo e concorrenziale a quello ufficiale gestito da Fibe-Fisia-Impregilo attraverso il contratto stipulato con il commissariato per l’emergenza, ovvero attraverso l’Impregeco. Per il pm, Cosentino da un lato aveva un progetto, quello di realizzare il ciclo integrato dei rifiuti nel Casertano, e per questo con loro e con la Impregeco mette in atto un piano. Dall’altro, sfruttava il suo ruolo e le sue relazioni per favorire la camorra in cambio di voti. “La camorra non votò Cosentino e non c’è alcuna prova contro di lui e ci troviamo di fronte ad un vuoto probatorio”, ha invece replicato la difesa composta da Stefano Montone e Agostino De Caro nel corso dell’arringa del 27 ottobre scorso.

I legali hanno messo in discussione l’attendibilità dei collaboratori di giustizia “completamente inaffidabili per le versioni discordanti”. Nell’udienza di oggi si è consumato un ultimo, duro scontro, sulla circostanza che Cosentino nel 2008, poco dopo le rivelazioni dei primi verbali di Vassallo, ha promosso iniziative politiche e parlamentari per creare una sezione Dda a Santa Maria Capua Vetere. Per il pm Milita questo fu un tentativo per “frantumare” il ‘modello Caserta’ della Dda di Napoli che stava ottenendo ottimi risultati nei contrasto ai clan dei Casalesi, e quindi indebolire anche le indagini a carico dell’ex sottosegretario. Un progetto che secondo Milita era sostenuto anche da Donato Ceglie, pm attualmente al centro di varie inchieste giudiziarie, di recente assolto a Roma nel suo primo processo, che all’epoca era sostituto procuratore a Santa Maria ed era legato ai fratelli Orsi. De Caro ha controbattuto: “È una tesi che poggia su una cultura del sospetto che non può approdare a una sentenza emessa in nome del popolo italiano”. Gli avvocati hanno preannunciato ricorso in Appello.

(fonte)

I nuovi affiliati alla renzicrazia

Verdini

Io non so se vi è capitato di leggere chi siano i verdiniani nominati dal governo. Per fortuna ne scrive De Angelis qui:

«Eva, il primo nome. Destinata alla vicepresidenza della commissione Finanze. Eva è la senatrice Eva Longo, una delle colonne del Pdl di Nicola Cosentino, approdata in Ala proprio su promessa di un incarico parlamentare. Appagato l’appetito anche Vincenzo Compagnone e di Pietro Langella, altro campano eccellente. Pietro Langella in una relazione per lo scioglimento del Comune di Boscoreale era considerato “esponente dell’omonimo clan”. Omonimo perché suo padre Giovanni, detto “il Paglietta”, era un boss trucidato nel 1991 per ordine della “cupola” agli ordini di Carmine Alfieri, capo della Nuova Famiglia. Langella, che diversamente da Cosentino non ha avuto problemi con la giustizia, da allora di carriera ne ha fatta approdando a palazzo Madama col Pdl e ora approdando alla vicepresidenza della commissione Bilancio. Si chiede Roberto Speranza, leader della minoranza dem: “Forse è il caso che Renzi ci dica se esiste una nuova maggioranza politica che sostiene il governo con Verdini dentro. Se è così si apra un dibattito pubblico e in Parlamento”

La maggioranza invece c’è, ma non si dice. Si capisce dai posti: “Tre in quota Ala, una presidenza alle Autonomie, la Giustizia ad Alfano”. È questo l’accordo raggiunto nelle stanze del capogruppo Zanda. Tradotto dal politichese: il Pd, pur di trovare la quadra, rinuncia a una presidenza di Commissione, per compensare le Autonomie e per lasciare tre vicepresidenze ai verdiani. L’accordo prevedeva Antonio Fravezzi ai Lavori pubblici ma poi, una manovra delle opposizioni lo fa franare, consentendo di rimanere presidente ad Altero Matteoli, uno che con Denis Verdini ha sempre avuto rapporti eccellenti».

Nicola Cosentino non si trattiene. Nemmeno in carcere.

silvio Berlusconi e Nicola Cosentino
silvio Berlusconi e Nicola Cosentino

Ci sono persone che ce l’hanno di natura, il compromesso illecito a tutti i costi, come soluzione sempreverde, come un gene inscindibile dal proprio dna. Nicola Cosentino in carcere non riesce a trattenersi e coinvolge un agente di polizia penitenziaria in un meccanismo di favori che vede coinvolti anche la moglie Marisoa Esposito e il cognato Giuseppe Esposito. Dice la Procura di Napoli che

“alcuni agenti della polizia penitenziaria, illecitamente remunerati attraverso somme di denaro o assunzioni di propri parenti, facevano arrivare a Cosentino messaggi dei suoi familiari o comunque provenienti dall’esterno, gli recapitavano beni e utilità varie, contravvenendo a quanto imposto dalla normativa carceraria e consentivano all’ex politico di muoversi liberamente nell’istituto penitenziario durante la notte”

Nik O’Mericano ce l’ha nel sangue. Mannaggiaattè.

Il “diversamente” carcere di Nicola Cosentino

nicola-cosentino-638x425La perquisizione in cella è scattata a sorpresa nel fine settimana. E dopo il ritrovamento di materiale ritenuto sospetto, l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino, detenuto da un anno perché in attesa di giudizio con l’accusa di essere stato il «referente politico nazionale del clan dei Casalesi», è stato trasferito rapidamente dal carcere napoletano di Secondigliano su indicazione dell’autorità giudiziaria. Ora è recluso in un istituto fuori dalla regione Campania.

La decisione è maturata nell’ambito di una delicata indagine del pool antimafia che vede al momento sotto inchiesta, con l’accusa di corruzione, un agente penitenziario fino a qualche giorno fa in servizio proprio a Secondigliano. Cosentino non è indagato, ma nel fine settimana, per ordine del pm Fabrizio Vanorio e del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, sono scattate alcune perquisizioni, una delle quali nella cella dove fino a ieri era rinchiuso l’ex sottosegretario.

Nel corso dell’accertamento è stato rinvenuto anche materiale che, ipotizzano gli inquirenti, il detenuto non poteva custodire. La difesa potrà eventualmente proporre ricorso al Riesame per ottenerne la restituzione. Il quadro dell’indagine è ancora fluido. Il sospetto della Procura è che, in questi oltre undici mesi di detenzione di Cosentino, la rete di conoscenze e relazioni intrecciata dall’ex parlamentare in tanti anni di attività sul territorio non sia rimasta con le mani in mano, ma anzi si sia mossa allo scopo di non abbandonare il leader ormai caduto in disgrazia.

Ed è questa pista che i magistrati intendono verificare. Il primo passo è stato rappresentato dalle perquisizioni, il cui esito ha suggerito il trasferimento dell’imputato in un carcere lontano dal territorio. Una nuova tegola, per “Nick ‘o mericano”, già alle prese con ben tre processi in corso nei quali vengono ipotizzati, a diverso titolo, profondi rapporti con l’organizzazione camorristica di Gomorra. Giudizi nei quali i difensori di Cosentino, gli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, si stanno battendo per dimostrare l’infondatezza delle accuse contestate al loro assistito.

All’udienza di ieri, alla quale come già in passato l’ex sottosegretario aveva rinunciato a presenziare, gli avvocati hanno incalzato con un fuoco di fila di domande l’ex presidente del consorzio dei rifiuti Ce4, Giuseppe Valente, un manager che da alcuni mesi collabora con la giustizia. A molte domande della difesa, il pm Alessandro Milita si è opposto. Dopo alcuni scontri, il clima è tornato tranquillo. Ma c’è una nuova inchiesta, adesso, ad agitare le acque.

(clic)

Cosentino ha le chiavi della reggia

f8948d484674fbf8cabf73522f0081dbNon è solo il potere o la prepotenza o il comando che conta per un uomo come Cosentino, non conta nemmeno solo avere una buona corte e servili cortigiani: conta l’ostentazione di tutto questo. E le chiavi della reggia di Caserta sono l’ingrediente che contribuisce alla narrazione del mito.

LA REGGIA – Dalla documentazione depositata ieri dal pm della Dda Antonello Ardituro al Tribunale del Riesame emerge un particolare: Cosentino aveva le chiavi di un ingresso laterale della Reggia di Caserta consegnategli dal prefetto dell’epoca. Le chiavi fanno parte del materiale sequestrato all’ex deputato berlusconiano.

Il casalese: Nicola Cosentino

Il comunicato stampa della Procura:

nicola_cosentino_no_arresto_645“Nelle prime ore della mattinata odierna nell’ambito di un’articolata indagine coordinata da questa Procura della Repubblica, i carabinieri del reparto operativo – nucleo investigativo di Caserta hanno eseguito un’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di sei indagati e degli arresti domiciliari nei confronti di altri sette, tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di estorsione (art. 629 C. P.), Concussione (art. 317 C. P.), Illecita concorrenza con violenza o minaccia (art. 513 Bis c. P.), Calunnia (art. 368 Bis c. P.), Favoreggiamento personale (art. 378 C. P.),

Riciclaggio (art. 648 Bis c. P.), Con l’aggravante del metodo mafioso (art. 7 L. 203/91).Le persone tratte in arresto si identificano in Cosentino Giovanni, Cosentino Nicola, Cosentino Antonio, Falconetti Vincenzo, Letizia Giacomo, Schiavone Vincenzo, tutti funzionari dell’ufficio tecnico del Comune di Casal di Principe, Letizia Luigi, funzionario della Regione Campania, Adamiano Giovanni, Sorrentino Bruno, dipendenti della Kuwait Petroleum Italia, Zagaria Pasquale, Zagaria Antonio, S. M. P.

L’indagine, svolta dal 2011 ad oggi, ha consentito di ricostruire l’illecita attività di gestione di impianti di distribuzione carburanti svolta dalle società “Aversana petroli”, “Aversana gas” e “Ip service”, cui sono interessati, Antonio, Giovanni e Nicola Cosentino. Gli indagati, con il concorso di dirigenti pubblici, funzionari regionali e del comune di Casal di Principe, nonché con la complicità di funzionari della società petrolifera Kuwait petroleum italia (Q8), due dei quali destinatari del provvedimento cautelare, si assicuravano il rapido rilascio di permessi e licenze per la costruzione degli impianti, anche in presenza di cause ostative.

Gli stessi, attraverso un sistema di coercizioni in danno di amministratori e funzionari pubblici locali, costringevano le pubbliche amministrazioni competenti (comune di Casal di Principe e Regione Campania) ad adottare atti amministrativi illegittimi per impedire o rallentare la creazione di altri impianti da parte di società concorrenti. Di estrema importanza, al fine della compiuta ricostruzione dei fatti, é stata la collaborazione della parte offesa Luigi Gallo, titolare di una stazione di servizio in corso di costruzione in Villa di Briano, le cui dichiarazioni accusatorie hanno trovato ampi e significativi riscontri nelle investigazioni svolte dalla polizia giudiziaria.

La vicenda, tuttavia, ha formato oggetto anche di dichiarazioni di collaboratori di giustizia, l’approfondimento delle quali ha richiesto accertamenti particolarmente complessi che, partendo dall’acquisizione della copiosa documentazione riguardante l’apertura di due impianti di distribuzione, sia presso il comune di Casal di Principe (per quanto attiene i Cosentino) che presso il comune di Villa di Briano (per quanto riguarda il Gallo) sono proseguiti con attività d’intercettazione e di escussione sia della parte offesa che di coloro che, a vario titolo, avevano preso parte alle attività istruttorie relative al rilascio delle autorizzazioni richieste dal Gallo e dai Cosentino.

Il nucleo essenziale della vicenda (integrante delitti di estorsione e di concorrenza illecita) ruota intorno alla pratica di autorizzazione, ottenuta da Gallo Luigi dal comune di Villa di Briano, alla apertura di un impianto di carburanti, autorizzazione che di fatto paralizzava la possibilità per i fratelli Cosentino di averne una analoga dal confinante comune di Casal di Principe per ragioni legate alla mancanza della distanza minima di 5 km richiesta dalla normativa dell’epoca.

Antonio, Giovanni e Nicola Cosentino istigavano, allora, Falconetti Vincenzo e Schiavone Vincenzo, dirigenti dell’utc di Casal di Principe a rilasciare comunque ed illecitamente all’Agip petroli (società partner dei Cosentino ai quali in seguito avrebbe ceduto l’impianto e volturato le licenze) un’autorizzazione edilizia (le successive varianti in corso d’opera e l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto) con palesi vizi di legittimità ed in mancanza dei principali pareri previsti dalla legge (vv. Ff., Anas), al fine di indurre il Gallo a recedere dalla sua iniziativa imprenditoriale.

Le minacce nei confronti della persona offesa sono state reiterate nel tempo, anche dopo l’entrata in vigore della legge numero 133/2008, con cui il settore della distribuzione di carburanti era stato liberalizzato, sicché la apertura di nuovi impianti non poteva più essere bloccata per via amministrativa attraverso il meccanismo del rispetto delle distanze minime fra impianti. Cosentino Giovanni e Nicola, attraverso minacce dirette nei confronti del Gallo ed indirettamente, attraverso l’utilizzazione strumentale del rapporto preferenziale e di sostanziale assoggettamento da essi instaurato con l’Adamiano e il Sorrentino, funzionari e rappresentanti di zona della Kuwait petroleum italia, in più occasioni, minacciavano e intimidivano il Gallo, condizionandolo nella realizzazione della propria attività economica.

Le indagini hanno consentito di accertare, l’esistenza di analoghi episodi così da evidenziare un vero e proprio ‘sistema’ criminoso capace di incidere profondamente sul regolare andamento del mercato ed hanno soprattutto evidenziato una illecita posizione di vantaggio, in cui si trovavano ad operare le ditte riconducibili alla famiglia Cosentino, derivanti da tre diversi e convergenti fattori: – in primo luogo, dal ‘canale privilegiato’ di cui questa poteva godere nella interlocuzione con le pubbliche amministrazioni preposte al rilascio delle licenze edilizie e amministrative; si è infatti accertato che gli interessi della Aversana petroli e delle imprese collegate sono stati tutelati attraverso l’espletamento di pratiche amministrative sempre veloci e prive degli ostacoli burocratici generalmente frapposti ai concorrenti, sfociando in alcuni casi nell’omissione della verifica della regolarità delle stesse.

In questo ambito si è rivelato decisivo il potere politico di Nicola Cosentino e quello criminale promanante dal rapporto stabile che l’ex parlamentare ha potuto vantare con il clan dei Casalesi. In secondo luogo, dalla possibilità di poter negoziare con le società petrolifere operanti su scala internazionale, specie la Kuwait petroleum italia (q8), in posizione analogamente privilegiata, sia per la notevole potenza economica di cui sono capaci le società dei Cosentino, sia per l’influenza politica e criminale della famiglia, che consente al colosso dei petroli di fare affidamento su gestori che garantiscono al massimo grado il buon andamento degli esercizi di distribuzione del carburante, pur in una zona controllata dalla criminalità organizzata. Con ciò determinandosi, di conseguenza, una situazione di notevole svantaggio per le iniziative private provenienti da altri imprenditori del settore i quali, o sono stati costretti a rinunciare alla propria impresa (come nel caso di Gallo Luigi) o sono stati costretti a realizzarla in partnership con gli stessi Cosentino (come nel caso di Vozza Francesco o del c. Di G. Amodio Piero, gestori di impianti in Casagiove).

In terzo luogo, dallo stabile rapporto di cointeressenza di Nicola Cosentino ed in misura minore anche del fratello Giovanni con esponenti del clan dei Casalesi, con alcuni dei quali fra l’altro sussistono rapporti di parentela e/o affinità documentata dalle ordinanze di custodia cautelare già contestate all’ex parlamentare per gravissimi reati e dalla contestazione, operata in questa sede, in danno di Giovanni Cosentino, di riciclaggio del denaro del clan attraverso il sistema del cambio assegni. Dall’indagine è emerso che i vertici del clan avevano imposto agli affiliati il divieto di operare estorsioni ai danni degli impianti riconducibili ai Cosentino (così, ad esempio, l’impianto gestito dal c. Di g. Amodio in Casagiove, l’impianto gestito da Piccolo Giuseppe in San Cipriano d’Aversa), a differenza di quanto avveniva per i loro concorrenti. In atti è infatti documentata una estorsione di notevole entità operata dal clan Zagaria nei confronti di Gallo Luigi.

La contestazione prende in esame una serie di condotte tenute dagli indagati, anche in tempi diversi. In particolare Cosentino Nicola e Stasi Maria Elena, convocavano il sindaco di Villa di Briano, Zippo Raffaele, nell’ufficio del prefetto di Caserta, al fine di intimargli di provvedere alla rimozione dall’incarico del tecnico comunale geom. Nicola Magliulo, colpevole sia di avere contribuito al rilascio della autorizzazione al Gallo che di avere resistito alle incessanti pressioni esercitate dai Cosentino e da Letizia Luigi per revocarla, pena azioni ritorsive del Cosentino e della stessa prefettura contro l’amministrazione comunale di Villa di Briano.

Antonio e Giovanni Cosentino, unitamente a Letizia Luigi, esercitavano, in modo coordinato con l’azione posta in essere da Nicola Cosentino e dal funzionario prefettizio Stasi, indebite ed illecite pressioni, sia sul sindaco che su tutti gli addetti dell’utc di Villa di Briano (Tornincasa e Magliulo), affinché si addivenisse alla revoca-sospensione dell’autorizzazione edilizia del Gallo; Antonio Cosentino inoltre presentava una denuncia strumentale presso la autorità giudiziaria di Santa Maria Capua Vetere nella quale, venivano evidenziati presunti abusi dell’amministrazione comunale di Villa di Briano atti a favorire il Gallo nel rilascio di licenze relative al suo distributore, denuncia che seppure in seguito archiviata, nell’immediato determinava un pronto accesso della pg presso gli uffici del comune di Villa di Briano per acquisire atti ed informazioni relativi alla pratica dl Gallo, con conseguente ulteriore rafforzamento dello stato di soggezione indotto nella pa di Villa di Briano.

Dalle indagine è emersa dunque la spregiudicatezza dei fratelli Cosentino nelle gestione del loro potere economico e l’asservimento a tale scopo del concorrente potere politico accumulato da Nicola Cosentino e del rapporto di scambievole interesse con esponenti del clan dei Casalesi. Quanto alle esigenze cautelari, il Gip ha ritenuto significativo il fatto che Nicola Cosentino si sia attivamente interessato per l’andamento degli affari delle imprese di famiglia, circostanza finora sempre negata dallo stesso indagato e l’ulteriore circostanza costituita dalle risultanze dell’analisi di alcuni recenti tabulati telefonici che danno atto dei frequenti contatti del Cosentino, anche nel periodo in cui era agli arresti domiciliari, con importanti esponenti della politica e delle istituzioni locali e nazionali, comprovandosi in tal modo il persistente svolgimento, da parte dello stesso, di attività politica.

Determinante è stata altresì considerata l’attività di inquinamento probatorio posta in essere da Giovanni Cosentino in concorso con Reccia Enrico, concretizzatasi nella presentazione di una querela, da parte del primo, fondata sulla registrazione di un colloquio eseguita dal secondo in maniera preordinata e su istigazione dello stesso Cosentino, volta a screditare il Gallo. Il Gip ha espressamente escluso qualsivoglia volontà diffamatoria e calunniatoria da parte di quest’ultimo. Al Cosentino Giovanni è stata poi contestata una continuata attività di riciclaggio in favore del clan dei Casalesi, svolta attraverso il meccanismo del cambio degli assegni di provenienza illecita con denaro contante. In sostanza, così come è emerso da plurime e convergenti dichiarazioni, esponenti di primo piano del clan casalese, incassati – a seguito di attività illecite (per lo più estorsive ed usurarie) – titoli ed assegni (talora post-datati) direttamente, o attraverso loro incaricati, hanno consegnato gli stessi al Cosentino ricevendone in cambio, nel giro di pochi giorni, moneta contante di valore corrispondente. Si è trattato di un sistema attraverso cui il Cosentino, stabilmente, ha agevolato il sodalizio casalese che è stato rifornito di denaro sicuro ed immediatamente utilizzabile.

A Pasquale e Antonio Zagaria ed a S. M. P. (noto imprenditore di Villa Literno) sono state contestate due ipotesi estorsive, la prima relativa ad una tangente di dieci milioni di lire, ed all’imposizione dell’affidamento dei lavori di scavo e realizzazione nel sito destinato ad ospitare l’impianto di carburanti del Gallo alle imprese gestite di fatto dai fratelli Zagaria Pasquale ed Antonio, con il pagamento di una somma complessiva di circa centomila euro; la seconda legata al tentativo di costringere Gallo Luigi a mantenere la società che aveva iniziato con S. M. P. e che invece il Gallo aveva deciso di sciogliere proprio a seguito dei contrasti sorti in relazione alle richieste estorsive formulate dagli esponenti del clan Zagaria. Durante l’esecuzione dei provvedimenti sono state eseguite anche perquisizioni a soggetti coinvolti nella presente vicenda investigativa, ma non destinatarie di misura cautelare, attraverso cui è stato possibile rinvenire documenti utili al proseguo delle indagini.

Dei 13 provvedimenti di custodia cautelare due saranno notificati a Zagaria Antonio e Pasquale (fratelli del più noto Michele), già detenuti per altra causa”.

Bacia anche Cosentino?

nicola_cosentino«Nicola Cosentino venne in due circostanze nel 1987 a fare visita a Francesco Bidognetti quando era a casa agli arresti domiciliari. Io c’ero e salutai Cosentino, poi lui e mio marito (è il compagno, ndr) si appartarono in una stanza per parlare».

Al processo Eco4 che vede imputato l’ex sottosegretario del Pdl per concorso esterno in associazione mafiosa (oggi Cosentino era presente in aula, ndr), Anna Carrino, ex compagna del boss Francesco Bidognetti alias Cicciotto è Mezzanotte, dal maggio 2008 collaboratrice di giustizia (attualmente agli arresti domiciliari), racconta per la prima volta di due incontri, piuttosto datati, tra l’ex boss, da cui ha avuto tre figli, e Cosentino.
Le sue parole destano la sorpresa della Procura, tanto che lo stesso sostituto procuratore della DDA di Napoli Alessandro Milita chiede alla pentita «come mai non ne ha fatto cenno durante i primi sei mesi della collaborazione o anche dopo?». «Perchè questa domanda specifica durante gli interrogatori non mi è mai stata fatta» risponde la Carrino. Anche il presidente del collegio giudicante Giampaolo Guglielmo ritorna sull’argomento chiedendo come mai si conoscessero il boss e il politico. «Si conoscevano da quando erano piccoli essendo nati e cresciuti a Casal di Principe», ha risposto la donna.

(letto qui)

Niente rogo per il libro ‘Il Casalese’

Una buona notizia: la richiesta di sequestro e di distruzione de Il Casalese, il libro dedicato alle biografia politica e criminale di Nicola Cosentino, è stata rigettata dal Giudice. Ne avevamo già parlato: ora che si è evitato il rogo rimane la richiesta di un milione e 200mila euro di risarcimento danni. L’ho già detto e lo riscrivo: quel libro (che oggi ancora di più vale la pena di leggere e comprare) è l’unica biografia non autorizzata dell’ex sottosegretario salvato dal servilismo bipartisan di un parlamento garantista con i potenti e macellaio con i poveri. Quel libro è il simbolo oggi del giornalismo che decide di scrivere il fatto che sarebbe meglio oltrepassare, di fare quel nome che porta solo guai e di non essere compiacente. Mai.

Il Casalese non ama i libri

Scritto per IL FATTO QUOTIDIANO

Nicola Cosentino (anzi, i suoi famigliari per la precisione) ha intentato una causa penale e civile agli autori e all’editore del libro Il Casalese – Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro. L’accusa è di aver leso l’immagine dell’azienda di famiglia. Si chiede il ritiro del volume dalle librerie e un milione e 200mila euro di risarcimento danni. Quel libro (che oggi ancora di più vale la pena di leggere e comprare) è l’unica biografia non autorizzata dell’ex sottosegretario salvato dal servilismo bipartisan di un parlamento garantista con i potenti e macellaio con i poveri. Quel libro è il simbolo oggi del giornalismo che decide di scrivere il fatto che sarebbe meglio oltrepassare, di fare quel nome che porta solo guai e di non essere compiacente. Mai.

Scrive uno degli autori, Ciro Pellegrino, sul suo blog:

Sostanzialmente Cosentino (il fratello) ritiene che il libro abbia un «intento denigratorio» tale da far affermare coscientemente il falso ai giornalisti che l’hanno scritto. Nella richiesta di distruzione e risarcimento si citano una serie di vicende raccontate ne “Il Casalese”: vicende rispetto alle quali gli autori dei capitoli in questione sono pronti a confrontarsi e lo faranno, pubblicamente.

Due spaventi, dicevo. Ma non ho spiegato perché sono ottimista sulla seconda vicenda: perché l’angoscia che lorsignori possono arrecarci con fiumi d’atti giudiziari e risarcimenti milionari  è in parte compensata dalle tante domande durante le presentazioni, dalle mail dei ragazzi, dall’interesse verso quella che –  dotti medici e sapienti se ne facciano una ragione – è semplicemente un’inchiesta giornalistica.  Spero che quest’interesse cresca.

Già: nessuno di noi ha la presunzione di poter parare tutti i colpi che arrivano (e arriveranno). Per questo motivo mi (ci) scuserete se oggi anziché raccontare la notizia, la notizia siamo noi, i giornalisti autori del Casalese. E ci scuserete se chiediamo attenzione sulla nostra vicenda. Consapevoli del giusto diritto di chiunque a veder rettificati errori lesivi della propria dignità e reputazione, al tempo stesso altrettanto coscienti dell’onesto e diligente lavoro di documentazione e scrittura intorno a questo libro, non certo operazione commerciale né politica, visto che a editarlo è una piccola casa editrice di Villaricca, popoloso comune alla periferia Nord di Napoli, a cavallo fra il capoluogo  e il Casertano.

Ci scuseranno anche gli amanti dell’anticamorra-spettacolo: non siamo abituati, abbiamo fatto solo i giornalisti. Ma in Italia da giornalista a imputato il passo è breve, troppo breve.

Fuori dal Parlamento però, le carte e le ragioni non sono secretati. Per questo gli autori e l’editore hanno deciso di organizzare due eventi per dire a gran voce le proprie ragioni e sostenere le proprie tesi.

– Martedì 27 marzo, alle 9.30, a Napoli presso la sede dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, in via Cappella Vecchia, 8. Oltre all’editore e agli autori, parteciperanno: Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania; Lucia Licciardi, consigliere dell’Associazione napoletana della stampa.

– Giovedì 29 marzo, ore 17, a Roma, presso la FNSI in Corso V. Emanuele II, 349 . Parteciperanno insieme agli autori il presidente della FNSI, Roberto Natale, e il presidente dell’Associazione napoletana della stampa, Enzo Colimoro.

Questa volta il dibattito è pubblico. E da pubblicizzare.

Quando un uomo non ha il coraggio di resistere alla corrente, di bandire apertamente la verità e di sostenere contro tutti, anche contro il proprio interesse, la giustizia, smetta la penna, perocché la audace e tempestosa milizia del giornalismo non è fatta per lui. Quando voi obbliate che lo scrittore, poeta o giornalista, esercita un sacerdozio, non un traffico, che a lui è principalmente affidato l’educazione e il miglioramento della società, che la civiltà d’un popolo sta in diretta ragione della moralità della sua stampa; quando obliate tutto ciò per l’aura d’un giorno, per la limosina d’uno scudo, allora lasciate anche che vi dica che non v’è opera nefanda che uguagli la vostra, e che io, Potere, vi rizzerei tutti quanti sopra una gogna, affinché le moltitudini conoscessero chi ha loro ritardato i giorni della rivendicazione della giustizia. (Giuseppe Guerzoni)