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speranza

#primarieparlamentari una bella onda

L’avevamo scritto qualche giorno fa qui. E il discorso vale per SEL e oggi ancora di più per tutto il centrosinistra che si è delineato (guarda un po’) proprio grazie alle primarie. Con questa legge elettorale affrontare una campagna elettorale senza avere scardinato il porcellum con gli strumenti che un partito può praticare sarebbe stupido, egoista e suicida. Ne scrive Pippo da tempo ormai, e oggi mi arriva un appello da sottoscrivere in pieno:

Ricostruire il Paese. Facciamo la nostra parte.

A Pierluigi Bersani, Nichi Vendola, Riccardo Nencini;

Alle assemblee nazionali di Partito DemocraticoSinistra Ecologia e Libertà Partito Socialista Italiano;

Le primarie dei Progressisti appena terminate hanno regalato una bellissima pagina di partecipazione e di festa ad un Paese, il nostro, offeso e ferito da troppi anni di pessima politica che hanno allontanato i cittadini dall’idea di bene comune e ci restituiscono l’immagine di un’Italia che ha scommesso sul proprio futuro affidando al centrosinistra una grande responsabilità: il cambiamento.

Se la crisi economica del Paese e la crisi morale che ha attraversato la politica dipingevano un’Italia rassegnata, impaurita, arrabbiata o disinteressata, il 25 novembre e il 2 dicembre 2012 oltre tre milioni di elettrici ed elettori hanno voluto dare un segnale forte, chiedendo più coraggio, più partecipazione, più volontà di voltare pagina. Insieme, per restituire all’Italia la speranza.

Se, come è prevedibile, le prossime elezioni politiche saranno regolamentate dal Porcellum, una legge infame che ha tolto ai cittadini il potere di scelta, è però nelle nostre possibilità di donne e uomini di centrosinistra fare in modo che al popolo delle primarie, alle nostre elettrici e ai nostri elettori, siano date le chiavi per esprimersi sui rappresentanti in Parlamento che in primavera saranno chiamati a governare l’Italia nei prossimi cinque anni.

Diceva Gandhi: “Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

Ecco perché noi, donne e uomini del centrosinistra, chiediamo ai partiti che hanno partecipato alle primarie Italia Bene Comune, PD SEL e PSI, di attivare tutti gli strumenti, dalle primarie alle assemblee popolari, per la discussione e la scelta dei candidati nelle nostre liste. Per restituire a chi ha partecipato alle primarie la fiducia che è stata riposta in noi.

C’è chi il cambiamento lo invoca a gran voce. Noi vogliamo esserlo, davvero.

Sto diventando intollerante all'(in)sanità pubblica

Io non sopporto più quest’aria rarefatta che nasconde la torba di un Governo che vorrebbe inculcarci la propria strada come unica possibilità da percorrere.
Non sopporto più questo ripetere che non c’è alternativa per narcotizzare l’elaborazione del pensiero politico, la fantasia, la politica e la speranza. Non sopporto più questo perbenismo conformista che dovrebbe spingerci a tacere che un Premier in un Paese che spende quello che spende in armamenti, corporazioni, prostituzioni finanziarie, lecchinaggi clericali e soldi pubblici per pagare i vizi, in un Paese in questo stato (minuscolo), Mario Monti si permetta di discutere di servizio sanitario nazionale come un privilegio per cui dovremmo ringraziare a testa bassa e mani giunte.
Io non sopporto più di ascoltare la retorica del privato (nei settori che la Costituzione prevedeva e vedeva pubblici) che eccelle nei ruoli che sono dello Stato quando, anche in Lombardia, è stato piuttosto interprete dell’egoismo, del disprezzo sociale e della distorsione di una mission che non può essere consonante nell’etica e insieme nei bilanci.
Io non accetto (ed è un minaccioso consiglio anche per i candidati delle primarie lombarde) che ci si ingegni per trovare “ciò che di buono è stato fatto” nella melma che si può annusare facendo un salto al presidio dei lavoratori appena fuori dal San Raffaele, dalle famiglie sanguinanti dei pazienti del Santa Rita o dagli “esuberi” che pagano la protervia e la bassezza umana della Fondazione Maugeri.
Io non tollero che non si levi una voce collettiva dignitosamente furiosa contro Monti e alcuni suoi Ministri che esibiscono priorità scollegate dalla realtà e con ghigno professorale ci illustrano teorie medievali nella visione dei diritti.
Non mi interessa sedermi dalla parte del torto (perché come diceva Brecht i posti erano già tutti occupati dalla parte della ragione) per elemosinare una poltrona o una carezza dalle segreterie.
Perché alla fine anche la liberalizzazione della dignità della persona ci diranno che è l’unica soluzione possibile.

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Voto Vendola per restare umano. Anche in politica.

Mancano poche ore al primo turno delle primarie del centrosinistra. Un ringraziamento dovuto alle migliaia di persone che stanno rendendo possibile con l proprio lavoro lo svolgimento dei primarie sui territori: quasi tutta gente di partito, per dire, oltre ai “civici” e gli “apolitici”.

La corsa è stata ricca, articolata nel percorso dialettico e politico e tutto sommato è stata leale: sono primarie che hanno tenuto alto il profilo e fanno bene alla politica. In queste ultime settimane ho girato l’Italia (da Recanati a Brescia, da Roma a Gallarate) per raccontare quanto  (che di Vendola sono un po’ figlie avendole chieste e sostenute, quando ancora ci credevano in pochi che sarebbero state messe in campo) sia un’occasione per scrivere una squadra ed un programma che sia di sinistra-centro piuttosto che di centrocentrocentro-sinistra come troppe volte ci è capitato di assistere.

Quando pronunci la parola “sinistra” negli incontri pubblici si alza sempre qualche sguardo torvo di fastidio: niente destra o sinistra, ci dicono con l’eleganza dei demagoghi che passano per rivoluzionari, ultimamente. Io non sono oltre le ideologie: l’ho già scritto in tempi non sospetti qui.

E per questo domani voterò Vendola: per le proposte che escono dall’idea liofilizzata di “sinistra di testimonianza” e si prende la responsabilità di diventare una sinistra adulta e di governo, perché questo Paese ha il dovere di ricominciare ad occuparsi dei diritti (meglio ancora se degli altri), perché come un archeologo curioso è andato a recuperare in fondo al mare parole che la politica aveva avuto occasione di sotterrare (cultura, rappresentanza dei lavoratori, speranza, umanità, solidarietà, cooperazione, disarmo e “famiglie” scritto al plurale), perché la legalità ha una declinazione etica e morale oltre alle regole, perché interessa la partita oltre al partito.

Ma se dovessi dare una sola motivazione, una soltanto, voto Vendola perché è rimasto umano: umano nella dignità di affrontare il processo e con lo stesso tono contenuto commuoversi all’uscita del tribunale dopo l’assoluzione senza bile urlata in faccia, umano nel non provare vertigini nel parlare del diritto all’amore, alla speranza e al futuro, umano senza nascondimento delle sue fragilità.

Restiamo umani, diceva Vik, e in questi giorni nazionali (e internazionali) vale la pena di provarci con fierezza.

Quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?

Di chi sono i morti? Di chi li perde, di chi li uccide e anche di chi li dimentica, forse. Riflettevo qualche giorno fa con gli amici di SEL Recanati in un bella serata di bella politica sul fatto che le parole non pronunciate nei comizi siano sempre amore e morte. Sembra banale, lo so, ma non lo è: rimane la sensazione che per le più basse tragedie e le più alte poesie in politica si debba trovare una formula accomodante che eviti di centrare il punto travestendosi da analisi in improbabili sigle: coppie di fatto, omogenitorialità e diritti civili senza pronunciare “amore” e immigrazione, sbarchi, flussi o tragedie del mare piuttosto che pronunciare “morte”.

Non so se mi hanno fatto bene questi due anni e poco più di politica per la mia igiene affettiva. Non so se sia strategicamente sbagliato rinunciare alla rincorsa disperata e disperante dell’anaffettività per essere forte, coraggioso e oltraggioso quanto basta, sempre in difesa di bassezze che sono umane prima che politiche. Non so nemmeno se sia folle coltivare amicizie in un campo dove ogni apertura diventa uno spiffero buono per entrarci a piedi uniti.

Quello che so, e non è poco, è che se la politica diventa disumana e incapace di usare il vocabolario del sentimento e della speranza diventa inattiva, retorica e terribilmente lontana.

Poi a volte leggi lettere come quella del sindaco di Lampedusa di Giusi Nicolini. Le ritrovi di solito in rete o in qualche occhiello basso di un quotidiano mentre sfogli veloce la rassegna stampa insieme al caffè. Di solito sono i lamenti e gli sguardi di qualche amministratore locale (non è un caso, del resto) che precipitano fortunosamente nel cuore più sentimentale del problema, nel nocciolo da cui partire prima di costruire l’analisi, nel dolore da non dimenticare per trovare soluzioni efficaci sì, economicamente sostenibili anche ma umane. Politicamente umane. Senza commissariamenti del dolore, dell’amore e in questo caso della morte:

“Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa

Eletta a maggio, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?

Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 ma erano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.

Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.

Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa  motivo di vergogna e disonore.

In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.

Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umane a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera. Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene  consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza”.

Giusi Nicolini

 

 

La strada più semplice

La indica Gad Lerner su Repubblica e ricorda qualcosa che scrivevamo proprio ieri:

Il centrosinistra lombardo, a sua volta, si ritrova a fare i conti con errori politici non certo riducibili alla vicenda giudiziaria di Filippo Penati. Il “modello lombardo” di Formigoni, grazie alla sua longevità e alla sua tendenza inclusiva, è stato sopravvalutato da un’opposizione istituzionale che gli riconosceva caratteri innovativi con cui giustificava scelte consociative e subalterne. Quando gli scandali hanno rivelato la vera natura di quel sistema di potere, quindi, la costruzione di un progetto alternativo ha reso necessario il ricorso a personalità della società civile esterne al perimetro dei partiti. Un percorso diverso da quello realizzato vittoriosamente a Milano grazie a una leadership alternativa di natura politica, impersonata da Giuliano Pisapia, anch’egli estraneo al gruppo dirigente del centrosinistra ma dotato di idealità e virtù aggregatrici.
Umberto Ambrosoli è emerso così come figura prestigiosa, paladino della legalità, refrattario a lasciarsi rinchiudere in una logica di schieramento. Non solo e non tanto perché sul suo nome può convergere anche il centro moderato, come testimonia l’appoggio di Casini; quanto invece perché Ambrosoli è in grado di mobilitare in Lombardia vasti settori di associazionismo civico gelosi della propria autonomia dai partiti.
La sua disponibilità ha messo in crisi il meccanismo delle primarie di coalizione del centrosinistra, cui si erano già candidate figure degnissime come Alessandra Kustermann, Fabio Pizzul, Giulio Cavalli. E ora si vivono momenti di tensione. Ambrosoli rifiuta l’etichetta di uomo del centrosinistra e, sebbene tutti o quasi lo riconoscano come il candidato giusto, ora su di lui si concentrano accuse di élitarismo. Superabili quando egli manifesti disponibilità a un vasto confronto pubblico sul suo programma e, eventualmente, a primarie che non siano più di centrosinistra ma di natura civica.
Si tratta di un passaggio cruciale che il Pd sbaglierebbe a sottovalutare, perché il prolungato sequestro delle decisioni politiche in Lombardia ha riacceso un bisogno ineludibile di partecipazione e di cittadinanza attiva. Già il Pd ha dovuto fare un passo indietro per riaccendere la speranza di una riscossa civica. Ora si tratta di connettere la prestigiosa leadership di Ambrosoli al ripristino di meccanismi democratici troppo a lungo vilipesi.

Una nuova Lombardia #davvero /3

Discontinuità: lo sto ripetendo spesso e dappertutto in questi giorni. La Lombardia ha bisogno di discontinuità con il passato e soprattutto con il futuro che il Celeste aveva programmato e ha lasciato come impianto per i prossimi anni. Una discontinuità che non sia solo nei comportamenti (troppo facile una campagna elettorale sul “non rubare” che spinge alla pacca sulla spalla piuttosto che a un disegno di speranza) ma che sia politica, quasi eversiva nella legiferazione (oh mio dio, eversiva, che comunista!) che tolga le buone pratiche dal cassetto e le accenda in giro per la Regione.

Tra le proposte arrivate in discussione sulla nostra piattaforma Lombardia #davvero:

La riconversione urbanistica della Rhur ha consentito in Germania di creare nuovi posti di lavoro, di migliorare l’ambiente in una delle zone più inquinate tedesche e di all’allargare l’offerta turistica e culturale, nonché migliorare la mobilità.

Perché non farlo anche in Lombardia, invece di costruire i soliti inutili palazzi che rimangono sempre vuoti?

E ha ragione Saverio quando prende ad esempio la maggiore area industriale della nord Europa. la Rhur:

Negli ultimo decennio la Ruhr ha subito il più esteso e articolato piano di riconversione urbanistica del continente con risvolti molto positivi su di un ambiente deteriorato dalla passata industrializzazione e un deciso miglioramento dello stile di vita dei suoi numerosi abitanti. Perché la Ruhr fu il fulcro della metallurgia grazie a giacimenti di ferro e di carbone rinvenuti a pochi centimetri della superficie e al genio dei pionieri dell’industria tedesca: la famiglia Krupp in primo luogo. A vent’anni dalla crisi della siderurgia, fabbriche, miniere, silos, centrali elettriche, mulini, bacini fluviali e gasometri sono stati trasformati in musei, arene, teatri, piscine, acquari e centri commerciali. Le politiche per la riduzione di polveri sottili ed emissioni di CO2 sono state accompagnate dal rimboschimento di ampie aree. La metropoli che aggrega le città di Essen, Duisburg, Dortmund e Oberhausen – dominata dalle ciminiere, servita da una griglia di autostrade e popolata da cinque milioni e mezzo di abitanti – ha riscattato il suo grigio passato per diventare la nuova frontiera di arte e intrattenimento.

Un polo che attrae ogni anno milioni di turisti da Germania, Olanda, Belgio e Francia. Ma non ha dimenticato le sue origini nel lavoro. A Dortmund c’è il Dasa, il più grande museo del mondo dedicato a sicurezza e antinfortunistica. Paradossalmente, il migliore esempio di divulgazione sul tema degli incidenti sul lavoro si trova a pochi km dal quartier generale delle acciaierie Thyssen-Krupp, responsabile della tragedia di Torino. Non possono dire che non sapevano, che non erano informati!

L’intervento più singolare nella zona è quello del gasometro di Oberhausen, adibito a gigantesco centro espositivo con un osservatorio a 170 m di altezza. Nei dintorni sono stati realizzati il maggiore acquario tedesco, un luna park, un’arena, uno shopping centre e una promenade con ristoranti, bar e discoteche. L’opera urbanistica più interessante è quella del porto fluviale di Duisburg, ridisegnato da Norman Foster come borgo residenziale sull’acqua: nell’ansa del canale, diviso da una diga, è stata ricavata un’arena e il maggiore mulino è stato adibito a museo d’arte contemporanea. All’altro lato di Duisburg, l’ex ferriera Meiderich è ora il Landschaftspark con teatri, ristoranti, negozi, area espositiva, palestra di roccia sulla parete di un silos e piscina per immersioni in un gasometro. Ma il capolavoro della Ruhr è la Zollverein di Essen: la maggiore miniera di carbone d’Europa, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, convertita in un centro multifunzionale. Nella fornace Norman Foster ha allestito il Red Dot Design Museum. In altri edifici sono stati ricavati centro congressi, fiera, teatri, film studio e bistrot. Nel corpo centrale il percorso della lavorazione del carbone è stato affiancato da spazi espositivi.

Viene da pensare allo stesso progetto su Arese nella zona ex Alfa Romeo o nel bresciano o nelle tante aree dismesse. Viene da pensare ad una Lombardia che non lasci suolo intentato,  che veda sul cemento ciò che non sembra immaginabile. Viene da pensare ad una inimmaginabile Lombardia. Davvero.
ps: proponete, diffondete e fate proporre qui.

A proposito di candidati e di programmi – Byoblu intervista Giulio Cavalli

di Valerio Valentini (da Byoblu.com)

Il voto in Sicilia ha aperto le danze. Da qui alle elezioni nazionali del 2013, si delineerà la fisionomia della nuova classe politica. Il prossimo appuntamento saranno le consultazioni elettorali in Lombardia, terra di ‘ndrangheta e di corruzione. E anche lì, a giudicare dallo sfacelo prodotto da Pdl, Lega, Pd e Cl negli ultimi vent’anni, i cittadini esprimeranno un giudizio severo nei confronti dei politicanti che torneranno a infestare le strade con i manifesti pieni di vane promesse. La Lombardia era una delle zone più ricche e avanzate d’Europa, ed è stata consegnata da una politica oscena alle cosche e ai palazzinari dediti al narcotraffico e alla speculazione edilizia.

Eppure, di fronte a queste macerie, c’è chi ha deciso di proporre un riscatto ai cittadini lombardi. Si tratta di Giulio Cavalli, che è ormai un ospite ricorrente del blog, e che sta lanciando in questi giorni la sua “rivoluzione”. Che poi è anche quella di tutti noi, che ancora crediamo in un’Italia diversa.

Giulio Cavalli, quindi hai deciso di candidarti per l’elezione a governatore della Regione Lombardia. Davvero?

Abbiamo deciso (e uso il plurale perché siamo in tanti: pezzi consistenti dei partiti ma non solo, cittadini, comitati, professionisti e associazioni) che non possiamo permetterci di non cogliere questa grande occasione di ripensare completamente la Lombardia, di uscire dal tranello di questi ultimi diciassette anni che ci hanno convinto che questo sia l’unico modello di gestione politica possibile. Abbiamo deciso che oltre a buoni amministratori, la Lombardia ha bisogno di una fantasia rivoluzionaria. Se non una rivoluzione, una prepotente evoluzione verso una Lombardia laica, che si ripensa sulle infrastrutture, che rimette al centro le persone prima delle cose. Per rispondere alla tua domanda, quindi: sì, davvero!

Dunque, una candidatura che cerca di aggregare una larga parte di quella società civile – in particolar modo composta da giovani – disgustata dalla politica attuale, che magari gravita intorno a movimenti creati dal basso o che addirittura rischia di confluire nel sempre crescente partito dell’astensionismo.

Certo. Se la politica non riesce ad accendere la speranza e non riesce a raccontare una visione rivoluzionaria del futuro è semplicemente autopreservazione dello status quo. E ormai i cittadini non sono più disposti a non accorgersene o interessarsene.

Ma è una candidatura, la tua, che dovrà tener conto dell’iter pre-elettorale che il centro-sinistra deciderà di intraprendere. Quali sono le prospettive in tal senso? Sai già azzardare date e candidati di eventuali primarie di coalizione?

Credo che le date siano più o meno in linea con quelle delle primarie nazionali. Anzi, secondo me sarebbe il caso di sfruttare i seggi e la partecipazione di quelle primarie per accorparle a quelle regionali, ma la discussione è in corso. Sui candidati circolano i nomi di Pizzul per il PD, Zamponi con IDV e la Kustermann per i cosiddetti “arancioni” (i quali, vale la pena ricordarlo, qui a Milano sono legati all’ex socialista D’Alfonso, che di arancione ha solo il colore).

Veniamo ai progetti che hai in mente per attuare una vera rivoluzione. La Giunta Regionale è di fatto crollata a causa di ‘ndrangheta e corruzione. Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, che ormai in Lombardia nessuno può permettersi di ignorare, la tua esperienza personale è una garanzia. Ma quali sono tre provvedimenti concreti che adotteresti il giorno dopo la tua eventuale elezione, per arginare lo straripante potere delle cosche?

Adottare il codice etico europeo che non è ma stato messo in pratica in Italia, una legge anticorruzione e una commissione antimafia permanente.

Sul modello di quella milanese presieduta da Nando Dalla Chiesa?

No, io preferisco una commissione consigliare: la politica si deve prendere la responsabilità politica delle proprie azioni. Gli esperti sono una risorsa importante a disposizione, ma le soluzioni sono legislative.

E come sarebbe un’ipotetica legge anti-corruzione lombarda varata dalla giunta Cavalli?

Prevedrebbe innanzitutto una diversa pianificazione urbanistica: nuova legge sul consumo di suolo, niente aree commerciali ma zone boschive intorno alle infrastrutture; e poi appalti con obbligo di videosorveglianza della movimentazione terra, recupero del costruito, responsabilità dei funzionari e decentramento dei poteri (e controlli) dalla Giunta verso il Consiglio. Tanto per dirne alcune.

E sulla vicenda Expo? Come si muoverebbe quella stessa giunta Cavalli?

Ripensandolo profondamente. Costruire il minimo indispensabile, rivendicare il ruolo agricolo della Lombardia e cogliere l’occasione per edilizia pubblica e servizi ai comuni ospitanti. Meno cemento e più servizi che non abbiano bisogno di essere riconvertiti. E poi concentrarsi sul tema coinvolgendo il mondo della cultura e dei saperi lombardi piuttosto che gli edificatori.

La cultura, appunto. Il Teatro Valle di Roma è autogestito ininterrottamente dagli artisti da circa due anni. Anche a Milano, nel maggio scorso, gli artisti di Macao hanno cercato di appropriarsi di spazi abbandonati per farne luoghi di cultura e di spettacolo. Un uomo di teatro come te, quali idee ha in mente per riportare la formazione e l’arte al centro della politica?

Le risorse. Finché non riusciamo a pensare alla cultura come ambiente di occupazione e produttività rimarremo incollati a questa visione della cultura e dell’arte come testimonianza. Per quanto riguarda il mondo del teatro, ad esempio, in Lombardia ci sono migliaia di professionisti che il mondo ci invidia. Bisogna costruire una rete teatrale che riparta dalle esperienze storiche ma che riesca ad abbracciare le nuove realtà (penso alle residenze teatrali, alle nuove compagnie di danza, agli interpreti delle arti visive e molto altro) e che voglia essere anche meno milanocentrica. C’è una legge sullo spettacolo da ripensare completamente che non tiene conto degli ultimi vent’anni.

E’ una grande responsabilità, quella che intendi assumerti. In bocca al lupo.

E’ una generazione intera che deve spendersi. Quindi in bocca al lupo a noi.

Le primarie che balbettano e gli strateghi osceni

Tira un’aria strana dalle parti del Pirellone. Non è solo la puzza di 17 anni di Formigoni sgretolati velocemente sotto la morsa degli scandali e degli arresti ma è l’aria sinistra (che di sinistra però riesce sempre a non dire nulla) del mercanteggiare tra le pieghe della coalizione di centrosinistra perché la partecipazione appaia senza bisogno di comparire. Una magia nera e gattopardesca perché tutto sembri in movimento mentre rispetta gli accordi a bocce ferme.
Non so chi spinga a evitare le primarie (questo è un falso giornalistico: so i nomi e i cognomi e pasolinianamente ho anche le prove) ma è chiaro che ancora una volta le antenne della sensibilità politica si mostrano sclerotizzate e fuori tempo massimo, sempre impegnate a curare il proprio piccolo e misero orto.
“Dopo 17 anni di Formigoni sembrate impreparati” mi dicono al bar. Sarà che frequento bar di provincia senza analisti di professione ma la risposta delle primarie dava un senso positivo alla critica e solleva speranza tra i cittadini della Lombardia: non fare le primarie significa presentare sulla bancarella delle prossime regionali un prodotto da discount rivendendolo per alto artigianato di democrazia.
Per questo do il benvenuto a Lorenzo Guerini (mio ottimo sindaco a Lodi), sono contento della combattività di Roberto Cornelli e riconosco la ricchezza dei profili e del dibattito con Zamponi, Biscardini, Kustermann e tutti quelli che ci hanno messo la faccia per un patto civico che abbia facce, idee e contenuti.
Gli altri, i macchiavellici trovarobe fuori quinta, lascino perdere: chi armeggia fuori quinta è osceno per definizione.
Le primarie sono l’unica scena democratica che interessa.

Codice etico: per partire dalle proposte #davvero

La notizia sembra essere ormai sicura: venerdì ci saranno le dimissioni di alcuni consiglieri della maggioranza che sommate a quelle presentate (da tempo) da noi, PD e IDV determineranno la fine del Governo “Formigoni quater”. Qualcuno giustamente mi scrive che finché non vede non ci crede ma è ormai chiaro che siamo alle battute finali dello sgretolamento.

Leggo anche in giro che ci sarebbe imbarazzo nel centrosinistra: falso. Il programma è tutto in questi due anni di opposizione e di alternativa. Ora bisogna sintetizzare, ascoltare, fare sintesi ed essere chiari. Raccontare senza remore la Lombardia che è nella speranza e nei bisogni dei cittadini. E partire. Con le primarie. Per uscire dai partiti e giocarsi la partita.

Intanto tra le cose da fare ci sarebbe da recuperare quello che di buono c’è già e non è mai stato messo in pratica. Il Codice Europeo di comportamento per gli eletti locali e regionali potrebbe essere un buon punto di partenza, ad esempio:

 

Codice etico del 31/08/04

*****

Codice Europeo di comportamento per gli eletti locali e regionali

Preambolo

Il Congresso dei Poteri Locali e Regionali del Consiglio d’Europa,

Sottolineando che gli eletti locali e regionali esercitano le loro funzioni nel quadro della legge e conformemente al mandato che è stato loro affidato dagli elettori, e che sono responsabili nei confronti della popolazione locale o regionale nel suo complesso, ivi compreso nei confronti degli elettori che non hanno votato per essi;

Considerando che il rispetto dei termini del mandato degli elettori va di pari passo con il rispetto delle norme etiche;

Profondamente allarmato dal moltiplicarsi degli scandali giudiziari in cui sono implicati responsabili politici a motivo di atti commessi nell’esercizio delle loro mansioni econstatando che il livello locale e regionale non sfugge a questo fenomeno;

Convinto che la promozione dei Codici di condotta destinati agli eletti locali e regionali permetterà di accrescere la fiducia fra la classe politica locale e regionale e i cittadini;

Persuaso che questo legame di fiducia sia indispensabile affinché un eletto possa portare a buon fine la propria missione;

Constatando che i dispositivi legislativi sono sempre più completati da Codici di comportamento in vari settori quali le relazioni commerciali, le relazioni bancarie, l’amministrazione;

Stimando che spetti agli eletti locali e regionali assumere un comportamento analogo nelle loro sfere di competenza;

Persuaso che la definizione degli obblighi etici che gravano sugli eletti locali e regionali in un Codice di condotta permetterà di chiarire il loro ruolo e la loro missione e di riaffermare l’importanza di quest’ultima;

Convinto che tale Codice deve prevedere in maniera più estesa possibile l’insieme dell’azione dell’eletto;

Sottolineando che la definizione di regole di comportamento implica il rispetto degli imperativi etici;

Ricordando parimenti che il ripristino di un clima di fiducia rende necessario il coinvolgimento della società civile intesa complessivamente e sottolineando al riguardo il ruolo dei cittadini stessi e dei mass media;

Ribadendo infine che l’imposizione dei doveri non è concepibile senza la concessione di garanzie che permettano agli eletti locali e regionali di svolgere il loro mandato e ricordando al riguardo le disposizioni pertinenti contenute in tal senso nella Carta europea dell’Autonomia locale e nella bozza di Carta europea dell’Autonomia regionale;

Prendendo in considerazione i testi in vigore all’interno degli Stati membri e i lavori internazionali pertinenti, propone il seguente Codice di condotta circa l’integrità degli eletti locali e regionali:

TITOLO I – CAMPO D’APPLICAZIONE

Articolo 1- Definizione dell’eletto

Ai fini del presente Codice, il termine “eletto” designa qualsiasi responsabile politico che eserciti un mandato locale o regionale conferitogli mediante elezione primaria (elezione da parte del corpo elettorale) o secondaria (elezione a funzioni esecutive da parte del consiglio locale o regionale).

Articolo 2 – Definizione delle funzioni

Ai fini del presente Codice, il termine “funzioni” designa il mandato conferito tramite elezione primaria o secondaria e l’insieme delle funzioni esercitate dall’eletto in virtù di detto mandato primario o secondario.

Articolo 3 – Oggetto del Codice

L’oggetto di questo codice consiste nello specificare norme di comportamento che gli eletti sono supposti osservare nello svolgimento delle loro funzioni e nell’informare i cittadini circa le norme di comportamento che possono a buon diritto aspettarsi dagli eletti.

TITOLO II – PRINCIPI GENERALI

Articolo 4 – Primato della legge e dell’interesse generale

Gli eletti seggono in virtù della legge e debbono in qualunque momento agire conformemente ad essa.

Nell’esercizio delle sue funzioni, l’eletto persegue l’interesse generale e non esclusivamente il proprio interesse personale diretto o indiretto, o l’interesse particolare di persone o di gruppi di persone allo scopo di ottenere un interesse personale diretto o indiretto.

Articolo 5 – Obiettivi dell’esercizio del mandato

L’eletto garantisce un esercizio diligente, trasparente e motivato delle proprie funzioni.

Articolo 6 – Esercizio del mandato

Nell’esercizio delle sue funzioni, l’eletto rispetta le competenze e le prerogative di qualsiasi altro mandatario politico o dipendente pubblico.

Si astiene dall’incitare o dal concorrere e si oppone alla violazione dei principi enumerati nel presente titolo, da parte di qualsiasi altro incaricato politico o dipendente pubblico nell’esercizio delle sue funzioni.

TITOLO III – OBBLIGHI SPECIFICI

Capitolo 1 – Accesso alla funzione

Articolo 7 – Regole in materia di campagna elettorale

La campagna elettorale del candidato è volta a diffondere e a spiegare il programma politico del candidato stesso.

Egli si astiene dall’ottenere qualsiasi suffragio con mezzi che non siano la persuasione o il convincimento.

In particolare, si astiene dal cercare di ottenere suffragi con la diffamazione degli altri candidati, con la violenza e/o con le minacce, con la manipolazione delle liste elettorali e/o dei risultati della votazione, nonché con la concessione di vantaggi o di promesse di vantaggi.

Capitolo 2 – Esercizio della funzione

Articolo 8 – Clientelismo

L’eletto si astiene dall’esercitare le proprie funzioni o di utilizzare le prerogative legate alla sua carica nell’interesse particolare di individui o di gruppi di individui allo scopo di ottenere un interesse personale diretto o indiretto.

Articolo 9 – Esercizio di competenze a proprio vantaggio

L’eletto si astiene dall’esercitare le proprie funzioni o di utilizzare le prerogative connesse con la sua carica in vista del proprio interesse particolare personale diretto o indiretto.

Articolo 10 – Conflitto d’interesse

Quando vi siano degli interessi personali diretti o indiretti nelle pratiche che sono oggetto di un esame da parte del consiglio o di un organo esecutivo (locale o regionale), l’eletto s’impegna a dichiarare questi interessi prima della deliberazione e della votazione.

L’eletto si astiene dal prender parte a qualsiasi delibera o votazione che abbia come oggetto un interesse personale diretto o indiretto.

Articolo 11 – Cumulo

L’eletto si sottopone a qualsiasi regolamentazione in vigore volta a limitare il cumulo dei mandati politici.

L’eletto si astiene dall’esercitare altri incarichi politici che gli impediscano di esercitare il proprio mandato di eletto locale o regionale.

L’eletto si astiene dall’esercitare delle cariche, professioni, mandati o incarichi che suppongono un controllo sulle sue funzioni di eletto o che, secondo le sue funzioni di eletto, avrebbe il compito di controllare.

Articolo 12 – Esercizio delle competenze discrezionali

Nell’esercizio delle sue competenze discrezionali, l’eletto si astiene dal concedersi un vantaggio personale diretto o indiretto, o dal concedere un vantaggio a una persona o a un gruppo di persone, allo scopo di ottenere un vantaggio personale diretto o indiretto.Integra alla sua decisione una motivazione circostanziata che riprenda l’insieme degli elementi che hanno determinato la sua decisione, e in particolare le disposizioni della regolamentazione applicabile, come anche gli elementi che dimostrano la conformità della sua decisione a questa regolamentazione. In assenza di regolamentazione, la sua motivazione comprende gli elementi che dimostrano il carattere proporzionato, equo e conforme all’interesse generale della sua decisione.

Articolo 13 – Divieto di corruzione

Nell’esercizio delle sue funzioni, l’eletto si astiene da qualsiasi tipo di comportamento di corruzione attiva o passiva quale definito nella regolamentazione penale nazionale o internazionale vigente.

Articolo 14 – Rispetto della disciplina di bilancio e finanziaria

L’eletto s’impegna a rispettare la disciplina di bilancio e finanziaria, garanzia della buona gestione del pubblico denaro, così com’è definita dalla legislazione nazionale pertinente in vigore. Nell’esercizio delle sue funzioni, l’eletto si astiene da ogni atto destinato a deviare dal loro scopo i fondi e/o le sovvenzioni pubbliche. Si astiene da qualsiasi azione il cui obiettivo consista nell’utilizzare a scopi personali diretti o indiretti fondi e/o sovvenzioni pubbliche.

Capitolo 3 – Cessazione di funzioni

Articolo 15- Divieto di assicurarsi preventivamente alcuni incarichi

Nell’esercizio delle proprie funzioni, l’eletto si astiene dal prendere provvedimenti che gli assicurino un vantaggio personale professionale futuro, dopo cessazione delle sue funzioni;

in seno a entità pubbliche o private che si trovavano sotto il suo controllo durante l’esercizio delle sue funzioni;

in seno a entità pubbliche o private con le quali ha allacciato rapporti contrattuali durante l’esercizio delle sue funzioni;

in seno a entità pubbliche o private che sono state create durante l’esercizio delle sue funzioni e in virtù di esse.

TITOLO IV – MEZZI DI CONTROLLO

Capitolo 1- Accesso alla carica

Articolo 16 – Limitazione e dichiarazione delle spese elettorali

Nell’ambito della sua campagna elettorale, il candidato limita l’ammontare delle sue spese elettorali in maniera proporzionata e ragionevole.

Attua tutti i provvedimenti imposti dalla regolamentazione in vigore volti a render pubblica l’origine e l’importo degli introiti utilizzati durante la campagna elettorale, nonché la natura e l’importo delle sue spese.

In mancanza di regolamentazione vigente, comunica questi dati su semplice richiesta.

Capitolo 2 – Esercizio della funzione

Articolo 17 – Dichiarazione d’interessi

L’eletto attua diligentemente ogni provvedimento imposto dalla regolamentazione in vigore volto a render pubblico o a controllare i suoi interessi personali diretti o indiretti, i mandati, le funzioni e professioni che esercita o l’evoluzione della sua situazione patrimoniale.

In mancanza di regolamentazione vigente, comunica questi dati su semplice richiesta. Articolo 18 -Rispetto dei controlli interni ed esterni.

Nell’esercizio delle sue funzioni, l’eletto si astiene dall’ostacolare l’esercizio di un controllo motivato e trasparente dell’esercizio delle sue funzioni da parte delle autorità di controllo interno o esterno competenti.

Attua diligentemente le decisioni esecutorie o definitive di queste autorità.

La motivazione delle decisioni o degli atti che sono sottoposti a queste autorità di controllo si accompagna alla menzione espressa dell’esistenza di questi controlli e della precisa identificazione delle autorità competenti.

TITOLO V – RAPPORTI CON I CITTADINI

Articolo 19 – Pubblicità e motivazione delle decisioni

L’eletto è responsabile per la durata del suo mandato nei confronti della popolazione locale nel suo complesso. L’eletto abbina ogni decisione di fare o di non fare ad una motivazione circostanziata che riprenda l’insieme degli elementi su cui si basa e in particolare le disposizioni della regolamentazione applicabile, come anche gli elementi che dimostrano la conformità della sua decisione a questa regolamentazione.

In caso di confidenzialità, la deve motivare, svilupppando gli elementi che impongono detta confidenzialità. Risponde diligentemente a qualsiasi richiesta procedente dai cittadini relativa allo svolgimento delle sue mansioni, alla loro motivazione o al funzionamento dei servizi di cui è responsabile. Incoraggia e sviluppa ogni provvedimento che favorisca la trasparenza delle sue competenze, dell’esercizio delle sue competenze e del funzionamento dei servizi di cui ha la responsabilità.

TITOLO VI – RAPPORTI CON L’AMMINISTRAZIONE

Articolo 20 – Assunzione del personale

L’eletto s’impegna ad impedire ogni reclutamento di personale amministrativo basato su principi che non siano il riconoscimento dei meriti e delle competenze professionali e/o a scopi diversi dai bisogni del servizio.

In caso di reclutamento o di promozione del personale, l’eletto prende una decisione obiettiva, motivata e diligente.

Articolo 21 – Rispetto della missione dell’amministrazione

Nel contesto dell’esercizio delle sue funzioni, l’eletto rispetta la missione affidata all’amministrazione di cui è responsabile, senza pregiudizio dell’esercizio legittimo del suo potere gerarchico. Si astiene dal chiedere o dall’esigere da parte di un pubblico dipendente l’esecuzione di qualsiasi atto o qualsiasi astensione da cui possa derivargli un vantaggio personale diretto o indiretto, o che permetta un vantaggio a persone o a gruppi di persone allo scopo di ottenere un vantaggio personale diretto o indiretto.

Articolo 22 – Valorizzazione della missione dell’amministrazione

Nell’ambito dell’esercizio delle sue mansioni, l’eletto fa in modo di valorizzare il ruolo e gli incarichi della sua amministrazione.

Incoraggia e sviluppa ogni provvedimento volto a favorire un miglioramento dei servizi di cui è responsabile, nonché la motivazione del loro personale.

TITOLO VII – RAPPORTI CON I MASS MEDIA

Articolo 23

L’eletto risponde in maniera diligente, sincera e completa a qualsiasi richiesta d’informazione da parte dai mass media per quanto riguarda l’esercizio delle sue funzioni, ad esclusione di informazioni confidenziali o di informazioni circa la vita privata dell’eletto o di un terzo. Incoraggia e sviluppa ogni misura che vada a favore della diffusione presso i mass media di informazioni sulle sue competenze, sull’esercizio delle sue funzioni e sul funzionamento dei servizi che si trovano sotto la sua responsabilità.

TITOLO VIII – INFORMAZIONE, DIFFUSIONE E SENSIBILIZZAZIONE

Articolo 24 – Diffusione del Codice presso gli eletti

L’eletto s’impegna ad aver letto e capito l’insieme delle disposizioni del presente Codice come pure le regolamentazioni cui fa riferimento e dichiara di avere la volontà di lasciarsi guidare dalle disposizioni del Codice.

Articolo 25 – Diffusione del Codice presso i cittadini, i dipendenti e i mass media

Incoraggia e sviluppa qualsiasi provvedimento volto a favorire la diffusione del presente Codice e la sensibilizzazione ai principi in esso elencati, presso i dipendenti di cui si assume la responsabilità, presso i cittadini ed i mass media.

Se oggi le forze politiche si sorprendono di vedere i ragazzi in piazza, significa che non hanno capito la storia degli ultimi vent’anni.

Sospesa e sovrastata dalle oscillazioni delle nuove alleanze politiche internazionali dopo il crollo del muro di Berlino, la classe dirigente che oggi guida il Paese non ha saputo valutare il rischio della gestione globale dell’economia durante gli anni post-ideologici. Non ha capito che avrebbe potuto, dopo Tangentopoli, ricostruire il Paese proteggendo le istituzioni, trasmettendo in modo credibile i nostri valori costituzionali e indirizzando la politica economica verso lidi sicuri. Ha invece compromesso lo stato sociale, non ha saputo evitare la frammentazione del sistema-paese e ha mandato in fibrillazione la tenuta istituzionale, generando gravissimi cortocircuiti normativi, compromettendo l’approccio etico alla dimensione pubblica e diventando facile preda delle governance internazionali, ben consapevoli di poter cogliere nell’immaturità storica del nostro Paese la possibilità di prolungarne la subalternità politico-economica.

Mentre la politica non è stata in grado di difendere i più elementari valori collettivi e i principi minimi di equità sociale, è stato rivisto parallelamente il mercato del lavoro, ristrutturato il sistema previdenziale e compromessa la possibilità dei giovani di fondare su istanze meritocratiche la costruzione del proprio futuro.

Se oggi le forze politiche si sorprendono di vedere i ragazzi in piazza, significa che non hanno capito la storia degli ultimi vent’anni.

D’altronde, se l’avessero davvero compresa, non avrebbero abdicato le linee guida del Paese ad un governo tecnico, intervenuto a mercato saturo e risparmi compromessi, per salvaguardare la tenuta delle stesse valute internazionali che hanno speculato per anni sulle nostre contraddizioni interne.

Nicola De Benedetto su Non Mi Fermo. Da leggere.