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Dicembre 2011

La scuola fuorilegge

Adesso che i barbari, i nani, le ballerine e, aggiungiamo, gli ignoranti e quelli in malafede,  non ci sono più, ministro Profumo, possiamo pretendere, non dico la luna, ma almeno il rispetto delle leggi? Qualcosa cambierà? Giusto per dar l’esempio ai ragazzi e non farli ridere quando, da dietro una cattedra, o da dietro uno scranno, gli raccontiamo la Costituzione Italiana. Noi siamo seri e dignitosi a scuola. Il pericolo e il ridicolo delle norme assurde lasciamolo a un tempo passato e lungi dai banchi. Giusto per prepararli, sani nel corpo e nella mente, al futuro che li aspetta. Mila scrive al Ministro. A proposito di equità.

Grandi opere, prevedibili immondezzai

GRANDI INFRASTRUTTURE: I NO CHE FANNO DIVENTARE ADULTI
Quanto sta avvenendo in questi giorni sul teatro (o teatrino) delle infrastrutture lombarde suona come amara conferma. Potremmo compiacerci di aver previsto tutto o quasi: che la BreBeMi sarebbe diventata un bagno di sangue finanziario, che il project financing dell’infrastruttura era uno specchietto per allodole e una mangiatoia per speculatori (e potremmo sederci lungo la sponda del fiume a vedere passare le repliche dello show per le altre autostrade: la TEM, la Pedemontana, la VA-CO-LC, la Cremona-Mantova, il TIBRE, la Broni-Mortara, la Valtrompia, la Bergamo-Treviglio, la Rho-Monza, la Vigevano-Malpensa…), che la fretta di avviare i cantieri avrebbe favorito astuzie e devastazioni ambientali… e invece no, non possiamo dirci compiaciuti, perchè il programma di gigainfrastrutture stradali lombarde è una ipoteca pesantissima sul futuro economico della nostra regione. Perchè in un regime di scarsità sarebbe preferibile concentrare le poche risorse disponibili sulle infrastrutture davvero necessarie, dalle fogne alle opere di sicurezza del territorio, anzichè gettarle nel frullatore della speculazione e dell’ecomafia. Perchè il sistema dei controlli ambientali si è dimostrato corrotto oltre che inefficace. Perchè aziende come BreBeMi, che dovrebbero farsi pienamente carico delle loro responsabilità, non si accorgono di quello che ogni cittadino è in grado di vedere con i suoi occhi, e cioè che i loro stessi cantieri sono diventati immondezzai abusivi, e nonostante ciò si dichiarano parte lesa… poverini, non avevano tempo di guardare cosa succedeva nei cantieri, visto che erano troppo impegnati a tagliare nastri e a scrivere diffide contro Legambiente.
Ora la palla della BreBeMi non la gioca la politica, ma la magistratura. Quella che doveva essere la prima autostrada realizzata in project financing è diventato il sito inquinato più lungo d’Italia, 57 km di cantiere da verificare, caratterizzare e bonificare.
Eppure il governo di tecnici continua a staccare assegni per questa come per altre grandi opere: sarà perchè il ministro delle Infrastrutture è stato fino a poche settimane fa a capo della principale banca/socio privato di BreBeMi, o perchè il suo sottosegretario è stato fino a poche settimane fa a capo della principale banca/finanziatrice di BreBeMi (entrambi nel gruppo Intesa, nello stesso gruppo ci sono sia i finanziatori che i beneficiari dei finanziamenti dell’opera: no comment) il che ci dice che in Italia nemmeno un governo di tecnici è capace di prescindere dal conflitto d’interessi.
Dobbiamo continuare ad avere il coraggio di dire che l’ideologia autostradale non è solo l’anticamera di nuove cementificazioni, ma anche un ostacolo alla ripresa economica. Ai predicatori di questa religione, che dai titoli dei (loro) giornali sostengono le autostrade come magico volano di sviluppo dobbiamo dire che, perchè una infrastruttura sia davvero veicolo di benessere, non basta che serva a muovere capitali: deve anche essere una infrastruttura UTILE. Le infrastrutture inutili non servono a migliorare l’economia, ma solo a gonfiare le bolle speculative e l’economia criminale. Diciamo NO alle infrastrutture autostradali lombarde, non per integralismo ambientalista, ma per la ragione contraria: perchè abbiamo l’ambizione di una Lombardia che sappia tornare ad essere locomotiva di sviluppo, un generatore di occupazione, un modello di benessere, ma siamo consapevoli che non c’è nessun futuro in opere che sono pura zavorra alimentata dalle clientele politiche e imprenditoriali. O ci liberiamo di questo peso, o restiamo schiacciati dalla crisi anche per i prossimi decenni. Siamo solo noi a dire tutto ciò? dove sono le organizzazioni dell’economia, quelle agricole, quelle imprenditoriali, quelle sindacali? dove sono le Camere di Commercio? dove sono le istituzioni? e le opposizioni che fanno? ciascuno coltiva il proprio orticello? Non è di questo che c’è bisogno, non vogliamo essere solo noi i David che lottano contro i Golia degli intrecci perversi di interessi legati alla spesa pubblica declinante.
Lasciamo lavorare la Magistratura, forse avremo almeno alcune risposte alle nostre domande, e capiremo tutti meglio quali siano i nodi a cui sono legati i lacci che impediscono alla Lombardia di essere un modello di sostenibilità e competitività.
Damiano Di Simine (LEGAMBIENTE LOMBARDIA)

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LA STAMPA: 3 domande a Giulio Cavalli

LA STAMPA intervista Giulio Cavalli sul rapporto di Avviso Pubblico “Amministratori sotto tiro”

«Infiltrazioni anche al Nord ma c’è paura a denunciarle» 3 domande a Giulio Cavalli, attore, scrittore e consigliere regionale lombardo

MARCO BRESOLIN

MILANO

Nemmeno un atto intimidatorio verso gli amministratori lombardi o piemontesi. Eppure le infiltrazioni mafiose al Nord ci sono. Una situazione che l’attore e scrittore milanese Giulio Cavalli conosce molto bene. Consigliere regionale dal 2010, al Pirellone va con la scorta a causa delle numerose minacce subite.

È possibile che al Nord nessun politico locale sia mai stato minacciato?

«Se un fatto non viene denunciato non è detto che non si sia mai verificato. E in Lombardia c’è molta paura a denunciare. Ci si sente soli».

Oppure i criminali non hanno bisogno di arrivare ad atti intimidatori per «convincere» i loro interlocutori politici …

«Chiaro, la minaccia è l’ultima di una serie di pressioni politiche o di ritorsioni economiche. A volte, magari, basta una stretta di mano …»

Da questo punto di vista. qual è la differenza tra gli amministratori del Nord e quelli del Sud?

«Al Sud è più netta la distinzione tra chi sta di qua e chi sta di là. Al Nord c’è meno voglia di prendere una posizione. C’è una zona grigia in cui è molto facile infiltrarsi. Anche perché quelle che dovrebbero essere le sentinelle ci hanno sempre tranquillizzato con un negazionismo bugiardo».

LA STAMPA Data 12-12-2011 Pagina 10 

Quella sporchissima enclave: il San Raffaele

La mattina del 18 luglio, Mario Cal, il manager della sanità privata più potente d’Italia, entra nel suo ufficio e si spara. Cal non è un manager qualunque, è il fidatissimo braccio destro di Don Luigi Verzè, il fondatore del San Raffaele, l’impero della sanità convenzionata, sepolto da un miliardo e mezzo di debiti. Il suicidio di Mario Cal, però, sembra solo uno dei misteri. Cosa c’è dietro il disastro finanziario che rischia di mandare in frantumi l’ospedale privato più importante del Paese? Perché migliaia di dipendenti rischiano di perdere il lavoro? Le cause della morte e della voragine finanziaria vanno cercate nei paesi di mezzo mondo. Coperto dalla nebulosa legislazione che circonda le fondazioni e il loro controllo, il gruppo di don Verzè, che governa un reticolo impressionante di società, ha investito milioni di euro in attività insospettabili come strutture alberghiere e piantagioni di mango e uva in Brasile. L’inchiesta di Alberto Nerazzini che per Report è andato fino a Salvador de Bahia, dove si trova il quartier generale del prete manager, prova a ricostruire una vicenda intricata che ogni giorno che passa riserva nuovi capitoli e apre scenari sorprendenti, a cominciare dai rapporti tra Don Verzè e i vertici dei servizi segreti. All’interno della storia spuntano imprenditori discussi che con movimentazioni di denaro, hanno consentito a tutto il sistema di reggere. È il caso della famiglia Zammarchi titolare della Diodoro e della Metodo, le due società che al San Raffaele fatturavano costi anche 5 volte superiori a quelli standard. Ma con quale scopo? Per drenare denaro e creare fondi neri? Per pagare i politici? La magistratura che sta tentando di sbrogliare i fili di questa complicata matassa indaga e arresta Daccò, l’uomo ombra della sanità lombarda, vicino al governatore Formigoni. Ma è solo l’inizio di un’indagine che deve inseguire fiumi di denaro finiti nei conti di società off shore. Per arrivare a scoprire la verità di uno dei crac più misteriosi della storia del nostro Paese bisogna però scoprire chi è veramente Don Luigi Verzè e cosa si nasconde dietro la sua impenetrabile comunità religiosa: l’associazione dei Sigilli. Ma soprattutto si deve scoprire qual è stata, per decenni, la sua rete di amicizie e protezioni. La puntata integrale sarà visibile online da domani . Martedì 13 dicembre alle 15 videochat con l’autore Alberto Nerazzini.

Crolla Regione Lombardia e fingono di non accorgersene

BRESCIA – Non solo l’inchiesta «va avanti spedita», ma «presto ci saranno nuove sorprese», e a quel punto «il quadro sarà ancora più nitido». Se si sta alle parole dell’investigatore, una previsione la si può azzardare: la nuova bufera giudiziaria che si è abbattuta sulla Regione Lombardia — il doppio fascicolo su tangenti e traffico illecito di rifiuti spacchettato adesso su due Procure (Milano per la corruzione, Brescia per le scorie pericolose) — produrrà altri effetti ravvicinati. NUOVI AVVISI Leggi: un’infornata di nuovi avvisi di garanzia. A carico anche — presumibilmente — di politici e amministratori lombardi. Quali? Ai piani alti del palazzo di Giustizia di Brescia — gli atti sono stati trasmessi per competenza territoriale al pm milanese Alfredo Robledo — c’è il massimo riserbo. Ma alcune indiscrezioni lasciano supporre che — dopo il vicepresidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani, finito in carcere per avere ricevuto, secondo l’accusa, una tangente da 100mila euro — anche ad altri toccherà rispondere degli appoggi forniti all’imprenditore bergamasco Pierluca Locatelli e alla sua rete di consulenti-maneggioni. (da REPUBBLICA)

Giulio Cavalli ospite di Sottodiciotto Filmfestival

La mafia è cosa nostra. Tavola rotonda e proiezioni

L’iniziativa La mafia è cosa nostra, promossa dall’Osservatorio regionale sul fenomeno dell’usura e dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, che ha proposto alle scuole quattro film con protagonisti giovani e ragazzi vittime e oppositori delle mafie, si conclude con un grande evento: una tavola rotonda in cui personalità di spicco impegnate a vario titolo nella lotta contro la criminalità organizzata si confronteranno con gli studenti su una delle piaghe più vergognose del nostro Paese: la tentacolare irradiazione delle mafie da Sud a Nord e, in particolare, il ruolo giocato dai minori in questo contesto. L’universo giovanile, se da un lato combatte fermamente il sistema mafioso, è tuttavia vittima di tale sistema, sotto molteplici aspetti. Basti pensare ai ragazzi ammazzati dalle cosche mafiose, o sotto scorta perché si espongono in prima persona, denunciando fatti e individui; alle vittime ignare, pura merce di scambio o vendetta; o infine ai minori reclutati, spesso ancor bambini, tra le fila della “onorata società”. Si tratta di una questione oltre che grave, incandescente, che richiede un forte impegno da parte di tutti, nella difesa del diritto delle nuove generazioni di crescere in una società fondata su legalità e libertà.
La tavola rotonda è preceduta dalla proiezione di due cortometraggi.

Partecipanti alla tavola rotonda: Gian Carlo Caselli (Procuratore Capo della Repubblica di Torino), Francesco Forgione (già Presidente Commissione Parlamentare antimafia), Don Marcello Cozzi (responsabile nazionale della formazione, dei temi antiusura e antiracket per Libera), Giulio Cavalli (attore e scrittore), Rosanna Scopelliti (coordinatrice nazionale del Movimento “Ammazzateci tutti”)
Tavola rotonda condotta da Lirio Abbate (inviato de «L’Espresso» ed esperto di mafia)

Ladri di vita di Gennaro Testa (Italia 2005, 16′)
Una donna e un ragazzo, per motivi diversi, s’imbattono nello strozzino del quartiere, che dopo averli raggirati con una finta amicizia, li trascina nel baratro dell’usura.

Io vivo! di Marina Paterna (Italia 2009, 10′)
Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo, viene rapito a 13 anni dalla mafia il 23 novembre del 1993 e tenuto sotto sequestro 779 giorni. Il ragazzino viene strangolato e sciolto nell’acido nel 1996.

 ore 10 | Teatro Alfieri

Gli ospiti del Festival

Sir Alan Parker

Jaco Van Dormael

Jimmy Teruaki Murakami

Marco Risi

Delphine Gleize

Andrea Segre

Pif

Enrico Verra

Saphia Azzedine

Marco Pozzi

Costanza Quatriglio

Daniele Gaglianone

Ladis Zanini

Serge Latouche

Andrea Bajani

Giancarlo Caselli

Don Luigi Ciotti

Giulio Cavalli

Il ponte

“Penso che il ponte sullo Stretto di Messina possa essere un ulteriore incubatore di sviluppo e di crescita per un’area di importanza strategica per tutto il paese”. Così parlava, due anni fa, Mario Ciaccia, amministratore delegato di BIIS – Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (gruppo Intesa Sanpaolo), oggi vicesuperministro dell’Economia, delle infrastrutture e dei trasporti, accanto al “collega” Corrado Passera, “ex” consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. A volte ritornano. (Claudio Fava)