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Ottobre 2013

La processione della patrona

La processione della Madonna Incaldana del lunedì è la festa di tutte le feste. C’è il Natale, la Pasqua, l’onomastico di ognuno o il compleanno della nonna ma la processione è il giorno che tutti sanno che ci devono stare, lì, con gli abiti migliori e l’espressione della festa: i nemici che comunque bevono insieme sotto i lati della piazza, gli amici che si trovano già per pranzo e finiscono con l’amaro e le noci, i maritati che si amano anche se sono cornuti e per la processione si amano per un giorno e poi domani si tradiscono di nuovo, i padroni che non danno botte e per un giorno lasciano a casa i gradi, i servi che possono, solo per la processione, possono stare a fianco dei padroni, il parroco che per un giorno si sente il papa di tutto il resto del mondo e indossa la tonaca esagerata e teatrale come un templare senza l’armatura, i ragazzotti che rubano il dopobarba a papà e si ustionano le guance, gli anziani che ringraziano la Madonna che anche quest’anno gli ha fatto vedere anche quest’anno quest’altra processione. Ma il miracolo vero lo fanno le femmine: le femmine il lunedì dell’Angelo della processione diventano femmine a forma di femmine come quelle dei giornali e del cinematografo con gli abiti lunghi, i fianchi che stanno su, il seno che per oggi può concedersi di stare a forma di seno e le caviglie che ululano sulle scarpe con le zeppe.

Mio padre in una scatola di scarpe (titolo provvisorio), in scrittura.

Ti scaldi mentre scrivi

Ernst Hemingway :

Lo scrittore americano era un sostenitore della sveglia al mattino presto (una scuola maggioritaria tra i grandi ma con importanti eccezioni). Soprattutto perché di primo mattino non c’è nessuno a romperci le scatole. «Fa fresco, persino freddo e non c’è un cane che disturba – scriveva -. Subito a lavorare, ti scaldi mentre scrivi». Hemingway si svegliava verso le 5 e mezzo anche se la sera prima aveva bisbocciato, cosa che accadeva spesso. Poi un caffè forte e via, la corrida col foglio bianco.

Abitudini scrittorie e prescrittorie.

A Viareggio, invece, il mafioso presiedeva la squadra di calcio

A Lucca sette indagati e 18 milioni di euro sequestrati:

Il principale indagato è un imprenditore lucchese, Pietro Raffaelli di 65 anni, abitante a Camporgiano in provincia di Lucca, ex presidente del Viareggio quando patron della squadra era Giorgio Mendella. Raffaelli, riferisce la guardia di finanza, è stato già condannato dal tribunale di Bari nel gennaio 2008 con sentenza definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso, contrabbando di tabacchi esteri e riciclaggio, dato che ricopriva un ruolo di primo piano nelle organizzazioni dei traffici di sigarette dal Montenegro alla Puglia procurando ai clan della Sacra Corona Unita motoscafi veloci utilizzati per i trasporti dei cartoni di ‘bionde’.

 

La mafia a Pisa non esiste

Me lo ripeteva tra il serio e faceto un amico pisano con cui mi capita di ritrovarsi davanti ad un buon bicchiere di vino della sua zona.

Oggi c’è stato un sequestro importante di beni ai danni del boss Orlando Galati Giordano. Beni per 400 mila euro riconducibili a Orlando Galati Giordano, ritenuto esponente di spicco del clan dei ‘Tortoriciani’, operante nella fascia tirrenica-nebroidea della provincia di Messina, ed al figlio Eros Gennarino sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Messina. Il provvedimento, emesso il 25 settembre scorso dalla Corte di Assise di Appello del Tribunale di Reggio Calabria, fa seguito ad un precedente sequestro eseguito dagli investigatori della Dia nel luglio scorso. La confisca riguarda un’unità immobiliare a Tortorici (Messina) ed una ditta individuale operante nel settore della rivendita di giornali e periodici intestata al figlio e con sede a Pisa, città nella quale risiede da diversi anni il nucleo familiare dell’uomo. La confisca trae spunto da un’attività d’indagine delegata alla Sezione Operativa di Messina dalla Procura Generale di Reggio Calabria per accertare la situazione patrimoniale di Orlando Galati Giordano, attualmente detenuto, al 9 marzo del 2010, data in cui era divenuta definitiva la sentenza di condanna a venti anni di reclusione emessa dalla Corte di Assise di Appello di Messina per i reati di associazione mafiosa, omicidi ed estorsioni consumati dal medesimo nella provincia peloritana tra il 1986 e il 1993. Le investigazioni patrimoniali della Dia hanno consentito di fare emergere evidenti profili sperequativi tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati ai fini delle imposte sul reddito dall’uomo, ritenuto elemento carismatico nell’ambito del gruppo mafioso dei ‘tortoriciani’ tanto da divenirne, intorno alla fine degli anni ’80, capo indiscusso dell’omonima frangia che si contrapponeva a quella dei Bontempo Scavo.

Tra i beni sequestrati c’è anche un’edicola a Pisa. Pisa. Perché proprio a Pisa la famiglia del boss si è trasferita da anni. Pisa.

La solidarietà è un reato

Dunque i bambini, gli uomini e le donne accatastati uno sopra l’altro lì a Lampedusa nel Centro di Prima Accoglienza sono indagati perché colpevoli.

Dunque i pescatori che solidali hanno prestato soccorso a quel bambino di 11 anni aggrappato ad una bottiglietta sono colpevoli di favoreggiamento.

Insomma gli unici innocenti nel mare di dolore e solidarietà sono i morti.

Non basta questo per valutare la giustizia (umana) che c’è dietro la Bossi-Fini?

Il significato è riposto in ogni istante.

Ho imparato a essere felice là dove sono. Ho imparato che ogni momento di ogni singolo giorno racchiude tutta la gioia, tutta la pace, tutti i fili di quella trama che chiamiamo vita. Il significato è riposto in ogni istante. non c’è un altro modo per trovarlo.

(Herman Hesse)

Corpi morti allineati

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I corpi di alcuni emigranti italiani sulla spiaggia di Cartagena dopo il naufragio della nave Sirio. Secondo il Lloyd i morti furono 292 ma il bilancio fu contestato dalle controparti che, accusando gli armatori d’aver caricato più persone di quante dichiarate, stimarono le vittime tra le 440 e le 500.

Senza svegliarsi insieme la mattina, abitare gli stessi litigi e incassare gli stessi imprevisti è impossibile essere una famiglia a forma di famiglia per davvero.

La tavola è perfetta. Anche la sala viene riordinata per l’occasione, che poi è anche l’occasione giusta per riordinarla, e la credenza dei piatti buoni e delle foto dei morti puzza ancora del lucido che è per le credenze ma ha lo stesso odore del lucido per le scarpe, e i quadri, quei quattro quadri messi su più per coprire la muffa che per fare i quadri, che rendono questa stanza come una sala d’aspetto che poi è un stanza in cui si aspetta davvero, in fondo. Si aspetta di provare ogni volta come tutte le settimane ad annaffiare quel nipote, Michele, di una famigliarità con una persona e con le cose, almeno con una persona e poche cose in questo suo paese, e nonno lo sa bene che sentirsi in famiglia senza abitudini è un esercizio difficile che logora quel poco tempo insieme per tutte le aspettative che si trascina dietro, ormai erano anni che erano vedovi e orfani tutti e due e ormai erano anni che nonno aveva capito che senza svegliarsi insieme la mattina, abitare gli stessi litigi e incassare gli stessi imprevisti è impossibile essere una famiglia a forma di famiglia per davvero. Impossibile. Rimane da dividersi una volta alla settimana la presa di coscienza di questo ineluttabile fallimento. Sono le sette e cinque. Il campanile si è rotto da un pezzo, mai aggiustato dopo i bombardamenti e dio probabilmente con tutto quello che ha da fare non se n’è ancora accorto.

Mio padre in una scatola di scarpe (titolo provvisorio), in scrittura.

Non siamo nemmeno all’altezza dei nostri morti

img1024-700_dettaglio2_Lampedusa-tragediaLa strage di Lampedusa non sanguina oggi, no. Sanguinerà domani sera, forse, e sicuramente dopodomani quando verrà archiviata tra le morti straniere in patria e riempirà il faldone delle cose da dimenticare subito dopo l’erezione fisica dovuta all’indignazione.

Piangere oggi le vittime di Lampedusa è un diritto di chi ha il giusto sentore delle sevizie dei CIE, di chi non scambia lo schiavismo per libera prostituzione, di chi giudica un morto perché è morto e non dove è nato o, ad esempio, di chi ha il mirabolante coraggio di inserire tra le cifre del femminicidio quelle ragazzine puttanelle che rimangono ammazzate ai bordi delle strade tra i profilattici usati e il bidone incendiato per scaldarsi.

Piangiamo lacrime italiane per gli italiani, lacrime non comunitarie per gli extracomunitari e lacrime da pasto per i profughi: diversifichiamo il dolore con una pratica del lutto che, nemmeno lei, riesce a non essere federalista e democratica.

Mio nonno si chiamava Gregorio, Gregorio Cavalli, detto Gigeto per quell’abitudine veneta di smitizzare per diluire la fatica di vivere, e si era trasferito in America per lavorare prima al canale di Panama e poi aprire un bar americano come si vedono i bar americani nei film americani. Quando è tornato a Carpanè (Carpanè Valstagna) per tutti era “l’americano” e si è comprato anche una bella casa: con nonna e poi mio padre e i suoi fratelli. Quando era tornato a casa mio nonno Gigeto aveva perso un braccio. Nei racconti epici del bar giù a Carpanè si raccontava di Greogorio Cavalli l’Americano che aveva lasciato un braccio sotto la ruota di un carro. Lì, in America, probabilmente, avevano scritto che “un italiano ha perso un braccio sul lavoro” e tutti a dire che guarda questi italiani che lavorano come muli, disposti a tutto per un tozzo di pane, e forse chissà che giri loschi aveva l’italiano e magari vuoi che sia stata una vendetta. Una cosa così.

Oggi a Lampedusa sono morti centinaia di nonni Gigeto che non hanno nemmeno avuto l’occasione di essere epici nel proprio bar dopo essere stati servi in terra straniera. Oggi a Lampedusa sono morti di adrenalina, vomito, placenta e sangue dei morti che muoiono tutto il giorno e solo oggi faranno un po’ più di rumore perché hanno superato i chili di cadaveri ammessi per la normalità del lutto quotidiano.

Le discussioni politiche sono state strumentali alle persone piccolissime che gareggiano in propaganda. Le morti invece no, le morti, mannaggia dio, sono sempre altissime nonostante i colori e le provenienze. E noi sempre immaturi vivi davanti ai morti. Adolescenti di fronte ad ogni sentimento che sia più del tifo o dell’odio.