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Ottobre 2013

Adieu, borghesissimo Monti

Monti esce dal partito fondato da se stesso e fin qui la notizia già fa sorridere, he. Del resto si dimette da Scelta Civica ma rimane senatore, ora nel Gruppo Misto e poi a vita come la nomina che si porta dietro grazie a Napolitano. Eppure a fallire non è Monti ma un progetto politico che è già fallito altre volte come sottolinea Alessandro nel suo post di oggi:

Un giorno bisognerebbe farla, la Spoon River dei partiti centristi-borghesi italiani: dalla lista di Massimo Severo Giannini (era il 1993, ci stava dentro pure Galli della Loggia), giù giù fino a Scelta Civica, passando per il Patto Segni, Alleanza Democratica (ve lo ricordate Adornato?), la lista Dini (sì, abbiamo avuto anche quella, fu un’invenzione di D’Alema) ma anche la montezemoliana Italia Futura, che a un certo punto sembrava dovesse spaccare tutto.

Sigle che nascono sull’onda di un portentoso sostegno da parte dell’establishment economico e mediatico, ma poi vanno a scontrarsi con un’indifferenza totale nel Paese reale, che curiosamente obbedisce poco alle indicazioni degli editorialisti del ‘Corriere’.

 

Partito e elezioni

Leggevo di questa cosa che qualcuno preferisce perdere le elezioni per tenersi il partito e ho pensato che è la stortura feroce di quasi tutti i partiti. Davvero.

Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico cerca il successo del suo partito; uno statista quello del Paese.

James Freeman Clarke, su Daily Gazette, 1870

 

Signore e signori: Zappalà!

Un provvedimento di confisca beni, e sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per 3 anni è stato sottoposto all’ex consigliere regionale della Calabria, e ex Sindaco di Bagnara Calabra, Santi Zappalà, di 53 anni, condannato in appello a due anni e otto mesi di carcere per il reato di corruzione elettorale nell’ambito dell’operazione “Reale”. Il valore dei beni confiscati ammonta a 14 milioni di euro circa. Zappalà, allora consigliere nelle fila del Pdl, era finito in manette dopo i suoi “incontri” col boss di San Luca, Giuseppe Pelle, grazie ai quali aveva ottenuto una grandiosa affermazione elettorale, arrivndo ad essere tra i primi quattro eletti della tornata elettorale.

Il pensierino della sera, poi Sedriano e poi Ester

Torno da due giorni intensi e bellissimi, tra Napoli e Locri, per respirare la lezione di Giancarlo Siani e l’esempio di Francesco Fortugno. La parola funziona, sì e di fronte abbiamo una sfida bellissima: decidere da che parte stare.

L’ora non è delle migliori per commentare e disquisire di quello che è stato (su Napoli abbiamo messo un po’ di rassegna stampa qui per farsi un’idea) ma non posso non scrivere due righe sullo scioglimento per mafia del comune di Sedriano. In Lombardia. Dove la mafia non esiste e se c’è stata è stata sconfitta. Le gesta del patetico, rissoso, egocentrico e prepotente sindaco Alfredo Celeste ci erano note grazie agli articoli di cronaca.

Ma questa sera, prima di rimettermi a scrivere il mio libro, mi viene da pensare ad Ester, Ester Castano che quando ha cominciato a scrivere di Sedriano è stata trattata come una bambina petulante e allarmista. Mi viene da pensare a quando abbiamo avuto modo di scambiarci due parole sulle sue paure, sul dubbio di essere sbagliata lei in un paese che la viveva con fastidio per quel suo essere giornalista sempre allenata nella curiosità. Mi viene da pensare alle volte che il comandante di stazione dei carabinieri di Sedriano l’ha convocata in caserma con gli articoli fotocopiati dal sindaco mentre si sentiva dire che “era meglio non scrivere”, sgridata come qualche sindaco e qualche maresciallo pensano ancora di potere sgridare questi giovani che non sopportano le mafie, i silenzi e gli asserviti (e un abbraccio enorme questa sera va anche ai ragazzi di StampoAntimafioso).

Mi viene da pensare a lei mentre oggi tutte le televisioni stavano in fila davanti al sindaco che ancora oggi arrogante si permetteva di offrire ai giornalisti aperitivi e caffè parlando con tutti (con il vanto disperato di quelli che capiscono di essere in un cul de sac) tranne che con lei, Ester.

C’è gioventù profumata, in Lombardia.

Domani ne parliamo nella nuova puntata di RadioMafiopoli.

Giulio Cavalli con la Mehari di Giancarlo Siani a Napoli

di Anna Copertino (qui)

“C’e un’italia diversa da quella che si vorrebbe… È quella dei servi, dei venduti, degli omertosi, dei vili, dei collusi e camorristi …. Un’italia figlia dei colletti bianchi, dei gattopardi, dei para-politici … Un’italia che non tutela la libertà d’espressione e parola…. Un’italia che tutela e da voce ad un corrotto, un lurido che, ancora continua a dire la sua… Un’italia che tacita chi, ha solo deciso di dire la verità nel rispetto degli altri e di se stesso, senza paura ed al di la delle minacce. Questa è l’italia… che non ha più nulla di legale, di libero, di dignitoso, d’umano… Che non tutela le persone vere … quelle che sono sempre, e da sempre, a dire senza reticenza e timore… Un’italia che non tutela chi continua a fare impegno antimafia anche nel suo lavoro d’attore… e non si presta al gioco “delle tre scimmiette” … perché sente, vede e parla… perchè si è stanchi di subire e si desidera un’italia che sappia riprendersi l’identità, la dignitá e la “maiuscola”.

L’attore Giulio Cavalli con il suo spettacolo “L’Innocenza di Giulio- Andreotti non è stato assolto” scritto con il procuratore della repubblica di Torino Giancarlo Caselli e lo scrittore Carlo Lucarelli, sta girando l’Italia, tra “soste forzate” per altre minacce che vanno ad aggiungersi a quelle già esistenti e che lo costringono a vivere sotto scorta dal 2009. Martedì 15 ottobre alle 18 al Pan — Palazzo delle arti di Napoli , Giulio Cavalli ha chiuso gli incontri della rassegna “In viaggio con la Méhari”. Cavalli per la giornata conclusiva con il suo recital “Esercitare la Memoria” ha ricordato Pasquale Romano, vittima innocente di camorra, nel primo anniversario della sua morte, e Giancarlo Siani, che perse la vita 28 anni facendo semplicemente il suo lavoro, il giornalista.

Giulio appena presa la parola, con grande prontezza ha subito ironizzato scartando le sedie con i cuscini viola, per scaramanzia teatrale e provocando grande ilarità tra i tanti intervenuti, e poi con la sua semplicità, con la sua faccia da “giovane pulito”, con parole sagaci e battute senza veli, senza omertà… raccontandosi.. giovane Arlecchino, menestrello del ‘500 ai giorni nostri… ha incantato la sala…. ha raccontato la verità.. quella stessa che viene punita, perché scomoda… nel ‘500 impiccavano… oggi minacciano…. ti costringono a fare l’attore scortato non per timore delle fans ma perché se decidi di fare impegno civile a teatro non va bene… rischi di essere sparato… e non perché stai recitando ma perché devi essere messo a tacere…. Ma Lui continua… imperterrito, la sua voce senza fine… è anche un po’ la nostra…

Cavalli nel nome di Siani: “Le mafie patetiche come il potere, l’arte li combatte da 5 secoli”

1397417_10202324424539864_1842204189_o“Il Mattino”, 16 ottobre:

Ha ricordato Giancarlo Siani col sorriso, col volto luminoso «di tutti quelli che amano il proprio lavoro». «Ma – ha detto rivolto al fratello Paolo – ricordiamolo piuttosto, come tutte le vittime di mafie, nel giorno della sua nascita». Così Giulio Cavalli ha chiuso il ciclo di iniziative “In viaggio con la Mehari” al Pan alla presenza del sindaco Luigi de Magistris, di Paolo Siani, presidente della Fondazione Polis, del vice direttore del Mattino Federico Monga e del cronista Arnaldo Capezzuto. “Esercitare la memoria” è il recital con cui l’attore che vive sotto scorta dopo le continue minacce subite dalla ndrangheta, ha salutato il pubblico nel giorno del primo anniversario della morte di Lino Romano, vittima innocente della camorra ucciso un anno fa a Marianella. Cavalli, che una settimana fa ha dovuto sospendere lo spettacolo in programma al Nuovo Teatro Sanità perché qualcuno aveva nascosto una pistola nel suo giardino, ha ricordato tutte le vittime della criminalità: da Falcone e Borsellino ai magistrati meno noti come Bruno Caccia, alla testimone di giustizia Lea Garofalo, non trascurando con il suo inconfondibile stile satirico, figure chiave della storia politica e della mafia nel nostro paese. All’incontro anche il sindaco, che ha sottolineato la solidarietà del Comune di Napoli all’attore, che «oggi qui è libero di parlare col suo teatro. Ed è per questo che con Cavalli creeremo una grande mobilitazione contro le mafie, specie quelle più pericolose che sono all’interno dello Stato». La kermesse, che ha visto interventi, dibattiti e presentazioni di libri, è stata chiusa simbolicamente dalle note della canzone che il cantautore Nando Misuraca ha voluto dedicare a Giancarlo Siani, che «continuerà a camminare tra la gente con la sua Mehari verde». giu. co.

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Da IlDesk.it

NAPOLI – Ha calamitato l’attenzione della platea sin da quando ha deciso di rimanere in piedi, perché “qualcuno ha avuto la malaugurata idea di mettere un cuscino viola sotto la poltrona”. Ha cominciato così Giulio Cavalli, strappando un sorriso al pubblico del Pan, con il suo “Esercitare la memoria”, il recital che ha messo in scena nell’ultima sera di “In viaggio con la Mehari”. Intervenuto a chiusura del ciclo di iniziative in ricordo del cronista del “Mattino” ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985, l’attore che vive sotto scorta per le ripetute minacce della mafia e della ndrangheta per il suo impegno civile ha snocciolato una serie di episodi e figure chiave che hanno segnato la storia del nostro paese negli ultimi trent’anni. “Una buona notizia è che la mafia si può combattere – ha esordito nella saletta del Pan – è una storia che ha 500 anni, che esiste da quando c’erano i giullari e i cantastorie della commedia dell’arte che parlavano della pateticità del potere”. Poi ha iniziato a parlare della sua odissea, di quella vita sotto scorta, che lo vede finire nel mirino della mafia nel 2005. “Erano gli anni in cui cominciavano ad apparire i primi gruppi di fans di Totò Riina, anni in cui andava in onda una fiction come “Il Capo dei Capi”, in cui si metteva in atto il reato di favoreggiamento culturale della mafia. Poi nel 2006 stanarono Bernardo Provenzano”, prosegue nel racconto fino a tirare in ballo uomini di potere come Giorgio Ambrosoli, Michele Sindona, Roberto Calvi. Tocca le corde del cuore Cavalli, quando ricorda Giancarlo Siani “col sorriso, col volto luminoso, quello tipico di tutti coloro che amano il proprio lavoro”, mentre a lato scorrono le immagini del giovane cronista e dei suoi articoli. Infine, un pensiero per i testimoni di giustizia, come Lea Garofalo, di cui sabato saranno celebrati i funerali a Milano, e di Lino Romano, vittima innocente un anno fa di un agguato di camorra a Marianella, a pochi passi da Scampia. Insieme a Giulio Cavalli sono intervenuti il sindaco Luigi de Magistris, il presidente della Fondazione Polis Paolo Siani, il vice direttore del Mattino Federico Monga e il giornalista Arnaldo Capezzuto. “Oggi Giulio è libero di parlare col suo teatro – ha detto de Magistris -. Ed è per questo che con lui creeremo una mobilitazione collettiva contro le mafie, specie quelle più pericolose che si insinuano all’interno delle istituzioni”. A chiudere la kermesse le note della canzone che Nando Misuraca ha dedicato a Siani.

 

Morire per sbaglio. A Napoli. Un anno dopo.

Pasquale Lino Romano è uscito dal portone di casa, a Napoli, come si esce di casa dopo avere dato un bacio alla propria futura moglie per andare a giocare calcetto. Non c’è niente degli omicidi di camorra: paure, reati, vite in bilico, amicizie pericolose o pistole in tasca. Niente. Niente.

C’è solo l’uscire dal portone sbagliato nel momento sbagliato. Si muore anche così, con quella puttana di camorra.

Arnaldo ne scrive qui.

E’ buio e piove a dirotto. Negli occhi solo odio. La pistola è carica. Il colpo è in canna. Lui è eccitato. Già sente l’odore del sangue. E’ sicuro che da quel cazzo di portone verrà fuori Domenico Gargiulo detto “sicc e Penniell”, un bastardo, un traditore, un “girato” che ha preferito fare armi e bagagli e vendersi alla fazione camorristica rivale. Il “tribunale della malavita” lo ha già condannato: è un morto che cammina. Il sicario Salvatore Baldassarre possiede informazioni sicure. Una specchiettista di camorra per mille euro ha venduto al clan con un sms la vita di “sicc e Penniell”, fidanzato della nipote. Una trappola di camorra. Lui non sospetta di nulla. E’ comunque attento e lo protegge la buona stella. Scamperà per altre due volte la morte, di fronte a pistole che s’inceppano e a killer che sbagliano bersaglio.

Da Brescia le parole senza democristiana educazione

Sarà che ogni tanto credo si debba essere rissosi e maleducati, nel senso molto terso della buona educazione tutta democristiana che vorrebbero imporci. Sarà che ho sempre voluto bene ai ragazzi della Rete Antimafia della Provincia di Brescia perché come tante altre associazioni antimafia è stata osteggiata sul nascere (anche da “altissimi” antimafiosi) per la loro bella abitudine di fare nomi e cognomi e di sfanculare mafiosi di centrodestra e di centrosinistra, ma questo loro post me lo stampo, lo piego e lo tengo in tasca con affetto, nonostante le troppe parolacce:

Io sono nato e cresciuto a Brescia, e a Brescia c’é la mafia. E se la mafia in Lombardia non si é impossessata della regione,  se comunque abbiamo un barlume di civiltà e di speranza è grazie ad un gruppo di persone che si é opposto.
Lo sapete perché queste persone mi mettono in crisi? Perché non sono dei Santi, sono fatti di carne e di ossa esattamente come me. Hanno dei pregi e sicuramente dei difetti, esattamente come me. Io spesso incontro gente che è sotto scorta perché è nel mirino della mafia, e può capitare che queste persone siano egocentriche, paranoiche, orgogliose, vanitose, fissate con il sesso, testarde, ritardatarie, egoiste, presuntuose, ingrate, stronze. Insomma può capitare che abbiano tutti o qualcuno dei difetti che posso avere io. Ed è questo quello che mi mette in crisi: che sono esattamente come me, che quello che hanno fatto loro potrei farlo anche io. Quanto farebbe bene alla mia coscienza se fossero dei Santi del Paradiso, ma nonostante siano come me, loro sono quelli che fanno il lavoro sporco al posto mio.
Pensare che una persona in prima fila nel combattere la mafia debba necessariamente anche avere il carattere di San Francesco forse è da ingenui. Se un giornalista scrive di mafia io non mi chiedo perchè scriva di mafia, non mi chiedo se così abbia avuto più successo con le ragazze, non mi chiedo se così si sia arricchito, io mi chiedo se quello che scrive sia vero, mi chiedo se quello che scrive dia fastidio alla mafia, mi chiedo se leggendolo la mia conoscenza e la mia coscienza siano migliorate.
Io mi sono rotto i coglioni di aspettare che una persona venga ammazzata prima di rivalutarla. Sarò ingenuo, ma ho visto troppa gente a casa mia disprezzata in vita ed apprezzata in morte, e così,  ingenuamente, sosterró tutti coloro che sostengono che la mafia, la camorra, la ndrangheta, la sacra corona unita e la stidda debbano essere non tollerate, ma sconfitte, e per fare questo mettono in gioco la loro vita. E le ascolterò anche se eventualmente saranno egocentriche, paranoiche, orgogliose, vanitose, fissate con il sesso, testarde, ritardatarie, egoiste, presuntuose, ingrate o stronze.

E’ tutto qui.

Ma questo silenzio dei vivi?

Forse, la verità è che per cambiare il racconto della frontiera non servono altri esperti. Ma servono racconti, servono storie, servono soggetti. Possibile che ancora non abbiamo visto un’intervista ai superstiti? Che ancora non abbiamo sentito le parole dei loro cari che li aspettavano a braccia aperte nelle città di mezza Europa? Possibile che non sappiamo niente del lutto che ha colpito i quartieri di Asmara per i suoi trecento figli ingoiati dal mare?

da ⇨ Il silenzio dei vivi, la fabbrica dei luoghi comuni e quelle storie che cambieranno l’estetica della frontiera

Ma nessuno sente questo silenzio dei vivi? Non ci manca un pezzo?