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Giulio Cavalli

Milano, non perdiamo questo vento

Sono personalmente molto contento della vittoria di Giuliano Pisapia. C’è un vento buono che non bisogna lasciare appoggiare su delle primarie che non mi sono mai piaciute in alcuni modi ma che ha indubbiamente messo in campo quattro belle personalità che hanno scelto di metterci la faccia. Ho sorriso con una certa soddisfazione nel vedere i nostri iscritti godere di un’autonomia reale nella scelta di chi sostenere. Alcuni “politici” e alcuni giornali hanno cercato di raccontare di un nostro “vuoto politico” mentre il nostro atteggiamento veniva rivendicato come diritto-dovere da una buona parte del popolo delle primarie. In queste settimane il filo diretto con i candidati ha chiarito quali sono le nostre priorità e i nostri punti fermi per una Milano bella, vivibile, solidale e soprattutto non più “gelatinosa” sulle amicizie del cemento. Oggi (e solo oggi) c’è da sedersi intorno al tavolo per scrivere, discutere, progettare e fissare i propri paletti. Dicevamo che le primarie dovessero disegnare programmi e coalizioni come un buon piatto cucinato a fuoco lento: ora qualcuno è pronto e qualcuno (forse) è fin troppo bollito.
Al lavoro.

Medioevo Brescia

La vicenda di Brescia è una storia di lavoratori. Truffati. Che siano immigrati, migranti, extracomunitari o negri è solo sbobba buona per gli intestini molli e gli istinti leghisti. Gli operai che da giorni stanno appesi sopra ad una gru sono persone che hanno lavorato in un paese dalla solidarietà costituzionale regredita al peggiore Medioevo: c’è una legge (la Bossi-Fini) che oggi mostra violentemente tutta la sua inadeguatezza istituendo un reato che non esiste (quella clandestinità bollata come sciocchezza da un uomo certo non di sinistra come Mirko Tremaglia), le promesse truffaldine di un datore di lavoro che promette sotto pagamento un diritto che in Italia ha il sapore primitivo del privilegio (una truffa costosa e in piena regola degna dei pacchisti d’altri tempi) e una strategia di trattativa che gioca sul freddo e sulla fame. Da anni in Italia il lavoro è tema per lo scontro sociale con intanto la politica e un bel pezzo dei sindacati che imbarazzati osservano semi nascosti aspettando che si abbassi la polvere.

A Brescia si consuma la pochezza politica di questo tempo buio con la Lega che, dopo tanto abbaiare, non riesce a racimolare nemmeno qualche neurone per costruire una soluzione politica, il Ministro Maroni troppo impegnato a coprire le bagatelle pisellose del Presidente del Consiglio e il popolo razzista leghista che osserva e ride con la bava dello spettatore da rodeo. Se quei lavoratori sono stati illegali scendano dalla gru e si riprendano tutto quello che hanno costruito negli ultimi mesi di lavoro. Smontino i muri delle cucine che hanno impastato per le tranquille famigliole che sorridono indifferenti guardandoli al tg della sera, bussino alla cassa previdenziale per riprendersi i loro spicci, denuncino il proprio titolare per il fatturato dopato dalla “clandestinità” e si carichino tutto sul loro gommone: qualunque altro sia l’approdo troveranno un futuro più civile.

La politica smetta di cincischiare: da una parte chi è dalla parte dei truffati e dei lavoratori per la Costituzione (art. 3: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese) e dall’altra tutti gli altri.

Giù dalla gru si lasci respirare l’articolo 21 della Costituzione e la libertà di espressione. E soprattutto si smetta di governare con il manganello. “Ordine pubblico” è svolgimento lineare della democrazia, non desertificazione. Lo Stato che si atteggia a prepotente per l’imbarazzo di non sapere governare è un Re nudo d’altri tempi. Da Medioevo. Appunto.

Presidio: non mollare l’acqua pubblica!

Ciao, vi ricordo il presidio di sabato alle 10 in Fabio Filzi sotto il pirellone, perchè nonostante il milione e 400 mila firme per il referendum contro la privatizzazione dell’acqua, delle quali ben 237 mila raccolte nella sola Lombardia, la giunta regionale il 26 ottobre ha approvato un progetto di legge (http://www.circoloambiente.org/acqua/pdl_acqua_lombardia_26102010.pdf) che anticipa i tempi di appl…icazione del decreto Ronchi, in pratica obbliga a privatizzare le gestioni del servizio idrico lombardo prima del referendum, che dovrebbe svolgersi la primavera prossima.

Qui potete trovare il video della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa svoltasi oggi pomeriggio e il comunicato stampa diffuso

http://www.youtube.com/watch?v=_neFvd68M8o

COMUNICATO STAMPA

I Comitati lombardi per l’acqua pubblica si mobilitano contro il progetto di legge regionale sui servizi idrici

La Lombardia manifesta per bloccare la legge che privatizza l’acqua!

Il 13 novembre una Manifestazione davanti al Pirellone
Milano, 11 novembre 2010 – “Alt alla legge regionale che rischia di privatizzare l’acqua della Lombardia”. È questo lo slogan della Manifestazione organizzata per sabato 13 novembre a Milano dal Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica. L’intento della protesta è quello di bloccare l’approvazione in Consiglio
Regionale del progetto di legge votato dalla Giunta Formigoni lo scorso 26 ottobre che, applicando il cosiddetto Decreto Ronchi, obbligherebbe a cedere ai privati la gestione dei servizi idrici. Il rischio è che l’acqua di tutta la Lombardia finisca nelle mani di poche imprese private interessate solo a fare profitto; in tal modo si porrebbe fine alle virtuose gestioni pubbliche che, in particolare nella città e nella provincia di Milano, risultano all’avanguardia a livello europeo.
La Manifestazione per l’acqua pubblica si terrà sabato 13 novembre dalle ore 10 alle ore 13 a Milano in via Fabio Filzi, davanti al Pirellone. Parteciperanno i comitati per l’acqua pubblica di tutta la Lombardia, oltre alle associazioni, sindacati, consiglieri regionali, sindaci; ci
saranno anche momenti di divertimento con la partecipazione di alcuni artisti, tra cui: Diego Parassole, Renato Sarti, Gianluca De Angelis, Flavio Pirini, Eugenio Chiocchi, Luca Klobas, Luca Bassanese e le incursioni della Contrabbanda.
All’“Appello per l’acqua pubblica in Lombardia”, lanciato dal Coordinamento regionale, hanno già aderito decine di associazioni, oltre a sindaci, consiglieri regionali, sindacati (in particolare CGIL Lombardia) e centinaia di cittadini. Sono infatti i cittadini lombardi a chiedere che l’acqua non venga mercificata: a sostegno dei 3 Referendum contro la privatizzazione dell’acqua, in Lombardia sono state raccolte ben 237 mila firme, su un totale nazionale di 1
milione e 400 mila (www.acquabenecomune.org).
I Comitati per l’acqua pubblica chiamano alla mobilitazione anche tutti i Comuni lombardi, che rischiano, con l’approvazione della legge regionale, di perdere le competenze in materia di acqua. Infatti se passasse il progetto di legge così come elaborato dalla Giunta Regionale, le competenze sui servizi idrici, che ora sono in mano ai Comuni (riuniti negli A.T.O. – Ambiti Territoriali Ottimali), verrebbero affidate alle sole Province. In tal modo i Comuni, ovvero gli Enti più vicini ai cittadini, verrebbero esautorati dalle decisioni su un
bene vitale qual è l’acqua, cancellando il tanto sbandierato Federalismo comunale.

Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica

Milano, i giovani e le “ronde di responsabilità”

Frediano Manzi, presidente dell’associazione SOS RACKET E USURA, qualche settimana fa aveva parlato chiaro: la mobilitazione che molti cittadini milanesi si aspettavano per denunciare ancora con più forza ed alta voce lo scandalo del racket degli alloggi popolari in città non si stava accendendo. Insomma, come spesso succede, semplicemente un’associazione (o forse sarebbe meglio dire una “battaglia”) aveva bisogno di gente. Mani, teste, cuori per dispiegare un esercito buono. I ragazzi di IDV Lombardia (e “ragazzi dentro” di Milano città) in poche settimane hanno organizzato un’invasione pacifica che ieri ha invaso 10 diverse zone “calde” della città: ronde di ascolto senza ridicole posture militare che, armate di banchetti e questionari, hanno chiesto agli abitanti della zona quali sono i nomi, quali i cognomi e possibilmente chi sono gli infami. Come un abbraccio che garantisca presenza, tutela ma soprattutto persone. Presenti, in prima linea che ci mettono la facci di fianco a Frediano e, senza nessun timore, anche il simbolo del proprio partito. Partito che ieri più che mai è stato un gruppo di persone organizzate con lo stesso obbiettivo. Per questo ieri Milano profumava di responsabilità e IDV tornava a fare quello che vogliamo e sappiamo fare meglio: metterci la faccia.

http://www.youtube.com/watch?v=E6FQE8fG6Es

Signori e signore, Radio Formigoni

Questa mattina leggendo la posta mi sono imbattuto in una esilarante mail di Radioformigoni. Innanzitutto vi tranquillizzo, non ho mai ascoltato né visitato il sito web della radio del nostro caro Presidente della Regione. Non l’ho mai fatto sino ad oggi.

L’oggetto della mail è “moralisti d’accatto”. Non ho resistito e ho letto il testo inviato non solo a me ma a tutti i consiglieri della Regione Lombardia.

“Non bastava la D’Addario e i continui sbeffeggiamenti dei comici de noartri sulla vita amorosa e sessuale di Berlusconi ché, adesso scoppia il caso della giovane marocchina finita sotto la protezione del Cavaliere.

Repubblica in testa, con il solito D’Avanzo, giornalista di punta che ama scrivere di politica dal buco della serratura e, a seguire, tutti gli altri giornaloni e giornalini, silenti sui casi degli amici di parte e sempre pronti a dargli al Cavaliere per i suoi, a loro detta, ‘anomali’ comportamenti morali. E in ballo c’è sempre il sesto comandamento”.

Così inizia uno dei testi più imbarazzanti, mistificatori e sgradevoli che mai mi sia capitato di leggere.

L’attacco a Repubblica e ai suoi giornalisti è talmente abituale che non merita neppure risposta. Mi soffermerei, invece, sul resto. Non so chi sia l’autore di questo testo, che è solo riflesso di pura propaganda di regime, e, quindi, sono obbligato a rivolgermi direttamente a Roberto Formigoni, dal momento che Radioformigoni è sicuramente diretta espressione del pensiero del governatore lombardo.

Gentile Formigoni, in un paese laico, concetto per Lei sfuggente, non è necessario citare i comandamenti o le leggi di Dio per affermare che un comportamento è moralmente inaccettabile, soprattutto se proveniente da un rappresentante delle istituzioni. Mi meraviglio un po’ di Lei, sempre così attento alla morale, alla famiglia, all’orientamento sessuale altrui e così svogliatamente disattento nei confronti della condotta morale del presidente del suo partito.

Tant’è che il testo da Lei sicuramente approvato continua: “inflessibili quando si tratta di un uomo che ‘ama la vita e le donne’, rispettosi e ossequienti quando si tratta di conclamate abitudini omosessuali o, peggio, diffuse frequentazioni di viados e transessuali di ogni tipo.” Noto con un certo rammarico che Lei è molto più informato di me, perché io non sono a conoscenza dei vari ‘tipi’ di transessuali, ma confido che forse un giorno potrà illustrarmi le varie ‘tipologie’. Eppure continuo a non capire… Per quale motivo avere frequentazioni con minorenni è meno grave di avere rapporti omosessuali con adulti consenzienti? Forse l’immagine del maschio latino è valorizzata di più da feste con minorenni nelle tenute private di un Presidente del consiglio?

“E al coro di questi pennivendoli si aggiunge il solito Don Sciortino che, dalle colonne di Famiglia cristiana, il settimanale della nostra infanzia in parrocchia tra canonica e sacrestia, ridotto a permanente libello antiberlusconiano, alza il ditino contro il Berlusca, come già fece la ‘sciura Veronica’, accusandolo di essere un ‘ammalato’ di sesso e fuori controllo.

Si preoccupasse un po’ di più, l’intransigente monsignore, di ciò che accade tra alcuni suoi confratelli nella nostra amata Chiesa cattolica e un po’ meno di ciò che avviene nelle case e nelle alcove di noi poveri diavoli, per i quali, semmai, dovrebbe usare la comprensione propria di coloro che sono deputati all’esercizio del sacramento della confessione, con cui ci si affida alla misericordia di Dio”.

È sempre piacevole vedere come Lei utilizzi a suo uso e consumo la dottrina cattolica. Mi dispiace ricordarLe che la morale cattolica non è valida solo se approvata da CL e che la libertà di espressione è diritto di tutti, non solo del movimento ecclesiale di cui fa parte. Per quanto riguarda l’indecoroso invito ad occuparsi di altro, ritengo che l’attacco stesso dimostri la pochezza argomentativa dell’accusatore.

“I più indecenti, però, restano quelle mammole degli oppositori politici che, anziché contrastare il Presidente del consiglio per i suoi programmi e le scelte del suo governo, ne reclamano, come Enrico Letta, le dimissioni; udite, udite, poiché potenzialmente ‘ricattabile’ dalle frequenti ospiti ai suoi banchetti.

Peggio ancora quello stinco di falso santo del Tonino da Montenero di Bisaccia che si erge a moralista d’accatto, proprio lui con i suoi edificanti comportamenti passati alle cronache, e a giudice di quelli privati del Cavaliere, contro cui, per l’ennesima volta, annuncia la presentazione di una mozione di sfiducia.

Per non parlare del segretario del PD, On. Bersani, la cui ‘intransigente opposizione’ si misurerà sulla richiesta di indagine per appurare che cosa effettivamente il Cavaliere avrebbe detto in quella telefonata alla questura di Milano a favore della povera Rudy.

Insomma: amare le donne e la vita è un peccato, pubblicizzare la propria omosessualità o transessualità è un dato di fatto da rispettare e guai a chi, come l’amico Buttiglione, osi parlare di devianza e/o di comportamenti discutibili, estranei e collidenti con la nostra concezione della morale personale e familiare.

E, come se non bastasse, Berlusconi rappresentato sempre e comunque come l’archetipo di tutti i mali: caimano, satrapo, indemoniato del sesso. Meglio, molto meglio, vuoi mettere un Nichi Vendola: cattolico romano, col suo orecchino in bella vista per l’orgoglio gay e del tutto inossidabile ai conti sballati dei suoi bilanci regionali. E, allora: sotto con lo sputtanamento quotidiano di giornali, riviste e battute dei soliti comici ormai privi di altre cartucce.”

Mi sembra che l’opposizione all’azione di governo non possa precludere una dura critica a comportamenti privati inaccettabili per un Presidente del Consiglio. Un vero uomo delle istituzioni non può e non deve essere ricattabile, poiché può subire pressioni esterne sul suo operato politico. Non mi sembra un concetto così difficile da comprendere, eppure da questa pessima disamina sull’atteggiamento dell’opposizione, nulla traspare sulla gravità della ricattabilità di un uomo che anche all’estero dovrebbe rappresentare il nostro paese.

Gentile Formigoni, voglio ricordarLe che amare le donne non significa usare le donne né tantomeno ritenere che si possa far partecipare una minorenne a un festino privato sul cui sfondo si staglia lo strano rito del ‘bunga bunga’, insegnato dal caro amico libico Gheddafi.

In quanto alle bieche accuse a Nichi Vendola credo che la libertà sessuale sia un diritto di ognuno e che non si tratta di misurare chi è più cattolico di altri, anche se so che questo è un concetto quasi sconosciuto agli ambienti di CL, convinti di essere i detentori della verità e dimentichi che per i cristiani la verità è Dio, non CL.

“La verità è che, incapaci di contrastare il Cavaliere sul piano politico ed elettorale si tenta di rovesciarlo con i soliti giochi del trasformismo parlamentare o, peggio, attraverso la via giudiziaria.

Ed è proprio su questo fronte, quello del rapporto tra politica e magistratura, e sul chi comanda davvero in Italia che si tratterà di capire, una volta per tutte, come stanno le cose e cosa si dovrebbe fare per riequilibrare una situazione nella quale, perduta sciaguratamente la norma sull’immunità parlamentare, si è creata una condizione in cui il parlamento e i suoi componenti, così come il governo, sono sottoposti alla permanente spada di Damocle di un avviso di garanzia o di un tintinnar di manette del solito Pubblico Ministero d’assalto.

Potere unico ed esclusivo, quello della magistratura, lasciato nelle mani di un ordine autoreferenziale, autonomo e senza mai responsabilità delle proprie decisioni, che sta lottando con le unghie e con i denti per impedire anche la più flebile delle riforme della giustizia. Ahimè con fini e i finiani che sembrano ormai disponibili e pronti allo show down finale.”

L’attacco alla magistratura ormai è diventato un rituale che Lei e i suoi compagni di partito utilizzano come arma impropria nei confronti di uno Stato di diritto che state calpestando in ogni modo e con ogni mezzo. La consolo e Le dico che anche se Berlusconi fosse ritenuto innocente dal potere giudiziario, sarebbe comunque inopportuna la sua posizione istituzionale. Un uomo che disprezza le donne, utilizza le minorenni, abusa del suo potere ordinando alla questura di lasciare andare una ragazzina solo perché ha frequentato i suoi salotti, non merita di rappresentare il nostro paese. Anzi, per essere più chiari, l’Italia non merita di essere rappresentata da un moderno Caligola che certo non nomina senatore il suo cavallo, ma ha permesso a condannati in Appello per concorso esterno in associazione mafiosa come Marcello Dell’Utri di sedere tra i banchi del Parlamento.

Il testo, infine, chiude in bellezza. “Bisogna prepararsi a ogni eventualità. È questione di poche settimane, anzi, probabilmente, di pochi giorni.” Mi dispiace solo che tra queste eventualità non sia contemplato un sussulto di dignità anche da parte Sua presidente Formigoni.

Lea Garofalo sciolta nei sedili della nuova Metro

Nella classifica dei morti ammazzati da ricordare e da raccontare Lea Garofalo scivola veloce verso le posizioni di coda. L’omicidio della testimone di giustizia (conclusosi con il cadavere sciolto nell’acido il 25 novembre scorso nel quartiere monzese di San Fruttuoso) ha tutti i crismi per accendere compiti minuti di silenzio e piazze a lutto ma ha un solo, insuperabile, neo: è avvenuto qui giù al Nord, dove i morti ammazzati sono un livello d’allarme che è sempre meglio scavalcare perché altrimenti si sporca il grembiulino di questa Lombardia scolaretta disciplinata dell’antimafia per educande.

Eppure sono stati in molti a pensare (per l’ennesima volta) che quel cadavere di donna sbriciolato dentro l’acido sia capitato per caso nelle civilissime e padanissime periferie brianzole per un’orda di sudisti che a Milano è venuta con un tocca e fuggi prima di ritornare nel peloso sud. Sembra che sia sfuggito a molti che l’omicidio di Lea Garofalo è fallito a Campobasso ed è stato possibile con un furgone acceso nel centro di Milano. Come se Milano rispondesse meglio alle condizioni ambientali (e indifferenti) per consumare in pieno centro sequestri di persona di testimoni di giustizia. Questa è la prima brutta la notizia.

La seconda è stata scritta da Roberto Galullo qualche giorno fa ed è uno schiaffo ancora peggiore:  i carnefici di Lea Garofalo sono milanesi più dei milanesi, inseriti nel tessuto sociale, economico e imprenditoriale fino a mettere le mani (callose e sporche di sangue) negli appalti pubblici.

11 dicembre 2009, ore 18.39. Il cellulare di “Uorco” chiama un uomo straniero avisando che si trovava “di sopra, dove esce il cemento”. “Uorco” è il nome in codice di Vito Cosco detto Sergio che telefona passeggiando sul cemento del cantiere della linea 5 della metropolitana milanese. Per la precisione cantiere di Viale Zara. Vito Cosco è il fratello di Carlo. Carlo Cosco: mandante, secondo gli inquirenti, dell’omicidio di Lea Garofalo. Il pentito Salvatore Sorrentino il 30 aprile di quest’anno aveva dichiarato “Sergio e Giuseppe Cosco organizzavano anche il lavoro degli scavi della quinta linea della metropolitana milanese tramite i loro mezzi di movimentazione terra, probabilmente in ambito di subappalto”. Gli stessi Cosco che gestiscono (a Milano) gli affitti abusivi dell case popolari in via Montello e in Corso Como. Tutto questo mentre i fratelli si permettono di non comparire in nessun registro delle imprese. Unica segnalazione: un’attività di commercio all’ingrosso di materiali di costruzione intestata a Carlo. Sede legale in via Montello 6. A Milano.

Un assassinio becero tutto lombardo, milanese di casa. E nemmeno un minuto di silenzio, un secondo di riflessione dalla città da bere. “E’ Cosa loro”. Dicono. Come Letizia Moratti ci insegna.

La strafottenza della Giunta Lombarda: l’acqua è privata!

Alla fine, quatti quatti ce l’hanno fatta (per ora, prima che si passi in Commissione): l’acqua lombarda ora è privata per Progetto di Legge. Lo scrive bene e ce lo spiega Roberto Fumagalli del Contratto Mondiale sull’Acqua

Salve,

nonostante la mobilitazione dei Comitati Acqua della Lombardia e le oltre 7 mila e-mail inviate ieri agli Assessori regionali, oggi pomeriggio la Giunta della Regione Lombardia ha approvato il Progetto di Legge sulla gestione dell’acqua, che di fatto consegnerà ai privati la gestione dell’acqua di tutta la Lombardia!

La Giunta Formigoni con la solita mistificazione respinge le accuse di privatizzazione, intitolando il proprio comunicato stampa (che potete leggere qui sotto): “Riforma del servizio idrico: l’acqua rimane un bene pubblico”.

La verità è invece che l’affidamento della gestione dei servizi idrici (che nel comunicato appare solo alla fine con 2 righe) avverrà secondo i dettami del Decreto Ronchi, cioè tramite gara europea o tramite società miste pubblico-private, quindi di fatto sarà una vera e propria svendita degli acquedotti ai privati e alle multinazionali!

Inoltre le competenze in materia di servizio idrico vengono consegnate alle Province (ma resta l’ATO della città di Milano, ) e pertanto sottratte ai Comuni, i quali si dovranno accontentare di esprimere un parere alla loro Provincia.

Il progetto di legge passa ora al vaglio del Consiglio Regionale, che dovrà votarlo il prossimo 23 novembre.

L’invito è quindi quello di partecipare numerosi sabato 13 novembre (dalle ore 10) alla manifestazione a Milano in piazza Duca D’Aosta (Pirellone), organizzata dal Coordinamento Regionale dei Comitati Acqua, col sostegno della Cgil Lombardia.

Saluti fraterni,

Roberto Fumagalli

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LN-LOMBARDIA.RIFORMA SERVIZIO IDRICO: L’ACQUA RIMANE PUBBLICA

LA GIUNTA REGIONALE HA APPROVATO OGGI IL PROGETTO DI LEGGE

RAIMONDI:FALSI ALLARMI DA CHI URLA A SCANDALO PRIVATIZZAZIONE

(Ln – Milano, 26 ott) L’acqua è e rimane un bene pubblico, le

tariffe non aumentano, le Province assumono le competenze delle

ex AATO (Autorità di Ambito Territoriale Ottimale) e i Comuni

vanno ad acquisire un ruolo di fondamentale importanza

all’interno della Consulta nella quale saranno inseriti. Questi,

in sintesi, i contenuti del Progetto di legge di riforma del

Servizio idrico integrato, approvato dalla Giunta regionale

lombarda, su proposta del presidente Roberto Formigoni, di

concerto con l’assessore all’Ambiente, Energia e Reti Marcello

Raimondi. Il testo, prima di essere definitivamente trasformato

in legge, dovrà passare al vaglio del Consiglio regionale.

L’intervento legislativo, che è nato da un lungo e serio

confronto con i Comuni e le Province durato tutta l’estate, si è

reso necessario per adeguare l’organizzazione del Servizio

idrico integrato agli obblighi normativi che derivano dalle

nuove disposizioni statali e dalle sentenze della Corte

costituzionale: “Prima di tutto – ha spiegato Raimondi – dalla

legge nazionale 42/2010, la finanziaria dello scorso anno, che

ha decretato la soppressione – a partire dal 1 gennaio 2011 –

delle AATO e ha imposto l’obbligo di attribuire le loro funzioni

ad altri soggetti, da individuarsi con legge regionale”. “Senza

di questo – ha aggiunto l’assessore – si arriverebbe alla

paralisi dei servizi idrici, perché gli eventuali atti adottati

dalle ex AATO, dal 2011, saranno illegittimi e come tali

perseguibili. Compreso il pagamento degli stipendi ai

dipendenti”.

La legge non è dunque un’attuazione del cosiddetto “decreto

Ronchi”, come falsamente sostenuto da alcuni.

Il progetto di legge fa anche chiarezza circa due sentenze della

Corte Costituzionale: la 307/2009 e la 142/2010.

A questo punto la Regione ha scelto di attribuire le funzioni

amministrative delle soppresse AATO alle Province e,

limitatamente all’ambito della città di Milano, al Comune.

La riforma in pillole:

1)LA GESTIONE TRAMITE L’UFFICIO D’AMBITO DELLA PROVINCIA –

L’organizzazione del servizio idrico integrato sarà gestita

dalle Province tramite una struttura apposita, l’Ufficio

d’Ambito, costituito come Azienda speciale (cioè soggetto dotato

di personalità giuridica), che può operare con una contabilità

separata rispetto a quella della Provincia e pertanto non

influire sul Patto di Stabilità di quest’ultima. L’istituzione

dell’azienda speciale deve avvenire “senza aggravio di costi per

l’ente locale”. Gli incarichi di presidente, consigliere e

revisore dei conti devono essere svolti a titolo meramente

onorifico e gratuito.

Un’importante novità riguarda i rapporti di lavoro: saranno

infatti garantite le condizioni contrattuali, collettive e

individuali, in godimento.

Per assicurare un coinvolgimento concreto ed operativo dei

Comuni nell’organizzazione del servizio, nel CdA dell’Azienda

speciale deve essere garantita una rappresentanza significativa

(di maggioranza, cioè almeno 3 consiglieri su 5) dei Comuni

dell’ambito.

2)LA CONSULTA DEI COMUNI – Come detto, i Comuni avranno un ruolo

di primo piano, grazie anche alla costituzione della Consulta:

ne faranno parte tutti i sindaci dei Comuni dell’ambito. La

Consulta deve rendere un parere preventivo e obbligatorio su

tutti gli atti della Provincia relativi alla pianificazione

d’ambito e alla determinazione della tariffa.

3) LA SOCIETÀ PATRIMONIALE – Gli enti locali hanno la facoltà di

costituire una società patrimoniale (proprietaria delle reti),

cui spettano le funzioni di progettazione preliminare per nuovi

interventi programmati dal Piano d’Ambito, le attività di

collaudo delle nuove infrastrutture e l’affidamento del

servizio.

Il nuovo modello di società patrimoniale è coerente con la

sentenza della Corte Costituzionale n. 307/2009, che ha

dichiarato incostituzionale il modello regionale di separazione

tra gestione delle reti ed erogazione del servizio. Infatti le

società patrimoniali non svolgeranno compiti connessi alla

gestione delle reti, che restano di competenza esclusiva del

gestore unico affidatario del servizio.

La società patrimoniale potrà reperire risorse economiche a

tasso agevolato, come è possibile a soggetti pubblici,

mettendole poi nella disponibilità del soggetto realizzatore

degli investimenti e delle manutenzioni straordinarie delle reti

e degli impianti, che ne hanno grande necessità. Ciò consentirà

di tenere le tariffe a carico dell’utente a livelli più bassi.

4) L’ESAME REGIONALE DEL PIANO D’AMBITO – Prima della loro

approvazione, i Piani d’Ambito dovranno essere inviati alla

Regione, che ne verifica la coerenza con gli atti di

programmazione e pianificazione regionale (Piano di tutela delle

acque e Piano di distretto di bacino).

Tutto ciò consentirà alla Regione di esercitare le proprie

competenze in materia di tutela della salute e del governo del

territorio, soprattutto a fronte delle diffuse criticità del

servizio di depurazione delle acque reflue sul territorio

regionale.

5) L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO E LE TARIFFE – Il servizio si

prevede sia affidato ad un unico gestore per ogni ambito, in

modo da poter meglio beneficiare della grandezza del soggetto,

per ottenere maggiori economie di scala nella gestione del

servizio, specialmente nel settore degli investimenti e, quindi,

ridurne l’impatto sulle tariffe.

“Chi dunque grida a un presunto ‘scandalo privatizzazione’ –

conclude Raimondi – altro non fa che seminare falsi allarmi. In

Lombardia l’acqua resta un bene pubblico”. (Ln)

Milano: primarie in salsa grigia

Alla fine Costanzo Ariazzi rassegna le proprie dimissioni dal “Comitato organizzatore” delle primarie di Milano. Un “Comitato organizzatore” che visto da fuori ha avuto il sapore troppo spesso di un comitato elettorale appiattito sulla candidatura di Stefano Boeri (che ha ricevuto l’investitura ufficiale di uomo gradito alla dirigenza, e mica tutta la base, del PD lombardo): l’accusa arriva dal solitamente mite Valerio Onida durante una sua serata dopo che ne aveva parlato (tra gli altri) in un suo scritto Gad Lerner, Nando Dalla Chiesa e lo stesso Davide Corritore. Tutti (si badi bene) iscritti al Pd per cui non ascrivibili alla colata di detrattori professionisti che si infilano ovunque con l’obbiettivo di distruggere piuttosto che dibattere.

Nella sua “lettera d’addio” Ariazzi scrive “Obiettivo del Comitato è dare vita a un’ampia partecipazione popolare e lavorare per tutti i candidati, per questo tutti i partiti della coalizione e i candidati che vi prendono parte hanno condiviso e sottoscritto delle regole. Il nostro lavoro è stato fin qui equilibrato e rispettoso di tutti, ogni decisione è stata presa con ampio consenso e con uno spirito fortemente lontano dalla definizione di primarie falsate“; poiché sia Onida che Pisapia lamentano uno squilibrio di dinamiche e comunicazioni mi viene da chiedere come venga misurato il “consenso” che, dentro gli uffici degli organizzatori, viene definito addirittura “ampio”. E un’errata visione e sensazione della soddisfazione dei candidati è un ottimo motivo per dimettersi. Meglio così.

Mi spiace che Stefano Boeri abbia reagito stizzito alle osservazioni di Onida senza cogliere la palla al balzo per scrollarsi finalmente di dosso un alito pesante che sta circondando la sua corsa verso le primarie. Ho già avuto modo di scriverlo e mi sento oggi di ripeterlo ancora più forte: Ho sempre creduto che le primarie (come ogni consultazione diretta con i cittadini) siano un passaggio necessario per costruire credibilità: primarie che siano una partecipazione senza mediazioni, senza recinti e senza argini accomodanti. Primarie che siano l’occasione per i cittadini di spiazzare i partiti e non che siano il modo per i partiti di piazzare cittadini. Primarie che siano una libera circolazione di opinioni e sostegni dove i cittadini (politici, intellettuali, impiegati, ragazzi e genitori) decidono di sostenere questo o quel candidato per un’affinità libera da disegni di partito. Lasciare le primarie alle primarie quindi per non trasformare tutto in un gioco messo in ballo in attesa di conferme. Per questo ho più volte espresso i miei dubbi sulla “discesa in campo” istituzionale di alcuni partiti (nostra opinione personale e, bontà nostra, ora nostra linea politica essendo noi chiamati a farla, la politica) che hanno certificato più o meno questo o quel candidato addirittura all’alba della candidatura. E’ un’opinione, condivisibile o non condivisibile, ma è la nostra opinione che ci portiamo in tasca con fierezza. La sensazione, qui fuori, è che  tutti parlino di entusiasmo e vivacità ma alla fine la maestrina ci voglia tutti seduti in silenzio e ben composti ai banchi.

E mi fa sorridere chi mi bisbiglia all’orecchio (senza farsi sentire troppo in giro) che Italia dei Valori dovrebbe entrare nella competizione. Abbiamo parlato di libera scelta e di igiene dei meccanismi delle primarie, abbiamo espresso i nostri dubbi su un “partitismo” infiltrato nelle contrapposizioni tra candidati, abbiamo rivendicato un reale potere di giudizio e di scelta dei cittadini ugualmente informati sulle attività dei candidati, abbiamo chiarito i nostri dubbi su una coalizione che si definisce e si “cementa” (mi si passi l’ironia) sui modi e sui valori che emergono lungo il percorso e non “di forma” ai nastri di partenza, abbiamo (e stiamo continuando a farlo) lasciato indipendenza ai nostri iscritti nel collaborare con uno o con l’altro candidato. E oggi, a guardarle da fuori, le primarie lasciano un profumo con aromi previsti e prevedibili. Senza comunque perdere il gusto di una vittoria di partecipazione. Una delle poche rimaste ai cittadini. E quindi, ancor di più,  una di quelle da preservare incondizionata.

Formigoni e l’acqua pubblica: nuovo blitz, di nuovo in piazza!

Sottovoce ci riprovano. Ad agosto (come un topo d’appartamenti in calzamaglia) aveva tentato il blitz per privatizzare l’acqua lombarda sfruttando (o meglio, credendo) le coscienze in vacanza a costruire castelli di sabbia. Adesso ci riprova sfruttando il torpore del freddo entrante e l’oblubinamento da Grande Fratello. L’allarme arriva da Roberto Fumagalli che, ostinato e dietro le file, continua a tessere una battaglia che non si può permettere respiro. Questo il suo appello:

Salve,  dopo che ad agosto (con la mailbombing e il presidio davanti al Pirellone) siamo riusciti a bloccare le intenzioni della Regione Lombardia, il 26 ottobre la Giunta Formigoni intende di nuovo mettere in votazione il Progetto di Legge sulla gestione dell’acqua, in applicazione del Decreto Ronchi, lo stesso di cui si chiede l’abrogazione attraverso il Referendum nazionale che ha raccolto 1 milione e 400 mila firme in Italia, di cui ben 237 mila in Lombardia.

Quindi anche il Progetto di Legge della Giunta Regionale porterà a consegnare ai privati la gestione dell’acqua.
Vi invitiamo quindi a mandare un’
EMAIL agli Assessori Regionali per dire NO alla privatizzazione dell’acqua in Lombardia.

Concentriamo la spedizione delle email il giorno LUNEDI’ 25 OTTOBRE, in modo da intasare la posta degli Assessori.
In fondo vi riportiamo gli indirizzi e il testo dell’appello (se volete modificate l’oggetto, per evitare che cancellino l’email come spam).
Vi ricordiamo che il Coordinamento Regionale dei Comitati Acqua sta organizzando per sabato 13 novembre una manifestazione a Milano.
Saluti fraterni,
Roberto Fumagalli

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INDIRIZZI:

roberto_formigoni@regione.lombardia.it,

marcello_raimondi@regione.lombardia.it,

andrea_gibelli@regione.lombardia.it,

giulio_decapitani@regione.lombardia.it,

romano_colozzi@regione.lombardia.it,

domenico_zambetti@regione.lombardia.it,

stefano_maullu@regione.lombardia.it,

massimo_buscemi@regione.lombardia.it,

Giulio_Boscagli@regione.lombardia.it,

raffaele_cattaneo@regione.lombardia.it,

gianni_rossoni@regione.lombardia.it,

romano_la_russa@regione.lombardia.it,

Luciano_Bresciani@regione.lombardia.it,

carlo_maccari@regione.Lombardia.it,

Alessandro_Colucci@Regione.Lombardia.it,

monica_rizzi@regione.lombardia.it,

daniele_belotti@regione.lombardia.it

p.c.  roberto@circoloambiente.org

OGGETTO: NO alla privatizzazione dell’acqua in Lombardia.

TESTO:

Agli Assessori della Giunta Regionale della Lombardia

Egregio Assessore,
ci riferiamo alle intenzioni della Giunta Regionale di approvare un Progetto di Legge inerente la gestione dei servizi idrici integrati (S.I.I.), in applicazione del cosiddetto Decreto Ronchi (art. 23 bis della Legge 133/2008, così come modificato dall’art. 15 della Legge 166/2009).
Le anticipazioni sui contenuti del PDL riguardo le modalità di affidamento dei S.I.I. ci preoccupano, poichè obbligherebbero alla privatizzazione della gestione dell’acqua.
Infatti con l’applicazione del Decreto Ronchi, l’affidamento della gestione dei S.I.I. a soggetti privati – ovvero a imprese italiane o straniere interessate solo a fare profitto – diventa la modalità ordinaria di assegnazione del servizio; in tal modo si porrebbe fine alle virtuose gestioni pubbliche che, in alcune province della Lombardia, risultano all’avanguardia a livello europeo.

Ricordiamo in questa occasione che a sostegno del Referendum per l’abrogazione del Decreto Ronchi e per la ripubblicizzazione del servizio idrico, in Italia sono state raccolte 1 milione e 400 mila firme, delle quali ben 237 mila nella sola Lombardia (www.acquabenecomune.org).
Si rammenta inoltre che ben cinque Regioni hanno impugnato per incostituzionalità l’art. 23 bis (così come modificato dall’art. 15 del Decreto Ronchi), ritenendo la norma lesiva delle prerogative delle Regioni stesse in materia di servizio idrico.

E’ inopportuno che vengano adottati provvedimenti fintanto che la Corte Costituzionale non si esprima sui ricorsi delle Regioni e sull’ammissibilità dei Referendum abrogativi sottoscritti da 1 milione e 400 mila cittadini.

Inoltre è utile ricordare che negli scorsi anni in Lombardia si è attivata una vasta mobilitazione popolare contro le precedenti Leggi Regionali in materia di servizi idrici, in particolare contro le  L.R. n. 21/1998 e n. 18/2006, per le parti che imponevano la privatizzazione dell’erogazione dell’acqua. A sostegno di tali mobilitazioni si sono attivati i Comuni; nel 2007 ben 144 Consigli Comunali della Lombardia hanno deliberato contro la L.R. 18/2006; con la successiva L.R. 1/2009, “concordata” coi sindaci referendari, è stata reintrodotta la possibilità dell’affidamento diretto ad aziende totalmente pubbliche.

A tale proposito, ci preoccupa l’eventuale attribuzione delle competenze del governo dei S.I.I. alle Province, che di fatto esautorerebbe i Comuni (ovvero gli Enti più vicini ai cittadini) dalle decisioni su un bene vitale e di interesse per tutti i cittadini qual è l’acqua, cancellando il federalismo rappresentato dai Comuni stessi.

Alla luce di quanto sopra, si chiede di non approvare il suddetto Progetto di Legge per le parti in cui si applica il Decreto Ronchi (che di fatto consegnerà ai privati la gestione dell’acqua) e in cui si esautorano i Comuni delle decisioni in materia di governo dei servizi idrici.
Certi che prenderete in considerazione le nostre richieste, porgiamo distinti saluti.

COMITATO _________ oppure NOME COGNOME

rif.: Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica – email: roberto@circoloambiente.org

Dire le cose in faccia al Consiglio comunale di Bollate

A Bollate l’amministrazione comunale decide di tenere una seduta di Consiglio “aperta” per affrontare il problema delle infiltrazioni di ‘ndrangheta emerso violentemente dopo gli arresti di Luglio. In mezzo alla sonnolenza filosofica antimafiosa qualcuno ha cercato di fare nomi e cognomi e parlare di responsabilità. Nel poco tempo a disposizione io ho provato a raccontarlo così:

http://www.youtube.com/watch?v=1L16gzTdTWo