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Morena Terraschi su Nuovissimo testamento

un paese in cui ogni emotività è bandita, in cui ogni persona viene privata dei propri slanci fin da neonata finché piccole sacche di ribellione che man mano si fanno rivoluzione cominciano un cambiamento traumatico

Giulio Cavalli ci riporta a DF, quel paese che aveva visto arrivare sulle sue coste una spaventosa marea di corpi senza vita e che si fece fortezza e galera. Lo ritroviamo a distanza di anni, ora a DF ogni emotività è bandita. Un vaccino somministrato agli abitanti fin da neonati ne inibisce per sempre i picchi emozionali, non li elimina del tutto ma li riduce e minimizza. Il risultato è una società monocolore, in cui tutto è programmato e incasellato: neonate e neonati vengono portati via alle madri e allevati tutti insieme, man mano che crescono vengono indirizzati al mestiere più adatto, un rigido sistema gestisce promozioni e privilegi, si sposano per 5 anni all’unico scopo di avere una figlia o un figlio, hanno una cerchia ristretta di persone con cui socializzare, a 70 anni si traferiscono nelle case del riposo. Vengono govevnati da una classe dirigente che non viene vaccinata, che quindi mantiene intatte le proprie emozioni e la propria capacità di controllo e repressione. Questo sistema che dura da lunghi anni però, comincia a rilevare delle crepe, ogni tanto qualcuno (come Fausto Albini dalla cui storia inizia il romanzo) ha una crisi, un mancamento emozionale e viene ricoverato allo scopo di ricalibrare le emozioni che stanno lentamente emergendo. Ci sono però dei ribelli, persone che nascondono accuratamente il loro risveglio emozionale, che si rivolgono al mercato nero per soddisfare i propri bisogni, ribelli che ad un certo punto diventano dei veri rivoluzionari, che riescono a risvegliare DF dal suo letargo emotivo con conseguenze meravigliose e spaventose. Una distopia sorprendente, coraggiosa nel usare come espediente narrativo un vaccino come strumento di controllo (praticamente la convinzione di moltissimi complottisti), mai facile nello sviluppo della trama, assolutamente non compiacente nella conclusione. Consigliato quanto se non più del primo.

(fonte)

Pop-eye su Nuovissimo testamento: “una non distopia delle emozioni”

Nuovissimo testamento di Giulio Cavalli è un romanzo di lotta contro una realtà esasperata, anestetizzata. Ma non così distante dalla nostra.

Eleonora R.

Nuovissimo testamento è un romanzo scritto da Giulio Cavalli e pubblicato da Fandango nel febbraio 2021. Cavalli, scrittore e autore teatrale, collabora con diverse testate giornalistiche e ha pubblicato diversi libri d’inchiesta, oltre che romanzi. 

Analfabetismo emozionale

“Quel crac delle vene mentre osservava il solco tondo in spiaggia fu un dolore che non lo lasciò respirare. Era svenuto di faccia, i suoi ristretti l’avevano caricato sul sedile posteriore per avviarsi verso l’ospedale come prevede la procedura se qualcuno non risponde alle sollecitazioni esterne per più di quindici minuti.”

Nuovissimo testamento, Giulio Cavalli

Nello Stato di DF il governo ha ideato un vaccino da somministrare alla nascita ad ogni cittadino per estirpare l’empatia e le emozioni

Sono eliminati tutti gli stimoli; i colori sono soprattutto bianco e grigio nelle diverse tonalità; l’arte, la musica, i libri, i film sono vietati. Il cibo somministrato, in base alla dieta settimanale, non ha nessun sapore: si mangia per nutrirsi, non per soddisfare le proprie papille gustative. Le coppie esistono solo per fare figli e i partner sono assegnati dal governo a turnazione. 
I bambini vengono allontanati dalle madri naturali e inseriti in istituti governativi; non si sa cosa succeda agli anziani dopo aver perso la funzionalità procreativa. 

“…stavi leggendo, ma non si possono leggere libri, aveva detto lei, hai portato in casa un libro e ci hai messo tutti nei guai, no no aveva detto Andrea ora lo butto…”

ivi, Cap. 4 

Solo i governanti, che vivono in una cittadella a parte, non hanno rinunciato alle emozioni. Nel reparto ospedaliero di Disturbi affettivi si incontrano i protagonisti di questo romanzo. Ognuno di loro è lì per una ragione: chi per essere stato scoperto a leggere, chi per aver pianto, chi per essersi aggrappato a un ricordo. 
Tutti campanelli d’allarme di un risveglio emotivo. 

Ricorsi storici tra le Brigate Sentimentali e Alan Moore

[ATTENZIONE: SPOILER]

È chiaro che per i governanti di DF sia molto facile controllare e guidare un popolo che non prova desideri, ambizioni ed emozioni. Ogni cittadino segue il protocollo che lo stato ha emesso, ognuno è solo, vige l’individualismo. Esiste però un movimento sotterraneo e silenzioso che spaccia libri, musica, abiti colorati, cacao, spezie, cibo e liquori che mandano in visibilio le papille gustative, fanno nascere fiammelle di speranza e voglia di lottare per il proprio diritto a provare emozioni. 

Sono le Brigate Sentimentali alle quali si uniscono i protagonisti del romanzo prendendo parte alla lotta.

“Per questo avete provocato disperazione, per costruire emozioni bisogna averne il vocabolario mentre i cittadini di DF sono analfabeti.”

ivi, Cap. 15

Il primo attentato delle Brigate sentimentali avviene in metropolitana. 
Alcuni cittadini, travolti dalla Sinfonia n. 5 di Beethoven, resteranno interdetti dalla sua bellezza. Altri, in balia di un vortice di emozioni fuori controllo, perderanno la ragione e anche la vita: d’altronde, un mondo controllato dall’alto e in cui ognuno sa perfettamente cosa fare è confortante. 

Malinconia, di Munch (una delle tele, 1891 c.ca). Il pensiero di Kierkegaard ha influenzato molto l’artista norvegese.

Kierkegaard, filosofo danese, spiegò bene come l’uomo sia vittima della sua stessa libertà: la possibilità di scegliere pone l’uomo davanti a infinite possibilità, generando angoscia. Ecco come i cittadini di DF, non possedendo gli strumenti per riconoscere e gestire le emozioni, ne sono rimasti travolti.

Le Brigate Sentimentali escogiteranno, poi, un piano per somministrare l’antidoto al vaccino a tutti i cittadini, al fine di liberare le emozioni, sbaragliare la vecchia classe politica e dare vita a un Nuovissimo testamento. Qui inizia l’ultima battaglia a suon di democrazia. 

“…forse farsi governare è nell’animo umano più di quanto avessimo capito, ci vuole un’innaturale sconsideratezza per ambire alla libertà.”

ivi, Cap. 24

La Sinfonia n. 5 di Beethoven  ha uno stretto collegamento con il famoso fumetto (e film) V per Vendetta (Moore, 1982; McTeigue, 2005). D’altronde, Alan Moore ha utilizzato Beethoven anche nel suo Miracleman, mentre nella pellicola dedicata a gli è stato preferito Tchaikovsky, escludendo così il parallelismo tra la Quinta e il cinque in numeri romano.
Come ben sappiamo, ogni autoritarismo per reggersi deve controllare la cultura e l’arte principali nemici dell’ideologia. Infatti V userà queste due armi per risvegliare le coscienze e il libero arbitrio, proprio come le Brigate Sentimentali. 

La Quinta di Beethoven intreccia V per Vendetta e Nuovissimo testamento.

Visto che siamo in tema di riferimenti non possiamo non sentire il sapore Orwelliano tra le pagine di Nuovissimo testamento. In 1984, un classico della letteratura novecentesca, Orwell critica la società del tempo: come V per Vendetta anche qui troveremo un regime che, però, non mostrerà una speranza per il futuro nemmeno nel finale.

A proposito di conclusioni, quella di Nuovissimo testamento di Cavalli ha un sapore amaro: non tutti sono pronti ad essere liberi. L’autore non lascia via di scampo, la fiamma della speranza di rovesciare l’ordine costituito si spegne. Tutto cambia per restare uguale.

La trappola narrativa

Nuovissimo testamento è un romanzo in cui anche la struttura narrativa è perfettamente conforme alla storia. Le parole si susseguono una all’altra sulla carta come un fiume in piena, assumendo una forma ossessiva e urgente.

La punteggiatura e scarsa, pensieri e dialoghi si sovrappongono senza essere distinti con virgolette o trattini. Questo può rendere faticosa la lettura ma anche intrappolare il lettore in questo flusso di parole senza riuscire a chiudere il libro prima di essere arrivato all’ultima pagina. 

Auspicabile realtà o tremenda distopia?

Questo Romanzo potrebbe rientrare in un episodio di Black Mirror, Serie TV che ha giocato molto sulle rappresentazioni alternative della realtà. Si parte da un aspetto reale e lo si esaspera fino all’estremo; il pubblico rimane inizialmente sconcertato dall’apparente assurdità di quello che sta vedendo ma, dopo una breve riflessione, si accorge che la realtà prospettata non è così distante dalla propria.

La copertina di “The Entire History of You” (Black Mirror) immaginata da Butcher Billy.

Anche Cavalli in Nuovissimo testamento racconta una realtà estremizzata. Identificare questo romanzo come appartenente al genere “distopico” può essere ingannevole: il provare emozioni è talvolta considerato una debolezza nella società attuale, un lusso che non ci si può permettere. 
Inoltre non provare emozioni protegge dal dolore, dalla paura e dal sentire in generale: mica male, no?

Ci sono domande che sorgono spontanee durante la lettura di Nuovissimo Testamento:
Saremmo disposti a farci iniettare il vaccino per smussare le spigolosità e prediligere la più noiosa rotondità affettiva? 
Saremmo davvero propensi ad avere relazioni esclusivamente formali che non richiedano sforzo emotivo pur di calmierare il rischio di soffrire? 

Oggi provare empatia viene spesso tradotto come buonismo, assumendo quindi un significato negativo. 
È terrificante: se l’essere umano perdesse la capacità di empatizzare e di provare emozioni, allora rinuncerebbe alla sua umanità. E questa sembra essere la lezione più profonda di Cavalli e del suo Nuovissimo testamento.

ER

(l’articolo originale è qui)

Vitaminevaganti recensisce Nuovissimo testamento

(fonte)

«Se l’uomo non si riconosce tra simili non riesce a dare un nome ai propri bisogni. Un uomo che non riconosce i propri bisogni non possiede il vocabolario della democrazia. Il potere che finge di istruire e invece governa con paternalismo ha la strada spianata. Il segreto del saper bene governare sta nel rendere i cittadini bene governabili, proni, incapaci di unirsi tra loro e con il mondo esterno».

Quando un libro si lascia divorare pagina dopo pagina, difficilmente delude. È quanto mi è accaduto qualche giorno fa con la lettura di Nuovissimo testamento, recentissimo romanzo di Giulio Cavalli, pubblicato a febbraio di questo anno. Non ne consiglio banalmente la lettura. Di più. Ne consiglio l’esplorazione appassionata di ogni pagina, addentando bramosamente capitolo su capitolo.

Il libro ci riporta nell’immaginario paese di DF, già luogo protagonista di Carnaio, l’altro suo bellissimo romanzo distopico che ho recensito per vitaminevaganti (https://vitaminevaganti.com/2020/10/17/carnaio-un-romanzo-di-giulio-cavalli/). È una distopia? Se restiamo al livello di analisi del genere letterario risponderei affermativamente, ma se leggiamo questo libro con la fame che chi — come me — ha di voler vedere realizzata una società più giusta, più empatica, più accogliente e meno aberrante, come quella che spesso ci circonda, allora ci si riscopre a non leggere una storia distopica, bensì la nostra storia attuale. Come già in Carnaio, Cavalli descrive il nostro tempo in modo spietato, senza sconti, metaforico solo per chi non sa leggere la realtà. Pagine memorabili, che spiegano quanto danno provoca il potere esercitato su una popolazione narcotizzata da una narrazione unica di questa realtà, ingannata e privata dell’empatia: «Nel governo di DF avevano infatti studiato a lungo il fatto che la mancanza di empatia fosse la garanzia più solida e importante per il mantenimento del potere e del governo».

La narrazione parte dal momento in cui alcuni cittadini di DF vengono portati d’urgenza al Pronto Soccorso perché manifestano segnali strani e preoccupanti: Fausto Albini ha disegnato un cerchio sulla spiaggia con un bastone, Manlio Cuzzocrea ha pianto per giorni senza motivo, Andrea Razzone è stato scoperto mentre leggeva, Angelo Siani sogna continuamente la madre biologica che non ha mai conosciuto. Già, perché a DF non esistono sentimenti, gli abitanti sono come narcotizzati secondo un programma del governo che prevede coniuge assegnato e variabile a rotazione, bambini e bambine che vengono solo concepiti e poi, una volta nati, affidati ai Centri per l’infanzia, anziani ed anziane spariscono una volta assolto il loro ciclo produttivo, esistono poche gradazioni di colore concesse per edilizia, arredamento, abbigliamento, il governo assegna ad ogni persona casa, lavoro, dieta settimanale, pacchetto di amicizie da frequentare. A DF, inoltre, non si possono leggere libri se non quelli assegnati per lavoro, non si possono ascoltare musica e guardare opere d’arte. Fino a quando questi ammalati, che manifestano evidenti anomalie agli occhi dei medici, non cominciano a pensare che dietro al sistema esistenziale di DF ci possa essere un preciso progetto previsto dagli «algoritmi del governo», dal quale si crede non ci si possa liberare. E invece Fausto, Manlio, Andrea, Angelo, insieme alla dottoressa Anna Cordio, a Bernadetta e all’uomo che indossa una giacca di velluto, cercheranno di innescare un vero e proprio movimento di resistenza fondando le Brigate sentimentali, per difendere il loro rigurgito di empatia e andare fino in fondo nella scoperta di cosa governa davvero DF e i suoi abitanti.

Lo stile è scorrevole, la pregiata scrittura mi ha rimandato molto al flusso di coscienza di James Joyce e Virginia Woolf e ricordato le migliori pagine distopiche di José Saramago, Dori Lessing e Aldous Huxley: penso in particolare ai libri Le intermittenze della morteDiscesa all’inferno e Il mondo nuovo.

Leggete Nuovissimo testamento, fatelo leggere e diffondetelo, perché questo libro esercita la funzione di dire la verità, quella scomoda, sul nostro tempo e sulle nostre profonde ipocrisie, funzione ormai esercitata solo dai folli, dai visionari e dagli artisti, e Cavalli è magistralmente ognuno di loro.

Alla fine del viaggio della lettura, all’autore di un libro che ti entra così dentro l’anima non puoi che dire una sola parola, sperando possa ascoltare il tuo commosso sussurro: GRAZIE.

Flanerì su Nuovissimo testamento

(fonte)

In un reparto dell’ospedale dello stato di DF – il più celato e spaventoso, quello dedicato ai Disturbi affettivi – sono ricoverati alcuni pazienti. Manlio Cuzzocrea, che ha pianto per nove giorni di seguito, senza dormire né mangiare, consiglia a Fausto Albini, l’ultimo arrivato, di imparare in fretta il senso della misura, e cioè cosa gli conviene fare e cosa non fare: se vuole uscire da quel posto orribile, infatti, è bene che si comporti a modo fin da subito. Fausto è svenuto dopo aver disegnato un cerchio sulla sabbia, gesto che gli ha riportato in mente qualcosa, forse l’abbozzo di un’emozione e quindi di una colpa.

In reparto ci sono anche Andrea e Angelo, responsabili rispettivamente di aver letto dei libri e sognato la propria madre. In ognuno di loro qualche meccanismo deve essersi inceppato: il vaccino iniettato agli abitanti di DF alla nascita, che cancella sentimenti, emozioni ed empatia – e che quindi garantisce una società più ordinata, felice e produttiva –, non ha funzionato bene. Rinchiuderli, curarli, e in casi estremi condannarli, è l’unico modo per evitare uno scoppio di emotività incontrollata. È proprio tra le mura dell’ospedale, però, che si diffonderà il germe di una rivolta; rivolta che esiste ma che all’inizio i protagonisti non riusciranno a capire cosa rappresenti, se voglia di vivere, rabbia, oppure disperazione.

L’ultimo romanzo di Giulio CavalliNuovissimo testamento (Fandango Libri, 2021), è una distopia atipica. Già il titolo, con il suo esplicito richiamo alla seconda – e discordante rispetto alla prima – parte della Bibbia, rivela come il cuore del libro sia la rottura, la violenza – e la speranza – insita nel cambio di paradigma, nell’annuncio di qualcosa di totalmente nuovo. Anzi, nuovissimo: il monito del superlativo mostra che ogni rivoluzione – o rivelazione – ha bisogno ciclicamente di essere riaggiornata, o meglio ricordata, ribadita.

A DF tutto è studiato nei minimi particolari per evitare l’emergere spontaneo di emozioni: matrimoni e amicizie sono stabilite dall’alto e ruotano periodicamente, mentre i bambini vengono separati alla nascita dai genitori; le inclinazioni lavorative sono decretate dagli algoritmi del governo; la società è divisa in livelli, e avanzare di classe sembra l’unico – per quanto imposto – desiderio presente nei cittadini. Letteratura, musica, arte ovviamente sono bandite. Perfino i palazzi hanno una tonalità grigia e triste, pensata anch’essa a mo’ di anestetizzante. La prosa di Cavalli, ossessiva e a tratti volutamente meccanica, racconta con un realismo paradossale questo universo da incubo:

«Le abitazioni degli abitanti in classe cinque di DF erano tutte a due piani, tutte dipinte all’esterno di grigio quattrocentoventotto, così come i muri interni. La casa era composta da un ingresso stretto e lungo, a destra una mensola grigia quattrocentoventidue, per svuotare le tasche, a sinistra un attaccapanni per giacche e cappelli grigio quattrocentoventidue, poi un salone centrale arredato con un divano angolare nero settecentoventisette, un tavolinetto basso in plastica nero settecentoventisette, una televisione che per gli abitanti di classe cinque era di quarantanove pollici e un vaso di fiori finti con gambo verde trecentodue e petali verdi trecentosedici, colori utili al rilassamento defatigante […]».

L’utilizzo martellante delle ripetizioni, la sintassi ipotattica e la punteggiatura fluida e spesso mancante esibiscono linguisticamente la fallacia principale del progetto politico alla base di DF: una società priva di emozioni, infatti, è la più ossessiva e morbosa che si possa immaginare. La freddezza inscenata allo scopo di annullare ogni malattia possibile è in realtà una malattia essa stessa. Il merito maggiore della prosa di Cavalli è quello di agire direttamente sul contenuto, svelandolo e perfino modificandolo; la sua scrittura è debitrice di Bolaño e soprattutto di Saramago: come nei romanzi dello scrittore portoghese (si pensi in particolare a Cecità o Le intermittenze della morte), in Nuovissimo testamento a dominare è il racconto corale. La scelta di alternare costantemente personaggi e punti di vista, di raccontare la storia attraverso una sorta di voce molteplice, che si spezza però in mille direzioni, è vincente, perché amplifica e al contempo contrasta l’ossessività della lingua e della vicenda.

Nuovissimo testamento, d’altronde, è un romanzo tutto costruito sui paradossi: ogni immagine, ideologia, emozione, possiede per Cavalli un volto segreto, una possibile lettura antitetica. Quando le Brigate Sentimentali – questo il nome del gruppo rivoltoso che, partito da quell’orribile reparto di ospedale, decide di risvegliare con ogni mezzo l’empatia negli abitanti di DF – compiono un “attentato” sparando a tutto volume in metropolitana la Sinfonia 5 di Beethoven, il risultato è sconcertante: la gente, scioccata da quell’inaspettato turbinio di emozioni, quasi impazzisce; uno si cava gli occhi, altri finiscono schiacciati da un treno – c’è anche chi, però, rimane paralizzato in balia dell’estasi.

Un personaggio pieno di contraddizioni è viceversa il presidente di DF, Andrea Bussoli, inquietante rappresentazione del potere: mentre infatti il popolo conduce la sua esistenza sedato, non è così per la classe governante, che, trincerata in una cittadella, non ha affatto rinunciato alle emozioni. Eppure, nei momenti di crisi che seguono ai “focolai di empatia”, il presidente sembra ripetutamente non reggere l’ansia e la paura che sono la controparte del suo stato di privilegiato; è Bussoli stesso, in fondo, a desiderare che gli venga somministrato il vaccino, che anche lui possa smettere di “sentire”.

Dopo Carnaio, con cui era stato finalista al Premio Campiello e aveva già raccontato violenze e disumanità del presente, in Nuovissimo testamento Cavalli continua la sua straniante esplorazione narrativa dei mali della contemporaneità: in una società come la nostra, basata sulla ricerca dell’emozione a tutti i costi, la scelta dello scrittore di dipingere un mondo privo di empatia è più coraggiosa, e originale, di quanto si possa credere. Cavalli mostra infatti che il possesso della libertà comporta una grande dose di fatica, e conduce a varie contraddizioni: per essere liberi bisogna assumersi delle responsabilità, accettare anche delle brutture. Sentire, insomma, fa malissimo, ma è necessario. Il sentimentalismo spicciolo però, le emozioni usa e getta da cui siamo circondati – o meglio imprigionati, asfissiati non meno degli abitanti di DF –, non hanno niente a che spartire con le sensazioni contrastanti e complesseche assalgono i personaggi di Nuovissimo testamento una volta liberi dal giogo del vaccino. L’apatia di DF assomiglia a quella della nostra società, in superficie colma di emozioni (false e in fin dei conti sedative), ma nel profondo mostruosamente ipocrita.

Giulio Cavalli ha insomma ripreso alcuni topos della letteratura fantascientifica e distopica per poi complicarli, evitando ogni soluzione facile: la visione del mondo di Nuovissimo testamento è inquietante, a tratti spietata. Sul finale d’altronde il libro sprofonda in un pessimismo disarmante e per questo realistico; quello dello scrittore non è un semplice monito, quanto un fedele ritratto del presente. Una cronaca dei meccanismi profondi piuttosto che una mera previsione. Proprio per questo la speranza – che nel romanzo assume vari nomi: lotta, rivolta, empatia – si coglie costantemente tra una riga e l’altra; e non potrebbe essere altrimenti, perché Nuovissimo testamento è un libro politico nel senso che è vivo, che smuove il lettore, lo stimola all’azione.

(Giulio Cavalli, Nuovissimo testamento, Fandango Libri, 2021, pp. 288, euro 19, articolo di Claudio Bello)

Libreria Ubik IBLA recensisce Nuovissimo Testamento

(fonte)I

l nuovo libro di Giulio Cavalli ci riporta a DF, il paese protagonista di “Carnaio”, il suo romanzo precedente che abbiamo avuto il piacere di presentare in libreria. Ora DF è diventato uno Stato, una nazione dove il virus più temuto sono le emozioni, dove un governo dispotico e autoritario userà tutti i metodi possibili per sopprimerle e non avere un popolo empatico difficilmente governabile.

Tutto inizia con un gesto, un cerchio sulla sabbia che Fausto Albini disegna senza accorgersene, forse un ricordo, una sensazione dentro di sé che non riesce a controllare, proprio lui a cui da bambino avevano insegnato a essere vuoto, a non sedersi ad ascoltare sé stesso né tanto meno gli altri, proprio lui che aveva cresciuto in un mondo dove i colori, la musica, i libri, l’arte, i sentimenti, tutto quanto era stato cancellato. Finisce così in ospedale, nel reparto dedicato a quelli che soffrono di disturbi della rotondità sentimentale, la stessa rotondità sentimentale su cui è fondata tutta la serenità del paese.

Fausto Albini allora scopre di non essere l’unica persona affetta da questi disturbi, e che non sono tutti rinchiusi a ricevere cure esperimentali utili a farli ritornare vuoti e ubbidienti come prima; ma che alcuni vivono le loro emozioni di nascosto. Capisce così di non volere più essere manipolato, e prova a far risvegliare l’empatia e l’amore in tutti i cittadini di DF. I suoi simili saranno però pronti e contenti di voler abbandonare questo annebbiamento emotivo?.

Giulio Cavalli ritorna a raccontarci nel suo nuovo libro la nostra contemporaneità portata all’estremo, perché DF mette insieme pezzi di mondi che ci sono già stati e che potrebbero tornare. Una critica verso una classe politica che cerca l’ottundimento delle persone, una riflessione sulla paura verso tutto quello che ci fa pensare e riflettere come la bellezza dell’arte e la cultura, un’analisi sulla distanza che intercorre tra il voler cambiare e il non avere sufficiente coraggio per farlo davvero: “[…] ed è facile, disse Fausto Albini, educare la gente al brutto, basta lasciarla cadere e poi farla strisciare e rassicurarla che è normale, educare alla bellezza significa aprire il cuore e farci entrare tutto dentro, come la bocca di una balena in fondo all’oceano, entra il bello certo, e ci entrano certi pezzi di vetro ed entra l’aria ispida ed entra tutto e non ci possono essere filtri nelle branchie di un popolo che ha disimparato a respirare”.

In un periodo in cui i nostri sentimenti sono stati e sono ancora limitati,  vi consigliamo di leggere questo libro e di praticare un po’ di fisioterapia sentimentale con la letteratura, come ci ha ricordato di fare l’autore negli ultimi giorni.

Buona lettura!

Libraia Susan

La libreria Colapesce su Disperanza

Giulio Cavalli (1977) è un attore, drammaturgo, scrittore e politico italiano milanese. Schieratosi apertamente contro le mafie, attraverso i suoi spettacoli, dal 2009 dopo numerose minacce e infine la confessione di un pentito vive sotto scorta. Disperanza è un romanzo crudele, figlio dei nostri tempi, che come una poraloid restituisce l’istantanea nitida di uno stato d’animo collettivo. Cos’è la Disperanza? Etimologicamente indica lo stato di chi è privo di speranza ma non ancora disperato. È una parola che ha in sé la sottrazione, la perdita e l’affievolimento graduale, la rinuncia. La disperanza può avvenire in seguito ad una malattia, alla perdita di una persona cara alla perdita di un amore o in seguito ad una delusione politica ma il motivo principale per cui la disperanza si materializza è il lavoro o la mancanza di esso. La nostra società ha creato un modello sovraccarico dove il lavoro prevarica la vita con una precarietà sempre più insidiosa. L’impossibilità di guadagnare abbastanza porta all’ accumulo di più mestieri, dunque allo sfiancamento e conseguentemente alla perdita di ogni entusiasmo, spesso alla depressione. Da quando la Pandemia ha travolto le nostre esistenze tutti questi aspetti si sono rafforzati aumentando il senso di incertezza, la transitorietà e l’impossibilità di progettare il futuro.L’autore raccoglie, tramite twitter, le storie di moltissimi utenti che raccontano il processo che li ha condotti alla disperanza: spesso la tranquillità si collega alla stabilità o alla temporaneità lavorativa.

Da leggere perché Disperanza non ci lascia mai oltrepassare il punto di non ritorno verso la disperazione ma è un invito a credere in se stessi, nelle piccole cose e nell’imprevedibile: di recuperare appunto la speranza.

(fonte)

Lillatrailibri recensisce Nuovissimo testamento

(fonte)

Si chiama empatia la capacità di sentire le emozioni degli altri, come se fossero proprie; la capacità  di vedere nell’altro se stessi, superando i limiti del narcisismo infantile e dell’individualismo egoista che ci allontana dai nostri simili. Donne e uomini empatici possono essere una minaccia per chi governa attento a conservare il potere con strumenti camuffati dai  colori della democrazia, ma di fatto dispotici e illiberali.

 È quanto accade nel paese di DF dove ai cittadini, appena nati, viene inoculato un vaccino che cancella la capacità di provare emozioni e sentimenti, sia  positivi che negativi. Donne e uomini  sono così condannati a diventare adulti incapaci di provare sentimenti, affetti,  ambizioni professionali;  senza  mai conoscere la bellezza  dell’arte, nelle sue molteplici espressioni, dalla pittura alla letteratura alla musica. Donne e uomini nel paese di DF sono automi incapaci di provare desiderio e volontà; sono monadi che vivono  immersi in un mondo grigio, colore declinato nelle diverse sfumature, costruito per soddisfare tutti i bisogni individuati attraverso algoritmi pensati per tutti gli aspetti dell’esistenza: dalla famiglia (matrimoni di durata quinquennale con partner imposti allo scopo di procreare altri automi sottratti alla nascita) al lavoro (assegnato sulla base di capacità manifestati fin dall’infanzia), allo sport (tristemente vissuto in palestre casalinghe organizzate dal potere).

“… La cucina dei classe cinque aveva i comuni elettrodomestici, frigorifero, forno, piano cottura cappa e anche un forno a microonde e una piastra per panini, tutti in formica grigia quattrocentoventidue tranne i profili che erano neri settecentoventisette, una stanza per l’esercizio fisico con una cyclette e un  tapis roulant e attrezzi e pesi verdi trecentosedici, la stanza per l’esercizio fisico era considerata una priorità dal governo di DF, l’esercizio fisico era fondamentale per garantire una perfetta rotondità affettiva che non cedesse alle sbavature di emozioni viatico di pazzia”.

È questo il mondo immaginato da Giulio Cavalli nel suo ultimo romanzo  (meritatamente segnalato  per concorrere al Premio Strega, ma, purtroppo, escluso dalla dozzina dei finalisti) che si legge d’un fiato, grazie anche ad una scrittura scorrevolissima, fondata su una sintassi che, spesso libera dalla punteggiatura, ci porta ad immergerci nella vita dei personaggi e a sentirne (empaticamente) il dolore e la delusione, la sofferenza e la scoperta, fino a svelarsi come metafora minacciosa del rapporto che lega governanti e governati, capaci di consegnare la loro libertà, volontariamente, per pigrizia o per vigliaccheria, al potere.

Un mondo indubbiamente distopico la cui costruzione richiama a “Fahrenheit 451” di Bradbury e “1984” di Orwell, ma che ci spinge a guardarci intorno, a riconsiderare il mondo in cui viviamo per non finire, al pari dei cittadini di DF, col consegnare la nostra libertà in nome di una sicurezza che, di fatto, si chiamerebbe schiavitù.

Silenzio, sto leggendo recensisce Nuovissimo Testamento

(fonte)


“Nuovissimo Testamento” di Giulio Cavalli (Fandango): un romanzo dalla trama semplicemente geniale che apre a tantissimi spiragli di riflessioni, il più delle volte dal sapore agrodolce.
TRAMA – Un giorno qualsiasi Fausto Albini è sulla spiaggia, con un bastone disegna un cerchio, forse ha un ricordo e si sente male. Portato d’urgenza al Pronto Soccorso, viene ricoverato nel reparto dei Disturbi affettivi, quello per i cittadini di DF con problemi di rotondità sentimentale. Insieme a lui, Manlio Cuzzocrea che ha pianto per giorni senza un motivo, Andrea Razzone scoperto a leggere e Angelo Siani che sogna ossessivamente la madre che non ha mai conosciuto. Evidentemente, il sistema di DF – che prevede bambini tolti ai genitori, mogli a rotazione, nessuna aspirazione e nessuna libertà di scelta – non funziona più come un tempo. Di fronte all’aumento dei focolai di empatia incontrollata, il governo del presidente Bussoli nel chiuso della sua impenetrabile cittadella fortificata si dice preoccupato: è impossibile governare un popolo che prova paura e desideri, i casi di disturbi affettivi in aumento rappresentano un pericolo. Intanto a confermare a Fausto Albini l’esistenza delle emozioni sarà l’incontro con la dottoressa Anna Cordio che ha in carico il suo caso e per la quale sentirà un sentimento indicibile e proibito: l’amore. Quando Fausto e i suoi compagni si renderanno conto che dietro la mancanza di empatia potrebbe esserci un disegno politico, dall’ospedale partirà il primo nucleo della resistenza, il cui scopo è solo uno: liberare le emozioni, riportare nel mondo l’empatia, dare voce a un “nuovissimo testamento”, anche a costo di rimetterci la vita.

DF è una nazione calmierata da un vaccino infantile che permette “di eliminare l’empatia come elemento disturbante della democrazia”. Già perché “nel governo di DF avevano studiato a lungo il fatto che la mancanza di empatia fosse la garanzia più solida e importante per il mantenimento del potere e del governo”.
A DF sono stati eliminati tutti gli stimoli. Si usa il grigio, dopo aver abolito tutte le gradazioni di colore, ma sono stati vietati anche l’arte, i libri, i film, la danza, la musica; non esiste il gusto, i cibi vengono solo “ingoiati” seguendo una rotazione prestabilita, l’alcol viene somministrato in “comode compresse”; non c’è traccia di amicizia o di socialità, con mogli e mariti si procede “per turnazione” solo per riprodursi (i neonati poi venivano assegnati a un istituto genitoriale e inseriti in un rigido programma del governo; mentre gli anziani in strutture per il riposo dopo aver svolto il loro ciclo produttivo).
“Niente famiglia, ovviamente, la famiglia era nemica del governo di DF, la famiglia era il covo delle sensazioni e delle esperienze incontrollate. Non esistevano figli di, non esistevano padri di, non esistevano madri di, non esisteva nulla”.
È questo il Paese che ha immaginato Giulio Cavalli nel suo “Nuovissimo Testamento“. Un luogo descritto nei minimi dettagli, senza lasciare nulla al caso, e che spiazza continuamente il lettore per la sua logica irrazionalità.
Perché è assurdo come le considerazioni del presidente di DF possano sembrare ragionevoli e magari anche condivisibili, per poi rendersi conto che no, aspetta un momento, non è proprio questa la democrazia. Un concetto che ritorna, distorto eppure così familiare, anche nel finale.
DF funziona come un meccanismo perfettamente oliato, ma qualche stimolo riesce a scappare al controllo. “Maledetti tramonti diceva spesso il presidente Andrea Bussoli”.
È in una stanza del reparto dei Disturbi affettivi che si incontrano i protagonisti della storia e sarà un libro, introdotto illegamente, a far capire ad Andrea, Manlio e Fausto che c’è tanto altro oltre quello che vivono quotidianamente, che quell’empatia che “a DF era un delitto, in realtà sembrava il sale di una vita che fosse degna di essere vissuta, niente di immorale come invece gli avevano inculcato”.
Ovviamente all’inizio sarà una consapevolezza devastante, (“ogni parola immaginava una vita che smontava tutta quella che aveva vissuto fin lì, ingoiare un tubetto di colla che ti ferma tutti gli organi interni, uno squarcio di immaginazione che era troppa, era dolore”), così come sarà disastroso il loro primo tentativo di “fare aprire gli occhi” alle persone con l’aiuto di Bernadetta e dell’uomo “con la giacca di velluto”.
Ma questo gruppo di ribelli non si fermerà. Il finale, devo ammettervi, mi ha spiazzato. Non so cosa mi aspettassi, sicuramente non un banale “e vissero tutti felici e contenti”, ma speravo di non dover chiudere il romanzo con l’amaro in bocca come invece è successo. Non vi dico più nulla per evitare di anticiparvi troppo della trama.
Entrando nella struttura della narrazione, so che molti non riescono a trovarsi bene con uno stile come quello di Cavalli, in cui non c’è interruzione tra pensiero e dialogo, le pagine sono un continuo fiume di parole, fitte e serrate, ma credo che l’originalità e lo spessore di “Nuovissimo Testamento” debbano far crollare questa resistenza.
Magari all’inizio si avrà un po’ di difficoltà a entrare nel ritmo, ma una volta ingranato si avrà voglia di sapere cosa succederà ai protagonisti della storia e di continuare a ragionare insieme all’autore su concetti così importanti.
Giulio Cavalli ci parla di “vaccini” e di “empatia” probabilmente nel momento storico perfetto, in un periodo in cui abbiamo abusato di questi termini senza interrogarci più di tanto. La sua è una visione estrema che spaventa, ma che allo stesso tempo mette tutto nella giusta prospettiva. Senza edulcorare nulla, senza tratteggiare supereroi, solo esseri umani, nelle loro imperfezioni e nelle loro sfaccettature.
https://www.silenziostoleggendo.com/2021/04/09/recensione-nuovissimo-testamento-di-giulio-cavalli/

Senzaudio su Nuovissimo testamento

Gianluigi Bodi (fonte)

Da qualche anno a questa parte Fandango è una delle case editrici italiane che tengo d’occhio più volentieri quando si parla di narrativa italiana. Basterebbe citare il solo successo nel 2020 di Jonathan Bazzi per spiegare il motivo di questa mia attenzione, ma in realtà Bazzi è solo uno degli esempi più eclatanti. Lo stesso “Carnaio” di Giuliano Cavalli era stato un grandissimo colpo e, tornando ancora un po’ più indietro ricordo con estremo piacere “La case dei bambini” di Michele Cocchi. Una rondine non fa primavera, ma quando comincia ad intravedersi il profilo di uno stormo allora significa che la direzione è molto chiara.

Devo dire che la lettura di “Nuovissimo testamento” di Giulio Cavalli mi ha messo addosso un’angoscia che non provavo da un po’ se riferita ai libri. Un’angoscia che, per quel che mi riguarda, è un segnale chiaro che il libro ha toccato delle corde molto sensibili e che lo ha fatto con sapienza.

Ci troviamo all’interno dello stesso universo di “Carnaio”. Nella città di DF le emozioni sono tenute a bada, l’empatia è un virus da estirpare prima che faccia troppi danni. I colori sono elencati in base a un numero, sono studiati da apposite equipe perché non producano alcun ricordo nelle persone che li osservano. Gli stati d’animo sono misurati con una scala numerica, le strade non hanno nomi ma numeri, le dotazioni di ogni essere umano sono decise da un’apposita commissione così anche la dieta settimanale. I neonati vengono presi ai genitori e trattati farmacologicamente affinché vivano in una nebbia perenne. Gli uomini e donne vengono accoppiati in base alle classi di preferenza e ogni singolo aspetto della vita quotidiana è progettato per non produrre variazioni emotive. 

Se non mette angoscia un simile minuzioso controllo non so cosa possa farla. E anche se mi sembra di sentire le vostre obiezioni, anche se mi sembra di sentirvi dire che la società in cui viviamo non è poi tanto distante da quanto ho descritto, vi posso assicurare che “Nuovissimo testamento” di Giulio Cavalli dipinge un quadro claustrofobico molto vicino a una feroce dittatura. 

Come la vita che stiamo vivendo in questo momento ci ha insegnato, se a qualcosa diamo il nome di virus è pressoché impossibile controllare la sua diffusione. Ecco appunto che all’interno di DF qualcosa comincia a non funzionare come progettato. Un suicidio scombussola i piani alti, il leader Bussoli, già imbottito di tranquillanti decide che la situazione non può continuare a degenerare, che serve la mano forte. Mentre in un ospedale della città Fausto Albini, dopo aver visto la dottoressa Cordio per la seconda volta capisce di essersene innamorato. E nulla di tutto questo è compatibile con i modi bruschi ma silenziosi di chi governa DF.

“Nuovissimo Testamento” è un romanzo distopico che porta alle estreme conseguenze alcune delle situazioni che viviamo ogni giorno. La tensione al controllo si scontra con la necessità di libertà; il volere calato dall’altro sbatte contro il desiderio di essere unici. Soprattutto però mi è sembrato di cogliere la necessità di sfuggire all’integrazione in schemi e reti predefinite che hanno un’etica e norme di comportamento che lungi dal rendere quel luogo un posto più vivibile servono solo per inquadrare e rendere innocue le persone che ci vivono e ciò vale sia che si tratti di un luogo fisico che un luogo virtuale.

Il Pickwick su Nuovissimo testamento

(di Viviana Calabria, fonte)

Avvertenza: se fare i conti con la realtà vi provoca agitazione, non leggete questo articolo. E non leggete Nuovissimo Testamento di Giulio Cavalli.

Un giorno Fausto Albini disegna un cerchio nella sabbia, viene assalito da una sensazione, si sente male e viene ricoverato nel reparto Disturbi Affettivi nello Stato di DF.
Non è forse libertà essere scevri da ogni condizionamento e non avere pensieri laterali che irrompono durante la giornata?

Inutile prenderci in giro, la risposta è sì. A DF il governo non viene eletto ma imposto, e la carica di presidente si tramanda di generazione in generazione. Per rendere possibile la gestione di una nazione fatta di uomini, e quindi delle loro complessità ingestibili, si è trovato un modo per rendere piane le persone: cancellare il sentire. Tutto è regolamentato e deciso dal governo, dai colori di abiti, edifici, oggetti sono sempre più neutri perché possano passare inosservati fino al mestiere di ognuno e alla collocazione dei cittadini in classi con la possibilità di essere promossi o regredire in base al comportamento e alla redditività; e “se c’è qualcuno che dice che qui a DF costringiamo le persone a intraprendere il mestiere che decidiamo noi come autorità di governo significa che non ha capito come va il mondo, non ha capito che l’economia è la summa della politica perché significa incastrare i numeri, le nascite, i morti, gli uomini, le donne e i talenti in un quadro che non si può permettere di cedere in nessuno dei suoi lati”. Sono bandite le arti che da sempre creano rivoluzione, il pensiero libero e il libero arbitrio. Il gusto non esiste, gli alimenti cambiano ogni settimana secondo delle tabelle che indicano per ognuno il giusto fabbisogno giornaliero per sopravvivere. Non esiste il senso della famiglia, le coppie vengono formate in base a classe sociale e caratteristiche per un periodo di tempo, soltanto per riprodursi. I bambini nati vengono allevati dal governo. Gli anziani nascosti in strutture apposite sino alla fine dei loro giorni perché è di cattivo esempio vederli oziare. Il Paese deve solo produrre. Non esistono emozioni, non esistono domande. Non esistono bisogni.

Nel governo di DF avevano infatti studiato a lungo il fatto che la mancanza di empatia fosse la garanzia più solida e importante per il mantenimento del potere e del governo: se l’uomo non si riconosce tra simili non riesce a dare un nome ai propri bisogni. Un uomo che non riconosce i propri bisogni non possiede il vocabolario della democrazia.

I cittadini diventano un gregge mansueto che non ha contezza di vivere una situazione di dittatura. Il governo riesce a far presa su di loro perché si propone come un liberatore dal dubbio e dalla sofferenza derivanti dalle scelte che dobbiamo compiere ogni giorno, anche le più semplici come il pranzo o la cena, e dalla trattativa continua nelle relazioni. Il governo riesce a imporsi perché si professa vicino al cittadino, un risolutore e un facilitatore della loro vita e, di conseguenza, qualcuno che lavora per la felicità e la riuscita di ognuno. Ma mentre in DF riesce a farlo con un sotterfugio, un vaccino che viene iniettato di nascosto ai bambini e che addormenta il sentire e l’empatia, nella nostra società l’arma utilizzata è quella della propaganda attraverso la televisione, della paura, dell’omologazione, dei continui stimoli immediati e passivi che portano a considerare l’arte come un vezzo borghese noioso e inutile. La letteratura non ha attrattiva, il tempo è sempre più veloce e bisogna inseguirlo. 
Anche la nostra società punta a produrre: non decidono il nostro lavoro ma ci costringono fare delle scelte che seguano il mercato. Io me li ricordo gli articoli in cui si indicavano le professioni del futuro, le professionalità più ricercate e quelle umanistiche hanno sempre il numero in negativo.Possiamo aggiungere a tutto questo l’età pensionabile sempre più alta, la gavetta dei giovani sempre più lunga in attesa di qualcosa che non arriva e che neanche vogliamo ma ci troviamo a desiderare, l’odio di classe e le pubblicità sull’orologio biologico delle donne. Per fare solo qualche esempio banale.
A DF anche il linguaggio è condizionato e la socialità è condizionata. Ridotta ai minimi termini, solo qualche convenevole e battute di spirito con conoscenti, colleghi e moglie/marito assegnato. A DF le televisioni sono tanto più grandi quanto più è alta la classe di appartenenza. Indicativo di come questo mezzo abbia inciso su di noi e sul nostro modo di parlare e di pensare, così come sul rapportarci agli altri: molto spesso, troppo spesso, gli scambi tra persone riguardano proprio programmi televisivi come soap operatalk show e reality che entrano completamente nella nostra realtà. Creano una comunità. Superficiale. Tutto è viziato, qui e a DF, votato a rassicurare.
Ma in tutti gli Stati qualcuno sfugge alle regole. Nel romanzo le Brigate Sentimentali agiscono in segreto e spacciano di tutto: cibo, vestiti, musica e libri. Imporre delle novità che stridono con l’abitudine non sempre sortisce gli effetti sperati. A DF accade proprio questo perché “per costruire emozioni bisogna averne il vocabolario mentre i cittadini di DF sono analfabeti. Volete raccontare una bella storia a gente che non capisce la vostra lingua”.
Anche se oggi l’arte non è scomparsa, viene comunque considerata come non necessaria, da istituzioni e cittadini. Bisogna educare le persone, educarle al bello.

È facile, disse Fausto Albini, educare la gente al brutto, basta lasciarla cadere e poi farla strisciare e rassicurarla che è normale, educare alla bellezza significa aprire il cuore e farci entrare tutto dentro, come la bocca di un balena in fondo all’oceano, entra il bello certo e ci entrano certi pezzi di vetro ed entra l’aria ispida e entra tutto e non ci possono essere filtri nelle branchie di un popolo che ha disimparato a respirare.Permettetemi di dire che nelle arti non tutto rientra nel bello e rimanendo nell’ambito letterario, banalmente, ci sono i libri belli e i libri brutti. Educare al bello significa certo educare a riconoscerlo, a goderne, a stupirsi come riescono solo i bambini e come succede a Fausto Albini la prima volta che legge un libro in ospedale, di nascosto, scoprendo altri mondi altre idee, un altro possibile. Che poi è questa la forza della letteratura no?
A DF però chi mostra uno scostamento dalla rotondità affettiva, senza spigoli da smussare per creare spiragli dall’intorpidimento, viene descritto come malato, o ancora diverso. Le Brigate Sentimentali, una volta uscite allo scoperto, fanno notizia e sui giornali, anzi il giornale, si spreca inchiostro. Le loro foto vengono modificate per sembrare più scure, e loro più sinistri. Diventano altro. Questo altro è pericoloso, un terrorista, il colpevole su cui riversare tutta la rabbia. Perché a un certo punto il governo, per combattere le Brigate Sentimentali, decide di riportare la paura nei cittadini. Una paura illogica che viene instillata dall’alto e che porta al sospetto e istiga alla vendetta. Una paura che viene utilizzata per accrescere il potere del governo, salvatore dei cittadini. Una paura quindi del diverso e di qualcuno che vuole espropriare loro beni e benefici.Lo scostamento va risolto, curato nel senso più invasivo. Anche nascosto.
A me ricorda proprio la paura che fanno crescere in noi per chiunque non sia italiano o non sia bianco. Andando ad allargare la visuale, penso a come si nascondano le carceri, fuori dalla vista non esistono, non sono parte della città. Ma qui il discorso è ampio.
La scrittura di Giulio Cavalli è perfetta per un racconto così duro e lucido di una società che potrebbe diventare la nostra società se non ci diamo una svegliata. Estremizza situazioni esistenti con parole precise e mai strabordanti, enfatizza la ripetitività, l’aridità, la superficialità e l’inutilità di una vita volta alla produzione descrivendo minuziosamente le abitazioni tutte uguali o i colori bianchi e grigi segnalati da numeri per definire sfumature inesistenti. Sembra una scrittura pacata e piatta come la vita a DF e ma si avverte un movimento sotterraneo.
È una linfa che scorre inarrestabile quella dell’individualità, della libertà, della curiosità e dell’amore, in continuo mutamento e ricambio.
Però Giulio Cavalli ci frega. Ci parla di rivoluzioni ma anche di una società senza violenza e a cui tutti possono contribuire e in cui vivere con dignità. Siamo sicuri che, se ci fosse un referendum, voteremmo per l’arte, la violenza, la trattativa, la sofferenza e non per una calma piatta?
Chissà che il Nuovissimo Testamento non indichi una nuova venuta.