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Spiace

Ma se scrive una cosa del genere il portavoce di un movimento con milioni di voti significa che stiamo toccando davvero il fondo.

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(Adesso arriveranno i “ma però”, “vamos”, “anche lei ha provocato” e tutto il repertorio di Scanzi: comunque la si pensi è un brutto eccesso di difesa)

 

Dopo Silvio l’Italicum resuscita Casini

Io non so se riusciamo a renderci conto che la legge elettorale in discussione in Parlamento sta rispondendo a tutte le esigenze di Silvio ed ora sta riuscendo a riabilitare il solito molliccio centro di Pierferdinando Casini. Così oggi sul Corriere della Sera esce un articolo che ricorda tutti gli articoli degli ultimi anni in cui il minuscolo centro diventa determinante e subito ovviamente comincia il balletto “Casini sì o Casini no”.

Quel pm così solerte sul caso Uva…

Vi ricordate il fastidioso video dell’interrogatorio al testimone Alberto Biggiogero (è qui)?

Si muovono i primi provvedimenti per il pubblico ministero Agostino Abate:

Cosa accadde allora Giuseppe Uva in quei sessanta minuti da solo con carabinieri e poliziotti? Proprio per questo la Procura generale incolpa Abate di aver violato tre diversi articoli del codice di procedura penale (326, 335, 358) poiché non ha svolto “le indagini preliminari necessarie all’esercizio della azione penale”, né ha curato gli accertamenti obbligatori, né ha curato il registro dei fascicoli contenenti i capi di imputazione e i nominativi degli indagati. Al pm viene imputata anche “la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”. Tutto ciò, scrive sempre la Procura generale, aggravato dal fatto che si trattava dell’indagine sulla morte di una persona come conseguenza di un sospetto reato, violando dunque il Convenzione dei diritti fondamentali dell’uomo che imporrebbe “indagini tempestive” prima che avvenga la prescrizione ed esponendo in questo modo il ministero della Giustizia al risarcimento semmai la Corte europea di Strasburgo un domani dovesse essere chiamata a esprimere un giudizio sulla vicenda Uva.

Le “cose non vere” comprendono anche gli slip di Giuseppe Uva. Sempre durante l’interrogatorio a Manconi, Abate afferma che il defunto non portava gli slip perché era un uomo trasandato. “La vita di Uva era priva di riferimenti, di supporti famigliari e di ordine personale, era dedito alle droghe e all’alcol”, scrive il magistrato nell’ultima richiesta di archiviazione. Eppure l’infermiere Giovanni Rossi durante una udienza al processo Fraticelli disse chiaramente di aver tagliato gli slip all’uomo e di averli gettati: dunque esistevano.

Ugualmente Abate spiega a Biggiogero che le lesioni visibili sul cadavere di Uva erano state provocate da una testata che lo stesso Uva avrebbe dato contro il muro . “Lo testimoniano i due medici del 118”, afferma il pm. Ma di questa sicurezza non c’è traccia nei verbali. Uno dei medici intervenuti dice soltanto di avere udito un tonfo sordo ma di non esserne stato testimone oculare.

“Destano qualche preoccupante sospetto l’impegno, lo zelo e l’incessante sforzo del pm per evitare il processo agli agenti” scrivono i legali della famiglia Uva nell’istanza di opposizione all’archiviazione. Ma la Procura generale trova molto sconvenienti anche “le considerazioni volte a polemizzare con i famigliari della vittima e con i consulenti delle parti offese” che avrebbero secondo Abate non chiesto giustizia ma “distorto la ricostruzione dei fatti” e inventato “uno stato immaginario di costrizione, che si è rivelato inesistente”. E allora, incalzano i legali, perché del trattenimento di Uva in caserma per almeno un’ora non esiste nemmeno un verbale?

Il Csm non ha ancora fissato una data per la convocazione del magistrato varesino. Secondo la legge che regola gli illeciti disciplinari dei magistrati, Abate potrebbe rischiare non solo una nota formale di biasimo ma anche la perdita temporanea dell’anzianità e il trasferimento.

La notizia completa è qui.

Chi ha messo lì Mastrapasqua? quasi tutti.

Me lo chiedevo giusto ieri qui e mi ha risposto Sergio Rizzo per Il Corriere della Sera:

mastrapasqua-presidente-inps-indagatoBasta guardarlo, Mastrapasqua, per capire che il suo fisico segaligno è modellato sulla corsa di resistenza. Ne ha corse tante, insieme a Giampaolo Letta, il capo di Medusa, la società di produzione cinematografica di Silvio Berlusconi. Giampaolo è il figlio di Gianni, lo zio di Enrico e braccio destro del Cavaliere. Sono amici dai tempi della scuola, al San Leone Magno: ancor di più ora, al circolo Canottieri Aniene dove sgambetta tutta la Roma che conta.

Corre forte, il maratoneta Mastrapasqua. Troppo forte per Alfredo Antoniozzi, figlio dell’ex ministro democristiano Dario, a sua volta politico dc e poi forzista, del quale è collaboratore. A un certo punto stacca pure lui, per agganciarsi definitivamente a Gianni Letta. Il Nostro passa per essere un brillante commercialista nell’avviatissimo studio del papà. Così, quando l’Ospedale israelitico, struttura convenzionata con la sanità pubblica, finisce nei guai, Letta lo propone per il salvataggio.

E chi meglio di lui quando c’è da riempire un posto nel consiglio di amministrazione dell’Inps? Di nuovo, è Gianni Letta che fa il suo nome. In quegli anni da semplice consigliere il maratoneta corre senza sosta. Trovando il tempo anche per curare i propri affari, scrive nel libro «Tutti a casa» Mario Giordano, raccontando come fa a conquistare una residenza principesca in via Filippino Lippi a Roma, nel cuore dei Parioli: compra per un milione e mezzo di euro due case dell’Inail dagli inquilini che le hanno acquistate dall’ente qualche giorno prima.

Mastrapasqua sa dove vuole arrivare: in cima. Il suo protettore è potente, ma ci vuole qualcosa di più. Come un appoggio dentro l’istituto. Allora si lega alla Cisl e al direttore generale Vittorio Crecco. Preparandosi a fare le scarpe al presidente Gian Paolo Sassi.
Accade quando l’Inps entra in Equitalia con il 49 per cento. La vicepresidenza della società dovrebbe andare al numero uno dell’istituto. Ma quando Sassi sta per assumere l’incarico, ecco la solita telefonata da Palazzo Chigi: «Il posto è di Mastrapasqua, non si discute».

E non è una poltrona da nulla, considerando che nel 2011 garantiva al suo occupante, dice la Corte dei conti, 465 mila euro l’anno. Il triplo del presidente. Quella telefonata è una investitura in piena regola. La nomina di Mastrapasqua al vertice Inps viene approvata in Parlamento anche dal Partito democratico. Se ne occupa l’ex ministro del Lavoro unionista Cesare Damiano in persona. Mentre nessuno bada agli oltre cinquanta incarichi che in quel momento riveste.

La responsabilità delle provocazioni e del web

Guido Scorza non è sicuramente piddino e anzi è stata una delle voci più critiche dei nostri ultimi governi, è stato spesso ospite del blog di Grillo, è esperto di web e si dedica con preparazione e passione alla difesa della rete anche dal punto legislativo (e come sappiamo negli ultimi anni ha avuto quindi parecchio da fare). Gli insulti alla Boldrini sul blog e sui social di Grillo non hanno bisogno di commenti. Anzi sembra proprio che l’idiozia sia un obiettivo politico, a volte. Ma la provocazione alla Boldrini ha anche una ricaduta negativa su chi il web lo sta difendendo, come dice Scorza nel suo post:

E’ per questo, caro Grillo, che trovo di inaudita gravità l’utilizzo del Web per forme di gratuita istigazione alla violenza – che non hanno nulla a che vedere né con la politica, né con la democrazia, né con la satira – come quella mandata in Rete ieri, invitando un popolo di “web-sudditi”, legittimamente inferocito contro un certo modo di amministrare la cosa pubblica, a dar sfogo alle più primitive ed ignoranti pulsioni offensive e sessiste contro una delle più alte cariche dello Stato.

“Cosa fareste soli in macchina con Laura?” – con chiaro riferimento a Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati – era, e non può essere sfuggito ai guru della comunicazione nella cabina di regia del Movimento, una evidente domanda retorica alla quale non potevano che darsi risposte imbecilli e offensive prive di qualsivoglia contenuto e significato politico.

E’ una vicenda drammaticamente preoccupante perché oggi e poi domani e poi ancora nei giorni e nelle settimane che verranno, il Web verrà di nuovo raccontato sui giornali e nella televisione come teatro di inaccettabili violenze verbali e si tornerà a proporne una più rigorosa disciplina e regolamentazione capace di prevenire certi abusi.

Le colpe di pochi – che pure hanno il merito di aver acceso i riflettori sul Web anche come strumento di partecipazione democratica – ricadranno su tutti o, almeno, sui tanti che, da anni usano il Web per “fare politica” e sognano il giorno nel quale, anche in Italia, attraverso la Rete, si potranno riaffermare in maniera integrale gli straordinari principi scritti nella nostra Costituzione.

Il Movimento Cinque Stelle poteva essere uno straordinario laboratorio di esperimenti di democrazia elettronica ma chi ne tiene in mano il mouse – e non certo le centinaia di rappresentanti e attivisti che ci hanno creduto ed investito tempo e passione – lo sta, purtroppo, trasformando solo in una nuova Tv, superficiale, violenta e, soprattutto, unidirezionale proprio come la vecchia – ma sempre di moda –televisione commerciale.

E io non posso non essere d’accordo.

Al limite della dignità

Antonio Mastrapasqua (ne dicevamo qui) si è dimesso.

Sarebbe bello che si scovasse e si dimettesse anche chi gli ha concesso di accumulare tutti i suoi incarichi mettendolo infine a capo dell’INPS. Ma questo sarebbe troppo, eh.

Caro collega, non ti chiedo l’eroismo, ma solo un po’ più di coraggio e di passione. (di A. Zanotelli)

Qualsiasi dominio dipende dai dominati. Anche quello dei media: lettori e giornalisti possono ogni giorno scegliere, possono ribellarsi.  Un appello di Alex Zanotelli ai giornalisti: “Mettete qualche ‘sassolino’ nell’ingranaggio dell’informazione, facendo passare qualche notizia in più sui drammi dei più poveri, soprattutto del sud del mondo”.  

Alex-ZanotelliCaro/a giornalista, pace e bene! So quanto sia difficile fare oggi il giornalista in Italia, dentro un sistema in cui i media sono nelle mani dei potentati economico-finanziari. Per questo non ti scrivo per chiederti l’eroismo, anche se in Italia abbiamo avuto tanti giornalisti ,che hanno pagato con il sangue, il coraggio di dire la verità al potere, sia esso politico, economico-finanziario o mafioso. Ti scrivo solo per chiederti di mettere qualche ‘sassolino’ nell’ingranaggio dell’informazione, facendo passare qualche notizia in più sui drammi dei più poveri, soprattutto del sud del mondo.   Ti confesso che mi fa tanto male vedere come l’informazione in questo paese sia così provinciale, così centrata sui nostri problemi, così persa nei meandri dei pettegolezzi della nostra vita politica e sociale. Come missionario sono profondamente indignato per il pochissimo spazio dato alle gravi crisi che attanagliano il sud del mondo, in particolare dell’Africa, il continente più vicino a noi. (E solo grazie alle testate missionarie, che gira qualche notizia in più e non nel grande circuito dei media). Non riesco a capire come, per esempio, si parli così poco delle tragedie in atto in quel continente.   Penso all’ attuale guerra civile in Sud Sudan, con migliaia di morti e centinaia di migliaia di rifugiati. Penso alla drammatica situazione della Repubblica Centrafricana, dove si è innescata un’altra spaventosa guerra fratricida. Penso ai bombardamenti in atto nel Sudan contro il popolo Nuba, da parte dell’esercito di Khartoum. Penso a tutta la zona saheliana che vive una stagione di grave instabilità. Siamo di fronte a immensi drammi umani, a massacri di popolazioni inermi, a milioni di rifugiati che ora premono alle porte dell’Europa. E tutto questo in un incredibile silenzio stampa. Ricevo ogni giorno appelli di missionari che chiedono di far conoscere i drammi dei loro popoli . Ma è quasi impossibile far passare tutto questo nei media nazionali. Siamo di fronte alla ‘globalizzazione dell’indifferenza’, come ha detto papa Francesco a Lampedusa. Caro giornalista, mi appello a te, alla tua umanità, perché tu possa darci una mano a far conoscere il grido di dolore di tanti uomini, donne e bambini. Te lo chiedo perché porto, da una vita, nel mia carne, la loro sofferenza. Ma anche perché come giornalista, ho pagato caro l’aver detto la verità al potere. Caro giornalista, vorrei che anche tu potessi aiutarci, invitando i tuoi colleghi a fare altrettanto. Se tanti giornalisti della carta stampata, del web, della radio e della televisione dessero solo un piccolo contributo, avremmo un miracolo informatico. Caro collega, non ti chiedo l’eroismo, ma solo un po’ più di coraggio e di passione.

I primi effetti della legge elettorale

Deve ancora passare “l’italicum” e Casini annuncia di tornare indietro:

Casini ha spiegato che il nuovo Ppe italiano sarà costruito “con Alfano ovviamente. Ma da Toti a Fitto, insieme a slogan del passato, ho sentito anche cose sensate. Per noi quella di Berlusconi é una grande questione che esiste. Le divaricazioni drammatiche che ci sono state non possono essere ricomposte con una battuta ma con un dibattito politico serio”.

Camorra, Stato e quell’altra trattativa

La fonte è il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti:

«In quegli anni (era il 1981, ndr) un coraggioso giudice istruttore, Carlo Alemi, nello svolgere le indagini venne posto in un assoluto e grave isolamento, addirittura con un ambiente ostile come quello della Procura dell’epoca, che gli remava contro». «Quando, dopo anni, pentiti del calibro di Pasquale Galasso e Carmine Alfieri conffrmarono che a trattare con Raffaele Cutolo e con le Brigate Rosse furono apparati dei servizi segreti – ha proseguito Roberti – noi pm recuperammo l’istruttoria e la sentenza-ordinanza scritta da Alemi, avendo totale conferma di quanto egli era riuscito ad accertare. E questa fu la prima vera “trattativa” tra Stato e mafia. La verità è che già in quell’occasione si volle stendere un velo di omertà con la complicità di apparati dello Stato. E fu necessario allora un intervento del presidente Pertini perché non si realizzasse un accordo scellerato con le Br e si riuscisse a spedire Cutolo all’Asinara. Niente, nella storia del nostro Paese è slegato: ma da allora a oggi se grandi passi sono stati compiuti lo si deve anche al sacrificio di magistrati come Livatino, Falcone e Borsellino».

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