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Portiamoci l’esecutivo nazionale a casa: idee, progetti, proposte

Come forse saprete il 14 e il 15 gennaio si terrà il prossimo esecutivo nazionale di Italia dei Valori. Un esecutivo che (a detta di tutti) sarà un passaggio importante per tanti motivi: la crisi di Governo che Berlusconi vuole nascondere sotto il tappeto, le basi per la coalizione di centro sinistra che si propone come alternativa (che, personalmente, mi auguro tanto più lontano possibile dal profumo di niente di questo terzo polo che sottovoce affascina un po’ tutti con il vecchio trucco di sostituire le etichette per scavalcare la scadenza) e, inevitabilmente, le proposte per la crescita e gli strumenti interni del partito.
Insomma, questa benedetta questione morale che più di qualcuno ha vissuto con la maturità dei litigiosi alle riunioni di condominio ma che comprende i temi (politici) della credibilità, della garanzia di partecipazione, dei metodi di selezione di dirigenti ed eletti e le ricette per il vaccino contro un’emorragia di deputati che è scritta nei numeri (carta canta, direbbe qualcuno): a inizio legislatura i nostri deputati erano 29 e oggi 22, il 24% è un tema politico?
Stiamo stendendo le nostre proposte per una due giorni che può diventare la sintesi reale e costruttiva di metodi idee (lasciando perdere pistole fumanti in giro…). Lo stiamo facendo insieme ai tanti iscritti e simpatizzanti che ci propongono le loro soluzioni nell’ottica piena del mio ruolo di “delegato a disposizione”. Stiamo parlando del “periodo di verifica” proposto da Di Pietro per chi arriva da altri partiti, stiamo parlando di metodi di controllo dell’attività effettiva degli iscritti al di là dei congressi, stiamo parlando di primarie di collegio per le candidature, stiamo parlando di luoghi di discussione aperti a tutti e tanto altro. Per questo vi chiedo per qualsiasi idea di scrivermi (in mail o qui sotto). Nei giorni precedenti pubblicherò le proposte che porteremo al esecutivo e i riscontri ricevuti.
Trovando il modo, magari, di aggiornarvi anche in diretta.
Buona epifania.

Costruire senza sordi che non vogliono sentire

Dopo avere letto e ascoltato le risposte più o meno eleganti al nostro documento di riflessione su alcuni recenti episodi nel nostro partito Italia dei Valori ritengo doveroso riportare la discussione su alcuni temi che sono andati persi (o intelligentemente manipolati) nel dibattito nato. Scrivo con forza e convinzione “dibattito” senza scendere nel gioco urlato di chi parla di “attacco” o “pugnalata” con reazioni scomposte che parlano da sole: la funzione della politica nell’esercizio democratico della partecipazione vede nelle diverse posizioni uno spunto per un confronto che porti alla sintesi e alla crescita. Crediamo fortemente che questo dibattito appassirebbe prestissimo se cade nella battaglia patetica del più puro tra i puri o in un attacco personale ad Antonio Di Pietro che (attenzione) non c’è nelle nostre parole: siamo in un partito che è fatto di persone e che vive nei pensieri e nelle azioni delle persone. Questo è il tema. Azioni e dinamiche che devono circoscrivere ed annullare i Razzi e gli Scilipoti a Roma ma soprattutto i piccoli Razzi e Scilipoti che vogliono infilarsi ai livelli più bassi, nelle realtà provinciali e locali. Chiedersi sempre se la partecipazione a tutti i livelli è veramente garantita a tutti o se passa inosservata mentre diventa il giocattolo di potere di qualche colonnello e i suoi vassalli. E questa, non me ne voglia Tinti, è un nodo morale che investe l’etica e la pulizia morale degli ingranaggi dei partiti tutti. Non cadiamo nella banalizzazione di chi va fuori tema per non affrontare la questione o di chi filosofeggia indicando il dito: una questione posta per costruire diventa arma di distrazione di massa solo se fa comodo a qualcuno.

Non cadiamo nemmeno nel tranello di chi parla di una eccessiva pubblicizzazione dei problemi interni o di un’inaspettata uscita pubblica: i contenuti del nostro scritto sono i temi portanti dei nostri incontri pubblici che ognuno di noi vive quasi ogni giorno in giro per l’Italia con gli iscritti e gli attivisti che vogliono il bene di questo partito e che amano non sottrarsi mai al confronto, sono gli stessi temi che sosteniamo all’interno dei rispettivi direttivi, sono le stesse parole che abbiamo espresso ad Antonio Di Pietro in occasione di un nostro recente incontro a Roma e sono ciò che porteremo di nuovo al prossimo direttivo nazionale a Gennaio, al quale ci presenteremo con proposte concrete e speriamo innovative ascoltando e discutendo con il direttivo nazionale.

La nostra riflessione è (secondo il nostro modo di intendere la politica) un atto d’amore per il partito, un segnale di profondo rispetto per quello che Italia Dei Valori è nelle aspettative dei suoi moltissimi militanti e elettori nonché una responsabile presa in carico delle molte sollecitazioni che da tutta Italia la base lancia per costruire un soggetto politico sempre più credibile e sempre più importante per la vita democratica di questo Paese. E’ evidente quindi che la nostra nota rientra in un percorso di riflessione e dialogo che continuiamo ad avere con i sostenitori di IDV e con il partito e che ovviamente abbiamo ritenuto opportuno condividere con chi ci segue attraverso i nostri social network e i nostri blog; che poi la stampa abbia ripreso (più o meno strumentalmente) il nostro scritto è cosa ben diversa dal “lanciare bombe sui media” come qualcuno ha raccontato.

Eppure mi sembra di avere sentito parlare troppo poco del tema squisitamente politico: di come sia successo che le speranze riposte in IDV siano state tradite dall’immorale e antidemocratica arroganza di un corruttore come il Presidente Berlusconi che (ricordiamocelo) esercita il proprio ruolo padronale grazie alla presenza dei corruttibili. Ecco, noi vogliamo preoccuparci del corruttore e dei corrotti. Vogliamo continuare ad essere il faro dell’opposizione senza sconti contro il berlusconismo ma essere duri allo stesso modo con i “berluschini” che in ogni partito cercano di infilarsi riciclandosi fingendo di essersi reinventati. Vogliamo ribadire che questa legge elettorale cancella con un colpo di spugna il legame stretto tra l’eletto e i suoi elettori legandolo piuttosto ai propri interessi o al migliore offerente (come i recenti casi Razzi e Scilipoti ci hanno dimostrato). Un partito libero è un partito che esercita quotidianamente l’autocritica senza strategie o arroccamenti, un partito che si distingue perché senza remore dice “siamo stati avvicinabili” e si rituffa nella base per costruire meccanismi di autodifesa. Nessuno di noi ha parlato di un fallimento generale su questo punto, ma sarebbe miope e forse in malafede nascondere la polvere sotto il tappeto. Un partito intellettualmente onesto che si apre alle discussioni e alle diversità di vedute è l’eccezione del panorama nazionale: noi abbiamo chiesto che il nostro partito fosse tra i primi anche in questo.

Voglio ribadire che la riforma di questa vergognosa legge elettorale deve essere una priorità per tutta la politica onesta dell’arco costituzionale studiando, se necessario, strumenti interni perché venga restituito ai cittadini il costituzionale diritto anche di sbagliare candidato. Perché il partito rimanga quello straordinario strumento di democrazia diretta senza mediazioni come lo stesso presidente Di Pietro spesso ripete. Ipotizzando un regolamento di primarie di collegio o qualsiasi altro mezzo che non premi il servilismo o le cricche interne. Per questo abbiamo scritto (e lo ribadisco) “abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Dobbiamo cercare di evitare sin dall’inizio che si creino situazioni come quella piemontese che, come ha fatto notare lo stesso  presidente Di Pietro, è il segnale delle difficoltà di selezione di una nuova classe dirigente.

Non rispondiamo a chi strumentalmente parla di una “scalata” al partito: siamo stati chiamati in Italia dei Valori dal presidente Di Pietro con l’espressa richiesta di “dargli una mano” a continuare a costruire credibilità in IDV (come tutti gli altri militanti che ogni giorno sono nelle piazze, nelle sedi e nei luoghi istituzionali), cosa ben diversa dall’obbedienza a tutti i costi.

Rispondiamo invece volentieri a chi continua a mentire (sapendo di mentire) su un nostro presunto distacco dal lavoro di militanza all’interno del partito: lavoriamo ogni giorno nelle istituzioni in cui rappresentiamo Italia dei Valori, discutiamo e ascoltiamo azioni e proposte con gli iscritti e con la classe dirigente e io sono onorato di essermi assunto la responsabilità di essere coordinatore di una città come Milano a pochi mesi dalle elezioni amministrative e con una squadra eccezionale al mio fianco. Chi parla solo di noi tre ha sbagliato mira: noi non rappresentiamo correnti o cattivi consiglieri, cerchiamo di essere l’espressione delle migliaia di cittadini che ci hanno votato (scrivendo espressamente il nostro nome sulla scheda elettorale) e ci impegniamo a tenere alti i valori e le persone di valore. Com’è scritto sul programma del nostro partito: Italia dei Valori.

Buon lavoro a tutti. Tutti insieme.

Per non andare fuori tema: AFFARI ITALIANI intervista Giulio Cavalli

Non mi è mai piaciuta la strategia di chi volutamente prova ad andare fuori tema per scavalcare la questione. In mezzo al marasma mediatico di questi giorni riportiamo il dibattito sui temi caldi. Vi chiedo di condividere il più possibile questa intervista uscendo dal gioco al massacro che non ha nulla a che  vedere con quello di cui si deve parlare. Grazie.

DA AFFARI ITALIANI

Più democrazia nell’Italia dei Valori. Così nasce la sfida interna a Di Pietro. L’intervista a Cavalli (Idv)

“Abbiamo raccolto le istanze che emergono stando a contatto con la società civile. Questa legge elettorale ha favorito servi e yes-man come Razzi e Scilipoti”. Giulio Cavalli, consigliere regionale della Lombardia per l’Italia dei Valori, coordinatore Idv per la città di Milano e firmatario, insieme a Luigi De Magistris e Sonia Alfano, di una lettera sulla questione morale che tocca il  partito, sceglie Affaritaliani.it per spiegare i motivi della rivolta contro Antonio Di Pietro e si definisce “basito e perplesso”.

Basito di fronte a che cosa?
“Soprattutto di fronte ai toni della risposta che abbiamo ricevuto, di fronte alle accuse che ci vengono mosse. Vorrei fare delle precisazioni, in attesa della replica che stiamo preparando. Noi abbiamo fatto questa riflessione, perché l’abbiamo raccolta da molti degli iscritti che incontriamo in giro. Siamo entrati nell’Italia dei Valori per portare l’ala “movimentista”, anche se questo termine non mi piace molto, o comunque per creare un contatto con la società civile. E abbiamo pubblicato questo documento sui nostri blog, non è una lettera di Natale spedita ai giornali, anche se ovviamente la stampa l’ha ripresa. La ricchezza dei partiti sono le diverse opinioni, il dibattito interno. E ci possono essere posizioni anche molto distanti, basta che non siano solo posizioni di negazione pregiudiziale. Ci è stato detto che non abbiamo parlato nelle sedi opportune. Ma noi ovunque andiamo, negli incontri e nei coordinamenti, manifestiamo sempre le nostre posizioni. Siamo stati accusati di non metterci in gioco all’interno del partito. Ma io sono coordinatore di Milano città, sorrido più di tutti. Quello che è un atto d’amore, senza nessuna messa in discussione di chi lavora nel partito, improvvisamente e strumentalmente è diventato l’occasione per alzare i toni e tirare fuori delle nevrosi, delle criticità per cui si aspettava solo quello”.

Insomma, il vostro gesto è stato frainteso?
“Noi abbiamo scritto quel documento per dichiarare il nostro impegno a fare di più e chiedere l’aiuto di tutti. Al di là delle posizioni politiche, la cosa che può veramente differenziarci è l’essere un partito bravo a fare opposizione, raccontando sì le incoerenze degli altri, ma anche capace di vedere le proprie. Uno dei più grandi politici italiani, Pio La Torre, per raccontare ciò che combatteva iniziava raccontando innanzitutto quello che non andava nel suo partito. Dobbiamo sempre avere attenzione massima per la credibilità. Ma, se dichiarare questo, ci fa accostare a Razzi e Scilipoti… Questa reazione ci lascia perlessi, per usare un eufemismo. Forse qualcuno aveva bisogno di una resa dei conti e ha voluto giocare di sponda con una lettera che nasce con tutte le buone intenzione di preservare la dignità di eletti e governanti”.

Quali sono le colpe di Di Pietro?
“Io vedo una legge elettorale che non ha senso. Razzi e Scilipoti in un Paese normale dovrebbero far riferimento ai loro elettori, ma non li hanno, essendo nominati. Il fatto di essere nominati, e questo è un problema della politica in generale, crea degli “yes-man”, un intergruppo di servi, numeroso sia a destra che a sinistra. Io dico, come partito e come politico, visto che la gente ci delega a risolvere le criticità, che dobbiamo cercare una soluzione. Un regolamento, oppure delle primarie di collegio, questione tra l’altro già aperta nell’Idv. E poi pensiamo a una visione di centrosinistra, che non sia solo una visione feudale, prettamente partitica”.

De Magistris nuovo segretario al posto di Di Pietro?
“Voler portare una questione poilitica, che riguarda i contenuti, su una questione di leadership è una questione onanista, che non interessa né a me né a De Magistris né a Sonia Alfano. Molti degli iscritti che lamentano difficoltà sui territori hanno sempre chiesto a Di Pietro di intervenire, senza mettere in discussione la sua leadership. La polvere sollevata dalle persone vicine a Di Pietro spero sia frutto di una reazione a caldo, e non di una strategia”.

Maria Carla Rota

IDV e la questione morale

In molti, da più parti, ci chiedono di prendere posizione, di esprimerci su quanto accaduto negli ultimi mesi all’interno dell’Italia dei Valori. Ce lo chiede la base di questo partito, straordinariamente attiva e senza timori reverenziali. Ce lo chiedono i nostri elettori, anche quelli che di questo partito non sono. E ce lo chiede, prima di tutto, la nostra coscienza. E’ a loro e ad essa che oggi parliamo.

Non abbiamo voluto sfruttare l’onda delle ultime polemiche per dire la nostra, per non offrire il fianco a strumentalizzazioni che avrebbero danneggiato l’Italia dei Valori. Abbiamo fatto passare la piena facendo quadrato attorno all’Idv. Ora però alcune considerazioni per noi sono d’obbligo. E si rende necessario partire da una premessa: nell’Idv oggi c’è una spinosa e scottante “questione morale”, che va affrontata con urgenza, prima che la stessa travolga questo partito e tutti i suoi rappresentanti e rappresentati. Senza rese dei conti e senza pubbliche faide, crediamo che mai come adesso il presidente Antonio Di Pietro debba reagire duramente e con fermezza alla deriva verso cui questo partito sta andando per colpa di alcuni.

Le ultime vergogne, come altrimenti chiamare il caso Razzi/Scilipoti, due individui che si sono venduti, quantomeno moralmente, in virtù di altri interessi rispetto alla politica e al bene pubblico, sono solo la punta di un iceberg che pian piano emerge nella realtà di questo partito. Come dimenticare lo scandaloso caso Porfidia, inquisito per fatti di camorra e ancora difeso da qualche deputato dell’Idv che parla di sacrificio a causa di “fatti privati”. E poi il fumoso Pino Arlacchi, che dopo essere stato eletto con l’Idv e solo grazie all’Idv, ha salutato tutti con un misero pretesto ed è tornato con le orecchie basse al Pd. Ma chi ha portato questi personaggi in questo partito?

Per questo oggi, con questo documento condiviso, rilanciamo la necessità di una brusca virata, e chiediamo al presidente Di Pietro di rimanere indifferente al mal di mare che questa provocherà in chi, un cambiamento, non lo vuole. In chi spera che l’Idv torni un partito del 4% per poterlo amministrare come meglio crede. Seggi garantiti, candidature al sicuro, contestazioni zero. Gente, questa, che non ha più alcun contatto con la base e rimane chiusa nelle stanze del potere, cosciente che senza questa legge elettorale mai sarebbe arrivata in Parlamento e che se questa cambiasse mai più ci tornerebbe.

Abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Chiedono un deciso “no” alla deriva dei signori delle tessere, ai transfughi, agli impresentabili che oggi si fregiano di appartenere a questo partito e si rifanno, con precisione chirurgica, una verginità politica. Dopo i congressi regionali moltissime realtà si sono addirittura rivolte alle Procure per avere giustizia, presentando video e documentazione che proverebbero macroscopiche irregolarità nelle consultazioni tra gli iscritti.

Oggi una questione morale c’è ed è inutile e dannoso negarlo. Noi non possiamo tacere. La maggior parte della “dirigenza” dirà che con queste nostre parole danneggiamo il partito, altri che danneggiamo il presidente Di Pietro, altri ancora che siamo parte di un progetto eversivo che vuole appropriarsi dell’Idv. Noi crediamo che questo invece sia un estremo atto di amore per tutti gli iscritti, i militanti e i simpatizzanti dell’Italia dei Valori. Al presidente chiediamo solo una cosa: si faccia aiutare a fare pulizia. Ci lasci lavorare per rendere questo partito quello che lui ha pensato e realizzato e che ora qualcuno gli vuole togliere dalle mani.

Terminiamo questo documento con le parole di un grande politico italiano, che oggi purtroppo non è più con noi. Enrico Berlinguer.

“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”.

Luigi de Magistris, Sonia Alfano, Giulio Cavalli

Ecco i curricula inutili della sanità lombarda. Manca un punto: il partito

Ecco tutti i cv degli oltre 700 candidati per gli incarichi di direttori generali di Asl e Aziende ospedaliere lombarde

Altro che competenza. Scordatevi anche la meritocrazia. Le nomine dei vertici della sanità lombarda sono un affare politico. Esclusivamente politico. Recentemente l’Assessore alla Sanità Luciano Bresciani ha spiegato, chiaramente, qual è il metodo di selezione degli aspirati direttori generali di Asl e Aziende ospedaliere lombarde.
Di fatto, Bresciani ha sdoganato una prassi odiosa: quella della lottizzazione. “la logica nella nomina dei direttori generali di Asl e ospedali è fondamentalmente legata al peso del voto espresso dagli elettori”. Le dichiarazioni dell’Assessore leghista alla Sanità lasciano poco spazio all’immaginazione. Ma se questa è la prassi, perché i candidati non dovrebbero indicare, nel proprio curriculum vitae, anche il partito d’appartenenza o le proprie simpatie politiche? Così facendo si velocizzerebbero notevolmente le operazioni di nomina. Il tutto nell’artificiosa trasparenza di una lottizzazione perfetta. Con buona pace di chi non ha tessere di partito oppure nel portafoglio ha quelle “sbagliate”. Così, noi del Gruppo Italia dei Valori abbiamo chiesto (e ottenuto) agli uffici competenti di poter visionare tutti i curricula degli oltre 700 candidati. Come risulta evidente nessuno di questi, a parte dati personali, recapiti e precedenti esperienze lavorative, ha indicato le proprie ‘simpatie’ politiche. Manca quindi il criterio determinante secondo Bresciani. Il più importante. Già perché, se la prassi è questa, e a sentire l’Assessore Bresciani sembra non ci sia nulla di male nella spartizione partitica delle nomine, perché non dovrebbero inserire nel CV anche la loro appartenenza poltica? Così, dopo aver ricevuto tutti i curricula, stiamo tentando di metterci in contatto con il maggior numero possibile di candidati, facendo loro una sola, semplice domanda:
Gentile Candidato,
a seguito delle chiare dichiarazioni dell’Assessore regionale alla Sanità circa il metodo di selezione degli aspiranti Direttori Generali di Asl e Aziende Ospedaliere, noi del Gruppo Italia dei Valori del Consiglio regionale della Lombardia desidereremmo porle una sola domanda: qualora la sua candidatura andasse a buon fine, sotto l’egida di quale partito è possibile ricondurla?

Intanto si avvicina il 23 dicembre, giorno fatidico in cui la politica deciderà i nomi dei prossimi direttori generali. Vi terremo aggiornati.

LINK CURRICULA 1
LINK CURRICULA 2

Le bugie nascoste nell’eccesso di difesa

Diceva Oscar Wilde che “niente ottiene successo come l’eccesso”. Per questo mi stupisce poco la reazione scomposta e imbizzarrita del Presidente del Consiglio Regionale Davide Boni alla mia partecipazione alla trasmissione L’INFEDELE di Gad Lerner su LA7: l’eccesso è la matrice propagandistica della Lega Nord che con il gioco manicheo del nord pulito e buono contro il sud sporco e cattivo ha sfamato la pancia molle di un esercito di semplicisti e banalizzatori.

La relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia (Dia) riferita al primo semestre 2010 dice  chiaramente che “la consolidata presenza in alcune aree lombarde di «sodali di storiche famiglie di ‘ndrangheta» ha «influenzato la vita economica, sociale e politica di quei luoghi». La relazione sottolinea il «coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede a impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l’assegnazione di appalti e assestato oblique vicende amministrative».

Di fronte a questa analisi del più alto organo istituzionale antimafia in Italia la mia stringata opinione durante la trasmissione rischia addirittura di essere banale se non scontata. Certamente per niente rivoluzionaria. Molti mi stanno scrivendo che ho parlato specificatamente di Consiglio Regionale. Certo, ho parlato di persone chiaramente indicate dai gruppi criminali per le elezioni regionali e lo ripeto qui. Nell’ordinanza dell’operazione INFINITO al foglio 387 i magistrati scrivono:

Sintetizzando quanto fin qui è emerso dalle attività tecniche e dai servizi di osservazione, si può affermare che Barranca Cosimo e Pino Neri hanno promesso di convogliare un certo numero di voti a favore di due candidati alle elezioni regionali lombarde (Abelli e Giammario) e ciò è avvenuto attraverso la “mediazione” di Carlo Chiriaco, esponente di rilievo della sanità lombarda. L’impegno della famiglia Barranca a favore di Angelo Giammario emerge anche da · una conversazione il 12.03.2010, intercorsa tra Chiriaco e Barranca Pasquale, detto “Lino”, fratello di Cosimo. Nel corso della stessa, i due interlocutori commentavano il proprio sostegno alla candidatura di Giammario Angelo, esteso altresì alla sua famiglia, ad esempio alla figlia che veniva indicata essere impegnata presso la sezione elettorale di Viale Monza, con l’incarico di telefonista -‹‹…qui Cosimo sta facendo Giammario e tutti quanti Giammario. Anche mia figlia sta rispondendo al telefono lì in viale Monza per Gianmario›› · Due conversazioni il 22.2.07 e 23.2.07 e quando Barranca viene richiesto da Chiriaco di portare “50 – 60 fotocopie” (forse 50-60 mila euro) all’avvocato SCIARRONE, indicato quale uomo di GIAMMARIO, in prospettiva delle elezioni Regionali 2010. L’esito delle consultazioni elettorali, che dal punto di vista di numero dei voti non ha sicuramente rispettato le attese, ha però visto l’elezione di entrambi i candidati sostenuto dall’interno ‹‹nucleo di calabresi›› mobilitato da Chiriaco. ABELLI, infatti, è stato eletto con 8600 preferenzee; Giammario l’ha comunque spuntata a Milano, come ultimo eletto (oltre 6000 voti), anzi vi è da sottolineare che le indicazioni provenienti dalle intercettazioni non lasciano dubbi sul fatto che quest’ultimo sia stato sostenuto (a detta di Chiriaco) dai voti procurati dall’entourage di Barranca Cosimo perché, a dire sempre dello stesso Chiriaco, Giammario avrebbe rifiutato i voti “compromettenti” provenienti da Neri Giuseppe: CHIRIACO…ma che cazzo devono dire ….non c’entra un cazzo Maullu….questi qua pigliano i voti e poi se ne fottono ..inc.., ah.., io stavolta io ho dato una mano ad ANGELO GIAMMARIO …no.. FRANCO …si… CHIRIACO …io gli ho detto, ANGELO ..questi sono voti puliti…….essendo che ad un certo punto i miei amici gli hanno portato circa 1800... nome cognome, residenza e dove votavano… se vuoi posso darti ancora dei contributi .., però sono voti che poi ad un certo punto… sai .. . io…no, no, mi ha detto non ne voglio…e infatti dietro c’è PINO NERI..ho detto Pinuccio…lascia stare… FRANCO: l’amico di Ciocca CHIRIACO …nooo FRANCO: GIAMMARIO è quello che è stato eletto a Milano? CHIRIACO: sì Angelo GIAMMARIO

In un’altra ordinanza relativa alla maxinchiesta della Dda di Milano (quella firmata dal gip del Tribunale di Milano Giuseppe Gennari) il gip, riservando un capitolo ai «Rapporti politici ed istituzionali» scrive: «È chiaro che, se l’obiettivo dei nostri è quello di mettere le mani su appalti pubblici, avere ottimi rapporti con esponenti politici rappresenta un capitale aggiunto di notevole valore e considerevole interesse. Ciò lo si dice, ovviamente, a prescindere dal tipo di “risposta“ del soggetto istituzionale di riferimento che talvolta, come nel caso di Oliverio, ma anche di Santomauro e di Ponzoni – si presenta incredibilmente spregiudicata mentre, in altri casi, può essere del tutto neutra. Insomma, queste relazioni altro non sono che parte di quello che il pm, nella richiesta di misura cautelare, definisce il capitale sociale dell’organizzazione criminale. Per l’ex Assessore regionale lombardo Ponzoni – continua il gip – si registra immediatamente un salto di qualità rispetto ai due faccendieri Oliverio e Santomauro. Sono i calabresi che “forzano” un appuntamento con Ponzoni su richiesta di Santomauro; è personalmente Strangio (Salvatore Strangio, anche lui arrestato nella maxioperazione) che procura un appuntamento tra l’imprenditore e l’assessore. Ciò a dire che Ponzoni fa parte del capitale sociale della organizzazione indipendentemente e da prima dell’ingresso dell’imprenditore e delle sue relazioni».

Questi due episodi per citare qualche esempio nel mare magnum di elementi e atti che ci raccontano come sia inevitabile che la ‘ndrangheta anche in Lombardia punti con i propri voti all’elezione di uomini ritenuti “disponibili” all’interno del Consiglio Regionale Lombardo. Che siano amicizie millantate e che abbiano ottenuto in cambio qualche promessa è materia della magistratura. Ma la febbrile ricerca di sponde politiche è un problema di cui si deve fare carico proprio il Consiglio Regionale, in primis nel Presidente Davide Boni. Se no, chi altro?

Risponderò punto per punto alle accuse che mi sono mosse, senza problemi. Avrò anche occasione di ripetere i nomi e i fatti in Tribunale e (visto che la Lega lo chiede ad alta voce) anche in Aula Consiliare. Il mio unico vero pensiero e dubbio (al di là delle levate di scudi o delle raccolte di firme che non servono più di un impegno ordinario e sottovoce di tutti coloro che credono nella dignità di una regione senza puzzo di malaffare e compromesso) è per tutti gli altri: parlo di un’infinità di giornalisti e di blogger che nell’ombra si ritrovano a dovere fronteggiare questo eccesso di difesa in un momento in cui si vorrebbe negare anche la verità storica. Penso a chi non ha voce per difendere le proprie opinioni ma si ritrova strozzato dalle querele e dal silenzio tutto intorno. Penso ad una libertà di parola che si autocensura di fronte allo spettro di una querela. Penso ad una legge seria sulla “lite temeraria” che oggi in Italia serve subito, come spesso invocato da Milena Gabanelli. Penso al dovere che dobbiamo imporci di dare voce chi non ha voce.

Per me, la mia unica preoccupazione è sapere se andando in Aula a riraccontare quello che dico da anni sui libri o sui palchi devo o non devo pagare la SIAE.

La mia posizione (chiara) nella seduta sull’acqua pubblica

Poche parole per chiarire. Come da me auspicato oggi il mailbombing a noi consiglieri regionali sta mettendo nero su bianco le posizioni politiche che verrano assunte in Consiglio Regionale nella seduta in cui discuteremo (e voteremo) il progetto di legge sulla gestione idrica regionale.

Dopo aver analizzato le segnalazioni giunte dal Coordinamento Regionale Lombardo dei Comitati per l’Acqua Pubblica, ho deciso di farmi carico dei seguenti emendamenti che presenterò domani alla seduta del Consiglio Regionale e del seguente Ordine del Giorno. Ai miei elettori (ma anche no) le opinioni del caso:

EMENDAMENTO

AL PROGETTO DI LEGGE N.57

Modifiche alle l.r. 12 dicembre 2003, 26 in attuazione dell’art.2, comma 186 bis della Legge 23 dicembre 2009 n.191

Il comma 1 dell’articolo 47 è sostituito dal seguente:

“ 1. Il servizio idrico integrato, inteso quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, fognatura e depurazione delle acque reflue, è organizzato sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO) corrispondenti ai bacini idrografici. Nel rispetto dei criteri di cui al titolo I, in merito all’efficacia, efficienza ed economicità del servizio, le Autorità d’ambito interessate possono tuttavia apportare modifiche alle delimitazioni degli ATO, dandone comunicazione alla Regione. La Giunta regionale stipula opportuni accordi con le regioni e le province autonome limitrofe, per l’organizzazione coordinata del servizio idrico integrato, che possono comprendere la costituzione di ambiti interregionali.”.

EMENDAMENTO

AL PROGETTO DI LEGGE N.57

Modifiche alle l.r. 12 dicembre 2003, 26 in attuazione dell’art.2, comma 186 bis della Legge 23 dicembre 2009 n.191

Il comma 1 dell’articolo 48 è sostituito dal seguente:

“ 1. In attuazione dell’articolo 2, comma 186 bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), dal 1 gennaio 2011 le funzioni già esercitate dalle

Autorità di ambito, come previste dall’articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e dalla normativa regionale, sono attribuite, per ciascun ATO, ai Comuni, riuniti in Consorzi di bacino, come definiti al successivo comma 1 bis. A partire da tale data, i Consorzi di bacino subentrano in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, compresi i rapporti di lavoro in essere alla data del 30 settembre 2010, facenti capo alle Autorità di ambito di cui all’articolo 148 del d.lgs. 152/2006. Riguardo ai rapporti di lavoro di cui al precedente periodo, è garantita la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in godimento..”.

EMENDAMENTO

AL PROGETTO DI LEGGE N.57

Modifiche alle l.r. 12 dicembre 2003, 26 in attuazione dell’art.2, comma 186 bis della Legge 23 dicembre 2009 n.191

Dopo il comma 1 dell’articolo 48 è inserito il seguente comma:

1 bis. In ragione del rilevante interesse pubblico all’organizzazione e attuazione del servizio idrico integrato e nel rispetto del principio di leale collaborazione, i Consorzi di bacino, di seguito indicati quali enti responsabili degli ATO, sono costituiti, senza aggravio di costi per gli enti locali, in ciascun ATO, e sono dotati di personalità giuridica e di autonomia organizzativa e contabile. L’ente responsabile dell’ATO prevede nel consiglio di amministrazione dei Consorzi di bacino una rappresentanza dei sindaci eletti nei comuni appartenenti all’ATO, facendo in modo che siano rappresentati i comuni con un numero di abitanti inferiore a 3.000, i comuni con un numero di abitanti compreso tra 3.000 e 15.000 e i comuni con un numero di abitanti superiore a 15.000. Il presidente, i consiglieri di amministrazione e i revisori dei conti dei Consorzi di bacino svolgono la loro attività a titolo onorifico e gratuito”.

EMENDAMENTO

AL PROGETTO DI LEGGE N.57

Modifiche alle l.r. 12 dicembre 2003, 26 in attuazione dell’art.2, comma 186 bis della Legge 23 dicembre 2009 n.191

L’articolo 49 è sostituito dal seguente:

Art. 49

(Organizzazione del servizio idrico integrato)

1. I Consorzi di bacino organizzano il servizio idrico integrato a livello di ATO nel rispetto del piano d’ambito e deliberano la forma di gestione fra quelle previste dalla disciplina comunitaria per i servizi pubblici locali di interesse generale,

ovvero affidando la gestione a soggetti di diritto pubblico, di proprietà degli enti locali ricadenti nel territorio compreso nell’ATO di appartenenza. Il servizio è affidato ad un unico soggetto per ogni ATO e per un periodo non

superiore a venti anni.

2. Allo scopo di cui al comma 1, gli enti locali possono costituire una società di ambito ai sensi dell’articolo 114, del d.lgs. 267/2000, a condizione che questa sia unica per ciascun ATO e vi partecipino, direttamente o indirettamente, i comuni

rappresentativi di almeno i due terzi del numero dei comuni dell’ambito.

3. Al fine di ottemperare nei termini all’obbligo di affidamento del servizio al gestore unico, l’ente responsabile dell’ATO, effettua:

a) la ricognizione delle gestioni esistenti in ciascun ATO;

b) l’individuazione delle gestioni esistenti che sono salvaguardate in base al successivo comma 4;

c) la definizione dei criteri per il trasferimento dei beni e del personale delle gestioni esistenti.

4. Sono salvaguardate, fino a scadenza naturale delle rispettive concessioni, le gestioni esistenti al 30.10.2010 che siano state affidate a società a capitale totalmente pubblico, secondo le modalità dell’affidamento “in house””.

Proporrò, inoltre, il seguente ordine del giorno:

ORDINE DEL GIORNO

AL PDL 57

MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 12 DICEMBRE 2003, N. 26 “DISCIPLINA DEI SERVIZI LOCALI DI INTERESSE ECONOMICO GENERALE. NORME IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI, DI ENERGIA, DI UTILIZZO DEL SOTTOSUOLO E DI RISORSE IDRICHE” IN ATTUAZIONE DELL’ARTICOLO 2, COMMA 186 BIS, DELLA LEGGE 23 DICEMBRE 2009, N. 191

IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA

PRESO ATTO CHE

La Regione Lombardia ha previsto la decadenza anticipata rispetto alle gestioni esistenti al fine di affidare il tutto ad un gestore unico;

VERIFICATO CHE

Il progetto di legge in oggetto, all’articolo 6 comma 2 lettera b) dispone che l’ente responsabile dell’ATO tramite l’ufficio d’ambito effetua: “l’individuazione delle gestioni esistenti che decadono anticipatamente rispetto alla loro naturale scadenza ai sensi della normativa statale e regionale, in quanto affidate in contrasto con le normative sulla tutela della concorrenza o sulla riorganizzazione per ambiti territoriali ottimali del servizio idrico integrato”;

IMPEGNA IL PRESIDENTE E LA GIUNTA REGIONALE

ad attivarsi affinché siano salvaguardate, fino a scadenza naturale delle rispettive concessioni, le gestioni esistenti al 30.10.2010 che siano state affidate a società a capitale totalmente pubblico, secondo le modalità dell’affidamento “in house”.

Cosa c’entra la Lega con le mafie

Piuttosto basito per un Ministro dell’Interno che ha così tanto tempo e così tante energie per incagliarsi in una discussione che ha assunto subito i contorni del duello, sconfortato nel vedere come si continui a ritenere che sia poco notiziabile la situazione di uno stato che non riesce più a parlare di lavoro (o meglio ai lavoratori che non arrivano a fine mese o non vedono all’orizzonte il prossimo impiego sicuramente precario), di economia (che oggi in Europa è un’asticella che tende disperatamente verso il basso) e diritti civili (che sono diventati privilegi da elemosinare in prefettura) oggi alle 14.30 mi imbatto in un ANSA che in poche righe sintetizza il pensiero. Non sono parole di politici sinostrosi o pericolose bande: è un magistrato della Direzione Nazionale Antimafia:

‘NDRANGHETA: PM CISTERNA, ALLE COSCHE PIACE IL FEDERALISMO

MAGISTRATO DNA,AVVANTAGGIATE SE NON DECIDE MINISTRO MA ASSESSORE (ANSA) – ROMA, 18 NOV – ”Con il federalismo e i centri di spesa a livello locale le cosche hanno a portata di mano non solo la politica ma anche l’amministrazione”.Lo sostiene in un servizio che sara’ pubblicato dall’Espresso Alberto Cisterna, il procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia che sta seguendo gli sviluppi delle inchieste di Milano e Reggio Calabria sulla penetrazione della ‘ndrangheta in Lombardia, ma nel suo ragionamento allarga lo sguardo alla strategia che sembra unire la criminalità organizzata. ”Il disegno federalista risale per Cosa nostra al periodo anteriore alle stragi del 1992. Anche in Calabria alcuni clan vennero accoppiati a movimenti autonomisti locali. Il loro obiettivo è elementare: se a decidere non è più il ministro della Sanità ma l’assessore è chiaro che questo li avvantaggia. Riduce il braccio: li possono raggiungere e minacciare sul loro territorio e non hanno più bisogno del referente nel governo di Roma”. E questo, stando alle indagini, è colpa anche del sistema elettorale: ”Paradossalmente la peggiore legge elettorale che il Paese abbia mai avuto è la migliore per quanto riguarda il contrasto alle infiltrazioni nelle politiche nazionali: candidare alle Camere soggetti vicini alla criminalità organizzata è diventato più difficile”. Una situazione che ha spinto Cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta a concentrarsi sulle elezioni locali: ”Tutta la tensione applicativa delle cosche si è scaricata sul sistema federale, che sta diventando un sistema finanziario federale in cui le risorse verranno sempre più gestire a livello locale: ad esempio per il federalismo demaniale c’è il rischio che molti beni messi in vendita vengano acquistati sul territorio con il concorso degli enti locali collusi dai mafiosi”.Federalismo e business rischiano di intrecciarsi, in un meccanismo perverso che – senza forti controlli – potrebbe autoalimentarsi: «I mafiosi hanno talmente tanto denaro che il loro problema è investirlo direttamente, evitando i costi alti del riciclaggio: vogliono fare gli imprenditori, con le carte in regola. Comprendo che dopo aver regolarizzato all’estero 100 miliardi di euro grazie allo scudo fiscale, questo è un Paese che potrebbe diventare mafioso senza accorgersene: rischia di finire in mano a una fortissima partecipazione economica mafiosa, che non mostrerebbe la sua origine. Sarebbe il peggio del peggio: combatteremmo contro un nemico invisibile perché assolutamente integrato nel sistema”.

Medioevo Brescia

La vicenda di Brescia è una storia di lavoratori. Truffati. Che siano immigrati, migranti, extracomunitari o negri è solo sbobba buona per gli intestini molli e gli istinti leghisti. Gli operai che da giorni stanno appesi sopra ad una gru sono persone che hanno lavorato in un paese dalla solidarietà costituzionale regredita al peggiore Medioevo: c’è una legge (la Bossi-Fini) che oggi mostra violentemente tutta la sua inadeguatezza istituendo un reato che non esiste (quella clandestinità bollata come sciocchezza da un uomo certo non di sinistra come Mirko Tremaglia), le promesse truffaldine di un datore di lavoro che promette sotto pagamento un diritto che in Italia ha il sapore primitivo del privilegio (una truffa costosa e in piena regola degna dei pacchisti d’altri tempi) e una strategia di trattativa che gioca sul freddo e sulla fame. Da anni in Italia il lavoro è tema per lo scontro sociale con intanto la politica e un bel pezzo dei sindacati che imbarazzati osservano semi nascosti aspettando che si abbassi la polvere.

A Brescia si consuma la pochezza politica di questo tempo buio con la Lega che, dopo tanto abbaiare, non riesce a racimolare nemmeno qualche neurone per costruire una soluzione politica, il Ministro Maroni troppo impegnato a coprire le bagatelle pisellose del Presidente del Consiglio e il popolo razzista leghista che osserva e ride con la bava dello spettatore da rodeo. Se quei lavoratori sono stati illegali scendano dalla gru e si riprendano tutto quello che hanno costruito negli ultimi mesi di lavoro. Smontino i muri delle cucine che hanno impastato per le tranquille famigliole che sorridono indifferenti guardandoli al tg della sera, bussino alla cassa previdenziale per riprendersi i loro spicci, denuncino il proprio titolare per il fatturato dopato dalla “clandestinità” e si carichino tutto sul loro gommone: qualunque altro sia l’approdo troveranno un futuro più civile.

La politica smetta di cincischiare: da una parte chi è dalla parte dei truffati e dei lavoratori per la Costituzione (art. 3: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese) e dall’altra tutti gli altri.

Giù dalla gru si lasci respirare l’articolo 21 della Costituzione e la libertà di espressione. E soprattutto si smetta di governare con il manganello. “Ordine pubblico” è svolgimento lineare della democrazia, non desertificazione. Lo Stato che si atteggia a prepotente per l’imbarazzo di non sapere governare è un Re nudo d’altri tempi. Da Medioevo. Appunto.