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Potevano stare zitte

Quindi Silvio Berlusconi decide di paragonarsi a Enzo Tortora volendo farci intendere di essere vittima di “errori giudiziari” (l’abbiamo capito vero che il senso era questo in previsione di sentenze di condanna?).

La figlia d Tortora puntualizza che le cose non sono proprio simili anzi per niente.

Berlusconi dichiara: “le figlie di Tortora potevano stare zitte”.

Capite perché ogni pacca sulla spalla a questo uomo e il partito che possiede è una manciata di fango sulla politica, sulla democrazia e sulla memoria di questo Paese? Eh, Letta?

Usare un bazooka per centrare una mosca

Sulla polemica di Mentana e Saviano di questi giorni per twitter c’è un pensiero che vale la pena analizzare. E’ di Galatea, che sta sulla rete, in casa, in giro. Come tutti gli altri.

Non pensate, cari Mentana e Saviano e vip tutti, di essere gli unici ad avere questo tipo di problemi: chiunque sta su internet, persino il più ignoto autore di blog, ha in media una decina di questi personaggi qua, che passano il tempo (alle volte anche anni) a spedirti commenti e persino mail piene solo di insulti a vuoto. Non si attaccano a voi, quindi, come dice Saviano, solo per vivere della mostra fama riflessa: si attaccano a voi perché gli state sulle balle, come gli sto sulle balle io quando scrivo sul mio blog un articolo che a loro non piace, anche se non sono nessuno.

Non è Twitter, il problema, né il fatto che ci si possa iscrivere con un nick: tanto anche con il nick, se scatta la denuncia, li beccano senza problemi. Il problema, invece, e qui scusatemi ma devo proprio dirvelo, sembra piuttosto il fatto che voi, in quanto vip, restiate spiazzati dallo scoprire che anche le persone comuni (non anonime, come dite voi: semplicemente non famose) alle volte sentono il bisogno di rispondervi, e, quando gli fate girare le balle, vi prendono anche in giro pubblicamente, con i loro post su Twitter o sui loro blog, come il buon Pasquino faceva con il Papa e i Cardinali ai tempi dello Stato Pontificio. Volete dire che non possono e farci la figura del Pio IX di turno e invocare leggi e regolamenti repressivi? Volete rispondere piccati come il Marchese del Grillo “Io so’ io e voi nun siete un c***?” Be’ questo sta a voi.

Ma, lasciatevi dare un consiglio: andarsene irati da Twitter e poi fare il pellegrinaggio delle sette chiese in tv per dire che è un posto pieno di maleducati, o scriverci sopra articoli che vanno in prima pagina sui quotidiani nazionali partendo dal fatto che due scemi ti han mandato un vaffanculo tramite web o che qualche centinaio di persone ti ha preso per il sedere con post ironici o sarcastici è come usare un bazooka per centrare una mosca.

L’antimafia che chiude in Lombardia

Ma perché in Lombardia hanno chiuso il Nucleo Informativo della DIA a Malpensa (dico: Malpensa, mica San Martino in Strada) e nessuno dice niente? Nessuno ne scrive? Nessuno si indigna?
Ma Maroni non ha nulla da dire? Ma tutte le Commissioni antimafia che imperversano non hanno ma parola dico una?

Dalla mafia che non esiste all’antimafia che chiude. Di bene in meglio.

E’ morto un amico dei mafiosi ma piangono uno statista

Eccolo, alla fine è morto. E il cristianesimo e la pietà umana che gli abbiamo concesso di sventolare mentre bestemmiava Dio nel suo agire politico oggi si alza ancora per celebrarlo.

Noi siamo un popolo così: non riconosciamo la gratitudine dal ricatto perché abbiamo avuto gentilissimi maestri di inumanità come il grigio Giulio. Ci hanno convinto che essere cinici sia una virtù e che essere buoni è da coglioni, ci hanno insegnato a dividere il fine dai mezzi e giudicare solo il risultato, ci hanno detto per decenni che la mafia è un febbriciattola leggera in cui inevitabilmente si incappa nel fare politica “alta” ma che passa con un po’ di riposo e che certe cose bisogna lasciarle a Dio e intanto Dio lo prostituivano per il prossimo appalto. Il maestro di questa perversione diventata buona educazione è il Divo Giulio Andreotti che chissà come sarà felice di leggere oggi nei suoi coccodrilli unti e servili che il suo ingranaggio è ben oliato e funziona ancora.

E’ morto un amico dei mafiosi fino alla primavera del 1980 come accertato nelle carte giudiziarie. Poi dicono che è guarito. Come un raffreddore. E alcuni ci hanno creduto, altri hanno pregato per lui e qualcuno ha messo a disposizione il proprio studio televisivo per farne il suo bidet. E’ morto uno di quegli amici dei mafiosi che si meriterebbe un funerale dove i partecipanti siano filmati e schedati e invece ci saranno tutte le alte cariche di questo Governo che nasce con quel grigio di mezzo fetido e cinico come piaceva a lui.

E’ morto un bugiardo. Spergiuro davanti alla Costituzione, alla Legge e al suo Dio. Che ha detto al Paese di farlo per il suo bene.

E’ morto un uomo che ha svenduto gli ideali politici per le trattative da bottega e ha inventato il compromesso ad ogni costo come pregio da mediatore piuttosto che codardìa intellettuale come sarebbe stato in un Paese normale.

E’ morto un mediocre che ha avuto bisogno di scavalcare le regole perché non riusciva ad amministrare rispettandole.

E’ morto un uomo grigio, come lo scriveva Aldo Moro nelle sue ultime lettere dalla prigionia:

Tornando poi a Lei, on. Andreotti, per nostra disgrazia e per disgrazia del Paese (che non tarderà ad accorgersene) a capo del governo, non è mia intenzione rievocare la grigia carriera. Non è questa una colpa. Si può essere grigi, ma onesti; grigi, ma buoni; grigi, ma pieni di fervore. Ebbene, on. Andreotti, è proprio questo che Le manca. Lei ha potuto disinvoltamente navigare tra Zaccagnini e Fanfani, imitando un De Gasperi inimitabile che è a milioni di anni luce lontano da Lei. Ma Le manca proprio il fervore umano. Le manca quell’insieme di bontà, saggezza, flessibilità, limpidità che fanno, senza riserve, i pochi democratici cristiani che ci sono al mondo. Lei non è di questi. Durerà un pò più, un pò meno, ma passerà senza lasciare traccia.

E’ morto Giulio Andreotti ma non ha lasciato orfani, perché tutto intorno i suoi allievi sono diventati grandi e camminano con le loro gambe e hanno imparato bene a non mostrare chi tengono per mano.

Gli elogi funebri che leggerete oggi sono l’effetto dell’etica erosa negli anni dalla mafia e dal brigantaggio politico. Chissà almeno che lo schiaffeggi Dio. Perché qui ci siamo prescritti tutti per interessi o vigliaccheria.

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La Grande Madre

Dietro un grande uomo succede che ci sia una grande madre.

Oggi rileggevo e riascoltavo le parole di Felicia Bartolotta, la madre di Peppino Impastato, e mi viene naturale ripensare al senso di madre. Il senso di madre come protezione e crescita, consapevolezza e conforto e il nutrimento nel senso esteso di vitalità garantita.

Io ho sempre avuto un rapporto verticalmente sconnesso con le madri. Roba da buche che scavalco male come se fossero burroni. Sono figlio di madre naturale che ha pensato bene di lasciarmi “alla ruota” e finisco in adozione. Ma questa storia l’ho raccontata. E tutti i miei amici e la mia compagna mi dicono spesso che sono noiosissimo su questo punto. Mi capisce qualche volta mio fratello di noi che siamo fratelli ma abbiamo cognomi diversi. Siamo fratelli ex post, insomma.

Comunque il senso della Grande Madre (si scrive maiuscolo così sembra molto più religioso) è il pensiero di una donna che riesce a superare le normali barriere della poca istruzione grazie ad una materna sensibilità che contiene di per sé alcuni secoli di storia. Quando ascolto Felicia penso ad una ferita che alla fine ha sanguinato il dolore di tutte le madri di tutti gli anni prima.

Mi è successo oggi pomeriggio. Una madre che è diventata nonna. Di nome fa Maria. Mi raccontava di un figlio che era appena nato ed era scritto che dovesse morire. Ci sono figli che vengono partoriti per essere presi per mano per andare subito dall’altra parte. Come passeggeri di passaggio dove la vita è solo una coincidenza di qualche minuto tra il prima e il dopo. Il bambino con la morte scritta in valigia, mi raccontava oggi Maria, ci ha messo mesi a morire perché la morte non riusciva a trovarlo tra le braccia troppo amorevoli di Maria sua madre. Come se la morte ci avesse messo mesi a trovarlo in tutto quell’amore.

Felicia, Maria e tutte le Grandi Madri di questo mondo sono così: troppo giganti rispetto al copione scritto per non riuscire (almeno) a rallentare l’entrata del finale scritto.

Vale la pena ascoltarla prima di andare  a dormire, Felicia:

La Cosa Giusta, la Cosa Seria e tutte le cose di questo tempo di mezzo

Qualcuno mi chiede cosa ho intenzione di fare. Io rispondo del libro che sto scrivendo, di RadioMafiopoli che stiamo preparando, dei soggetti che stiamo proponendo, del nuovo spettacolo con Gianluigi Nuzzi e tutti i progetti in cantiere. Lo racconto spesso con un sorriso soddisfatto perché sì, sono contento di quello che potrebbe essere nei prossimi mesi. Ma non basta, mi dicono: la politica? Il cantiere della sinistra di maggio? Civati e il PD? Barca? La Lombardia? Appunto.

Io non credo sia necessario scrivere altro su un governo che non ha nulla per piacermi, nulla: il tradimento del programma sottoscritto con gli elettori (sarebbe una bella cosa restituire i soldi delle primarie agli elettori perché vista così sembra proprio una truffa come i pacchisti fuori dall’autogrill), la spartizione dei ruoli di governo secondo la più democristiana interpretazione del manuale Cencelli, i passaggi politici che non ci sono mai stati spiegati e gli impresentabili riabilitati (ne avevo scritto qui del rivoltante ed euforico Micciché). Insomma: questo governo è la peggiore soluzione impossibile nato con i peggiori meccanismi possibili.

Su Civati ho scritto e riscritto, non vorrei essere noioso, ma credo che interpretare la discussione interna al Pd come manifesto della “sinistra” sia un errore di calcolo e di sopravvalutazione che sarebbe il caso di smettere di fare.

Il PD non ha mantenuto le promesse in campagna elettorale e questo è un fatto. SEL si era presa la responsabilità di garantire un PD che non scivolasse nelle sue antiche e perverse pulsioni centriste e inciuciste e non c’è riuscita: questo è un altro fatto (che in pochi stanno analizzando). Senza remore, inibizioni o balbettamenti dovremmo raccontare che comunque il voto dato a SEL era un voto di “condizionamento” di sinistra di governo che non è accadutoI voti per una sinistra radicale di opposizione non sono qui, per dire. E la bella notizia della Boldrini Presidente della Camera oggi è una nota sbilenca di rappresentanza dal punto squisitamente politico.

Poi c’è la Cosa Giusta dell’11 maggio (che fa un po’ sorridere nel titolo pensando alla Cosa Seria che in tanti non abbiamo mica abbandonato) e la domanda (è sempre quella, sempre) è capire quali sono i passaggi, le discussioni e le opinioni che ci porteranno lì. Perché  non c’è bisogno di piazza ma di politica.

C’è la sinistra nella Cosa Giusta o c’è l’attesa (ormai diventata beckettiana) che si rompa il PD (che non si romperà a breve)? Chi sono i soggetti del cantiere (a parte lo sventolio di Rodotà)? I soggetti che componevano Rivoluzione Civile ci fanno tutti schifo? Peggio sempre Ferrero di Fioroni, come mi disse una volta qualcuno?

Scrivevamo qualche mese fa:

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.

Basta mediazioni. Per chi mi chiede: io sono qui.

Se i baristi sfrattano le slot

Ogni tanto la sensibilità e l’umanità arrivano prima di una buona legge:

Li ha visti strapparsi i capelli, scoppiare in lacrime, maledire lo schermo. E ha detto basta. «Per rispetto». Mai più slot machine al bar Fantasy di Garrufo, in provincia di Teramo. «Non potevo sopportare ancora che i miei clienti si accanissero così davanti ai videopoker, dilapidando risparmi sottratti alla famiglia. Ho deciso di eliminare le slot e di tornare a fare bar come una volta- racconta il titolare Emilio Marinucci – Ai giovani voglio di nuovo offrire un divertimento sano. Dal bancone ho visto scene che avevano dell’incredibile. Non succederà più».

Marinucci si aspetta che altri seguano il suo esempio. «Ma so – spiega – che rinunciare a quei soldi non è semplice».

La (bella) notizia è qui.