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corruzione

Ecomafia in ottima salute, rapporto Legambiente: “26 mila reati ambientali nel 2016. In aumento illeciti su gestione rifiuti”

 

Secondo Legambiente funziona la legge sugli ecoreati, i cui primi effetti sono già avvertibili: a soli due anni dall’entrata in vigore delle norme crescono gli arresti del 20% (225), le denunce (28.818), i sequestri (7.277) e diminuiscono del 7% gli illeciti (passati da 27.745 del 2015 a 25.889 nel 2016). In tutta Italia “dilaga la corruzione, altra faccia delle ecomafie, con la Lombardia e il Lazio tra le regioni più colpite. Calano i reati contro gli animali. Aumentano quelli del ciclo illegale dei rifiuti e gli incendi che hanno mandato in fumo più di 27.000 ettari. Sul fronte abusivismo sono 17mila le nuove costruzioni fuorilegge”.

Secondo il rapporto di Legambiente, inoltre, diminuisce “in percentuale il peso delle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso (dal 48% del 2015 al 44% del 2016) anche se si confermano ai primi posti nella classifica per numero di illeciti ambientali: in vetta la Campania (3.728 illeciti), poi Sicilia (3.084), Puglia (2.339) e Calabria (2.303). La Liguria resta la prima regione del Nord, il Lazio quella del Centro. Su scala provinciale, Napoli è in testa con 1.361 infrazioni, seguita da Salerno (963), Roma (820), Cosenza (816) e Palermo (811).

«Nessun contenimento della spesa pubblica e corruzione devastante»: lo dice la Corte dei Conti

Tanto per imparare a pesare promesse e effettivi risultati leggetevi cosa dice la Corte dei Conti:

Nessun rientro della spesa, corruzione “devastante” e riforme pasticciate. È il giudizio tutt’altro che lusinghiero formulato dalla Corte dei Conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato 2016. Sul fronte della lotta alla corruzione – sostiene il procuratore generale Claudio Galtieri – il sistema dei controlli “si struttura in una serie di ‘sottosistemi’ a connessione estremamente debole fra di loro, tanto da correre il rischio di essere un ‘non sistema‘ al cui costo complessivo, non indifferente, non corrisponde una proporzionale utilità”. Tale sistema, dice ancora Galtieri, “è scarsamente efficace per contrastare quei comportamenti illeciti i cui effetti negativi sulle risorse pubbliche sono spesso devastanti”. Secondo il magistrato serve quindi “un ripensamento globale e senza pregiudizi di tutti i meccanismi di controllo” per “semplificare il quadro normativo eliminando interferenze e parziali sovrapposizioni”. In questo modo, conclude, sarebbe più facile raggiungere un duplice obiettivo: “Dare una spinta all’efficienza della spesa con effetti positivi anche sul mercato e contribuire ad aumentare concretamente il livello del contrasto a fenomeni di illecito e di corruzione”.

“Spending review non ha prodotto risultati” – Se la lotta alla corruzione arranca, allo stesso modo le risorse pubbliche soffrono per la mancata attuazione della spending review, parola d’ordine di ogni esecutivo dell’ultima legislatura. O quantomeno per il suo uso disinvolto nel finanziare, di volta in volta, le priorità del momento. Per la magistratura contabile, “le misure messe in atto sembrano avere salvaguardato l’operare di interventi di sostegno dei comparti produttivi”, ma “non hanno prodotto risultati di contenimento del livello complessivo della spesa”. Per questo, dice presidente delle sezioni riunite Angelo Buscema: “Resta ancora attuale la necessità di una revisione attenta di quanto può, o non può, essere a carico del bilancio dello Stato”.

“Occorre percorso rientro rigoroso” – Tradotto, i 29,9 miliardi che il commissario alla spesa pubblica Yoram Gutgeld sostiene di avere risparmiato nella relazione presentata la scorsa settimana, sono già spesi o già impegnati per sostenere le attività del governo. E così la spesa corrente – come sottolineato da tutti gli operatori – invece di diminuire, ha superato per la prima volta quota 700 miliardi di euro. La Corte, a suo modo consiglia di stringere la cinghia della flessibilità: il debito pubblico italiano è talmente elevato che serve un percorso di rientro più rigoroso di quanto chiesto dalla Ue. “L’elemento di maggiore vulnerabilità dell’economia italiana – vale a dire l’elevato livello del debito – impone alla politica economica, ben di più di quanto non derivi dai vincoli fissati con le regole europee sui conti pubblici, di proseguire lungo un percorso di rientro molto rigoroso”. Questo obiettivo, aggiunge Buscema, deve essere perseguito “attraverso un’attenta gestione dei conti pubblici che garantisca il raggiungimento, in tempi certi, degli obiettivi programmati di saldo e di debito, scongiurando inversioni di segno negativo delle aspettative dei mercati”.

L’incompiuta Madia – E se Gutgeld lo scorso 20 giugno si augurava “di leggere un po’ meno sulla stampa che in Italia la spending o non si è fatta o si è fatta male”, tanto che proprio questa mattina difendeva l’Italia virtuosa dalle colonne del Corriere della Sera, questa volta a dirlo non sono i giornali, ma la magistratura contabile. Che critica non solo i conti dello Stato, ma anche le riforme ritenute cruciali come quella della pubblica amministrazione e la politica economicadel governo, insufficiente a colmare il gap con il resto dell’Unione. “Il bilanciamento della politica economica e della gestione della finanza pubblica appare particolarmente complesso per l’Italia, dove il recupero della crescita del prodotto interno lordo, dopo la lunga crisi, appare ancora troppo modesto e, soprattutto, in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi”, scrive ancora Buscema. Quanto all’opera del ministro Marianna Madia, più volte azzoppata dai rilievi della Consulta, “non si può fare a meno di notare” – aggiunge il procuratore Galtieri – che sembra “scontare una serie di incertezze di fondo su taluni temi cruciali e a valenza strategica quali quelli delle società partecipate e della dirigenza”. Una specie di incompiuta, a volte in contraddizione con se stessa, se è vero che le incertezze “hanno determinato un andamento non lineare non solo delle modalità e dei tempi del processo riformatore, ma anche, per taluni aspetti, della stessa filosofia innovativa su cui la riforma si deve fondare”.

“Consip centrale ma valutarne risultati” – Buscema dedica un passaggio della sua relazione anche alla Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione, che ha contenuto le spese ma i cui risultati devono passare da una verifica più approfondita. “Sul fronte degli acquisti – scrive il magistrato contabile-, si è confermata la centralità del programma di razionalizzazione delle procedure tramite Consip nelle politiche di contenimento della relativa spesa, anche se è emersa nel corso degli ultimi anni l’esigenza di una verifica dei risultati più rispondente a dati reali.  “Per lo Stato – continua poi Buscema – nonostante l’incremento della spesa mediata da Consip, l’acquisizione di beni e servizi risulta ancora in prevalenza effettuata con il ricorso alla procedure extra Consip”.

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Ma dove sono finiti tutti i difensori di Formigoni?

Se c’è un’immagine che può raccontare meglio di qualsiasi descrizione la corruzione di Roberto Formigoni basta cercare su Google l’immagine di una delle tante vacanze dell’allora presidente della Regione Lombardia. Il mare cristallino raggiunto con voli privati, le barche, gli occhiali da sole, il sorriso. Ma quelle vacanze, di cui il Celeste non mai stato in grado di presentare una sola ricevuta, venivano pagate con le mazzette, accumulate pazientemente dal faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone.

Il governatore definito “spregiudicato” dai giudici, in cambio, garantiva alla Fondazione Maugeri e all’ospedale San Raffaele atti di Giunta che facevano ottenere alle due strutture rimborsi per prestazioni sanitarie che non avrebbero potuto ottenere altrimenti: circa 200 milioni per il solo istituto pavese. Ed era il governator ad avere “l’ultima parola” come ha testimoniato l’ex direttore generale della Sanità, Renato Botti: “Questo è noto a tutti. Formigoni ha fatto della sanità il suo cavallo di battaglia in quegli anni e indubbiamente la persona che alla fine aveva l’ultima parola era il presidente”.

La procura di Milano contestava all’attuale senatore di Ap di aver goduto di viaggi e vacanze, cene e un lusso sfrenato per 8 milioni di euro. I magistrati, che il 22 dicembre dell’anno scorso lo hanno condannato a sei anni, hanno invece stabilito che quelle che nel campo di imputazione si chiamano utilità per un valore di “almeno sei milioni di euro“.

A Trapani vanno al ballottagio il prescritto D’Ali e l’indagato Fazio?

Sono nei guai con la giustizia ma prima se la vedranno col ballottaggio. A  Trapani  i cinque candidati a sindaco sarebbero ben lontani dalla soglia del 40% utile, in base alla legge elettorale della Regione Sicilia, per l’elezione al primo turno. Quattro – Mimmo Fazio, Antonio D’Alì, Piero Savona e Marcello Maltese – si troverebbero in una forbice che va dal 27 al 20 per cento. Fuori dalla corsa Giuseppe Marascia. Resta invece in corsa Antonio D’Alì, senatore e candidato a sindaco per Forza Italia, in attesa di un giudizio della Corte di Cassazione su un processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Il 23 settembre 2016 la Corte d’Appello di Palermo lo assolse per i fatti successivi al 1994 e dichiarava prescritti quelli precedenti, confermando quindi la sentenza di primo grado. Il 18 maggio 2017 la DDA di Palermo richiede al tribunale per il politico siciliano, candidato sindaco nella sua città natale, la misura del soggiorno obbligato a Trapani, in quanto socialmente pericoloso, che verrà discussa in luglio.

All’appuntamento del 25 giugno ci sarà anche l’altro principale candidato del centrodestra, Girolamo “Mimmo” Fazio, già sindaco dal 2001 al 2012 e sostenuto da alcune liste civiche e dall’UdC arrestastato nel bel mezzo della campagna elettorale (poi rimesso in libertà ma resta indagato per corruzione e traffico di influenze). Fazio, sospeso dall’Ars dopo l’arresto, ha sondato i suoi subito dopo la revoca della misura e ha deciso di tirare dritto. Fra gli indagati dell’inchiesta ci sono anche il presidente della regione Sicilia Rosario Crocetta, eletto col centrosinistra.

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Avevano promesso un Expo “pulito” e invece hanno fallito: 8 milioni tra gare aggirate e conflitti d’interesse

Almeno 18 delle 72 procedure d’appalti per l’informatica del Tribunale di Milano, per oltre 8 dei 16 milioni di euro di fondi Expo 2015 stanziati da un decreto legge nel 2008, per l’Anac sono stati viziati fra il 2010 e il 2015 da violazioni del codice degli appalti, da illeciti affidamenti diretti senza bando con la scusa dell’unicità del fornitore per straordinarie ragioni tecniche, da artificiosi frazionamenti pianificati o da accorpamenti privi di senso, da immotivate convenzioni con enti esterni come la Camera di Commercio, e da potenziali conflitti di interesse nei tavoli tecnici. È una radiografia-choc l’esposto che l’«Autorità nazionale anticorruzione» di Raffaele Cantone ha inviato — sulla scorta di un rapporto del Nucleo della GdF del generale Gaetano Scazzeri — non solo alla Corte dei Conti (per i danni all’erario), ma anche alla Procura Generale della Cassazione (per eventuali profili disciplinari a carico di magistrati), e alla Procura della Repubblica di Milano per gli impliciti rilievi penali di turbative d’asta.

Le mail sui contratti

Benché solo cartolare, la ricostruzione Anac è impietosa sul quinquennio dei tecnici del Comune stazione appaltante (era Moratti e Pisapia); dei vertici del Tribunale (con la presidenza di Livia Pomodoro e l’Ufficio Innovazione dell’attuale presidente della Corte d’Appello di Brescia, Claudio Castelli); dei dirigenti Dgsia/Cisia (braccio informatico del ministero della Giustizia di Alfano-Severino-Cancellieri-Orlando); della Camera di Commercio di Carlo Sangalli; di singole toghe e consulenti. La conclusione dell’Anac, nutrita anche dalle mail pre-contratti, è infatti che i membri del «Gruppo di lavoro per l’infrastrutturazione informatica degli uffici giudiziari di Milano» in molti casi avessero già deciso di non fare gare pubbliche e di affidare invece in via diretta, nel preteso nome di una più spedita efficienza, gran parte delle commesse a società già “mirate” come Net Service e Elsag Datamat; e che il Comune-stazione appaltante, oltre a individuarle preliminarmente, incaricasse poi il ministeriale Dgsia/Cisia di trovare di volta in volta cosmetiche giustificazioni tecniche. Nel 2015, ad esempio, «urgenti migliorie» a un pezzo del processo civile telematico sono suddivise in due contratti da 256.000 e 835.000 euro assegnati, su richiesta della ministeriale Dgsia, alla Net Service nel presupposto riguardassero «lo stesso codice sorgente (il cuore del software, ndr) mantenuto dalla società», e si trattasse quindi di un affidamento diretto per eccezionalità tecnica del fornitore (II comma art. 57). Ma in realtà, proprio in base ai precedenti contratti con la società, il suo codice sorgente era già diventato proprietà del Ministero, dunque libero di rivolgersi ad altri fornitori meno onerosi, e di così sottrarsi all’altrimenti monopolio di fatto. Analogo meccanismo, prospettato dal comunale responsabile unico del procedimento, arch. Carmelo Maugeri, nel 2013 porta ad esempio 323.000 euro alla Guerrato spa per la centrale elettrica di una sala server.

Camera di Commercio

Altro esempio nel giugno 2015, quando la ragione per convogliare su Maticmind spa e Underline spa una fornitura da 2,8 milioni viene addotta nella «opportunità di individuare un unico interlocutore» e un unico lotto per due accorpate esigenze: peccato, nota l’Anac, che non vi fosse alcun nesso tra l’appalto per hardware e l’appalto per la segnaletica degli uffici giudiziari. Singolare, poi, la convenzione del maggio 2013 che, per potenziare il sito Internet e la rete Intranet del Tribunale, il Comune stipula con la Camera di Commercio in quanto «gli Uffici giudiziari hanno comunicato che da tempo è in essere un rapporto consolidato con la Camera di Commercio in ordine all’esecuzione di attività varia», e quindi «risulta opportuno» andare avanti così. Un prolungamento che vale in due rate 250.000 euro. Sui quali ora l’Anac esprime «forti perplessità», vista anche la facile reperibilità sul mercato di quelle competenze. Per tacere dell’infelice precedente dell’autunno 2012, quando il presidente della Digicamere scarl (controllata da Camera di Commercio) non aveva segnalato di aver patteggiato il reato di omesso versamento dell’Iva.

Il consulente centauro

Pur senza un ruolo formale, al tavolo tecnico partecipava come consulente del Tribunale un esperto di organizzazione (già per Camera di Commercio e Ordine Avvocati), Giovanni Xilo, che però l’Anac ora lamenta fosse anche altro. Nel 2012 e 2014 la sua società C.O. Gruppo srl aveva avuto rapporti economici (in qualità di fornitore) con la Net Service, una delle aziende assegnatarie degli appalti del Tribunale; Net Service nel 2012-2013-2014 aveva retribuito incarichi a tre persone; e nel giugno 2014 queste tre avevano comprato da Xilo l’82% della sua società C.O. Gruppo srl, continuando a lavorare per Net Service. Collegamenti diretti o indiretti tra Xilo e Net Service — li riassume ora l’Anac — tali da aver potuto «influenzare», anche solo potenzialmente, il ripetuto ricorso del Comune alla norma sul fornitore unico a favore di Net Service.

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E vedrai che le elezioni bloccheranno il nuovo codice antimafia

C’è un provvedimento fermo da tre anni che non è mai riuscito a ritagliarsi il giusto spazio nel dibattito pubblico: il nuovo Codice antimafia rischia di rimanere bloccato, praticamente perso, per la fregola delle elezioni imminenti. Chiariamo subito: non sono certo le elezioni a rendere vano l’impegno solo simulato per una serie di leggi che rischierebbero davvero di rendere più forte la lotta alle mafie e alla corruzione. Questo governo (anche questo) ha reso l’antimafia un lacrimevole spettacolo da mandare in diretta su Rai Uno in memoria di Giovanni Falcone dimenticandosi di avere a disposizione un Parlamento che dovrebbe occuparsi di leggi e non di twittare elogi funebri.

«Le novità introdotte – ha detto Franco Roberti, Procuratore nazionale antimafia – sono fondamentali. Cito, di seguito, le più importanti per capire cosa rischiamo di perdere se la legge non dovesse essere approvata: la nuova struttura e i nuovi poteri dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati; la disciplina degli amministratori giudiziari; il divieto di giustificare la provenienza dei beni come reimpiego di somme frutto di evasione fiscale; il controllo giudiziario delle aziende che consente a quelle sospette di andare comunque avanti anche se sotto controllo; la previsione di strumenti finanziari per gestire e valorizzare le imprese sequestrate; i tribunali distrettuali per le misure di prevenzione».

Dentro il nuovo Codice ci sarebbe anche, per dire, quella liberalizzazione della cannabis che toglierebbe alle mafie un importante mercato. Ma niente. Perché da noi funziona così: il Parlamento si coagula intorno agli interessi personali e per la propria sopravvivenza ma poi si rammollisce quando si tratta di fare sul serio.

 

(continua su Left)

Mafia, Gratteri: «Ragazzi studiate, fottiamoli»

Ne scrive Claudia Pepe per HP:

Gratteri ha parlato agli studenti: «Dovete studiare, comportarvi bene, essere educati. A 18 anni donare il sangue e andare a trovare gli anziani nelle strutture. Solo da voi può giungere il vero segnale di cambiamento della Calabria! Noi ce la stiamo mettendo tutta».

Il Procuratore Capo di Catanzaro, la scorsa settimana, è stato ospite della sede Rai regionale per presentare il volume “L’inganno della mafia” (edito da Rai Eri), scritto in collaborazione con Antonio Nicaso, studioso dei fenomeni criminali.

Nicola Gratteri, dall’aprile del 2016 Procuratore della Repubblica del capoluogo della regione Calabria, ha spiegato come è nato il libro: «Tutto è iniziato quando abbiamo visto ragazzini delle scuole medie emulare protagonisti di fiction e film sulla mafia. Cit Maurizio Costanzo show. Il suo libro nasce anche dai racconti di noi docenti: “Molti insegnanti ci hanno raccontato che davanti alle scuole medie i bambini giocano a parlare, a vestirsi e ad avere soprannomi dei protagonisti mafiosi dei film e delle fiction” Il dramma è che i ragazzi, soprattutto in quell’età così difficile, non capiscono che non esiste la Mafia buona che crea posti di lavoro, che salva famiglie dal lastrico, e la Mafia cattiva che brucia bambini nell’acido, distrugge famiglie, fa pagare il pizzo a commercianti finché nella loro vita l’unica via d’uscita rimane il suicidio. L’emulazione è quell’atto, costituente esercizio di un diritto soggettivo, che non abbia altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri, configurandosi così come abuso del diritto. Pensiamo un attimo ai nostri ragazzi quanta televisione guardano: da pomeriggio con Uomini e Donne, per passare a telefilm dove la violenza è il leitmotiv della trama. Poi passano alle trasmissioni alimentate solo da delitti, assassini, criminalizzazioni di extra comunitari. Una televisione diseducativa dove appaiono noti sociologi, o psichiatri che danno la colpa alla Scuola di tutto il male che imperversa il mondo adolescenziale. E, non si rendono conto, che qualcuno di quei ragazzi li ascolta e a priori fa rimbalzare i problemi che lo attraversano, non attraverso il dialogo, ma nell’aggressività. In casa, a Scuola, con gli amici, con loro stessi. Pensiamo a come i nostri ragazzi vivono la “Scuola” di “Amici”. Arrivano a pensare che quella è la vera Scuola. Non quella che ti dà la cultura per aver il diritto della scelta, ma quella che ti dà, una blanda occasione per poter apparire in un monitor. Non sapendo che si può spegnere, spegnendo anche tutti i loro sogni. Gratteri dice: Dovete studiare, comportarvi bene, essere educati. A 18 anni donare il sangue e andare a trovare gli anziani nelle strutture. Solo da voi può giungere il vero segnale di cambiamento della Calabria! Noi ce la stiamo mettendo tutta” Loro, sono procuratori che lottano non un giorno solo, ma tutta la vita per renderci liberi, per rendere cittadini quei ragazzi che giocano a fare i camorristi, Scarface, i Padrini. Forse proprio perché davanti ai Padrini del Paese, anche la Madonna guidata da uomini senza anima, la fanno inchinare per rendere grazie al “benefattore”. L’invito di Gratteri assomiglia all’appello di Gramsci che diceva ai ragazzi: Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.” Non tutti avevano capito l’importanza di quelle parole, infatti ci troviamo davanti ad un Paese devastato dalla corruzione, da politici indagati, da mazzette che aprono le porte della malavita, un Paese che poteva essere un grande Paese, ma distrutto dalla mancanza di eticità e di morale. Il ruolo dell’Auditel, è diventato sovrano su ogni significato corretto che il mezzo televisivo dovrebbe trainare. La sua influenza su menti fragili può portare a pensare che lo status-quo di un ragazzo, debba essere il bullo, lo sfrontato, lo sbruffone. Quello che noi costruiamo a Scuola viene preso a picconate da una fiction qualsiasi.

Solo chi vive la realtà sul campo come Gratteri e tutti quegli eroi sconosciuti, possono capire il guasto morale che certe opere nate come denuncia, possono essere trasformate in macchiette, imitate non solo da chi vive nella feccia fino al collo, ma anche da ragazzi cresciuti senza problemi e in famiglie benestanti. Ho visto bambini, figli di gente ” normali” esibirsi orgogliosamente col taglio dei capelli alla Genny Savastano. Nelle nostre patrie realtà abbiamo bisogno di innocenza e bellezza da insegnare e far imitare ai nostri figli e studenti. Gratteri ha poi posto l’attenzione sulla Scuola esponendo un concetto che noi insegnanti della Scuola pubblica affermiamo da tempo: “La mattina bisogna prima studiare, poi – ha detto – incontri e dibattiti sulla legalità si possono organizzare di pomeriggio. Oggi gli insegnanti sono poco pagati e poco valorizzati mentre il loro ruolo è fondamentale. I giovani vedono il ragazzetto con la macchina di grande cilindrata e lo considerano un mito, poi vedono l’insegnante con una utilitaria e lo considerano un morto di fame” E noi, dobbiamo continuare a lottare perché negli occhi di un ragazzino che vede un’insegnante che dalla mattina alla sera sta a Scuola, e magari non ha neanche la patente come me, si serve di mezzi pubblici, e continua a credere nelle Istituzioni, nell’ agitazione dei nostri studenti, nel loro entusiasmo, nella loro forza e nella loro intelligenza, scelga il cambiamento, scelga la ragione, scelga la libertà. Ragazzi dobbiamo abbattere questo sistema: studiamo, pensiamo, curiamo l’ardore e la passione. Fottiamoli.

Ops. Lo dice anche Imposimato che la legge elettorale è una cagata pazzesca.

Scrive Ferdinando Imposimato:

La nuova legge elettorale è presa a modello dalla Germania con sbarramento del 5%. Ma è un tedesco truccato . In Italia candidati saranno indicati tutti su una sola scheda. Troveremo il nome di un candidato in un collegio uninominale per ciascun partito , e una lista di partito bloccata con un minimo di due e un massimo di sei candidati per la parte proporzionale. Non potremo scegliere i candidati con le preferenze. E questo viola l’art 48 sulla libertà di voto. Il voto sarà espresso in blocco: un solo segno sarà sufficiente a indicare insieme partito o movimento, il candidato uninominale e quelli del listino. Chi non gradirà la formazione della propria squadra, avrà due alternative: cambiare bandiera o non votare. La scelta per la scheda unica in Italia rende impossibile il voto disgiunto, come invece avviene in Germania : dove votare un candidato e un partito nell’uninominale e un partito diverso nella proporzionale è possibile . Bisognerà mettere sulla scheda una sola croce, pena l’annullamento del voto.

Inoltre in Germania c’è la certezza che chiunque arrivi primo nei collegi uninominali verrà eletto, perfino nel caso in cui le percentuali nazionali del proprio partito non lo giustificano. In Italia, vincere nel collegio uninominale non darà garanzia di farcela. Bisognerà che il partito superi il 5%.
Vista dall’alto, la geografia del prossimo Parlamento sarà rigorosamente proporzionale. Ogni partito avrà i seggi che si merita in base alla percentuale dei voti. Se nessuno, come è prevedibile, vincerà nel proprio collegio con oltre ll 50%, scatterà un diverso meccanismo, fatto apposta per tutelare i vertici: verrà eletto il numero 1 del listino proporzionale. Con la conseguenza che tutti i caporioni dei partiti o movimenti pretenderanno di occupare la posizione di numeri 1 del listino circoscrizionale. Tornano i capilista bloccati imposti dall’alto ,contro il principio che il voto è libero , personale ed eguale, di cui all’art 48 della Costituzione.

Su richiesta del PD, si è deciso di iniziare l’assegnazione dei seggi a livello circoscrizionale, partendo dai numeri uno dei listini proporzionali che l’elettore troverà sulla colonna di destra della scheda. Solo dopo questa prima scelta , scatteranno i seggi per i vincitori dei collegi uninominali in quella stessa circoscrizione, e ove ci fosse la disponbilità di voti , verrebbero pescati i numeri 2 e 3 dei listini proporzionali.
Poi se il partito avrà conquistato altri seggi nella circoscrizione, scatteranno i vincitori del rispettivo collegio uninominale. Se resteranno seggi da occupare , scatteranno i vincitori del rispetivo collegio uninominale.

Sono previste multicandidature per i big dei partiti. Ogni candidato, a discrezione assoluta del suo segretario , potrà candidarsi in un collegio uninominale e fruire di tre paracadute in altrettanti posti di capolista nel listino proporzionale. La corsia preferenziale per i capilista bloccati e le multicandidature, conferiscono ai capi bastone un potere di controllo dei rispettivi gruppi parlamentari.
Il metodo scelto appare un sistema infallibile per mettere le oligarchie dei partiti e i loro fedeli peones al riparo dal rsichio di essere trombati, anche se immeritevoli. I più furbi sono catapultati nei collegi sicuri e blindati, E comunque avranno tre opzioni proporzionali da sfruttare. La soglia del 5% fa scattare un premio implicito per i partiti più grandi. I voti dei piccoli partiti che non raggiungono il 5% vanno ai grandi partiti .
Quelli che non amano la versione italica del modello tedesco , tra cui chi scrive, sanno che in Germania, tutti i candidati, nessuno escluso, vengono scelti dagli iscritti ai partiti con nome e regole stabilite da una legge sui partiti. In Italia, invece, non avverrà; Moro ammonì: i partiti “devono operare con metodo democratico quale è universalmente riconosciuto; ed è evidente che se non vi è una base di democrazia interna, i partiti non potrebbero trasfondere un indirizzo democratico nella vita politica del paese”.

La legge sui partiti in attuazione dell’art 49 della Costituzione, approvata dalla Camera, langue al Senato: le segreterie di partiti in Italia potranno fare come voglino, scegliendo non i più capaci ma i più protetti. Se per semplificare il quadro politico , si restituisce alle segreterie dei partiti e dei movimenti il potere di scegliere chi eleggere e lasciare che le segrerie o i vertici facciano una maggioranza su misura, non è la scelta migliore. La scelta dei parlamentari viene fatta non sulla base della competenza ma della obbedienza al capo.
I 5 stelle avranno le parlamentarie on line. Certo ma chi sarà di fatto a fare le liste? Staremo a vedere se verrà rispettata la democrazia diretta che è un pregio del M5S, ma talvolta vacilla
La legge non darà stabilità all’Italia. Dopo le elezioni sarà difficile formare una maggioranza stabile , anche unendo le forze del PD e di FI. Mentre il M5S, anche se fosse il maggiore partito , potrà fare un governo di minoranza che non durerà, perché sarà ostacolato dall’opposizione che difende la legge sul Job act, la buona scuola , le grandi opere intili e il finanziamento della Banche.
La decisione della Consulta di dichiarare incostituzionale il doppio turno fu errata ed illegittima; conseguente alle pressioni del governo Renzi sulla Corte Costituzionale : una decisione in contrasto col referendum popolare abrogativo del 18 e 19 aprile 1993 che bocciò il mattarellum:gli italiani espressero la volontà inequivocabile di abbandonare il sistema proporzionale ( con i seggi ripartiti tra le formazioni politiche, anche piccolissime, sulla base dei voti conseguiti) utilizzato ininterrottamente in Italia dalle elezioni del ’48 fino ad allora.

A motivare il desiderio di cambiamento, nel clima del dopo tangentopoli, c’era la convinzione che fosse stato proprio quel sistema la causa di alcuni mali endemici del sistema politico italiano, quali l’instabilità dei governi, la complessità e la fragilità delle maggioranze (con tanti mini partiti capaci di condizionare l’esecutivo in modo sproporzionato al loro peso elettorale reclamando vantaggi ingiustificati), la corruzione e l’aumento della spesa pubblica. Noi siamo per il doppio turno, il solo che consente alternanza

”I gattopardi che hanno affondato Falcone son quelli che oggi salgono sui palchi per commemorarlo”: parola di Gratteri

(di Paolo Casalini, fonte)

Graffiante e senza peli sulla lingua. Così il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, nel dibattito a due voci con Rosy Bindi presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, nella sede vescovile di Arezzo. Moderatore Stefano Mendicino.

Hanno commemorato Giovanni Falcone, a 25 anni dalla sua scomparsa. Hanno ricordato la sequenza dell’orrore: Chinnici, La Torre, Mattarella ed infine Borsellino. Hanno fatto rivivere la stagione stragista di via dei Georgofili, del Velabro e di Milano

Gratteri ha ricordato Falcone, tratteggiando con precisione l’ambiente in cui il giudice assassinato si muoveva. Ha ricordato che i primi a farlo affondare, i primi a lasciarlo solo, prima dei politici, prima delle istituzioni, sono stati gli altri magistrati. Falcone ha sofferto le loro invide e le loro maldicenze. Ha sofferto infine il rapporto con il CSM e con la commissione Antimafia.

Ha concluso il suo intervento con un messaggio di speranza, quello che viene dai tanti giovani che a Palermo ancora onorano la sua memoria, pur essendo nati dopo la sua morte, ma anche con una brutale osservazione: i gattopardi che lo hanno fatto affondare sono gli stessi che oggi salgono sui palchi per commemorarlo!

Sulla morte di Borsellino una tagliente domanda della presidente della Commissione Parlamentare Antimafia: “Ancora mi chiedo, a 25 anni dalla sua morte, perché la Procura di Caltanisetta, dopo che il giudice aveva dichiarato di aver cose da raccontare ai colleghi, ha atteso 57 giorni per convocarlo e soprattutto perchè al 56esimo sia saltato in aria”.

Domande pesanti, a cui forse neppure la storia potrà dare una risposta. Intanto il CSM ha desecretato il fascicolo sul magistrato Falcone: un passo avanti notevole verso la conoscenza storica, ha dichiarato Gratteri.

Il lavoro di Falcone è stato un successo tale che solo a distanza di anni possiamo valutarne la portata – ha stigmatizzato la Bindi – Di fatto Cosa Nostra è stata decapitata, sconfitta, annientata. Questo è uno dei grandi meriti degli uomini che hanno dato la vita per questo risultato.

Contemporaneamente – ha spiegato il magistrato – mentre Cosa Nostra perdeva molti dei suoi tentacoli, avanzava in silenzio e senza clamori la ‘Ndrangheta. Non cercava confronti con la politica nazionale, si limitava ad infiltrarsi in quella locale. Controllava elezioni, consigli comunali, sindaci. Tutt’oggi è in grado di spostare qualcosa come il 15% della forza elettorale, decidendo così chi vincerà e chi no. Non si fa mai problema di posizione politica: destra, centro o sinistra non ha alcuna rilevanza. Rileva solo che non sbaglia mai cavallo.

E questa Ndrangheta, ha spiegato Gratteri, si è molto allargata. Al Centro, al Nord e poi sempre piu’ lontano, fuori dai confini del paese. Dove non esistono reati specifici contro l’associazione mafiosa, dove non si confiscano i beni delle cosche come ad Anghiari, dove le forze di polizia non sanno neppure come fare per fronteggiare il fenomeno ed è quindi molto piu’ semplice negarne l’esistenza. Non è vero che all’estero ci sia meno corruzione, è vero invece che all’estero si preferisce far finta che non ci sia. Parole sferzanti, sostenute dal racconto fatto dallo stesso magistrato, di quando è andato oltralpe a spiegare i rischi delle infiltrazioni e si è sentito prima deridere e poi prendere a pesci in faccia.

La declinazione di questa vicenda tuttavia, avrebbe avuto bisogno di un contradditorio qualificato almeno nella sua visione istituzionale: la differenza fondamentale secondo Gratteri, sta infatti nella rappresentazione del pubblico ministero, che in Italia (e quasi solo in Italia) è anche un magistrato ed è sottoposto all’obbligatorietà della azione penale. E’ un richiamo diretto alla iniziativa delle Camere Penali Nazionali che hanno promosso la raccolta firme per la legge popolare sulla separazione delle carriere. Secondo il magistrato calabrese, un errore madornale, che finirebbe per porre i PM sotto il controllo dell’esecutivo, sostenuto in questa tesi in pieno anche dalla Bindi.

Ironia della sorte e della storia, perchè contrario certamente a Gratteri e alla Bindi invece sarebbe stato proprio Giovanni Falcone che testualmente scrisse:

“Un sistema accusatorio parte dal presupposto di un pubblico ministero che raccoglie e coordina gli elementi della prova da raggiungersi nel corso del dibattimento, dove egli rappresenta una parte in causa. Gli occorrono, quindi, esperienze, competenze, capacità, preparazione anche tecnica per perseguire l’obbiettivo. E nel dibattimento non deve avere nessun tipo di parentela col giudice e non essere, come invece oggi è, una specie di para- giudice. Il giudice, in questo quadro, si staglia come figura neutrale, non coinvolta, al di sopra delle parti.

Contraddice tutto ciò il fatto che, avendo formazione e carriere unificate, con destinazioni e ruoli intercambiabili, giudici e Pm siano, in realtà, indistinguibili gli uni dagli altri. Chi, come me, richiede che siano, invece, due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, viene bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato, un nostalgico della discrezionalità dell’azione penale, desideroso di porre il Pm sotto il controllo dell’Esecutivo. E’ veramente singolare che si voglia confondere la differenziazione dei ruoli e la specializzazione del Pm con questioni istituzionali totalmente distinte”

Forse una vocina in grado di confutare le sue tesi durante la stessa serata, non ci sarebbe stata male. Ma pazienza, nei prossimi giorni cercheremo di approfondire.

Sempre sulle camere penali, che hanno indetto uno sciopero a oltranza per opporsi alla riforma proposta dalla commissione Gratteri (era presidente), il Procuratore ha difeso la sua creatura, spiegando che il concetto di fondo della riforma è quello di cercare di rendere piu’ snello il processo informatizzandolo. Non serve allungare o interrompere i tempi della prescrizione, serve invece mettere i tribunali nella condizione di accellerare, restando così nei limiti stabiliti dalla legge per il giudizio. Facendo prima di tutto in modo che i fascicoli non poltriscano per 4 o 5 anni negli armadi delle procure.

Una giustizia – dice Gratteri – non piu’ fondata sui difetti di notifica, che favoriscono imputati che possono permettersi avvocati scaltri e ben pagati, ma sui processi fatti in aula e le Camere Penali, invece che andare in battaglia contro i mulini a vento, dovrebbero finalmente pretendere una riforma del CSM, per liberarlo dalle correnti.

Il dibattito sarà trasmesso da TSD nei prossimi giorni e sarebbe molto interessante avere un parere opposto, per stabilire una sorta di contradditorio virtuale.

«Le gallerie sono fatte con lo sputo»: ecco come costruiscono il “mega tunnel” verso la Francia

Hanno chiuso l’appalto a 60 milioni in meno sulla base d’asta. 60 milioni su 170. E poi costruiscono le gallerie “con lo sputo”. E noi ci chiediamo perché cadano i cavalcavia. È che la corruzione ci gocciola in continuazione in testa e se è di cemento alla fine ci uccide. Leggere per credere:

«Guarda che la strada prima o poi si muove, e si spacca tutto». Lo sciovinismo non c’entra nulla, almeno questa volta. «Il problema sai qual è? Sta cedendo da un lato». «Ah, deve essere il lato dove non abbiamo fatto la fondazione». Quando i colleghi italiani gli hanno fatto leggere i dialoghi tra l’ingegnere responsabile dei lavori e un suo dipendente, il procuratore di Nizza non ha potuto fare altro che acconsentire alla richiesta di sequestro del nuovo tunnel del colle di Tenda anche sul versante francese. Ma dopo aver ascoltato certe bestialità, la prudenza non è mai troppa. E adesso la magistratura d’Oltralpe sta valutando anche la chiusura della strada a senso unico alternato, con code ai semafori anche di trenta minuti, che in attesa della fine dei lavori del raddoppio della vecchia galleria risalente alla fine dell’Ottocento costituisce il passaggio oltralpe dalla provincia di Cuneo. Con certe cose non si scherza, a meno di essere dei costruttori italiani. In tal caso, si può anche «eseguire fraudolentemente il contratto d’appalto di lavori, omettendo la costruzione di fondamenta dotate di un’idonea armatura in cemento armato per almeno cinque metri, causandone così lo “spanciamento” ed il cedimento, a loro volta occultati alla committenza mediante la falsificazione dei dati». L’oggetto della conversazione e delle accuse di cui sopra è «OA09», un muro portante dell’altezza di undici metri, la più grande opera di contenimento dell’intero progetto, destinato a sorreggere la strada in uscita dal nuovo tunnel, proteggendola dalle frane e dalla montagna incombente. Ma i titolari della Fincosit, l’azienda che si è aggiudicata l’appalto per il mega scavo che avrebbe dovuto raddoppiare il tunnel tra Limone Piemonte e la francese Tende, il più grande cantiere aperto fino a pochi giorni fa nel nord Italia, avevano piena coscienza del modo in cui procedevano i lavori. «Non c’è molto da fare» chiosavano commentando lo stato dell’opera sul versante italiano. «Se lo sono detti anche gli operai da soli: qua se non muore qualcuno continuiamo a lavorare alla ca… di cane. Esce acqua da tutte le parti, una cosa pazzesca, 24 calotte che pisciano acqua, una cosa da fare schifo».

Il raddoppio del traforo

E dire che il raddoppio del traforo stradale del Col di Tenda nasce nel 2001 all’insegna della necessità di «una maggiore sicurezza», giudicata «una priorità assoluta» dalla Commissione intergovernativa. Il valore iniziale dell’appalto unico è stimato in 176.065.431,16 euro. L’offerta più vantaggiosa è della Grandi Lavori Fincosit, che nel marzo del 2012 si aggiudica i lavori per un importo complessivo di 117.531.538,01 euro. Le carte dell’inchiesta della Procura di Cuneo, che ha portato al blocco totale dei lavori, sono una lettura dolorosa, soprattutto in un Paese dove i cavalcavia e le strade tendono a crollare con una certa frequenza, da Fossano alle Marche passando per Lecco, solo per elencare i casi più recenti. I muri di contenimento e le gallerie sono «fissati con lo sputo, diciamo». Le centine, ovvero i manufatti in metallo il cui principale scopo è sostenere un arco di volta, vengono vendute nuove di zecca ai ferrovecchi della zona, sezionate e tagliate per poter permettere il trasporto sui camion degli acquirenti, per i quali nel cantiere era prevista una apposita zona di carico e di parcheggio. E pazienza se in loro assenza una galleria diventa insicura per chi ci lavora e per chi poi ci passerà sotto. Le cose importanti sono altre. «Mettendo le centine… la profilatura ci farebbe perdere un sacco di tempo! e, quindi, capito? Anche li si risparmia parecchio…».

L’ordinanza della procura di Cuneo

La rivendita in nero dell’acciaio e il suo mancato utilizzo sono fonte di risparmio e di reddito personale degli indagati, uno dei quali non ha mancato di far dirottare a casa propria, in provincia di Salerno, la caldaia che doveva essere installata nel cantiere al confine tra Italia e Francia. Ma non sono neppure questi dettagli e queste ruberie a rendere l’ordinanza della Procura di Cuneo un documento inquietante. È la consapevolezza, la leggerezza degli ingegneri responsabili dell’opera, e della sua sicurezza. Due di loro temono di ricevere la visita di un collega e si preoccupano. Ma solo della propria reputazione. «Che magari uno dice: “ma… qui… che è successo?” …come per dire… “ma si sta muovendo la galleria… e avete continuato a scavare?”… cioè… sai che figure di merda che facciamo?». Un ingegnere commenta con la moglie il crollo di due centine sul versante francese. «Scava!… scava!… scava!… e poi come tanti montoni… riprendiamo da capo a scavare… e il bello è che all’Anas gli hanno detto “ma no… no… adesso le rimontiamo… diamo una pulita… e poi spariamo il cemento!”… come spari?… ti è caduta la montagna e vuoi ancora sparare?». Tutti sapevano. Nessuno faceva niente. I magistrati di Cuneo forse hanno evitato un disastro. Per la nostra figuraccia internazionale invece non hanno potuto fare nulla.

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