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Giuliano Pisapia

Cara Curia, concordiamo un concordato

Che la Curia milanese abbia tutto il diritto di dire cosa ne pensa del registro delle coppie di fatto della Giunta di Pisapia. Ci sta. Magari con teoremi meno sciocchi del “rischio poligamia” perché così offendono l’intelligenza di troppi fedeli e degli studiosi che le appartengono. Facciamo finta di non leggere parole come quelle del Movimento Cristiano Lavoratori che scrivono “per un cattolico appoggiare l’operazione Pisapia significa cancellare il senso del peccato e dare copertura giuridica a devianze sessuali e sociali”.

Ma che la Curia milanese si faccia difendere da Formigoni, da questo Formigoni di questi ultimi tempi, dal Formigoni su cui non ha speso una parola una, allora proprio non si tollera. No. Perché la pietà cristiana non è ad uso e consumo. La pietà cristiana è una critica intellettualmente onesta su quello che accade intorno. E se concordano tra lestofanti il principio e il valore diventano un coagulo antisociale. Sulla pelle di qualcuno. Oggi i gay. Domani altri. E allora si facciano partito. Per partito preso. Piuttosto.

Grave e strumentale la privacy di Sala in nome dell’Expo

[comunicato stampa]  Apprendo da un’intervista di oggi che Giuseppe Sala, a.d. di Expo 2015, “consiglia” di non rendere pubblici i nomi delle ditte subappaltatrici dei cantieri Expo, appellandosi a nebulose questioni di privacy suggerite dai suoi legali.

Ritengo che l’affermazione di Sala sia grave, strumentale e irresponsabile e contraddica la tanto sventurata linea di trasparenza e controllo.

Le notizie sulle ditte subappaltatrici pubblicate anche sul mio blog, sono dati che mi rifiuto di delegare ad organismi di controllo senza una partecipazione reale dei cittadini, dei comitati e del mondo dell’informazione.

Mi auguro che Roberto Formigoni e il dimissionario Giuliano Pisapia smentiscano questa linea con forza, senza diventare complici di una segretezza che non può sicuramente fare bene alla democrazia e invito Sala ad illustrarci secondo quale norma quei subappalti non vadano raccontati.

Milano, 13 giugno 2012

Dai Roberto, su EXPO fai anche tu come Pisapia

COMUNICATO STAMPA – MILANO, 11 GIUGNO 2012

“SU EXPO FORMIGONI SEGUA ESEMPIO DI PISAPIA”

Leggiamo con attenzione le dichiarazioni di sostegno espresse da Roberto Formigoni alle dimissioni rassegnate da Giuliano Pisapia come Commissario straordinario Expo.

Invitiamo Roberto Formigoni, in pieno spirito di collaborazione tra Regione Lombardia e Comune di Milano e per la buona riuscita di Expo, a seguirne l’esempio, rassegnando le dimissioni dalla stessa posizione.

L’assenza di questo atto renderebbe ancora più evidente come gli scandali e le difficoltà di rapporto con la Lega Nord rendano la sua Presidenza incapace di andare oltre l’ordinaria amministrazione, e tanto più di gestire un evento dell’importanza di Expo”

Le parole sono importanti. Anche su twitter.

Ditelo al Presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ironizza su BR, volantini e il sindaco Pisapia riprendendo le parole de @ilsarcastico. Poi si scusa e (come sempre più spesso succede) parla di “errore tecnico”.

Il primo polo

Scrivo poco (e qualcuno me lo fa notare) di partito piuttosto che di politica. Sono mesi che ricevo telefonate pronte a lenzuolate giornalistiche per un mezzo scandalo di questo o quel gruppo dirigente di qualche partito. Mi chiedono se non sarebbe bello versare un po’ di bile da spargere a caro prezzo. No, rispondo io, perché non ne ho e non interessa a nessuno. Perché quando ci diciamo che c’è un paese da ascoltare in fondo chiediamo (anche a noi stessi) di smettere di parlarci addosso e provare a sentire le corde che vibrano nel Paese. Un comune sentire, forse si direbbe così, che sposa i bisogni, gli obbiettivi, le modalità.

Se un giorno pensassi che non fosse possibile, rinuncerei per non perderci troppo tempo: non ho mai iniziato uno spettacolo o un libro che non avesse forte nel cuore una pur piccola presunzione di cambiamento. Eppure le riflessioni dopo la tecnicità di questi mesi è quasi sempre una riflessione algebrica, di solito nemmeno troppo articolata, di somme e sottrazioni e il comune sentire rimane solo l’ultimo paragrafo da scrivere per metterci sopra a tutto il resto un pelo di poesia. Si decide dell’UDC, si somma la parte cattolica del PD, si sottrae la parte sinistra dell’IDV insieme alle ancelle di qualche paio di movimenti. Si tira una riga e si prega a mani giunte che faccia cinquanta più uno. Con la boria dei matematici senza dubbi. Ecco, no. Grazie.

Forse abbiamo bisogno di decidere che il sentire comune sia il padre di ogni bene comune. E che sia un padre naturale senza strane adozioni o affidamenti speculativi. E la ricerca si spegne davanti all’ansia matematica. Come scrive bene Gustavo Zagrebelsky la democrazia, come la concepiamo e la desideriamo, in breve, è il regime delle possibilità sempre aperte. Non basandosi su certezze definitive, essa è sempre disposta a correggersi perché – salvi i suoi presupposti procedurali (le deliberazioni popolari e parlamentari) e sostanziali (i diritti di libera, responsabile e uguale partecipazione politica), consacrati in norme intangibili della Costituzione, oggi garantiti da Tribunali costituzionali – tutto può sempre essere rimesso in discussione. In vita democratica è una continua ricerca e un continuo confronto su ciò che, per il consenso comune che di tempo in tempo viene a determinarsi modificandosi, può essere ritenuto prossimo al bene sociale. Il dogma – cioè l’affermazione definitiva e quindi indiscutibile di ciò che è vero, buono e giusto – come pure le decisioni di fatto irreversibili, cioè quelle che per loro natura non possono essere ripensate e modificate (come mettere a morte qualcuno), sono incompatibili con la democrazia.

Per questo penso che l‘Assemblea Generale di Sinistra Ecologia e Libertà di domenica a Roma abbia un buon profumo: perché a Roma con noi ci sono Rita BorsellinoLuigi De MagistrisRossana DettoriMichele EmilianoMaurizio LandiniMimmo PantaleoGiuliano PisapiaMassimo Zedda e molti altri. E sono ospiti dello stesso sentire. Nessun polo da aggiungere. Il primo polo. Il nostro polo.

(Per quelli che amichevolmente mi rimproverano di “indipendentismo”: sì ci sono anch’io. Intervento in tarda mattinata. Fiero di essere nel nostro polo.)

(Foto di Turi Di Domenico)

Osare per una Lombardia migliore

Lo dice a chiare lettere Giuliano Pisapia nella sua intervista a Repubblica: «Mi sembra evidente che il modello Milano, quello che si è realizzato con la mia elezione, non può rimanere confinato alla città. L’ipotesi di elezioni in Regione, che sembrava molto vicina fino a qualche settimana fa, forse ora si allontana, ma il centrosinistra, sia a livello nazionale che locale, deve già mettersi in moto per essere pronto al momento giusto». E questo 2012 è l’anno in cui bisogna assumersi il coraggio di osare. Forse quello di avere coraggio è l’augurio migliore che ci possiamo fare tutti per provare ad essere credibili (in questo momento ancora di più) e soprattutto diversi.

Avere il coraggio di non uniformarsi ai compromessi quotidiani e regolari che spesso il palazzo (quello nuovo, quello vecchio e il mausoleo formigoniano) cercano di insegnarti come necessari. Anzi, il compromesso come segno di “intelligenza politica” obbligatoria per godere di stima universale (tra le stanze della politica, ovviamente) e ottenere credito politico tra colleghi per una mezza vicepresidenza di commissione. Avere il coraggio di accettare l’isolamento per i temi su cui non ci si permette sconti: una soddisfazione di etica che “fuori”, tra la gente, viene capita molto più di quello che presumono i politichesi politicanti della moderazione forsennata sempre in campo per salvarsi. Avere il coraggio di dire forte e chiaro che una Lombardia migliore già c’è e non sta per forza tra i banchi dell’opposizione: é in mezzo alle strade, nelle fabbriche, nelle piccole e medie imprese, nell’operosissimo mondo del terzo settore, nella resistenza continua della propria missione pubblica nelle scuole che cadono a pezzi, negli studenti che hanno in testa le architravi per il proprio futuro e nessun tavolo in cui poterselo giocare, nelle centinaia di comitati  e associazioni che difendono il proprio territorio come proprietà dei propri figli, nella meritocrazia che perde sempre contro la lingua a terra o l’amicizia giusta, dove si cura per stare meglio insieme e non per coltivare malattie fatturabili, negli ideali che ci sono anche se continuano a finire nei cassetti dei piccoli ras di partito, nei toni di bianco o nero senza compromessi sui punti fondamentali.

La partita regionale (perché Formigoni sta seduto su una sedia che non vede l’ora di lasciare nonostante il terrore negli occhi dei consiglieri di destra e di sinistra) è la nostra partita. Di quelli che non ci hanno mai creduto che Pisapia, Zedda, De Magistris siano un’onda ancorata ai partiti (come vorrebbero farci credere) e tantomeno ai diversamente democratici che sono stati bravi a rivendersela: è un’onda di politica pratica fatta di problemi reali, risposte chiare, sì o no e promesse da mantenere. Perché sarebbe stata l’occasione giusta per avere il coraggio (che ci auguro a tutti per il 2012) di raccontare le “mediazioni” che invece sono finite sotto il silenzio di polverosi uffici stampa e ogni tanto puzzano di compromessi. Perché la Lombardia migliore non sta nello strapotere di Comunione e Liberazione ma nemmeno nei “sistemi” presunti dell’altra parte politica. Il coraggio di affermare con forza (e con strappi, se servono) che la politica è possibile senza essere la cameriera della cementificazione o della gestione sociosanitaria o delle prebende agli amici. Il coraggio di riconoscere ai partiti il dovere di essere sintesi dei bisogni smettendola  però di volerli aizzare o ammaestrare per convergere sulle proprie esigenze interne.

Il coraggio di volere a cuore pieno una Lombardia con grandi infrastrutture sociali di lavoro e solidarietà, accogliente con i propri cittadini e severa nel rispetto delle regole, mai disposta ad una recessione morale per salvare le speculazioni e lontana dai figli spuri di sistemi falliti e rinviati a giudizio.

La partita lombarda è una partita arancione da cui non possiamo sottrarci. I partiti facciano i civilissimi guardiani del vento senza penose bulimie.

Per questo la Lombardia migliore non può permettersi di non accendersi attraverso le primarie.

(foto “La giostra nera” di Sergio Codogno)

Parole chiare. Grazie Pisapia.

Giuliano Pisapia: “Dieci anni fa moriva Carlo Giuliani, un ragazzo di 23 anni, con le speranze e le paure di tanti suoi coetanei. Era un ragazzo che sognava un futuro migliore per il nostro Paese e per il mondo, cui sentiva di appartenere e che desiderava più giusto, più libero, più democratico. Nel decimo anniversario dell’uccisione sono vicino ai suoi genitori, Heidi e Giuliano. A loro è stato sempre negato il diritto a un pubblico dibattimento, l’unico che avrebbe potuto fare piena luce sulla dinamica di quei tragici avvenimenti che resteranno per sempre dolorosamente impressi nella nostra memoria e nella storia d’Italia”.