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italia dei valori

Bella ciao, Lidia

È partita Lidia, fiaccata dal Covid ma con tutta la brillantezza dei suoi 96 anni vissuti tutti senza nodi in gola, con la libertà di chi lotta per la libertà e la giustizia. Ogni volta che muore un partigiano a guardarla da fuori questa nostra Italia sembra un po’ più debole per affrontare la ricostruzione e questa brutta aria che spira in giro per l’Europa. Ogni volta che muore una partigiana perdiamo una chiave per leggere il presente.

Lidia Menapace, all’anagrafe Brisca, era una pacifista. E quanto abbiamo bisogno di pacifisti che amano la lotta e disprezzano la guerra, come spesso ripeteva lei. E sapeva bene che la lotta dei partigiani non è qualcosa che va rinchiuso in un solo periodo storico, nonostante sia la tesi di molti a destra e di troppi anche a sinistra: «La lotta è ancora lunga perché quello che abbiamo ottenuto è ancora recente e fatica a durare», disse, con una lucidità che servirebbe a molta della nostra classe dirigente.

Fu staffetta partigiana e rivendicò il ruolo delle donne durante la guerra della Liberazione: «Contesto l’idea che le donne potessero essere solo staffette perché la lotta di liberazione è una lotta complessa», disse lo scorso 25 aprile in un’intervista che le fece Gad Lerner. «Il Cnl del Piemonte mi disse che potevo essere partigiana combattente anche senza portare armi». Di noi dicevano che «eravamo le donne, le ragazze, le puttane dei partigiani». Ma «senza le donne che ricoveravano l’esercito italiano in fuga non avrebbe potuto esserci la resistenza». Quando Togliatti chiese che le donne non sfilassero alla sfilata della Liberazione a Milano perché, secondo lui, il popolo non avrebbe capito lei non seguì l’ordine e si presentò comunque.

Quando si laureò nel 1945 con il massimo dei voti in Letteratura Italiana il suo professore lodò il suo lavoro definendolo frutto di “un ingegno davvero virile”. Lei non gliela fece passare e si prese dell’isterica. È la stessa Lidia Menapace che diventa la prima donna eletta nel consiglio provinciale di Bolzano, dove abitava, poi assessora alla sanità e agli affari sociali. Poi in Parlamento come senatrice di Rifondazione comunista quando era a un passo da diventare presidente della commissione Difesa ma non si trattenne dal dire che le Frecce tricolori fossero “uno spreco di soldi pubblici”. Mai moderata, mai zitta. Venne sostituita dal dimenticabile Sergio Di Gregorio dell’Italia dei Valori.

La sua formazione da donna libera la raccontava così: «Mia madre insegnò a noi due figlie un suo codice etico. Ci diceva: “Siate indipendenti economicamente e poi fate quello che volete, il marito lo tenete o lo mollate o ve ne trovate un altro. L’importante è che non dobbiate chiedergli i soldi per le calze”». Combatté il sessismo nel linguaggio. A proposito delle declinazioni delle parole al femminile scrisse: «Se è tanto poco, dicevo, perché non si fa? Non si fa perché il nome è potere, esistenza, possibilità di diventare memorabili, degne di memoria, degne di entrare nella storia in quanto donne, non come vivibilità, trasmettitrici della vita ad altri a prezzo della oscurità sulla propria».

Era una donna libera Lidia Menapace e non poteva che essere innamorata della libertà.

Buon martedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Peccato

IDV riparte da Ignazio Messina. Peccato.

Chi è Messina. Ignazio Messina, 49 anni, ha aderito all’Italia dei Valori nel 1998 diventando il portavoce regionale, in Sicilia, fino al 2003. Si candida per la prima volta con il partito Di Pietro alle elezioni politiche del 2001 alla Camera dei Deputati nella circoscrizione Sicilia 1 e nel collegio uninominale di Sciacca dove ottiene 4.301 voti ma non viene eletto. Nel 2004 si ricandida come sindaco del Comune di Sciacca, ripresentando la “Lista Messina” e con l’appoggio di Rifondazione Comunista e Verdi, ma non riesce a superare il primo turno. Eletto consigliere comunale, al ballottaggio fa apparentare la sua lista con la coalizione di destra che sostiene il candidato sindaco di Forza Italia ed e’ determinante per la sua vittoria, a scapito tutto il resto del cartello di centrosinistra. Messina diventa vicepresidente del Consiglio Comunale e sostiene la maggioranza per tutto il mandato. (da Repubblica)

La Cosa Giusta, la Cosa Seria e tutte le cose di questo tempo di mezzo

Qualcuno mi chiede cosa ho intenzione di fare. Io rispondo del libro che sto scrivendo, di RadioMafiopoli che stiamo preparando, dei soggetti che stiamo proponendo, del nuovo spettacolo con Gianluigi Nuzzi e tutti i progetti in cantiere. Lo racconto spesso con un sorriso soddisfatto perché sì, sono contento di quello che potrebbe essere nei prossimi mesi. Ma non basta, mi dicono: la politica? Il cantiere della sinistra di maggio? Civati e il PD? Barca? La Lombardia? Appunto.

Io non credo sia necessario scrivere altro su un governo che non ha nulla per piacermi, nulla: il tradimento del programma sottoscritto con gli elettori (sarebbe una bella cosa restituire i soldi delle primarie agli elettori perché vista così sembra proprio una truffa come i pacchisti fuori dall’autogrill), la spartizione dei ruoli di governo secondo la più democristiana interpretazione del manuale Cencelli, i passaggi politici che non ci sono mai stati spiegati e gli impresentabili riabilitati (ne avevo scritto qui del rivoltante ed euforico Micciché). Insomma: questo governo è la peggiore soluzione impossibile nato con i peggiori meccanismi possibili.

Su Civati ho scritto e riscritto, non vorrei essere noioso, ma credo che interpretare la discussione interna al Pd come manifesto della “sinistra” sia un errore di calcolo e di sopravvalutazione che sarebbe il caso di smettere di fare.

Il PD non ha mantenuto le promesse in campagna elettorale e questo è un fatto. SEL si era presa la responsabilità di garantire un PD che non scivolasse nelle sue antiche e perverse pulsioni centriste e inciuciste e non c’è riuscita: questo è un altro fatto (che in pochi stanno analizzando). Senza remore, inibizioni o balbettamenti dovremmo raccontare che comunque il voto dato a SEL era un voto di “condizionamento” di sinistra di governo che non è accadutoI voti per una sinistra radicale di opposizione non sono qui, per dire. E la bella notizia della Boldrini Presidente della Camera oggi è una nota sbilenca di rappresentanza dal punto squisitamente politico.

Poi c’è la Cosa Giusta dell’11 maggio (che fa un po’ sorridere nel titolo pensando alla Cosa Seria che in tanti non abbiamo mica abbandonato) e la domanda (è sempre quella, sempre) è capire quali sono i passaggi, le discussioni e le opinioni che ci porteranno lì. Perché  non c’è bisogno di piazza ma di politica.

C’è la sinistra nella Cosa Giusta o c’è l’attesa (ormai diventata beckettiana) che si rompa il PD (che non si romperà a breve)? Chi sono i soggetti del cantiere (a parte lo sventolio di Rodotà)? I soggetti che componevano Rivoluzione Civile ci fanno tutti schifo? Peggio sempre Ferrero di Fioroni, come mi disse una volta qualcuno?

Scrivevamo qualche mese fa:

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.

Basta mediazioni. Per chi mi chiede: io sono qui.

Sonia Alfano e l’IDV, per l’ultima volta

Poiché qualcuno si è agitato (un po’ troppo forse, no?) per la mia semplice ripresa del comunicato di Massimo Donadi sul “ruolo” (uso un eufemismo, va) di Sonia Alfano in IDV, accolgo con piacere la spiegazione e la cronologia degli eventi che Sonia ha deciso di scrivere sul suo sito. Resta inteso poi che ognuno può tirare le proprie conclusioni e avere le proprie idee. Ma almeno si smette di millantare altro perché in politica non c’è niente di più salutare delle proprie prese di posizione.

Non è Scampia ma Piacenza

E i voti si comprano e si vendonoStesso angolo, stessa storia. Due uomini italiani, sempre gli stessi, che incontrano i sudamericani dopo il voto e scambiano qualcosa. Nonostante i partiti del centrosinistra non si sbottonino – anche se si sono espressi tutti con parole di condanna – i muri della città di Piacenza hanno già un colpevole: l’Italia dei valori. “Idv uguale mafia” recita un graffito apparso questa mattina nella centralissima viale Risorgimento. “Idv vergogna” e soprattutto “un voto per Raggi uguale 5 euro”. E proprio sul candidato dell’Idv, Samuele Raggi, si sta scatenando una bufera che sembra avere poco a che fare con le nuove geometrie politiche in vista delle elezioni. Dopo l’ammissione del segretario del Pd che “qualcosa è andato storto” e quello di Rifondazione, Roberto Montanari, che ipotizza la presenza di“criminalità organizzata” nel reclutamento dei sudamericani, a seggi chiusi si è cercato di tirare le somme e prima dello scrutinio è stata convocata d’urgenza una riunione del centrosinistra. Lo scrive Il Fatto Quotidiano.

‘Ndrangheta in (ex) casa: l’incontro Lampada-Porcino

Scrivo questo post senza aggiungere nessun mio commento. Non perché mi manchino le parole ma semplicemente perché sono (ancora) le stesse che mi ero ritrovato a ripetere già nell’occasione delle mie dimissioni (l’articolo qui) e nella precisazione di alcuni giorni dopo. Almeno qualcuno avrà più chiaro il percorso di alcune mie scelte e soprattutto almeno non potrà dire di non sapere o altro. Perché serve parlare di ombre e organizzare convegni ma soprattutto serve l’imperativo di fare chiarezza e di avere una reazione politica.

Nell’ordinanza dell’ultima operazione antimafia Milano – Reggio Calabria contro il clan ‘ndranghetista Lampada compare la cronaca di un (presunto, siamo agli inizi) incontro tra il boss Francesco Lampada insieme a Antonino Cotroneo (prelevato in precedenza a Pogliano Milanese dal Lampada) e presumibilmente l’onorevole Gaetano Porcino (IDV). Il fatto (riportato a pagina 146 dell’ordinanza) parla dell’Audi intestata all’onorevole che arriva su C.so Regina Margherita all’incrocio con via Consolata da cui è sceso  un uomo elegante, alto circa 1.90/1.95, stempiato e brizzolato, che li ha salutati confidenzialmente, seguito da una donna di circa 40/45 anni, capelli lunghi scuri, alta circa 1.65. Poi, intono aile 13.05, i quattro si sono salutati e la coppia LAMPADA COTRONEO è rientrata a Milano.

Il riscontro è tutto da dimostrare ma (si legge) in effetti, dalla successiva visione della foto dell’On.le PORCINO Gaetano, pubblicata sul sito internet del parlamentare, il personale impiegato nel servizio di osservazione ha riconosciuto in PORCINO Gaetano l’uomo aveva incontrato Ia coppia LAMP ADA-COTRONEO, per ragioni rimaste ignote, ma verosimilmente riconducibili alla transazione della societa DUE P.

Citando (pedissequamente, come piace a noi che le intercettazioni e gli atti giudiziari e le notizie non vogliamo imbavagliarle) si legge: come si vede i Lampada (ma anche i Valle) – che sono legati ai Cotroneo da una dichiarata relazione di comparaggio (relazione essa stessa indice di legame mafioso) – mantengono sistematici rapporti con compare Nino, con il quale scambiano favori, scambiano influenze elettorali e fanno affari . Colpisce il fatto che la coppia abbia frequentazioni non casuali con l’ onorevole Porcino. L’indagine non ha consentito di comprendere quali fossero gli interessi comuni tra questi soggetti. Tuttavia si ricordi che Porcino è gia emerso nella indagine torinese “Minotauro” per suoi contatti con esponenti della ‘ndrangheta. Come si sa i politici non sanno mai nulla delle persone con cui entrano in contatto. Ma alla fine – sarà uno sfortunato caso- sono sempre gli stessi politici a frequentare i mafiosi.

Avevo letto con attenzione le motivazioni di Gaetano Porcino riguardo il suo primo discusso incontro emerso nell’operazione Minotauro. L’onorevole scriveva testualmente a me e Sonia Alfano: non voglio le tue scuse Sonia. E neanche quelle del tuo amico Cavalli. Ma la forza di una persona, l’onesta’, la correttezza, passano soprattutto, quando e se capita, dal saper riconoscere i propri errori, e fare ammenda. Spero solo che sia tu che Cavalli, con lo stesso mezzo, la stessa enfasi, la stessa determinazione, vogliate provvedere a rettificare quanto divulgato, ed a dare ai lettori, agli elettori, ai cittadini, la giusta informazione sul fatto che incidentalmente, e ritengo indebitamente e sfortunatamente mi ha visto citato. Ed io confido nella tua correttezza, sensibilita’, ed onesta’ intellettuale, cosi’ come in quella di Cavalli. Qui non si tratta di decidere lo spessore di eventuali ombre (per questo c’è già l’autorità giudiziaria) ma ribadire che l’opportunità è un dovere politico. E anche discuterne. E soprattutto valutare il silenzio dei quotidiani e colleghi su questo punto e il silenzio (che confido essere brevissimo) di chi crede che non ci si possa permettere di fare finta di non vedere. Questo blog rimane a disposizione di eventuali repliche da parte di tutti e io rimango in attesa delle azioni politiche (che già una volta sono state taciute). Certo ora gli incontri “sfortunatamente” emersi sono due. E immaginatevi se fosse stato Angelino Alfano, Cicchitto o Formigoni come l’avremmo letto e discusso dappertutto.

L’on. Porcino rilascia una dichiarazione a Roberto Galullo. Gustatela:

Io non ho la più pallida idea di chi sia il signor Lampada. Spero che i magistrati di Milano, su mia richiesta spontanea , mi ricevano al più presto. Mi meraviglia, e lo dimostrerò, che si possa dire che io ho frequentazioni, non casuali, con questo sig. Lampada. Io non solo non ho frequentazioni, ma non lo conosco, e non so chi sia. Quanto ai rapporti confidenziali poi, si commentano da soli. Come si possono avere rapporti confidenziali con uno che non si conosce? Ho rimesso il mandato al mio presidente perché non voglio che il partito entri in questa vicenda. Sono indignato e dire che non lo conosco e che sono estraneo ai fatti non rende l’idea. Io nego assolutamente e sfido chiunque a dimostrare che io abbia frequentazioni con Lampada o rapporti confidenziali. Quello che è scritto non corrisponde al vero. Se risulta un secondo contatto o un contatto precedente con Lampada, non casuale, chiedo di essere arrestato, altrimenti chiedo le scuse. Io conosco migliaia di persone: se vado in un bar e incontro Riina che colpa ne ho io?Chiederò al gip e alla dottoressa Boccassini come si fa a dire in un’ordinanza che ho una frequentazione non casuale con una persona che non conosco e che non ho mai incontrato salvo in quel puro caso e casualmente. Il Gip lo deve dire e deve esserne dato pubblicazione sui giornali. Mi devono dire come posso salutare in modo confidenziale uno che non avevo mai visto prima e dopo nella mia vita. Se non mi ascolteranno è un assalto alla mia dignità, come si fa a sopportare un affronto di questo tipo? Io mi incateno davanti al Tribunale di Milano”.

(per info il pezzo su Il Fatto Quotidiano e su Narcomafie e sul blog di Roberto Galullo)

Costruire senza sordi che non vogliono sentire

Dopo avere letto e ascoltato le risposte più o meno eleganti al nostro documento di riflessione su alcuni recenti episodi nel nostro partito Italia dei Valori ritengo doveroso riportare la discussione su alcuni temi che sono andati persi (o intelligentemente manipolati) nel dibattito nato. Scrivo con forza e convinzione “dibattito” senza scendere nel gioco urlato di chi parla di “attacco” o “pugnalata” con reazioni scomposte che parlano da sole: la funzione della politica nell’esercizio democratico della partecipazione vede nelle diverse posizioni uno spunto per un confronto che porti alla sintesi e alla crescita. Crediamo fortemente che questo dibattito appassirebbe prestissimo se cade nella battaglia patetica del più puro tra i puri o in un attacco personale ad Antonio Di Pietro che (attenzione) non c’è nelle nostre parole: siamo in un partito che è fatto di persone e che vive nei pensieri e nelle azioni delle persone. Questo è il tema. Azioni e dinamiche che devono circoscrivere ed annullare i Razzi e gli Scilipoti a Roma ma soprattutto i piccoli Razzi e Scilipoti che vogliono infilarsi ai livelli più bassi, nelle realtà provinciali e locali. Chiedersi sempre se la partecipazione a tutti i livelli è veramente garantita a tutti o se passa inosservata mentre diventa il giocattolo di potere di qualche colonnello e i suoi vassalli. E questa, non me ne voglia Tinti, è un nodo morale che investe l’etica e la pulizia morale degli ingranaggi dei partiti tutti. Non cadiamo nella banalizzazione di chi va fuori tema per non affrontare la questione o di chi filosofeggia indicando il dito: una questione posta per costruire diventa arma di distrazione di massa solo se fa comodo a qualcuno.

Non cadiamo nemmeno nel tranello di chi parla di una eccessiva pubblicizzazione dei problemi interni o di un’inaspettata uscita pubblica: i contenuti del nostro scritto sono i temi portanti dei nostri incontri pubblici che ognuno di noi vive quasi ogni giorno in giro per l’Italia con gli iscritti e gli attivisti che vogliono il bene di questo partito e che amano non sottrarsi mai al confronto, sono gli stessi temi che sosteniamo all’interno dei rispettivi direttivi, sono le stesse parole che abbiamo espresso ad Antonio Di Pietro in occasione di un nostro recente incontro a Roma e sono ciò che porteremo di nuovo al prossimo direttivo nazionale a Gennaio, al quale ci presenteremo con proposte concrete e speriamo innovative ascoltando e discutendo con il direttivo nazionale.

La nostra riflessione è (secondo il nostro modo di intendere la politica) un atto d’amore per il partito, un segnale di profondo rispetto per quello che Italia Dei Valori è nelle aspettative dei suoi moltissimi militanti e elettori nonché una responsabile presa in carico delle molte sollecitazioni che da tutta Italia la base lancia per costruire un soggetto politico sempre più credibile e sempre più importante per la vita democratica di questo Paese. E’ evidente quindi che la nostra nota rientra in un percorso di riflessione e dialogo che continuiamo ad avere con i sostenitori di IDV e con il partito e che ovviamente abbiamo ritenuto opportuno condividere con chi ci segue attraverso i nostri social network e i nostri blog; che poi la stampa abbia ripreso (più o meno strumentalmente) il nostro scritto è cosa ben diversa dal “lanciare bombe sui media” come qualcuno ha raccontato.

Eppure mi sembra di avere sentito parlare troppo poco del tema squisitamente politico: di come sia successo che le speranze riposte in IDV siano state tradite dall’immorale e antidemocratica arroganza di un corruttore come il Presidente Berlusconi che (ricordiamocelo) esercita il proprio ruolo padronale grazie alla presenza dei corruttibili. Ecco, noi vogliamo preoccuparci del corruttore e dei corrotti. Vogliamo continuare ad essere il faro dell’opposizione senza sconti contro il berlusconismo ma essere duri allo stesso modo con i “berluschini” che in ogni partito cercano di infilarsi riciclandosi fingendo di essersi reinventati. Vogliamo ribadire che questa legge elettorale cancella con un colpo di spugna il legame stretto tra l’eletto e i suoi elettori legandolo piuttosto ai propri interessi o al migliore offerente (come i recenti casi Razzi e Scilipoti ci hanno dimostrato). Un partito libero è un partito che esercita quotidianamente l’autocritica senza strategie o arroccamenti, un partito che si distingue perché senza remore dice “siamo stati avvicinabili” e si rituffa nella base per costruire meccanismi di autodifesa. Nessuno di noi ha parlato di un fallimento generale su questo punto, ma sarebbe miope e forse in malafede nascondere la polvere sotto il tappeto. Un partito intellettualmente onesto che si apre alle discussioni e alle diversità di vedute è l’eccezione del panorama nazionale: noi abbiamo chiesto che il nostro partito fosse tra i primi anche in questo.

Voglio ribadire che la riforma di questa vergognosa legge elettorale deve essere una priorità per tutta la politica onesta dell’arco costituzionale studiando, se necessario, strumenti interni perché venga restituito ai cittadini il costituzionale diritto anche di sbagliare candidato. Perché il partito rimanga quello straordinario strumento di democrazia diretta senza mediazioni come lo stesso presidente Di Pietro spesso ripete. Ipotizzando un regolamento di primarie di collegio o qualsiasi altro mezzo che non premi il servilismo o le cricche interne. Per questo abbiamo scritto (e lo ribadisco) “abbiamo un patrimonio da cui ripartire, ed è quella “base” pensante e operativa, che non ha timore di difendere a spada tratta il suo leader Di Pietro ma nemmeno di rivolgersi direttamente a lui per chiedere giustizia e legalità all’interno del partito “locale”. Dobbiamo cercare di evitare sin dall’inizio che si creino situazioni come quella piemontese che, come ha fatto notare lo stesso  presidente Di Pietro, è il segnale delle difficoltà di selezione di una nuova classe dirigente.

Non rispondiamo a chi strumentalmente parla di una “scalata” al partito: siamo stati chiamati in Italia dei Valori dal presidente Di Pietro con l’espressa richiesta di “dargli una mano” a continuare a costruire credibilità in IDV (come tutti gli altri militanti che ogni giorno sono nelle piazze, nelle sedi e nei luoghi istituzionali), cosa ben diversa dall’obbedienza a tutti i costi.

Rispondiamo invece volentieri a chi continua a mentire (sapendo di mentire) su un nostro presunto distacco dal lavoro di militanza all’interno del partito: lavoriamo ogni giorno nelle istituzioni in cui rappresentiamo Italia dei Valori, discutiamo e ascoltiamo azioni e proposte con gli iscritti e con la classe dirigente e io sono onorato di essermi assunto la responsabilità di essere coordinatore di una città come Milano a pochi mesi dalle elezioni amministrative e con una squadra eccezionale al mio fianco. Chi parla solo di noi tre ha sbagliato mira: noi non rappresentiamo correnti o cattivi consiglieri, cerchiamo di essere l’espressione delle migliaia di cittadini che ci hanno votato (scrivendo espressamente il nostro nome sulla scheda elettorale) e ci impegniamo a tenere alti i valori e le persone di valore. Com’è scritto sul programma del nostro partito: Italia dei Valori.

Buon lavoro a tutti. Tutti insieme.

Acqua pubblica: Formigoni prepara il blitz di ferragosto

Agosto non è mese per stare tranquilli. E’ la politica che vive sulla distrazione del popolo per infilarsi in legiferazioni che altrimenti rischierebbero di alzare un polverone, o perlomeno quella che in democrazia si chiamerebbe discussione. Sull’onda (è il caso di dirlo) di una straordinaria mobilitazione popolare che ha visto un milione e quattrocento mila firme del Forum italiano dei movimenti per l’acqua e settecentocinquantamila dell’Italia dei Valori, oggi una politica responsabile dovrebbe fermarsi e costruire le basi di un serio dibattito sulla gestione dell’acqua come prezioso bene comune da sottrarre ad affaristi e grumi di potere.  Proprio ieri (il 28 luglio) è stata approvata (122 a favore; 41 astenuti; 0 contrari) all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite una risoluzione intitolata “Il Diritto Umano all’Acqua e all’igiene”.

Il “celeste” Formigoni invece, dalle segrete stanze della Giunta lombarda, prepara la liberalizzazione secondo i dettami del decreto Ronchi (con il servizio di erogazione dell’acqua nelle mani di tante società miste controllate al 60% dalle Province e per il restante 40% in mano ai privati con appetiti per il business dell’acqua pubblica) proprio in questi ultimi scampoli prevacanzieri. Con l’Aula del Consiglio Regionale “dimenticata” nella discussione e impegnata a discorrere di merli e richiami vivi. Tutto secondo copione, con i luoghi di discussione e i canali di informazione narcotizzati mentre una delicata fase politica decide di assoggettare un diritto universale alle regole della domanda e dell’offerta. Come merce o privilegio piuttosto che un diritto. In una politica per accordicchi o decreti sulla fiducia che svuota, ogni giorno di più, le istituzioni dal proprio senso di luogo di dibattito e democrazia e, in Lombardia, si prepara a svuotare anche il bicchiere.

E allora bisogna parlarne, scriverne, farne parlare. Perchè almeno sappiano che sappiamo. E che faremo tutte le domande e le azioni alla riapertura delle attività. Per una responsabilità che, in questo momento di desolazione politica, non va proprio in vacanza.