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movimento 5 stelle

Berlusconi ha già cominciato la campagna acquisti. Il prossimo centrodestra è già putrido

“Non si dice mai di no a chi dice ‘Sottoscrivo il vostro programma’. Noi saremmo molto convenienti per loro perché potrebbero incassare interamente l’indennità parlamentare”: la frase è stata pronunciata da Silvio Berlusconi durante un’intervista al Corriere della Sera e i “loro” di cui parla sono i transfughi del Movimento 5 Stelle che, nonostante siano stati “espulsi” dal Movimento, saranno eletti (per merito di una pessima legge elettorale, giova ricordarlo) e andranno a rimpinguare un Gruppo misto che si preannuncia già folto fin dall’inizio della legislatura.

Stiamo parlando (per ora) di sei persone coinvolte nel cosiddetto caso “rimborsopoli”: Maurizio Buccarella, in lista al secondo posto per il Senato nel collegio Puglia 2; Carlo Martelli, al primo posto per il Senato nel collegio Piemonte 2; Elisa Bulgarelli, al terzo posto nel collegio Emilia Romagna 1 per il Senato; Andrea Cecconi, al primo posto per il collegio Marche 2 per la Camera; Silvia Benedetti, al primo posto in un collegio veneto per la Camera; Emanuele Cozzolino, al terzo posto in un altro collegio veneto sempre per Montecitorio; dei quattro candidati “massoni” (Piero Landi, candidato a Lucca; Catello Vitiello a Castellammare di Stabia, David Zanforlin a Ravenna e Bruno Azzerboni a Reggio Calabria), di Emanuele Dessì (amico del clan Spada e in affitto in una casa popolare a 7 euro al mese e candidato al Senato nel collegio Lazio 3, al secondo posto).

Ma non è questione solo di candidature sbagliate: qui si tratta di un recidivo (Berlusconi) che sfrontatamente dichiara di avere aperto la campagna acquisti per ambire a un gruppo parlamentare già dopato indipendentemente dal risultato elettorale. È il solito Berlusconi, quello pessimo a cui la storia ci ha abituato, quello che la Lorenzin e la Bonino da sinistra dichiarano come prossimo alleato naturale in nome della responsabilità. È lo stesso disco. Rotto. Vecchio. E quasi nessuno si indigna.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/02/21/berlusconi-ha-gia-cominciato-la-campagna-acquisti-il-prossimo-centrodestra-e-gia-putrido/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.

Ecco cosa diceva il sindaco M5S di Bagheria. Altro che “giustizia a orologeria”.

(da Livesicilia)

PALERMO- È probabilmente il capitolo più spinoso dell’inchiesta della Procura di Termini Imerese sul sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque. Il vigile urbano Domenico Chiappone fece sapere al primo cittadino che sulla base di un esposto anonimo erano partiti gli accertamenti sulla casa abusiva del cognato di Cinque. La polizia municipale si stava attivando per i controlli e le eventuali contestazioni.

Cinque, appresa la notizia, avvertì la sorella Maria. Non solo, Chiappone, su richiesta di Cinque, scrive il giudice per le indagini preliminari Michele Guarnotta, “istigato dal cognato Domenico Buttitta, indebitamente rifiutava di procedere alla identificazione delle persone nei cui confronti venivano svolte le indagini della Procura di Termini Imerese”. Da qui le accuse di rivelazioni di segreto istruttorio e rifiuto di atti d’ufficio contestate dalla Procura diretta da Ambrogio Cartosio.

Al comando di polizia municipale era giunto un esposto che portava la firma del cognato di Cinque che, almeno così sembrava, si diceva pronto a mettersi in regola prendendo spunto dagli “annunci del sindaco Patrizio Cinque che ha deciso di abbattere le case abusive”. In realtà si trattava di un anonimo, la firma non era autentica. La macchina, però, si sarebbe attivata lo stesso. E così il 30 aprile Chiappone telefonava al sindaco. I carabinieri li stavano intercettando: “Siccome devo chiedere una cosa, parlare di una cosa personale urgente… dove sei che ti vengo a trovare.. ti aspetto a Villa Cattolica”. Subito dopo il sindaco avvertì la sorella Maria: “Dovremmo parlare… con Mimmo in particolare devo parlare… io sono in giro ti devo parlare per la casa capito?… dobbiamo parlare subito”. Stessa cosa diceva al cognato: “Ci dobbiamo vedere… ti devo parlare”.

Cosa c’era di così urgente da discutere? Lo si capisce dalle successive telefonate di Cinque con gli assessori Fabio Atanasio e Maria Laura Maggiore: “Comunque è arrivata… ti ricordi l’altra volta nella stanza che ti dicevo di un’autodenuncia che avevo in mente… abusivi immobili abusivi”. Atanasio: “Si è autodenunciato?”. Cinque: “Ne parliamo dopo dai”. Alla Maggiore Cinque spiegava che “sono stato contattato dai vigili… ti ricordi la discussione che facemmo… sull’autodenuncia che volevo fare fare a mio cognato è arrivata l’autodenuncia… è firmata mio cognato ma non è… non l’ha fatta lui… ma non mi preoccupa tanto la denuncia o il discorso di fare emergere questa discussione dell’immobile mi preoccupa la modalità cioè l’autodenuncia perché io mi aspettavo che denunciassero anonimamente dicendo che c’è questa situazione andateci, ma non che si inventassero un’autodenuncia, che io volevo fare fare a mio cognato, cioè una cosa incredibile”.

Cinque pensava alle conseguenze: “… però chiaramente si aprirà tutta una situazione, una situazione dove io volevo dirti una cosa noi stiamo facendo la sanzione cioè si può fare da duemila a ventimila euro, Aiello sta facendo a ventimila euro, è una cifra troppo grande non capisco perché… una cosa è pagare duemila euro o una cifra mediana, diecimila, cinquemila, e sono soldi che vanno per le demolizioni per carità, una cosa è ventimila euro che sono cioè una cifra enorme per tutti…”.

Cinque se la prendeva con il deputato nazionale Claudia Mannino, sospesa dal Movimento 5 Stelle perché coinvolta nell’inchiesta sulle firme false : “… ti ricordo che questa situazione l’ha messa quella minchiona di Claudia Mannino e quindi siamo veramente dei geni… che vuoi che ti dica è incredibile, vessiamo le persone in questo modo secondo me”. Il riferimento era ad un emendamento che inaspriva le sanzioni per gli abusi edilizi, il cui prima firmatario era proprio Mannino. E Maggiore aggiungeva: “… ma vedi che questi non hanno la percezione della situazione che poi tra l’altro te la posso dire una cosa? L’avesse messa e l’avesse proposta una di Milano”.

Cinque aveva altre idee: “Quindi vediamo di fare questa, di abbassare questa sanzione, di farla bassa magari puoi mettere quelli a 150 metri dal mare gliene dai 20 mila quello è doveroso… perché comunque sai che se la possono passare bene”. Maggiore sembrava recepire: “Vediamo com’è che hanno fatto se ci sono situazione analoghe oppure… ci sono criteri così come dicevi tu e magari li applichiamo”. “Ed in caso – concludeva Cinque – diamo un atto di indirizzo”.

Secondo l’accusa, rivelando l’esistenza dei controlli, Cinque avrebbe favorito i parenti che si sarebbero preparati a ricevere la visita dei poliziotti municipali. Durante il controllo il vigile chiamò il sindaco per informarlo che avevano trovato “documenti che sono positivi… il proprietario è un poco nel pallone non ci sa dare determinate indicazioni volevano un po’ capre magari”.

E Cinque aggiungeva: “… positivi nel senso che loro avevano provato a fare un’istanza di condono… io io ti direi prendi quello che ti serve poi con Carlo vai a verificare”. Cinque e Chiappone si sarebbero incontrati in caserma come il sindaco riferiva a un’amica: “… poi sono passato sempre a parlare con questi della polizia municipale per vedere insomma com’era andata… tutto sotto controllo diciamo prima che si fa sta cosa chissà quando se ne parla… già avevano iniziato una pratica… una cosa, quindi stanno cedendo di trovare qualche cosa prima che si fa”.

I tempi dei controlli si sarebbero allungati anche grazie all’intervento di Cinque,sollecitato dal cognato: “Siccome si sono presentati i vigili che penso lo sai”. “Ti serve più tempo?”, chiedeva Cinque. Risposta: “… mi serve più tempo certo”. Cinque: “ Si può rinviare”. Quindi il sindaco scriveva a Chiappone: “… in pratica ci chiedono di andare mercoledì prossimo così ne possono parlare in famiglia.. allora dico che andate mercoledì 8”.

Eppure Di Maio è l’autobiografia dell’Italia di oggi

Un ottimo pezzo di Francesco Cancellato su cui vale la pena riflettere. Sul serio.

Lo steward, il tecnico informatico, l’eterno fuoricorso a giurisprudenza, quello che sbaglia i congiuntivi, che confonde Cile e Venezuela parlando di Pinochet, il disoccupato miracolato che si è trovato, grazie a Beppe Grillo, a fare il vicepresidente della Camera dei Deputati, il più giovane della storia dell’Italia repubblicana. Se fate parte dei detrattori di Luigi Di Maio, neo candidato premier del Movimento Cinque Stelle, prima o seconda forza politica italiana da cinque anni a questa parte, avete argomenti a iosa per ironizzare su di lui e sulla sua conclamata inadeguatezza a presiedere il Consiglio dei Ministri.

Visto che però la campagna elettorale non è ancora iniziata, e abbiamo ancora a disposizione qualche settimana di ragionamenti sereni, sarebbe opportuno chiedersi come e perché ci sia arrivato, un signor Nessuno come Di Maio, ad ambire alla più alta carica politica di questo Paese. Ma soprattutto, dovrebbero chiedersi perché il Movimento degli algoritmi, quello che meglio in questi anni è riuscito a intercettare il sentire diffuso dell’opinione pubblica, abbia scelto proprio lui, il webmaster di Pomigliano D’Arco.

Per capirlo, forse, vale la pena di partire da un film uscito poche settimane dopo il terremoto politico delle elezioni politiche del 2013. S’intitola Benvenuto Presidente ed è la storia di un cittadino comune – tale Giuseppe Garibaldi, interpretato da Claudio Bisio – che diventa per un equivoco Presidente della Repubblica. Ovviamente, l’Uomo Qualunque, seppur privo di competenze e abilità politiche, si rivela migliore di qualunque dei suoi predecessori e riesce a farsi amare dagli italiani, grazie all’onestà, al buon senso, all’istintività delle sue azioni.

Se siete un pezzo di classe dirigente del Paese questa ingenuità vi farà sorridere (o orrore, dipende). Abbiamo una notizia: gli ingenui siete voi. L’odio per le élite, per la casta, per il cinismo e l’auto referenzialità della politica hanno nutrito questo cliché da commedia degli equivoci fino a farlo diventare opinione dominante nel Paese: oggi davvero la gente – non solo in Italia, peraltro – pensa che il cittadino comune con un po’ di buonsenso possa governare l’Italia meglio del rettore della Bocconi. Ecco: Di Maio è l’unico tra i candidati premier che può fregiarsi di essere l’Uomo Qualunque. Non Salvini, anche se si mette le felpe. Non Renzi, anche se paga il mutuo. Non Pisapia, anche se è gentile con tutti. Non Berlusconi, anche se nessuno è stato in grado di comprenderne le istanze meglio di lui. Uno a zero per lui.

(continua su Linkiesta qui)

“Il sindaco del MoVimento 5 Stelle è inavvicinabile”: così la mafia rinuncia agli appalti

Secondo quanto detto da un pentito le famiglie mafiose di Bagheria avrebbero ritenuto inavvicinabile il sindaco Patrizio Cinque (M5S): «Con l’arrivo di Patrizio Cinque la situazione era cambiata, perché era davvero inavvicinabile. Io avevo da riscuotere un credito lecito nei confronti del Comune, neanche quello fu possibile recuperare».
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Libero? Cacata carta, avrebbe detto Catullo

Libero me lo ricordo quando mi ha sbattuto in prima pagina (il mio post di quel periodo è qui) insieme ai consiglieri regionali in Lombardia indagati per lo scandalo dei finti rimborsi. Io non era indagato. Eppure ero lì. Ricordo esattamente, ce l’ho ancora nelle orecchie, il frignio di questi machi del giornalismo che mi imploravano di non querelarli: il giorno dopo la smentita era un riquadro piccolo piccolo a fondo pagina. Piccolo come loro, pensai. Non ne feci niente perché si rischia di legittimare un giornalismo che non è giornalismo: ha la forma di un quotidiano, ne ha la forma ma è quella che Catullo chiama “cacata carta” nel suo Carme 36 delle Nugae. Non credo serva traduzione.

Però quello che Libero ha pornograficamente metaforizzato nella sua prima pagina di oggi è un prurito che da qualche giorno si sente sorridere durante gli aperitivi, nei corridoi dei cronisti politici e tra la gente: il maschilismo è un gene antico che va estirpato con un lavoro culturale di generazioni, purtroppo. Poi c’è chi lo pensa e non lo dice; c’è chi ne sorride tra pochi fidati amici in casa; c’è chi se ne nulla al bar; c’è chi ferocemente lo sparge su Facebook fino a chi (ahimè direttore) lo spalma in prima pagina. E Feltri sa bene che con quel titolo parla a loro: la tribù dei machi fieri che vigliaccamente esulta (senza farsi sentire) quando qualcuno scrive quello che loro hanno pensato senza il coraggio di dire.

Insomma: Libero è un pessimo giornale letto da pessimi machi. Il tema è molto più complesso di quel che sembra. Per quel conta, la mia solidarietà alla Raggi.

(ed è un peccato per i giornalisti in gamba che lì dentro sono comunque costretti a ubbidire)

Grillo cambia rotta su #Brexit ma non l’ha deciso nessuno.

Con calma. Andate qui e leggete il punto 10:

Schermata 2016-06-24 alle 10.59.16

Ora basta affidarsi alla calce di google (qui) per leggere com’era:

Schermata 2016-06-24 alle 11.00.35

Ora una domanda semplice: ma chi ha deciso questa inversione di direzione politica (come testimoniano le foto qui nel post)? In rete? Il direttorio? Il gruppo parlamentare europeo?

Su M5S, Pizzarotti e Di Maio

È un bivio importante questo per il Movimento 5 Stelle: diventare adulti significa riconoscere che la malattia della politica degli ultimi vent’anni non è tanto nella forma “partito” o “movimento” o nelle diverse sfaccettature del “leaderismo” ma soprattutto nell’etica con cui si interpreta: svestirsi della paura di assomigliare agli altri è il modo più intelligente per cogliere le “buone pratiche” e perfezionarsi cammin facendo. Quello che è marcito in “apparato” o “sistemi di potere partitici” è, se usato dal verso giusto, anche la garanzia di un meccanismo che garantisce controllo e democrazia. Perché la decisione della sospensione di Pizzarotti non è stata sottoposta alla “decisione della rete”? Perché una realtà politica che aspira (e ha i numeri) per diventare forza di governo deve incagliarsi in una baruffa da bambini dell’asilo?

(la mia analisi scritta per Fanpage è qui)

Il Vangelo secondo Matteo e l’avviso di Grillo

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Le parole sono importanti, diceva Nanni Moretti, e gli slogan sono le tangenziali delle parole buttate lì con la leggerezza di chi sa che funzionano e che nessuno si prenderà la briga di smontarle. Così mentre la Chiesa viene rimandata a cuccia da una (bella) frase di Matteo Renzi tutt’intorno viene facile giovanardare come un Adinolfi qualsiasi: se c’è un buon motivo per essere felici della fresca (mezza) legge sulle unioni civili è la sconnessa reazione dei pretini, l’abbattimento degli jihadisti episcopali e le mendaci contrizioni dei puttanieri censori delle famiglie degli altri. Perché, diciamocelo, il rumore della tradizione che scricchiola nel sarcofago a forma di fede è in queste ore uno strisciare di unghie. E allora ben venga un rinculo di laicità, benché sotto forma di slogan, e lo dico io che con Renzi e renzini non sono mai stato troppo tenero. Con un solo piccolo però: spergiurare sulla Costituzione, quello sì, sarebbe un peccato mortale. Politicamente, s’intende.

Sempre per la rubrica delle “parole che sono importanti” c’è anche l’avviso di garanzia, in senso grillino.

(il mio buongiorno per #Left continua qui)

Colpe dei padri e i loro figli

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Dai, davvero siamo seri. Ora il sindaco 5 Stelle di Bagheria (beccato insieme all’assessore con un abuso edilizio) si difende dicendo che “le colpe dei padri non devono ricadere sui figli” (qui).

Ma davvero? Ma dopo che ci siamo quasi tutti indignati (giustamente) per la Boschi e suo padre?

Dai. Su.

Un bel trasloco, una buona notizia

Grazie all’iniziativa del Movimento 5 Stelle (il cosiddetto “lodo Fraccaro”) la Camera recede uno scempio di contratto d’affitto di 32 (trentadue) milioni di euro all’anno per l’immobile di Sergio Scarpellini (che qui addirittura ci pigliava quasi in giro).

Un bel trasloco.