Vai al contenuto

Blog

Adesso scopro di essere un conservatore

Una volta (fino ad oggi e probabilmente ancora per un bel po’) Berlusconi ci diceva che eravamo contrari alle riforme in quanto “comunisti” e non importa se le sue riforme fossero pericolose per i diritti, per la democrazia, per la Costituzione e utili ai suoi interessi personali. Ora ci dicono che siamo contrari alle riforme perché siamo “conservatori” e lo dicono con la stessa spocchia, lo stesso rifiuto del confronto. Poiché l’imperativo è “cambiare” non si deve perdere tempo a discutere di “come” e “per andare dove”. Cambiare, in fretta, riformare, abbandonare il vecchio e basta. Ci deve bastare. Altrimenti siamo boicottatori. E non importa se la schifezza di legge elettorale in cantiere e la riforma del senato in fieri ci lascerebbero una rappresentanza a dir poco discutibile. Io sono d’accordo su quello che scrive oggi Alessandro qui:

Eppure questo frutto del Porcellum vuole arrogarsi il diritto di decidere che, dal prossimo giro, eleggeremo una sola Camera, in cui chi prende il 37 per cento prende la maggioranza assoluta, quindi potrà a sua volta cambiare la Costituzione a piacimento.

Insomma siamo stati fieri di essere “comunisti”, poi “amici delle toghe rosse”, poi addirittura “coglioni”: qualche mese da “conservatori” non ci può fare poi tanto male.

Sulle ali d’orate

Bj1fB06CEAAuC7a

La cultura rende un popolo facile da guidare, ma difficile da trascinare; facile da governare, ma impossibile a ridursi in schiavitù.

Henry BroughamDiscorso alla Camera dei Comuni, 1828

La CEI sogna il vescovo omertoso

Sempre peggio:

Sgambetto della Cei al Papa sulla pedofilia. Mentre Francesco nomina una vittima degli abusi nella neonata Commissione per la tutela dei minori, i presuli italiani evidenziano la mancanza dell’obbligo giuridico per i vescovi di denunciare all’autorità giudiziaria civile casi di pedofilia. Nel nuovo testo delle “Linee guida per i casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici”, approvato dal Consiglio episcopale permanente del gennaio scorso e reso pubblico oggi, dopo la clamorosa bocciatura della precedente versione da parte della Congregazione per la dottrina della fede, la Cei si limita a riscrivere il periodo incriminato in questo modo: “Nell’ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale né di incaricato di pubblico servizio, non ha l’obbligo giuridico – salvo il dovere morale di contribuire al bene comune – di denunciare all’autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti oggetto delle presenti Linee guida”.

La brutta notizia è qui.

Insieme alla Serbia e alla Grecia

Sul fronte situazione penitenziaria e sovraffollamento l’Italia si contende l’ultimo posto in Europa con Serbia e Grecia. Lo ha riferito dall’europarlamentare Juan Fernando Lopez Aguilar capo delegazione della Commissione Libertà civili in visita al carcere di Poggioreale a Napoli. Aguilar, sottolineando che il sovraffollamento è un problema ”strutturale” di tutti i Paesi Ue, ha evidenziato la ”drammatica” situazione italiana sia per il sovraffollamento che per la ”mancata attenzione ai diritti legati alle leggi”.

L’incivile graduatoria è nel commento riportato dall’Ansa.

La narrazione pedonale

trafficHa ragione Gianni Biondillo quando scrive nel suo bellissimo articolo che la mobilità in Italia è condizionata dalla mitizzazione pubblicitaria dell’automobile per tutti questi anni e che, in fondo, paghiamo il nostro conservatorismo, sempre. E poiché ho una passione da sempre per la declinazione “semplice” e possibilmente artistica di ciò che vorrebbero invece farci credere complicatissimo, credo che tutti i nostri amministratori stamattina dovrebbero aggiungere alla propria rassegna stampa il pezzo uscito su Nazione Indiana:

La questione classica che viene posta, quando si propone una ZTL, è sempre la stessa: ma così, chiudendo alle macchine votiamo a morte sicura il commercio minuto. Nessuno vorrà più comprare se dovrà farsela a piedi, andranno tutti nei centri commerciali. Anche questa è una narrazione tossica, un sillogismo falso. Non voglio neppure entrare nel merito su quanto sia devastante il consumo di suolo e di energia di un centro commerciale. Non voglio parlare di quanto sia opaca la gestione del flusso di denaro che ha fatto sorgere dal nulla sull’intera nazione questi centri, spesso vere e proprie lavatrici di soldi sporchi accumulati dalla criminalità organizzata. Neppure voglio dire di come sia un modello insediativo nato in un paese che ha dimensioni e tradizioni completamente differenti, imposto d’imperio qui, come prototipo unico della modernità. Lasciamo stare, tutto questo potrebbe sembrare un discorso “ideologico”. Arriviamo alle cose concrete, evidenti. Cosa facciamo quando andiamo in un centro commerciale?

Prendiamo la macchina, ovvio. Ci allontaniamo dal centro storico, ci incuneiamo in quale tangenziale ingorgata, troviamo finalmente l’uscita, posteggiamo in un parcheggio grande come due campi di calcio (mi viene in mente il “Ghost Parking Lot” dei SITE, dove le macchine, calcificate, ormai sembrano reperti archeologici), quasi sempre lontanissimo dall’ingresso, camminiamo in mezzo a tonnellate di lamiere per raggiungere finalmente l’entrata e poi finalmente dentro… camminiamo. Per ore. Camminiamo come fossimo per strada in un finto centro storico, kitsch fino all’inverosimile. Camminiamo per false piazzette, ci fermiamo a prendere un caffè in finti dehors, acquistiamo cose in pseudo negozi arredati come fossero finto-antichi. Bella contraddizione. Poiché non si può andare in macchina nel vero centro storico a comprare cose nei veri negozietti e prendere un caffè negli autentici bar delle vere piazze antiche, preferiamo prendere la macchina per andare in un luogo falso dove non facciamo altro che camminare come fosse autentico. Puro surrealismo.

I negozianti dei centri storici o sono miopi o forse fingono di non vedere che se la gente va nei centri commerciali è per colpa della politica della grande distribuzione che abbatte i prezzi e fa concorrenza sleale, mica perché la gente non ha voglia di camminare. Se esistessero politiche commerciali differenti, capaci di proteggere la vendita al dettaglio, se si riuscissero a ideare tecniche innovative e concorrenziali da parte delle associazioni di commercianti, l’intera categoria potrebbe vivere di rendita di posizione. La pedonalizzazione dei centri storici, là dove abbiamo depositato la nostra identità comunitaria, dovrebbe essere ovvia. Dovrebbe diventare un plus, non un disvalore. Certo occorre cambiare le pratiche quotidiane, inoculare nella testa di tutti che girare in macchina è da sfigati, che è molto più intelligente, per l’equilibrio psicofisico di ognuno e per la salute di tutti in generale, potenziare i mezzi pubblici, sviluppare la mobilità dolce. È proprio questo salto di paradigma la cosa più difficile da fare in un popolo in fondo pigro al cambiamento quale il nostro. Eppure questo salto è ormai improcrastinabile, se non vogliamo essere ricordati con stupore e imbarazzo (per non dire di peggio) dalle prossime generazioni.

Tra Rozzano e Vibo Valentia

Operazione contro la ‘ndrangheta tra Calabria e Lombardia. I carabinieri hanno arrestato undici persone ritenute appartenenti alla cosca Patania di Stefanaconi (Vibo Valentia), tra cui anche un’ex militare dell’Arma. I fermi sono stati disposti nella provincia calabrese, ma anche in Lombardia: a Rozzano, hinterland milanese, Cantù e Carugo, entrambe in provincia di Como. L’operazione è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ed eseguita dai militari del comando provinciale di Vibo Valentia.

I presunti affiliati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di numerosi reati, tra cui: associazione di tipo mafiosousuraestorsione. Tra i fermati c’è anche un ex maresciallo dei carabinieri  ed ex comandante della stazione di Sant’Onofrio, il maresciallo Sebastiano Cannizzaro, radiato dall’Arma nel febbraio scorso. Anche l’ex militare è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Avrebbe agevolato le attività della cosca Patania di Stefanaconi. Cannizzaro, già indagato, era stato sospeso nel maggio 2012 prima di essere radiato definitivamente, adesso si trova nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere (Caserta).

Sempre meglio l’azienda ‘ndrangheta

L’istituto Demoskopika ha effettuato una stima del giro d’affari di una delle più potenti organizzazioni criminali al mondo, la ‘ndrangheta: la mafia calabrese conta circa 60 mila affiliati e ha quasi 400 cosche ‘drine operative in 30 Paesi nel mondo, generando un fatturato complessivo di 53 miliardi di Euro. Per dare un’idea dell’enormità delle cifre, basta dire che è la somma dei fatturati di due colossi come Deutsche Bank e Mcdonald’s, e corrisponde ben al 3,5% del Prodotto interno lordo del nostro Paese per il 2013.

“Il maggiore introito – emerge dalla ricerca di Demoskopika – è costituito dal traffico di stupefacenti che determinerebbe guadagni per 24,2 miliardi di euro. Un’altra importante fonte di profitto è costituita dall’attività di riciclaggio che ha assicurato alle cosche calabresi un profitto di 19,6 miliardi di euro. Risultano significativi anche i guadagni criminali relativi a estorsioni e usura (2,9 miliardi di euro), agli appalti pubblici (2,4 miliardi di euro), al gioco d’azzardo (1,3 miliardi di euro). Meno rilevanti invece i proventi dal traffico di armi (700 milioni di euro) e di rifiuti illeciti (670 milioni di euro), dalla prostituzione (370 milioni di euro), dalla contraffazione (330 milioni di euro) e dall’immigrazione clandestina (130 milioni di euro), ma si tratta pur sempre di cifre enormi che vanno a incrementare un bilancio più che remunerativo e allettante”.

“La ‘Ndrangheta – dichiara l’economista e autore dello studio di Demoskopika, Raffaele Rio – è percepita come una componente ‘normale’ dal mondo produttivo. Si arriva ad una situazione paradossale per cui l’insieme delle attività vessatorie nei confronti delle aziende, dal racket all’usura, dagli incendi dolosi alle rapine, fino ai meccanismi più sofisticati di infiltrazione nel mercato, sembrano ormai costituire un sottofondo latente, uno scenario inevitabile delle loro attività. In questo quadro la criminalità organizzata calabrese rappresenta un evidente ostacolo che grava pesantemente sullo sviluppo del territorio”.

“Dal punto di vista economico – sottolinea Rio – scoraggia la libera iniziativa, altera il mercato e i meccanismi della concorrenza, crea monopoli basati sull’intimidazione e l’interesse privato; dissemina paura, determina sprechi e inefficienze. Sul versante sociale genera il consenso di pochi e l’acquiescenza di molti che, per quieto vivere, per interesse o per paura, preferiscono far finta di non vedere e perfino sottostare alle richieste dei criminali, piuttosto che denunciare e schierarsi apertamente contro di essi”.

“Queste trasformazioni – conclude l’economista – finiscono per avvicinare alla criminalità organizzata strati sempre più ampi di popolazione che, pur non appartenendo alle famiglie mafiose e non volendo condividere nulla degli affari dei boss, sono in qualche modo condizionati da una presenza che trae la sua forza dalla capacità di esercitare un capillare controllo del territorio”.

Secondo le stime dell’istituto Demoskopika, inoltre, le attività di usura e di racket esercitate dalla ‘ndrangheta nella sola Calabria provocherebbero una mancata crescita di 3,5 punti sulla ricchezza complessiva prodotta dalla Regione, che ammonta a 1,2 miliardi di euro, e ne sarebbero vittime oltre 40 mila commercianti e operatori economici.

(via)

Carmine Schiavone: desecretare e (soprattutto) conoscere

Abbiamo avuto una nuova star televisiva che ha imperversato negli ultimi mesi: Carmine Schiavone. Personaggio perfetto nella sua delirante onnipotenza con cui ci comunicava il favore di essersi pentito pur essendo noi assolutamente inferiori rispetto alla sua grandezza intellettuale. Ci ha dato lezioni di democrazia e di buongoverno dall’alto degli omicidi compiuti o ordinati, ci ha propinato la sua sferzante ironia nei varietà comici di parainformazione e ci ha tenuto a dirci che la “terra dei fuochi” è stata tenuta nascosta. Come succede spesso in queste occasioni sono stati in molti a chiedere la desecretazione dei verbali della sua audizione in Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse e quasi tutti si sono indignati perché volevano conoscere. Sarebbe bello potere sapere quanti l’abbiano letta; cosa ne pensa quell’esercito “civico” pronto alla rivolta degli eventuali “segreti” di cui Schiavone dovrebbe essere detentore. Perché viene il dubbio che noi siamo fatti così: lottiamo per desecretare e poi non leggiamo nemmeno. Nel dubbio, eccola qui.