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angelino alfano

Cara di Mineo: 8 domande ad Alfano e (per ora) nessuna risposta

Sono otto domande che potrebbero chiarire le responsabilità politiche, oltre che penali. Le pone De Angelis per HP qui:

1) Perché tra gli arresti di Mafia Capitale 1 e Mafia Capitale 2, non spiega che a Cara di Mineo è stato creato un sistema unico, sin dall’inizio, teso a garantire un sistema di potere? 2) Perché Alfano non spiega il perché il Viminale fa, per tramite della prefettura, una convenzione che porta ad aumentare le spese? 3) E perché Alfano non spiega come mai, dopo Mafia Capitale 1, e preso atto che Odevaine (arrestato) era componente della Commissione che ha aggiudicato la gara, non ha fatto alcun atto a Cara di Mineo, tipo ispezioni e controlli? 4) E perché il ministro dell’Interno resta silente dopo che Cantone dice che la gara è illegittima? 5) E perché non risponde alla lettera del 27 maggio di Cantone, che in sostanza chiede: che cosa ne pensa il ministro dell’Interno dell’appalto di Mineo per il quale Odevaine pretendeva mazzette di 10-20mila euro mensili, dai manager della Cascina grazie a una gara “illegittima”? 6) È possibile che al Viminale nessun funzionario lo avesse informato del ruolo di Odevaine? 7) Si sente di escludere quello che Odevaine dice nelle intercettazioni e cioè che il “sistema Castiglione” al Cara di Mineo serviva a finanziare il suo partito? 8) E sarebbe pronto a dire che, se fosse arrivato un solo euro direttamente o indirettamente al suo partito da “La Cascina” sarebbe pronto a dimettersi? È in queste domande, oltre che nella posizione processuale di Castiglione, la bomba sotto il governo: “Se salta Castiglione – ripetono i bel informati – salta Ncd e al Senato si balla. E soprattutto la valanga stavolta rischia di travolgere Alfano”.

Altro che il figlio di Lupi: è la moglie di Alfano la professionista di consulenze (pubbliche, tra l’altro)

Ma se Lupi si è dimesso, il Ministro Alfano che deve fare, harakiri?

Ecco l’inchiesta di Emiliano Fittipaldi:

imageChe Angelino Alfano sia un ministro miracolato (dal caso dell’espulsione illegittima della dissidente Alma Shalabayeva alle manganellate della polizia agli operai delle acciaierie di Terni, in due anni appena il Parlamento ha già votato – e respinto – due richieste di dimissioni) è cosa nota. Meno nota, invece, è la rete di “relazioni pericolose” del titolare dell’Interno, e l’intreccio di interessi politici e economici che “L’Espresso” in edicola venerdì è in grado di raccontare per la prima volta.

Partendo dalla moglie del ministro dell’Interno Angelino Alfano, Tiziana Miceli, che ha appena avuto cinque consulenze dalla Consap, la concessionaria dei servizi assicurativi pubblici controllata dal ministero dell’Economia che fornisce servizi al ministero dell’Interno e a quello dello Sviluppo Economico. In una dichiarazione firmata il 24 febbraio 2014 la Miceli dichiara di essere già «titolare di incarichi di assistenza legale conferiti da Consap», ma tra fine 2014 e l’inizio del 2015 lo studio della Miceli (il poco conosciuto RM-Associati, di cui risulta socio anche Fabio Roscioli, avvocato di Alfano) ha ottenuto altri cinque incarichi, l’ultimo a fine gennaio.

La moglie di Angelino è stata assunto grazie a una delibera firmata da Mauro Masi, amministratore delegato della Consap ed ex direttore generale della Rai ai tempi del governo Berlusconi, boiardo vicino al centro destra che il governo di Matteo Renzi ha persino promosso qualche mese fa, confermandolo sulla poltrona di ad e concedendogli anche quella da presidente. «Gli importi» della consulenza della Miceli, si legge nelle determine, «saranno quantificati all’esito delle attività». Speriamo, per le casse pubbliche, non siano troppo alti.

Non è tutto. La Miceli in passato ha ottenuto altri incarichi da alcune amministrazioni pubbliche siciliane (dalla provincia di Palermo all’Istituto autonomo case popolari di Palermo) sempre controllate dal centro destra, mentre nel 2014 la moglie di Angelino risulta aver difeso anche gli interessi di una società (la Serit) insieme al collega Angelo Clarizia.

Non un avvocato qualsiasi, Clarizia: è infatti socio in affari di Andrea Gemma, amico storico di Alfano e altro vertice di peso della sua rete relazionale, in passato consigliere ministeriale a cachet  e oggi membro del cda dell’Eni e commissario liquidatore di aziende importanti come la Valtur.

Gemma e Clarizia sono legatissimi: i loro studi hanno di recente anche vinto un appalto per i servizi legali dell’Expo (da 630 mila euro) e, in barba a qualsiasi conflitto di interessi potenziale, “L’Espresso” ha scoperto che da poco i due hanno difeso anche gli interessi del Nuovo Centro Destra, il partito del ministro dell’Interno.

Morti per chi?

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La tutela di Marco Biagi era responsabilità di Claudio Scajola, oggi sotto processo per ‘ndrangheta. Questo direi che fotografa perfettamente la classe dirigente di questo Paese (negli scorsi anni ma sarebbe bello aprire l’analisi anche sull’oggi) che si ritrova a prendere decisioni come in questo caso vitali sulla sicurezza e la prevenzione. Oggi a capo di questa responsabilità c’è Angelino Alfano. Per dire. Per questo la notizia dell’apertura di un’indagine nei confronti di De Gennaro e dello stesso Scajola sulla morte di Biagi è da seguire con attenzione. Molta attenzione. Almeno noi.

Tra i manganelli non vede contraddizioni

Angelino Alfano ha riferito al parlamento di non vedere contraddizioni tra la sua versione (falsa) dei fatti accaduti a Roma e le riprese trasmesse dalla trasmissione Gazebo. Cioè continua a vedere un’attacco premeditato da parte della FIOM contro le forze dell’ordine.

In un Paese normale sarebbe da prendere a calci nel culo. Anzi no: a manganellate.

La pettegola

La pettegola sta tutto il giorno nascosta dietro la porta del suo pianerottolo e scende solo un paio di volte al giorno per dire al portinaio che ognuno deve farsi i fatti propri, che il garantismo facilita la convivenza nel condominio. La pettegola dice che ognuno a casa propria deve essere padrone, che di solito gli stranieri vengono tutti qui sul portone per rubare in casa degli altri e che “il più bel tacer non fu mai scritto”:

Eppure la pettegola la riconosci che è pettegola, però, perché è la prima a puntare il dito per quella macchia sulle scale. Anche se si pente subito dopo.

Camera - legge di stabilita'

Mafia al chilo

Insomma, sul tema mafia questo governo sta lasciando spazio ad Angelino Alfano che rincorre la veste di “antimafioso d’etichetta” come già successe per Maroni. E ancora una volta il nostro Ministro dell’Interno ci rassicura dicendo che dovrebbero bastarci i settanta latitanti arrestati e un “impegno al fianco dei magistrati in prima linea”. Sulla trattativa “Stato-mafia” ovviamente non esce una parola che sia una, sull’autoriciclaggio nemmeno e sul dibattito che sta infiammando la questione dei beni confiscati ancora una volta si avanza l’ipotesi di venderli ai privati. Ma Angelino ci ricorda che “possono essere confiscati una seconda volta”. Ha detto proprio così, eh.

La balla dei 600mila profughi (e bolle blu)

Per dare un’idea dell’etica, della responsabilità e dello spessore politico dell’alleato di Renzi Angelino Alfano possiamo riprendere una sua dichiarazione lanciata a forma di disperato grido di allarme in cui ci preannuncia l’invasione di un’orda di 600.000 (seicentomila) profughi verso il territorio italiano. Roba da apocalisse.

Peccato sia una balla. Ma colossale.

Anche al Consiglio italiano per i rifugiati sono rimasti sbigottiti dall’affermazione di Alfano: “Sicuramente moltissime persone stanno fuggendo dalla guerra siriana e dal Corno d’Africa, ma uno sbarco di 600 mila persone è impensabile”. Certamente, dicono gli esperti del Cir, nell’ultimo periodo il numero di profughi arrivati in Italia è aumentato soprattutto per il conflitto siriano: dal primo gennaio 2014 sono 12 mila persone, e con la buona stagione gli sbarchi aumenteranno.

Le informazioni sono qui.