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#cosaseria eppur si muove

“Si alla sinistra nemica di populisti, ma l’Udc non fa parte del nostro campo. Noi gli siamo alternativi. Alleanze? Dico a Bersani: apriamo ai movimenti, ai sindaci, e credo si debba aprire un dialogo costruttivo con tutte le forze di sinistra. Mi candido alle primarie”. Lo dice Vendola nella sua intervista di oggi.

Si chiama “dibattito”, è il cuore della politica. E adesso è aperto.

 

 

 

L’immonda legge elettorale

E nel paese che aveva avuto un regime mediatico ventennale seguito da un successivo governo della Goldman Sachs, per non interrompere il serial si andò alle elezioni inventando un superpremio di maggioranza al primo partito, un inedito mondiale (Grecia a parte). Gli elettori furono chiamati anticipatamente alle urne per volere del capo dello stato che dettò le condizioni di un’alleanza centrista, sfasciando del tutto il già disastrato campo della sinistra. La fantapolitica è spesso anticipatrice della realtà (il 1994 ce lo ricorda) e in Italia potrebbe accadere di nuovo: votare con un sistema frankestein (metà Mattarellum, metà tedesco, metà spagnolo), scelto da partiti al minimo storico del consenso, dopo appartati conciliaboli in comitati ristretti.

Lo scrive Norma Rangeri su Il Manifesto e sembra l’inizio di uno spettacolo di Aristofane ma non fa ridere per niente. La legge elettorale in discussione in questi giorni è l’ennesimo suicidio della politica, se ce ne fosse ancora bisogno. Decidere di imboccare la strada della preservazione della specie mentre spinge la richiesta di partecipazione è una porcata morale immonda: significa reagire all’antipolitica alimentandola con la strada dell’a-politica. Viene il ragionevole dubbio che per qualcuno sia un sturbo insopportabile questa cosa di dovere addirittura votare, nelle democrazie.

Come dice bene Norma: È l’inganno perpetuo: come nel referendum del maggioritario (lo ricorda ai lettori la copertina del ’93 che ripubblichiamo oggi), con l’80 per cento di «sì» il popolo pensò di essersi liberato del vecchio regime, della partitocrazia e invece cambiarono solo le facce (e non tutte), così domani lo strombazzato funerale al bipolarismo potrebbe tradursi, senza soluzione di continuità, in una farsa del proporzionale, con gli stessi partiti, e persino le stesse facce di oggi, al governo di domani.

 

La #cosaseria ha bisogno di chiarezza, seria

Funziona sempre così: la notizia da lanciare è l’eventuale dissidenza. Se qualcuno esprime un’opinione (il nostro appello è un’opinione che pretende di essere ovviamente una posizione) diventa un boccone prelibato per passare per dissidente, contestatore o peggio un fomentatore. Ho imparato la calma perseverante da tempo grazie alla paura cronica e all’esame continuo: non mi interessa smentire, costruire, perfezionare o aggiustare. Il nostro appello è la rivendicazione del ruolo politico che SEL ha nello scacchiere del centrosinistra ed è chiaro e leggibile. Ma per evitare tortuose insinuazioni chiariamo volentieri:

  • crediamo che sia SEL a dovere mettere i paletti sull’eventuale alleanza (o tentativo di alleanza) con l’UDC non per veti pregiudiziali ma semplicemente perché i punti di programma non sono compatibili.
  • crediamo comunque che il PD possa essere la forza motrice di una coalizione di governo. Abbiamo scritto “una parte del PD” perché ogni volta che ascoltiamo Letta, D’Alema, Foroni e altri capiamo di essere diversi. Non migliori o peggiori: diversi. Diversi perché incompatibili. E allo stesso modo lavoriamo da tempo con una parte del PD che lavora con lo stesso comune sentire.
  • non accettiamo che ci venga detto “SEL ha aperto all’UDC”. Ho seguito in diretta delle cose in quei giorni e so bene come la comunicazione abbia preso una piega incoerente con le posizioni reali (come ha spiegato Nichi a chiare lettere). Però all’esterno la questione è rimasta irrisolta, per mancata comprensione o per fallace comunicazione. Bene: la Cosa Seria vuole prendere seriamente posizione. Appunto.
  • crediamo che le forze politiche (e sociali, quelle senza sigla) a sinistra e comunque alternative al Montismo siano una risorsa. Ma non accettiamo che il nostro appello sia strumentale ad un’ennesima parcellizzazione. Inclusivi senza essere strumentali, per favore.
  • basta con questa abitudine a bollare come dissidenza qualsiasi presa di posizione. Succede dappertutto. Ogni volta che si chiede forza nell’esprimere una volontà politica si passa per essere demolitori del presente: una banalizzazione, questa sì, populista, banale e abusata. Dentro quell’appello c’è un’idea di programma che è già stato scritto (e pubblicato qui). Stiamo chiedendo una diversa convinzione. La demolizione la lasciamo a formattatori o rottamatori. Ci dedichiamo alla pars construens.
Tra l’altro tutte questo è congelato da una legge elettorale che potrebbe arrivare e che si annuncia come scempio della rappresentatività.

E poi chiariamo l’ultimo punto ma chiariamolo davvero: vogliamo che le diversità di forze politiche non potabili rispetto al nostro sentire vengano valutate, considerate e messe per iscritto. Senza preoccuparci di esserne padri o padrini. Vorremmo lavorare perché il nostro pensiero sia condiviso e, se maggioranza, diventi un impegno. Chi scrive che alla prossima assemblea di SEL del 31 agosto ci sarà una “battaglia” sbaglia in modo sensazionale. Io (qui uso il singolare perché me ne prendo la responsabilità) credo che sarà così. Sarà chiarito. E sarà scritto e comunicato questa volta con fermezza.

Rivendichiamo una linea politica che forse già c’è e ha bisogno di emergere al meglio. E noi ne vigiliamo la fioritura. Facciamo politica per questo, no?

 

La #cosaseria in Sicilia: cosa succede intorno a Fava

Dunque, tra le osservazioni che sono arrivate al nostro appello Facciamo la Cosa Seria ci sono immancabilmente quelle degli analisti politici. Loro li riconosci subito dalla quella faccia che dice “la politica è un’altra cosa e non è cosa per il popolo bue” e dal fatto che non arrivano mai con le proprie osservazioni alla fonte ma attraverso tortuosissimi sentieri di pretoriani che fanno da sponda.

La Cosa Seria, secondo loro, non funziona perché servono i numeri. E’ la stessa frase che mi disse un alto dirigente PD in Lombardia quando mi confermò che loro dialogano con l’UDC perché a differenza mia volevano vincere (che poi, dico l’UDC piacerebbe sapere a tutti quanto pesi elettoralmente in questo momento perché credo che un alieno che legge le cronache degli ultimi mesi sia portato a pensare che sia un monolite da 50/60% di consensi) e per vincere bisogna, mi ammonì severo, stare tutti insieme: affermazione inquietante in politica, dove ognuno ha il compito di rappresentare le differenze per potere tutelare tutti. Insomma gli analisti politici (dalemiani nell’oratoria e nella postura, di solito) dicono che la Cosa Seria pone un veto e non funziona e se gli si risponde che in realtà vorrebbe togliere il veto al blocco più di sinistra di questo Paese controbattono che la coalizione si fa con i partiti di Governo e non con le meteore populiste o veterocomuniste (che tutti insieme tra l’altro pesano ben più dell’UDC, ma la matematica degli analisti non ha le regole della matematica degli ingenui come noi, si vede).

Intanto succede che in Sicilia Claudio Fava dica a chiare lettere che discontinuità significa evitare ammucchiate e rompere davvero con il passato. Una posizione politica chiara: no al Cuffarismo, nessun credito alla conversione dell’UDC siciliana e a malincuore no al PD che cerca sponde con loro. Assomiglia tanto alla Cosa Seria, verrebbe da dire.

E un sondaggio di Pagnoncelli dice che Fava sarebbe in testa in una corsa in cui la corazzata PD-UDC amata dagli analisti risulta addirittura terza.

Non so se Claudio Fava ce la farà (e ci torneremo, e faremo di tutto perché accada) ma a volte succede che i numeri assomiglino davvero ad un comune sentire così lontano dagli strateghi forse un po’ logori e sordi. Ed è una piacevole e confortante evoluzione. In attesa delle cose lombarde. Anche.

 

#cosaseria Sì, tutto bello, e poi?

Beh abbiamo lanciato l’appello e si è aperto un dibattito. In rete ognuno aggiunge, toglie, modifica e critica i punti della Cosa Seria che secondo noi dovremmo prenderci la briga di fare. E ora cercheremo di ragionare su tutto quello che ci è stato detto, proposto e stroncato. Ma la frase sfiduciata che mi colpisce di più è quel “e poi?” che in molti mi hanno scritto: innanzitutto perché dà il senso della disperazione nell’effetiva possibilità di cambiamento e in più perché disegna un’abitudine a credere che il distacco con i dirigenti non sia sanabile.

E allora provo a rispondere a quel e poi? con qualche osservazione. Sappiamo bene che i punti proposti sono da approfondire e molto perfettibili ma almeno vogliamo esercitare il diritto di fissare dei punti sulle mediazioni potabili e su ciò che rischi di essere un compromesso. Nell’articolo per L’Espresso di Silvia Cerami le strade cominciano a prendere forma e così succede che Claudio Fava (toh, un dirigente, appunto) dica riferendosi alla propria candidatura in Sicilia «Sono candidato con una coalizione che esclude qualsiasi possibilità di accordo con l’Udc e non soltanto perché è stato il partito di Cuffaro, ma anche per il partito che è oggi, che muove in una direzione di sostanziale continuità con il passato non onorevole ed encomiabile della politica dei governi siciliani. Un partito che ha ricercato il consenso come unica fonte di legittimazione della funzione politica, un partito che ha una responsabilità grave per le condizioni di devastazione economica e sociale in cui si trova la Sicilia. Se si vuole un’alternativa di senso e di merito non ci si può alleare». Vuoi vedere che la Sicilia potrebbe essere un primo laboratorio politico per provare a costruire una Cosa Seria?

Qualcuno mi fa notare giustamente che questi punti devono arrivare all’interno delle segreterie dei partiti: ottimo, io per la mia parte e per quel che posso credo che questo sia un buon documento per l’assemblea nazionale di SEL che ci sarà nei prossimi giorni. Alcuni democratici hanno intenzione di discuterne nei propri direttivi. Non basterà direte voi (so già), può essere. Avremmo fatto tutto quello che serviva per tenere la barra dritta. Avremo dichiarato la nostra posizione: cosa è accettabile e cosa no. E prendere posizione (e chiederne il rispetto e lavorare perché possa essere un sentire comune rappresentato) è politica. O no?

Non finisce qui. Inizia adesso.

Facciamo La Cosa Seria

Altro che Cosa Bianca.

Facciamo la Cosa Seria.

Un movimento aperto a quel 99 per cento di cittadini che non vive di rendite e di finanza: che siano giovani o anziani, deboli o forti – perché anche i forti possono prendere con onore la responsabilità di essere garanzia degli altri.

Un movimento laico di quella laicità che è la più intelligente garanzia della solidarietà senza esegesi politica.

Nella Cosa Seria le porte sono aperte a tutti coloro che si riconoscono nelle priorità di programma che sono poche e chiare. Nella Cosa Seria ci si impegna ad essere includenti nel senso più pieno: quello che combatte le oligarchie, le iniquità, le rendite di posizione e le corporazioni.

Nella Cosa Seria la memoria è un punto di programma: la memoria della Storia di questo Paese (la migliore come stimolo e la peggiore come vaccino) e la memoria delle scelte politiche delle persone che vogliono starci. I liberisti smodati sono liberisti smodati, perché ne abbiamo memoria. I sostenitori prostituiti ai berlusconismi in tutte le sue salse sono incompatibili con noi, perché ne abbiamo memoria. I fiancheggiatori politici di persone condannate per mafia sono avversari politici senza mediazioni, perché ne abbiamo memoria.

Chi ha votato in Parlamento la sistematica distruzione della scuola, della magistratura, dei diritti dei lavoratori, delle emergenze per sfamare gli appalti, del suolo trasformato in appetitoso margine di monetizzazione, delle infrastrutture utili dimenticate, della sicurezza idrogeologica in nome del profitto, della sanità pubblica e di tutto ciò che è stato confiscato ai diritti, nella Cosa Seria non ha posto perché la memoria è il primo ingrediente della democrazia e i ravveduti dell’ultimo minuto sono alchimisti che ormai sappiamo riconoscere.

Nella Cosa Seria anche la verità è un punto di programma: la verità giudiziaria, la verità storica e la verità politica. Non si parteggia per questo o quel potere: si pretende l’emersione totale dei fatti e si difende chi lavora per questo. Senza calcoli elettorali e posizionamenti da patetico risiko politico.

Nella Cosa Seria si dialoga con il cuore dei partiti: i militanti, gli amministratori, le tante persone serie e per bene che fanno politica con impegno e passione in giro per l’Italia. Perché il sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, era un politico, Pio La Torre era un politico, Peppino Impastato era un attivista politico: la politica in Italia per molti è stata ed è una Cosa terribilmente e meravigliosamente Seria.

Nella Cosa Seria l’equità non è un spot europeista di macroeconomia ma passa attraverso un ridistribuzione dei diritti e dei doveri, dei costi e dei benefici e soprattutto delle opportunità. Opportunità garantite a tutti: la meritocrazia passa per forza da qui.

Nella Cosa Seria vincere le elezioni è un mezzo e non un fine. E anche governare dopo averle vinte è un mezzo e non un fine.

Nella Cosa Seria i diritti civili non sono più negoziabili con nessuno, né rinviabili, né assoggettabili a compromessi al ribasso o a diktat provenienti da chi fa della propria fede un elemento di divisione e non di fratellanza. E per questo, anche per questo, non sono alternativi ma al contrario strettamente connessi con i diritti sociali.

Nella Cosa Seria si pensa che i cinque miliardi di euro spesi finora per bombardare l’Afghanistan siano stati rubati al welfare, agli ospedali, agli asili nido, alla scuola pubblica. E che le spese in aerei da guerra o in supercannoni tecnologici siano solo un furto ignobile ai danni dei  pensionati come dei precari.

Nella Cosa Seria si sta insieme, perché un’alleanza politica non è un matrimonio e quindi non divorzi se il tuo alleato urla troppo quando parla o è maleducato. Nella cosa seria conta la politica vera, il programma da realizzare, non le simpatie.

Nella Cosa Seria quando dici «ce lo chiede l’Europa» pensi alla legge anticorruzione mai fatta, al salario minimo garantito in Francia, al congedo parentale obbligatorio per i papà della Svezia, al reddito minimo di cittadinanza garantito da tutti gli stati europei tranne che da noi, in Spagna, Portogallo e in Grecia. Pensi a un modello di previdenza sociale che tuteli anche i lavoratori precari e le donne che devono lasciare il posto di lavoro in gravidanza, pensi a una legge sulla procreazione assistita che non ti costringa ad andare all’estero per fare un figlio, pensi al pluralismo dell’informazione e alla diffusione della rete.

Nella Cosa Seria siamo europeisti convinti, per questo pensiamo che l’Europa unita non sia quella delle banche ma quella dei cittadini, e che i mercati finanziari debbano essere controllati e le speculazioni scoraggiate con misure come la Tobin Tax per privilegiare gli investimenti sul lavoro e l’impresa.

Nella Cosa Seria ci si batte per un’Europa matura e solidale con un indirizzo comune, un esercito comune, liste comuni al parlamento europeo e una banca centrale in grado di mettere al riparo i singoli stati dall’attacco della speculazione finanziaria.

Nella Cosa Seria pensiamo che ciascuno sia cittadino del Paese in cui nasce, che l’immigrazione sia una risorsa e non una minaccia.

Nella Cosa Seria vogliamo che il carcere serva a rieducare e non a umiliare e che la detenzione sia l’ultima opzione dopo il ricorso a pene alternative.

Nella Cosa Seria siamo convinti che la lotta all’evasione si combatta abbassando la soglia del pagamento in contanti e tracciando i pagamenti. E che sia ingiusto aumentare il prelievo fiscale ricorrendo all’aumento dell’Iva e non alla patrimoniale.

Nella Cosa Seria immaginiamo città liberate dal traffico e dall’inquinamento grazie alle piste ciclabili, al car sharing, con un trasporto pubblico più efficiente e meno macchine.

Nella Cosa Seria crediamo che l’Italia meriti una politica industriale che punta a un modello di sviluppo sostenibile; nella Cosa Seria pensiamo che si cresca riconvertendo e non cementificando, puntando sulle energie alternative e non sulle grandi opere.

Nella Cosa Seria si fanno le primarie, si scelgono i parlamentari, non si decide mai soli, né in due o in tre.

Nella Cosa Seria sappiamo che la parola “sinistra” nel Paese ha ancora un senso diffuso che non appartiene a ceti politici né a gruppi dirigenti. È un sentimento, un modo di stare al mondo, un’appartenenza ideale e concreta che richiede coerenza e che non può ridursi in piccoli e particolari interessi di bottega, antiche inimicizie e gelosie d’appartenenza.

Per questo chiediamo che Sinistra Ecologia e Libertà e una parte consistente del Partito Democratico siano il motore di una coalizione che sia una Cosa Seria. Che guardi a Italia dei Valori, Federazione della Sinistra, ALBA, Verdi e tutti coloro che si riconoscono in un manifesto di posizioni chiare e realmente governabili, oltre che di governo. Perché non ci piace la strategia dell’inerzia per capitalizzare il consenso trascinandosi alle prossime elezioni, ma preferiamo la semplicità e la chiarezza delle idee da valorizzare insieme. Soluzioni collettive per risolvere i problemi, insieme: politica presa come una Cosa Seria.

 

Questo documento è stato scritto a molte mani (da Giulio Cavalli, Francesca Fornario, Alessandro Gilioli, Matteo Pucciarelli, Luca Sappino e Pasquale Videtta) ma non ci interessano i padri o i primi firmatari; ci interessa farsene carico e condividerlo. Sul serio.

Memento Bersani (e CL) semper

“Se vuole rifondarsi, la sinistra deve partire dal retroterra di Cl. La vera sinistra non nasce dal bolscevismo, ma dalle cooperative bianche dell’800, il partito socialista arriva dopo, il partito comunista dopo ancora. E i movimenti del Sessantotto sono tutti morti, solo l’ideale lanciato da Cl negli anni Settanta è rimasto vivo, perché è quello più vicino alla base popolare, è lo stesso ideale che è alla base delle cooperative, un dare per educare”

Parole di Pierluigi Bersani al meeting di Rimini nel 2003.

Poi, sempre al meeting questa volta nel 2006, disse: “Quando nel 1989 Achille Occhetto volle cambiare il nome del Partito comunista italiano, per un po’ pensò di chiamare il nuovo partito Comunità e libertà. Perché tra noi e voi le radici sono le stesse”

Per chiarire meglio si può leggere il pezzo di Gianni Barbacetto. E, in fondo, è quello che spiegavo già nella mia intervista.

Niente voto utile in SEL per favore

Leggo sul sito di SEL e trasalisco (o trasalgo, il problema non è letterario):

Un centrosinistra esplicitamente aperto al dialogo politico, finanche alla collaborazione su temi di comune interesse, con l’UDC, tanto per dare un nome alle perifrasi bersaniane, in una temperie storica che, in particolare sul tema cruciale del significato europeo, non vede un lineare sereno all’orizzonte. Ovvero l’inversione dell’approccio seguito nell’ultimo ventennio dalle correnti maggioritarie della sinistra italiana, D’alema per intenderci, che dall’accordo strategico col centro avevano fatto l’elemento centrale della loro linea su alleanze e programmi.

In questo percorso si esclude l’IDV, non per una preclusione sui temi programmatici, che quel partito ha condiviso con SEL, in quest’ultima fase del periplo dipietresco, ma per l’impossibilità di addensare una seria prospettiva di governo con chi, in tutta evidenza, non riesce ad abbandonare la tattica della guerriglia contro gli alleati, a mero scopo di visibilità. Così si sarebbero potuti leggere i giorni a cavallo di luglio e agosto, senza eccedere in forzature ottimistiche, solo per stare a fatti e dichiarazioni.

No. Il voto utile in salsa postveltroniana non ci ci interessa. Davvero. E non funziona. Fidatevi. E qualcuno alzi la voce per chiedere l’unità della sinistra con la parte (di sinistra) del pd, con fds, verdi e idv. C’è qualcuno? Sì, noi.

Una bella domanda

Quindi ricapitoliamo: il Pd prima perde le primarie a Palermo, poi annuncia che riformerà le primarie, quindi arriva alle elezioni (regionali) e da un momento all’altro candida un suo uomo esultando, sì, per l’alleanza con l’Udc (e dunque con i compagni di partito dell’ex senatore Cuffaro, ah non ci avevate pensato?) ma “dimenticandosi” di convocare le primarie, con la scusa che le elezioni, dannazione, sono tra pochi giorni, e dunque il tempo non c’è. C’è altro da aggiungere?

Se lo chiede Claudio Cerasa. E anche noi, in fondo.

2012: l’odissea del Porcellum in Parlamento

Tanto per ricordarsene (ricostruisce Il Fatto Quotidiano):

Legge elettorale e riforme sembravano da mesi una priorità per i leader di Pd, Pdl e Udc. A marzo avevano dichiarato che in 15 giorni sarebbe arrivato il testo. A inizio aprile per Alfano occorreva un anno per la riforma costituzionale, e solo tre mesi per cambiare il Porcellum. A sinistra, da Finocchiaro a Violante, parlavano nelle stesse settimane di “tempi stretti” e “piuttosto rapidi” e Bersani era convinto di trovare un’intesa entro i primi di luglio. Per Casini a giugno l’accordo era imminente, nell’ordine delle “due o tre settimane” e alla fine del mese successivo il leader centrista voleva “subito” la legge elettorale. Cicchitto e Gelmini hanno addossato la colpa del ritardo a Bersani e Rosy Bindi aveva espresso il veto sulle vacanze del Senato se non ci fosse stato il primo voto a Palazzo Madama. Urgenze e tempistiche che non hanno trovato riscontro nei fatti.

27 marzo 2012

Secondo Alfano, Bersani e Casini, riforma della Costituzione e legge elettorale verranno ”incardinate parallelamente” al Senato entro 15 giorni.
Casini: ”Ci è stato chiesto di battere un colpo, l’abbiamo fatto. Se si passerà dalle parole ai fatti la politica avrà dato una buona prova”.

3 aprile 2012

Angelino Alfano (segretario Pdl): ”Noi pensiamo sia meglio partire subito con la riforma costituzionale. Perché, per questa, occorre un anno. Mentre per la riforma elettorale bastano tre mesi. Ma non significa non volere procedere con la riforma elettorale, come invece il Pd ci imputa di voler fare. In ogni caso, ci puo’ anche essere del normale gioco tattico in tutto questo: è possibile cioè che chi imputa a noi di voler mantenere il porcellum, in realta’ sia lui a volerlo mantenere”.

14 aprile 2012

Anna Finocchiaro (Pd): ”Fare polemiche è inutile ma è evidente il rischio, visti i tempi stretti, di venire meno all’impegno, che tutte le forze politiche si sono prese, di cancellare il ‘porcellum’ e di fare una nuova legge elettorale. Il Pd ha a cuore la salvaguardia del bipolarismo e vuole ridare agli elettori la possibilità di scelta dei candidati”.

Luciano Violante (Pd): “La nuova legge elettorale dovrà essere approvata per forza in tempi piuttosto rapidi. Se si andrà a votare nel 2013 le Camere dovranno essere sciolte entro i primi 15 giorni di febbraio”, cioe’ 90 giorni prima del voto. Pertanto ”al massimo entro novembre le riforme costituzionali e la legge elettorale dovranno essere pronte a entrare in vigore”.

24 aprile 2012

Pierluigi Bersani (segretario Pd) sui rimborsi parlamentari: ”Se tutta l’Italia tira la cinghia, la politica deve farlo due volte di più”.

Pierferdinando Casini (segretario Udc): ”Dimezzare i finanziamenti ai partiti ed andare verso un progressivo azzeramento degli stessi è possibile anche con la nostra proposta”.

8 giugno 2012

Bersani: “Io ribadisco no al porcellum che considero la causa principale del distacco dei cittadini dalla politica e non ha consentito la governabilità”. Entro i primi di luglio ”dobbiamo sapere con ragionevole certezza la soluzione e quindi chiedo mandato alla Direzione per metterci a lavoro da domani con le altre forze politiche”.

9 giugno 2012

Enrico Letta (Pd): ”Bisogna fare la riforma elettorale. Nelle prossime tre settimane il porcellum va mandato definitivamente a casa”.
D’accordo Alfano sui tempi: ”L’ho già detto a Bersani”.
Casini: ”Pensavo ci fosse già un accordo. Ora si parla di tre settimane, parliamoci chiaro: qui stiamo a fare sceneggiate , non dico napoletane.. Comunque, due o tre settimane, non è questo il punto”

6 luglio 2012

Bersani: “Bisogna fare la riforma elettorale e bisogna trovare qualcosa meglio del Porcellum”.

9 luglio 2012

Napolitano: ”Mi auguro che l’autorevole opinione dei Presidenti delle Camere, nel loro continuo rapporto con i Presidenti dei gruppi parlamentari, possa concorrere a sollecitare la oramai opportuna e non rinviabile presentazione in Parlamento di una o più proposte di legge elettorale”.

Casini: “Basta con le meline, confrontiamoci in Parlamento”.

24 luglio 2012

Casini: ”[Sulla riforma della legge elettorale] con Alfano e Bersani ci sentiamo ogni giorno, non è un problema di appuntamenti”.

25 luglio 2012

Alfano: ”Faccio un appello a Bersani perché non sia ‘testa dura’ e sia più flessibile perché sennò dovrà spiegare lui ai cittadini che si è voluto tenere il Porcellum”.

Casini: ”Non perdiamo più tempo, non ricadiamo negli errori del passato. Noi vogliamo la nuova legge elettorale e la vogliamo subito senza furberie o rinvii. Auspichiamo che sia largamente condivisa tra i partiti che sostengono il governo”.

28 luglio 2012

Gelmini: ”Finalmente Bersani esce allo scoperto e ammette di non volere cambiare il tanto criticato Porcellum. C’è tutto il tempo per cambiare la legge elettorale”

Cicchitto: “A questo punto le possibilità sono due: o si vota a maggioranza secondo le normali regole della democrazia richiamate anche da Napolitano in materia, oppure – cosa più auspicabile – si lavora per trovare una intesa”

31 luglio 2012

Rosy Bindi (Pd): ”Non si vada in vacanza fino a quando almeno al Senato non ci sia stato un primo voto. Bersani, Alfano e Casini si devono accordare a patto che Berlusconi poi non guasti tutto. Si è lavorato bene fino a quando non è tornato in campo Berlusconi che non vuole cambiare la legge elettorale”. Al Cavaliere, dice Bindi, ”va bene il Porcellum perché gli interessa salvare la sua squadra dal naufragio, si accontenta di perdere bene”

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