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Giulio Cavalli

Minacce ‘ndrangheta, Sonia Alfano: “Pericolo imminente, più protezione per Cavalli e Bonaventura”

La ‘ndrangheta voleva uccidere Giulio Cavalli, E’ quanto testimonia in esclusiva a Fanpage Luigi Bonaventura, pentito della cosca Vrenna-Bonaventura. Per l’europarlamentare Sonia Alfano il pericolo c’è ed è imminente: “Mi auguro che venga immediatamente verificato dalle autorità competenti quanto dichiarato da Bonaventura, e se corrisponde al vero innalzare il livello di protezione nei confronti di Giulio Cavalli, per il pericolo imminente per la vita di Giulio e per la vita della sua famiglia. Alla luce della spending review sarebbe opportuno tagliare la scorta a politici e giornalisti e altre personalità che godono di tutele sembra più per accompagnamento che
per motivi di sicurezza e darla o innalzarla, nel caso di Cavalli, a persone che rischiano. Le autorità competenti devono verificare immediatamente e agire anche nei confronti di Bonaventura”.

Condannato

L’unica salvezza per la sinistra e per le istituzioni è leggere con spirito di verità quanto è avvenuto in questi anni e la Cassazione ha certificato ieri, dando un giudizio preciso sulla natura di questa destra e del suo leader, senza nascondere la testa dentro la sabbia, perché su questa natura si gioca la differenza per oggi e per domani tra destra e sinistra, cioè il nostro futuro.

Non è la destra che deve decidere se può restare al governo dopo questa sentenza. È la sinistra. Perché la pronuncia della Cassazione non è politica: ma il quadro che rivela è politicamente devastante. Per questo chi pensa di ignorarlo per sopravvivere avrà una vita breve, e senz’anima.

Oggi sono d’accordo con questo passaggio di Ezio Mauro.

Non muoio nemmeno se mi ammazzano

Adesso mi piacerebbe vedere la faccia che faranno tutti quelli che si sono riempiti la bocca in tutti questi ultimi mesi. Mi piacerebbe anche ascoltare i soloni che hanno potuto piantare la bandiera sul mio “cambiamento” che li ha confortati nella loro opera di demolizione, mi piacerebbe guardare tutti quelli che hanno giudicato le mie vicende personali, la mia separazione, i miei amori e le mie paure senza nemmeno avere un secondo per cogliere le parole “giuste”, sempre impegnati come sono con il pennarello rosso a dimostrare che “hai visto, è vero, alla fine era tutto un bluff”.

Adesso mi piacerebbe anche guardare diritto negli occhi chi  ha sorriso dando di gomito parlando di me e “della velina”, negli aperitivi dove gli affetti degli altri sono più golosi delle pizzette e pesano meno delle briciole di una patatina. Mi piacerebbe anche sapere come ci si può sentire con il brivido di potere dimostrare e raccontare che tutte le malevolenze stavano realizzandosi senza nemmeno fare fatica, ché sembrava così bello che facessi tutto io.

Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensano i giornalisti, quelli che fanno antimafia come se fosse gossip, che stanno in provincia perché hanno le vertigini appena ci si alza un po’ e esibiscono l’amicizia con il maresciallo del paese come se fosse un riscatto sociale.

Mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensano tutti quelli che mi hanno raccontato immerso nella “mondanità” tutta romana o televisiva mentre cercavo di fare quadrare le responsabilità, quelle perse e quelle trovate, quelle che ho costruito per anni mentre mi venivano affettate in pochi minuti.

Mi piacerebbe, oggi, telefonare a quelli che dicono che Giulio si è perso, che non scrive più come una volta, che si è bruciato, che è un bluff, che è un padre snaturato, un marito irresponsabile, un prodotto solo editoriale, uno incapace di fare gruppo, un minacciato per finta o uno che in questi ultimi mesi ha preferito divertirsi.

Ecco, mi piacerebbe sapere, come dovrei essere, secondo i vostri canoni idioti e superficiali come mosche, cosa dovrei scrivere in questi giorni in cui un pentito sta descrivendo punto per punto, nome per nome, incontro per incontro, il progetto che avrebbe dovuto ammazzarmi. E che si è svolto per un bel pezzo più con l’aiuto degli altri, che dei mafiosi stessi, con quelle convergenze degli utili cretini che sanno sempre cosa sarebbe giusto fare senza farsi domande.

Ditemi voi, che mi avete giudicato tutti questi ultimi mesi, cosa devo scrivere dopo avere letto la sceneggiatura della mia morte ammazzata.

Adesso ci prendiamo del tempo. Ancora. E se vi spiace io non ho tempo e voglia di dispiacermene.

Indignati tutte le mattine, mi raccomando.

Non ho un buon rapporto con l’abuso di indignazione anche se mi capita di usarla (in teatro o in scrittura o in politica) per fare leva sull’ascolto più attento e aperto ma l’abuso, no, proprio no. Mi sembra che quando l’indignazione diventa diffusa e permanente ci sia una sorta di annacquamento flaccido e stancante. Per questo valgono le parole di Manuel Peruzzo per Gli Altri, quando dice:

La sinistra vuole nobilitare l’incazzatura. La destra, per imitazione e complesso d’inferiorità, vuole incazzarsi nobilmente.

Ecco, mi manca svegliarmi per un progetto. Che sarebbe infinitamente meglio. No?

Referendum come solletico

A Bologna decidono di mettere in piedi un referendum per decidere se continuare a sostenere pesantemente le scuole materne private o piuttosto riservare quei fondi all’istruzione pubblica. Bene, ve lo ricordate, no? La “campagna” per il referendum vede in processione di massa sia sulla stampa nazionale che quella locale tutti i convintamente privati che abbiamo in questo Paese. Per un lombardo come me, del resto, è un’abitudine ascoltare la retorica dell’eccellenza privata, plagiato come sono da decenni di formigonismo e di centrosinistra emulo di nascosto. Succede però che al referendum vince (inaspettatamente, dicono alcuni) l’ipotesi che sostiene il dovere di tutelare la scuola pubblica prima di qualsiasi dirottamento di risorse verso quelle private. Si sprecano le analisi e i commenti ma il senso della vittoria è presto detto: in questo Paese le famiglie che vivono l’esperienza di una scuola pubblica per i propri figli sono la stragrande maggioranza e la Costituzione parla chiaro.

Ora, in Consiglio Comunale a Bologna viene presentato un ordine del giorno (dal capogruppo del PD, per dire) che chiede, in pratica, di fregarsene del risultato del referendum e lasciare tutto com’era. Lo votano il Partito Democratico e il PDL, raggiunge la maggioranza, e quindi passa. Il Sindaco Merola, tra le altre cose, dice:

“Ringrazio il Pdl che vota l’ordine del giorno del Pd. Non ho paura delle parole e delle convergenze. Capisco che le parole “convergenze”, “mediazione”, “intesa”, nella vulgata siano accostante al tradimento. Ma qui le larghe intese non c’entrano. Abbiamo solo una convergenza più ampia su un tema specifico”.

Ora, mi chiedo, fino a quando crederemo alla favoletta delle amministazioni governate da coalizioni di centrosinistra, in mezzo a tutte queste causali convergenze.

 

Non ci credeva nessuno

Schermata 2013-07-30 alle 02.11.35Quando abbiamo pensato di fondare una compagnia teatrale a Lodi (eravamo io e Marco Mozzato e una manciata di giovanissimi che facevano le prove alla Casa del Popolo sotto un caldo da rimanere attaccati al pavimento) non ci credeva nessuno. E’ vero che ci dicevano che sarebbe stato un ottimo ritrovo settimanale, sempre meglio che ubriacarsi uccidendosi di spritz sotto alla biblioteca, ci dicevano, ma nessuno ci credeva che avremmo fatto qualcosa in più di quegli spettacoli che vanno in scena per dare un senso alla pizza dopo gli applausi degli amici.

Fai teatro per come l’hai voluto fare ma anche per gli incontri che fai. Paola Tramezzani era assessore alla cultura della città mentre ci ascoltava prendendoci terribilmente sul serio, forse più di quanto ci prendessimo noi mentre le parlavamo.

Ora Paola è andata dopo una brutta malattia. E in fondo non ho nemmeno trovato il tempo per ringraziarla tutti questi anni dopo.