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matteo renzi

Lo sguardo lungo del portavoce (affascinato da Andreotti) di Renzi

Per merito suo il nome di questa città gira per il mondo. Siamo su un palcoscenico internazionale

(Lorenzo Guerini, attuale portavoce della segreteria del PD, all’epoca sindaco di Lodi, su Gianpiero Fiorani, un mese e mezzo prima che questi fosse indagato. Fonte. Se qualcuno si chiede cosa c’entri Andreotti può leggere qui)

Un consiglio per Renzi e per la cultura #iostoconBray

Leggete Christian Raimo stamattina (bravo come sempre):

Oggi, 19 febbraio, si sarebbe dovuta tenere l’attesa riunione del gruppo di lavoro che sta preparando il Piano per la lettura, un progamma voluto e sostenuto dall’ormai ex-ministro dei Beni e le Attività Culturali Massimo Bray. Quest’incontro, col governo Letta andato a gambe all’aria non si farà. Ora, da anni si cercano di trovare dei risultati seri sulla politica di promozione alla lettura. E qualcosa con Bray stava accadendo. E anche, forse, con i tempi complicati della politica, si stava riuscendo a fare di quella struttura debole e mal diretta del Centro del Libro e la Lettura un organo di coordinamento e intervento più efficiente.
L’altro giorno parlando con quelli che è per me uno dei affidabili analisti di politiche culturali in Italia, Giovanni Solimine, mi passava questi dati:
“Secondo Save the Children, più di 300.000 ragazzi di età inferiore ai 18 anni, residenti nelle regioni meridionali, non hanno mai fatto sport, non sono mai andati al cinema, non hanno mai aperto un libro o acceso un computer.
La partecipazione ad attività di educazione formale o informale per adulti è in Italia la più bassa tra i paesi OCSE: siamo al 24% rispetto a una media del 52%. Le conseguenze si vedono: le persone di età superiore ai 55 anni che hanno partecipato ad attività formative fanno registrare livelli di competenze nella lettura, nella scrittura e nel calcolo pari a più del doppio dei coetanei che non hanno avuto esperienze formative. L’assenza di iniziative di formazione per gli adulti va ad aggiungersi ad una situazione che ci vede già in posizione arretrata rispetto ad altri paesi avanzati, con i quali dobbiamo confrontarci: solo il 15% degli italiani adulti (25-64 anni) ha raggiunto un livello di istruzione universitaria, mentre nei paesi OCSE il dato medio è più che doppio, essendo pari al 31%, e nell’Europa a 21 è 28%. Solo due nazioni su 36 dell’area OCSE presentano percentuali inferiori alla nostra.”
Ora per me è chiaro è che se vero che esistono emergenze varie per l’Italia in crisi: artigiani e commercianti con l’acqua alla gola che oggi protestavano in massa a Roma, una legge elettorale che restituisca un minimo di credibilità alla politica, una riforma del lavoro in controtendenza rispetto a Biagi, Treu, Fornero e compagnia… Ma è vero che per me c’è un’emergenza ancora più urgente – quella di un Piano di alfabetizzazione culturale che interessi tutta l’Italia, le province remote, i paesini sperduti, le regioni depresse.
Nella scelta di chi nominare come ministro, e invece di lanciarsi in altri slogan ad effetto, Matteo Renzi potrebbe partire semplicemente da qui.

Si sta assistendo ad una mobilitazione per la conferma del Ministro Bray (con l’hashtag #iostoconBray) che ha una caratteristica incredibile di questi tempi: la richiesta a gran voce che un Ministro venga riconfermato, cosa che non succedeva da decenni, perché riconosciuto capace. Il tutto succede di questi tempi non proprio benevoli con politici e per di più ministri.

F35: eppur si muove

Sull’incauto (e irrispettoso, visti i tempi) acquisto degli F35 (di cui abbiamo parlato spesso qui) sembra muoversi qualcosa. Come scrive Sofia Basso:

Il tempo degli indugi sugli F35 è finito. Con la conclusione dell’indagine conoscitiva sui sistemi d’arma, avviata alla Camera in luglio, i democratici non hanno più alibi: devono passare dalle parole ai fatti. A cominciare da Matteo Renzi, che nel 2012 definì i 12 miliardi per i cacciabombardieri della Lockheed Martin «soldi buttati» ma poi, a differenza del suo competitor alle primarie Pippo Civati, non ha mai detto pubblicamente quali decisioni prenderebbe sul capitolo F35. L’occasione per ridurre drasticamente la partecipazione tricolore al programma americano è la risoluzione alla quale sta lavorando Gian Piero Scanu, deputato Pd in commissione Difesa. La sua proposta, ancora in attesa dell’ok del partito, è dimezzare il numero di F35, che scenderebbero dai 90 previsti dal governo Monti a non più di 45. Risparmio: almeno un miliardo e 200mila euro l’anno. La bozza dei deputati Pd boccia anche Forza Nec, il costosissimo programma per la digitalizzazione della Difesa (22 miliardi di euro).

Ora teniamo gli occhi puntati. Gli occhi.

Anche basta con le favole, però.

matteo-renziPotete giocare a confezionare un Governo che provochi gustosa acquolina televisiva (anche se significa cancellare con un colpo solo la famosa “meritocrazia” di cui Renzi aveva tanto parlato sovrapponendola alla “visibilità” di berlusconiana memoria), potete anche continuare a dirci che non si va a votare perché siamo una democrazia parlamentare (giocando da Azzeccagarbugli per convincerci di cosa? che l’investitura popolare sia un passaggio obbligatorio solo per essere orpello?), potete scriverci che Renzi l’ha voluto questo nostro tempo (ricordate chi diceva di essere “unto dal Signore?” e noi tutti giù a ridere senza accorgersi che qui è cambiata solo la narrazione), potete addirittura proporci Alfano come la parte buona del berlusconismo (il servo che si è ribellato si vede che a qualcuno fa tanto sinistra…), potete anche sperare che il popolo bue si sia già dimenticato i fallimenti di Moretti alle ferrovie (chiedete ai familiari della strage di Viareggio o a quelli che erano saliti sulla torre del Binario 21), potete fingere che la politica (ovvero la composizione di una maggioranza) sia una questione di facce e potete anche provare con la favola del “male minore” però:

tenere la barra diritta è un’altra cosa, tenere una posizione chiara è un’altra cosa, essere coerenti è un’altra cosa e avere rispetto di una Paese che chiede risposte e che si tenta di rabbonire cambiando le domande è un’altra cosa. Il governo Renzi può anche diventare il migliore governo dell’ultimo ventennio (non ci credo, eh) ma funzionerà e durerà se riuscirà ad accontentare anche quelli che hanno una visione dell’Italia opposta alla nostra, perché questo governo ha bisogno anche dei loro voti. E quindi sarà sempre un compromesso. L’ennesimo. Ancora.

I numeri flosci delle primarie per i vostri congressi regionali sono la tua prima bocciatura: la partecipazione, caro Renzi, ti ha portato lì ma qui ormai è già solo un alito. Come negli ultimi vent’anni.

Si è costituito

Angelino Alfano ha trovato il coraggio. Sarebbe da ridere se non fosse che ancora qualcuno insiste a farci un governo insieme:

 

 

Dilla una cosa antimafiosa, Renzi, una sola

Io non so cosa abbia in testa di fare Matteo Renzi nei primi 100 giorni di governo, quelli che sono considerati la “luna di miele” che ogni nuovo presidente del consiglio (volutamente minuscolo) ha a disposizione per mettere a segno qualche “colpo” politico importante. Presumo (con presunzione e pregiudizio) che sicuramente troverà qualche accattivante definizione per qualche “epica” impresa politica che si arenerà com’è stato per la legge elettorale ma comincio ad essere sinceramente preoccupato per l’assenza (ormai troppo lunga e sistematica per essere un caso) di obiettivi chiari e concreti nel campo della lotta alle mafie. Mi sembra strano (e spero che sia solo strano) che un comunicatore come lui abbia perso l’occasione di spendere unaparolachesiauna su Nino Di Matteo, almeno per la sua furbizia nel distinguersi dagli altri e per incassare un applauso facile facile nel bacino elettorale del Movimento 5 Stelle.

Per carità, so bene che avendo bisogno di Alfano, Formigoni e compari per avere i numeri al Senato (volutamente maiuscolo ma inteso come istituzione) il tema dell’antimafia rischia di toccare qualche corda sensibile degli alleati in questa radura che vorrebbe essere prateria (cioè le larghe intese) ma il dubbio più atroce sia che qualcuno gli abbia “consigliato” (scriviamolo così, va) di non affrontare l’argomento: e se c’è qualcuno che credibilmente abbia potuto farlo è Berlusconi o Napolitano.

In un Paese che è riuscito a fare passare come paladino dell’antimafia Roberto Maroni e addirittura ha acceso lo spirito antimafioso di Angelino Alfano (vi ricordate la famosa frase “lo Stato è pronto a rendere più duro il 41 bis“?) un silenzio del genere suona rumorosissimo e non si può non notare. Apriamo l’ennesimo tempo con altre priorità rispetto alla lotta alle mafie. E va bene. Ma dilla una cosa antimafia, Renzi, una sola. Almeno provaci.

Almeno non prendeteci per scemi

Sto leggendo questa mattina più di qualcuno (vicino o comunque d’accordo con l’ultima mossa di Renzi e del PD) che ci vorrebbe insegnare che siamo una democrazia parlamentare e non presidenziale. Per dirci: non rompete ma i governi li compone il Parlamento nella sua composizione dopo il voto. Ora io sono polemico per natura, si sa, ma che si finga di dimenticare che il voto degli elettori ha disegnato tutt’altro rispetto a quello che è venuto a crearsi mi fa arrabbiare e non poco. E se ci hanno detto che era impossibile fare altrimenti e valeva la pena di tentare proprio non mi spiego perché oggi dovrebbe funzionare la scusa che ci si deve ritentare di nuovo con la stessa maggioranza e cambiando le facce. Lo scandalo non è che Renzi sia Presidente del Consiglio ma è il punto politico: una maggioranza che nessuno ha mai votato e che si rimpasta senza significativi cambiamenti nella propria composizione “politica”. L’acquolina in bocca per i nomi spendibili e comunicativi alla “Renzi” durerà un po’ e poi si rientrerà nella “palude”, lo sappiamo tutti, e poi sarà successo che ancora una volta Berlusconi sarà riuscito a fare frollare gli avversari per risultare ancora una volta credibile. E ricominceremo di nuovo. E tutto questo ci costa ogni giorno di più.

Che pena, di governo

Oggi non è stata una grande giornata per la Repubblica Italiana. Il commento che avrei voluto scrivere l’ha già scritto Massimo Matellini nel suo blog:

Che pena. Che pena che ho provato oggi. Che sgarbo alla poesia, citarla in forma di florilegio un tanto al chilo E che tristezza l’amnesia improvvisa, le scarne o assenti spiegazioni, la metafora della palude.

Che sconfinata delusione il Matteo Renzi che fino a ieri metteva fretta al Governo perché legiferasse in tempi cronometrici e che oggi invece si intesta senza imbarazzi ma anzi per il nostro bene un prossimo premierato fino al 2018, il tempo necessario – sciocchi che non siete altro – per cambiare l’Italia.

E con quale velocità, mentre Fassina parlava, (Fassina, no ma vi rendete conto?), con quale velocità, dicevo, ti assale improvvisamente al petto l’effetto 5 a 1 (qualcosa di simile all’effetto Sparwasser di Francesco Piccolo), quel sentimento di solidarietà istintiva col perdente nel momento in cui tutti si scoprono all’unisono contro di lui. Enrico Letta – pensa te – il peggiore fra i Premier degli ultimi anni, l’uomo tutto frasi e niente fatti, il ballista democristiano dei mille annunci puntualmente trasformati in niente, l’Enrico Letta che oggi pomeriggio, fossi stato lì, avrei voluto difendere dai suoi ex compagni impegnati non solo a sfiduciarlo in massa ma anche a discutere se, nel suo certificato di morte, fosse più elegante scrivere che come Presidente del Consiglio era stato notevole (come recitava il comunicato in politichese stretto da Renzi letto all’inizio della Direzione (anche questa una piccola Caporetto semantica che lo teletrasporta dai Negrita a Arnaldo Forlani in un picosecondo) o positivo (come suggeriva Fassina senza il minimo imbarazzo). Son problemi, certo.

[…]

Che grandissima pena capire (fosse la prima volta) che nessuno di questi signori potrà sopravvivere dieci secondi se mai qualcuno decidesse di grattare la superficie e vedere cosa c’è pochi millimetri sotto. Che tristezza prendere atto che non ci sono avanzati sogni da immaginare ma solo nuovi voti da buttare nel cesso in altre nuovissime maniere. Quando e se un presidente novantenne in comprensibile delirio di onnipotenza, deciderà bontà sua di concedercelo.

Dopo Silvio l’Italicum resuscita Casini

Io non so se riusciamo a renderci conto che la legge elettorale in discussione in Parlamento sta rispondendo a tutte le esigenze di Silvio ed ora sta riuscendo a riabilitare il solito molliccio centro di Pierferdinando Casini. Così oggi sul Corriere della Sera esce un articolo che ricorda tutti gli articoli degli ultimi anni in cui il minuscolo centro diventa determinante e subito ovviamente comincia il balletto “Casini sì o Casini no”.