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Giulio Cavalli

La cultura dell’illegalità

cutri-k4MF--398x174@Corriere-Web-SezioniDiventa infine apologia e scrive pagine come questa:

Nel corridoio Mario Cutrì, magro, scavato, in piedi dinanzi alla porta d’ingresso blindata, aspetta parenti e amici per le condoglianze. Una processione. Sono la madre e il padre. «Mimmo ascoltami: non ti costituire. Tuo fratello si è sacrificato per te. Non ti consegnare, Mimmo. Scappa, scappa Mimmo. Altrimenti Nino è morto per niente».

 

Auguri Vittorio

Oggi avrebbe 39 anni.

Vittorio_Arrigoni_drawPerché sappiamo che Palestina non indica una remota ragione dall’altra parte del mondo, ma semplicemente un paese sull’altra sponda del Mar Mediterraneo.
Perché sappiamo quale sia il dramma delle donne palestinesi incinte forzate a partorire ai check-point israeliani.
Perché sappiamo che la colonie israeliane sono costruite su terra rubata ai palestinesi.
Perché sappiamo cogliere la poesia e la storia che si cela dietro una chiave tramandata da padre in figlio, per generazioni.
Perché sappiamo che un olivo che viene bruciato, o una casa che viene giornalmente demolita, è un pezzo di dignità che viene calpestato.
Perché sappiamo che la striscia di Gaza è la più grande prigione a cielo aperto mai esistita.
Perché sappiamo che bombardare civili, donne e bambini non può essere chiamato autodifesa, né effetto collaterale.
Perché sappiamo discernere la differenza tra terrorismo e resistenza armata.
Perché è vergognoso come il diritto giuridico internazionale venga lacerato dall’impunità di cui gode un paese fondato sul genocidio di un intero popolo.
Perché supporteremo il diritto al ritorno fino a che l’ultimo dei profughi non vedrà pienamente applicata la risoluzione ONU n° 194.
Perché non abbiamo paura di dire che parte delle vittime di ieri, sono i carnefici di oggi.
Perché un paese che fa di bambini prigionieri politici, non può fregiarsi del titolo di democrazia.
Perché non ci facciamo intimidire da un paese che ad oggi ha violato 73 risoluzioni ONU, la IV° Convenzione di Ginevra, le leggi internazionali, la Convenzione sui diritti dell’infanzia, la Convenzione sulla tortura e che applica un regime di Apartheid documentato da Human Rights Watch e da varie altre ONG.
Perché stiamo dalla parte dell’oppresso e non dell’oppressore, dalla parte dell’occupato e non dell’occupante.
Perché anche se la comunità internazionale continua ad ignorare la più mediatica pulizia etnica nella storia dell’umanità, noi supporteremo il popolo palestinese fino alla fine.

[tratto dal blog di Vik http://guerrillaradio.iobloggo.com/2134/65-anniversario-della-nakba]

Vuoi vedere che lo status di minacciato è riconosciuto solo a chi appartiene al salotto buono?

abbondanzaLa domanda se la pone Marco Preve (uno che di giornalismo, denunce e fatti se ne intende facendo per benino nomi e cognomi come piace a noi) scrivendo di Christian Abbondanza e delle ultime minacce ricevute. E il suo articolo va letto con attenzione anche da chi galleggia nel Circo Antimafia sapendo senza sapere, parlando per luoghi comuni dei propri vanti o delle proprie dicerie e soprattutto per chi coltiva l’idea che non esista antimafia senza “rete” e poi invece non riesce ad essere solidale se non con i propri sodali. Fuori dai riflettori e dai “salotti buoni” di cui parla Marco Preve sono in moltissimi a subire l’isolamento istituzionale ma anche “antimafioso” per i modi non sempre compiacenti e per avere rifiutato di sdraiarsi sulle posizioni più frequentate. Si può discutere di tutto su Abbondanza e su tutti gli altri minacciati dai più noti ai meno noti: si può dire che siano (o siamo, se volete) antipatici, egocentrici, pieni di difetti e di errori e spesso anche maleducati ma la credibilità è una corda di sopravvivenza troppo importante per permettere a chicchessia di ballarci sopra per mettersi in mostra. Per questo noto anche con piacere che a Christian sia arrivata la solidarietà di Libera nonostante le infelici uscite di qualche suo rappresentante perché la lezione di Don Ciotti è proprio questa: includere, con i propri limiti. E questa volta ci è riuscita (almeno formalmente) davvero.

I meccanismi con cui lo Stato decide di proteggere o non proteggere persone che vengono minacciate a volte sono sfuggenti. Prendiamo il caso di Christian Abbondanza, ideatore e anima della Casa della Legalità. Chiariamo subito: sono un amico di Christian. Il che non mi ha mai impedito di dirgli che ritenevo alcune sue battaglie forzate o sbagliate. Ciò detto, il suo impegno nella lotta alle mafie penso non possa essere messo in discussione.  Il suo modo di condurre queste battaglie oltrechè renderlo bersaglio di querele per diffamazione (che a volte possono anche diventare, perché no giustamente, delle condanne) lo ha anche esposto a rischi fisici e più volte sono dovute intervenire le forze dell’ordine per garantire la sua incolumità. Bene. Da oltre due anni le autorità (magistratura, forze dell’ordine, prefetture) sanno che alcuni presunti ‘ndranghetisti oggi a processo parlando di Christian pronunciavano nei suoi confronti minacce di morte. E altre minacce gli sono state rivolte nei giorni scorsi nell’aula del tribunale di Imperia dove si celebra il processo La Svolta contro 30 accusati per vari reati tra cui l’appartenenza alla ’ndrangheta. Insomma: sono mafiosi pericolosi secondo la magistratura si o no? Forse non lo sono quando parlano di Abbondanza?

Comunque sia, a Christian nessuno ha ancora ritenuto di dover garantire una forma di protezione. Neppure, una qualche autorità ha ritenuto di dover manifestare solidarietà, per farlo sentire meno solo. Capisco: Christian fa un’antimafia irritante, non una di quelle da convegni, salotti televisivi e via dicendo sulla quale son tutti d’accordo: pure le mafie. Ha rotto le balle al mondo compreso a un paio di magistrati che l’hanno querelato. Spero non sia per questo motivo che a lui non viene garantita la protezione mentre invece lo Stato, giustamente ci mancherebbe altro, la garantisce da anni o l’ha garantita, a chi come minacce ha ricevuto una scritta su un muro, un insulto per strada, una lettera anonima. Magistrati, avvocati, cardinali, professori. Vuoi vedere che lo status di minacciato è riconosciuto solo a chi appartiene al salotto buono? Agli altri, gli sfigati, non resta che toccare ferro.

RadioMafiopoli 18a puntata: 416ter approvato in Senato. Così cambia la lotta alla mafia

Schermata-2013-06-01-alle-06.39.58In Senato è passato il 416-ter, un passo fondamentale per la lotta alla mafia che ora ritorna alla Camera prima di diventare definitivo. Sull’articolo 416-ter si sono scatenate le ire di alcuni berluscones e soprattutto si è accesa la speranza di chi crede che l’antimafia debba essere una priorità. Nella costruzione di una legge influiscono i passaggi dei diversi rami del Parlamento e i cambiamenti del quadro politico di governo. Ho decido di parlarne e farne parlare da Davide Mattiello che oltre ad essere 8un deputato eletto da indipendente nelle fila del Partito Democratico è anche un testimone da anni di associazionismo antimafia e impegno sul territorio. Un passaggio importante per comprendere, per capire, per analizzare. Buona puntata.

Appunto

Luigi Di Maio (M5S):

 

Intanto zitti zitti

I giovani del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano portano il saluto romano al loro segretario. E questo è un segnale che non ha bisogno di interpretazioni. E mi viene in mente mio nonno Cleto e tutti i nonni cleti d’Italia che cosa penseranno di questa decadenza, di questo vile mietere voti negli angoli più oscuri di questo Paese mentre vorrebbero farci passare  l’antifascismo come archeologia o al massimo hobby d’antan.

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Spiace

Ma se scrive una cosa del genere il portavoce di un movimento con milioni di voti significa che stiamo toccando davvero il fondo.

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(Adesso arriveranno i “ma però”, “vamos”, “anche lei ha provocato” e tutto il repertorio di Scanzi: comunque la si pensi è un brutto eccesso di difesa)

 

Dopo Silvio l’Italicum resuscita Casini

Io non so se riusciamo a renderci conto che la legge elettorale in discussione in Parlamento sta rispondendo a tutte le esigenze di Silvio ed ora sta riuscendo a riabilitare il solito molliccio centro di Pierferdinando Casini. Così oggi sul Corriere della Sera esce un articolo che ricorda tutti gli articoli degli ultimi anni in cui il minuscolo centro diventa determinante e subito ovviamente comincia il balletto “Casini sì o Casini no”.

Quel pm così solerte sul caso Uva…

Vi ricordate il fastidioso video dell’interrogatorio al testimone Alberto Biggiogero (è qui)?

Si muovono i primi provvedimenti per il pubblico ministero Agostino Abate:

Cosa accadde allora Giuseppe Uva in quei sessanta minuti da solo con carabinieri e poliziotti? Proprio per questo la Procura generale incolpa Abate di aver violato tre diversi articoli del codice di procedura penale (326, 335, 358) poiché non ha svolto “le indagini preliminari necessarie all’esercizio della azione penale”, né ha curato gli accertamenti obbligatori, né ha curato il registro dei fascicoli contenenti i capi di imputazione e i nominativi degli indagati. Al pm viene imputata anche “la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”. Tutto ciò, scrive sempre la Procura generale, aggravato dal fatto che si trattava dell’indagine sulla morte di una persona come conseguenza di un sospetto reato, violando dunque il Convenzione dei diritti fondamentali dell’uomo che imporrebbe “indagini tempestive” prima che avvenga la prescrizione ed esponendo in questo modo il ministero della Giustizia al risarcimento semmai la Corte europea di Strasburgo un domani dovesse essere chiamata a esprimere un giudizio sulla vicenda Uva.

Le “cose non vere” comprendono anche gli slip di Giuseppe Uva. Sempre durante l’interrogatorio a Manconi, Abate afferma che il defunto non portava gli slip perché era un uomo trasandato. “La vita di Uva era priva di riferimenti, di supporti famigliari e di ordine personale, era dedito alle droghe e all’alcol”, scrive il magistrato nell’ultima richiesta di archiviazione. Eppure l’infermiere Giovanni Rossi durante una udienza al processo Fraticelli disse chiaramente di aver tagliato gli slip all’uomo e di averli gettati: dunque esistevano.

Ugualmente Abate spiega a Biggiogero che le lesioni visibili sul cadavere di Uva erano state provocate da una testata che lo stesso Uva avrebbe dato contro il muro . “Lo testimoniano i due medici del 118”, afferma il pm. Ma di questa sicurezza non c’è traccia nei verbali. Uno dei medici intervenuti dice soltanto di avere udito un tonfo sordo ma di non esserne stato testimone oculare.

“Destano qualche preoccupante sospetto l’impegno, lo zelo e l’incessante sforzo del pm per evitare il processo agli agenti” scrivono i legali della famiglia Uva nell’istanza di opposizione all’archiviazione. Ma la Procura generale trova molto sconvenienti anche “le considerazioni volte a polemizzare con i famigliari della vittima e con i consulenti delle parti offese” che avrebbero secondo Abate non chiesto giustizia ma “distorto la ricostruzione dei fatti” e inventato “uno stato immaginario di costrizione, che si è rivelato inesistente”. E allora, incalzano i legali, perché del trattenimento di Uva in caserma per almeno un’ora non esiste nemmeno un verbale?

Il Csm non ha ancora fissato una data per la convocazione del magistrato varesino. Secondo la legge che regola gli illeciti disciplinari dei magistrati, Abate potrebbe rischiare non solo una nota formale di biasimo ma anche la perdita temporanea dell’anzianità e il trasferimento.

La notizia completa è qui.